Obbligo di repêchage per mansioni inferiori: onere della prova
20 Gennaio 2017
Cass. sez. lav., 21 dicembre 2016, n. 26467
Un lavoratore proponeva ricorso contro il licenziamento intimatogli per soppressione del posto di lavoro, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità o illegittimità per violazione dell'obbligo di repêchage e che il datore di lavoro fosse condannato alla reintegrazione, oltre che al risarcimento del danno. La sua domanda era accolta in primo grado ma tale decisione veniva riformata dalla Corte d'Appello. Infatti, la Corte territoriale riteneva che non fosse sufficiente, da parte del lavoratore, la mera elencazione in astratto di categorie di mansioni, essendo invece necessaria l'indicazione specifica della posizione lavorativa nella quale il lavoratore riteneva di poter essere utilmente ricollocato. Inoltre, la Corte d'Appello rilevava l'assenza di un patto di dequalificazione tra lavoratore e datore di lavoro antecedente o coevo alla risoluzione del rapporto.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del lavoratore precisando che, in caso di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo dovuto a riorganizzazione aziendale ed in mancanza di mansioni equivalenti da assegnare al lavoratore, non spetta al lavoratore l'onere di provare di aver preventivamente manifestato la propria disponibilità all'espletamento di mansioni inferiori. Al contrario, spetta al datore di lavoro l'onere di provare che, in ottemperanza ai principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, ha adempiuto all'obbligo di repêchage offrendo al lavoratore la possibilità di essere adibito a mansioni inferiori, compatibili con il riassetto aziendale e rientranti nel bagaglio professionale del lavoratore. |