Il risarcimento del danno per perdita del congiunto spetta ad ogni familiare superstite?
21 Luglio 2017
Cass. sez. lav., 13 giugno 2017, n. 14655
La moglie e le figlie di un lavoratore agivano in giudizio nei confronti del datore di lavoro per ottenere il risarcimento dei danni iure proprio in relazione al decesso del loro congiunto, avvenuto per mesotelioma pleurico. Respinta la domanda nei primi due gradi di giudizio, le attrici ricorrevano per la cassazione della sentenza che rilevava, da un lato, la carenza di allegazione in relazione all'intensità delle relazioni familiari e affettive perdute in conseguenza del fatto illecito, dall'altro, l'introduzione della domanda ai sensi dell'art. 2087 c.c. anziché ex art. 2043 c.c.
In primo luogo, la Suprema Corte sottolinea che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, l'art. 2087 c.c. non definisce un regime particolare di responsabilità “in quanto si propone di integrare, con l'affermazione di un principio di carattere generale, la legislazione in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, costituendo in definitiva una mera, quanto essenziale, norma di chiusura del sistema e risultando indifferente di per sé rispetto alla natura del titolo di responsabilità azionato”, sia essa contrattuale o extracontrattuale.
Inoltre, continua la Cassazione, la Corte territoriale non si è attenuta al principio di diritto, già affermato da Cass. n. 9231/2013, secondo cui “in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare”. Pertanto, i giudici di legittimità cassano la pronuncia, con rinvio ad altro collegio di merito. |