Contratti a termine nelle scuole: condizioni per la configurabilità dell’abuso

La Redazione
21 Novembre 2016

La Cassazione, con sentenza n. 22552 del 7 novembre 2016 in materia di precariato scolastico, riflette sulle condizioni al ricorrere delle quali l'illecito può definirsi rilevante, con riferimento al dispiegamento nel tempo dei rinnovi ed alle ragioni per le quali le supplenze vennero disposte.

Sulla vicenda dei contratti a termine di docenti e personale ATA sono recentemente intervenute la CGUE (sent. 26 novembre 2014, cd. Mascolo) e la Corte Costituzionale (sent. 20 luglio 2016, n. 187), giudicando illegittima la normativa italiana, nella parte in cui ne autorizzava il rinnovo in modo potenzialmente illimitato.

La Cassazione, con sentenza n. 22552/2016 (la prima delle sette sentenze in materia depositate il 7 novembre scorso), riflette sulle condizioni al ricorrere delle quali l'illecito può definirsi rilevante, con riferimento al dispiegamento nel tempo dei rinnovi ed alle ragioni per le quali le supplenze vennero disposte.

Quale limite temporale oltre il quale è configurabile l'abuso, infatti, la Corte ritiene che il parametro idoneo da utilizzare sia la complessiva durata massima di 36 mesi prevista per l'indizione delle procedure concorsuali per i docenti, parametro ragionevole anche in considerazione del fatto che si vengono così ad allineare il settore privato e il settore pubblico. Sottolinea, però, la Cassazione che tale criterio risulta inapplicabile alle reiterazioni effettuate prima del 10 luglio 2001, termine di adeguamento concesso dalla Direttiva 1999/70/CE.

Quanto alle conseguenze sanzionatorie dell'accertata illegittimità dei rinnovi dei contratti a tempo determinato, aventi ad oggetto supplenze annuali su organico di diritto, deve essere qualificata misura adeguata a sanzionare l'abuso la stabilizzazione prevista dalla L. n. 107/2015 (cd. Buona Scuola), “sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego”. Qualora, invece, non vi sia né stabilizzazione né certezza di stabilizzazione, potrà essere riconosciuto il risarcimento dei danni nella misura e secondo i principi affermati da Cass. sez. un. n. 5072/2016.

Infine, la Suprema Corte chiarisce che, nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su "organico di fatto" e per le supplenze temporanee, non è in sé configurabile alcun abuso, fermo restando il diritto del lavoratore di provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non la sola reiterazione ma le sintomatiche condizione concrete.

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