Potenzialità e criticità del lavoro accessorio

23 Giugno 2016

Ad oggi i voucher possono essere utilizzati per moltissime prestazioni e il loro utilizzo si sta diffondendo notevolmente nel nostro Paese. Nonostante i buoni intenti del Legislatore, volti ad introdurre uno strumento in sintonia con le attuali necessità del mondo del lavoro, nella pratica è riscontrabile un abuso del lavoro accessorio. In aggiunta, la nuova disciplina normativa ha contribuito a creare alcuni dubbi in merito al corretto inquadramento della fattispecie, creando in particolare una difficoltà a mantenere una chiara distinzione tra lavoro accessorio e altre tipologie contrattuali tipiche.
Introduzione

In assoluta controtendenza rispetto al paradigma del legislatore, che riconduce al rapporto di lavoro a tempo indeterminato la forma comune di rapporto di lavoro, è sicuramente la disciplina del lavoro accessorio. Questa rappresenta una modalità di svolgimento di attività lavorative svolte senza la necessità di instaurazione di un rapporto di lavoro non riconducibile alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo.

Non si tratta, quindi, di un contratto di lavoro ma di una prestazione di lavoro che ha come contropartita una determinata forma di pagamento, come desumibile dalla normativa stessa che a proposito di lavoro accessorio parla sempre di “prestazione di lavoro” e mai di contratto di lavoro.

Gli elementi caratteristici del lavoro accessorio, alla luce della nuova disciplina contenuta nel d.lgs. n. 81/2015, sono: l'imposizione di un limite economico, ossia di una soglia massima dei compensi che possono essere percepiti dal prestatore di lavoro dalla totalità dei committenti nel corso di un anno, e la modalità di pagamento della retribuzione mediante i voucher.

I voucher (o buoni lavoro)

I voucher sono tagliandi cartacei o telematici, il loro valore nominale è di € 10 per ogni ora di lavoro, ad eccezione del settore agricolo in relazione al quale si fa riferimento al contratto specifico. Sono previsti anche dei voucher "multipli", ovvero del valore nominale di € 50, equivalente a cinque buoni non separabili, e del valore nominale di € 20, equivalente a due buoni non separabili.

Nell'importo nominale del voucher sono compresi, anche se in piccola percentuale, i contributi destinati all'Inps (13%) e all'Inail (7%) e un compenso al concessionario per la gestione del servizio (5%, in attesa del Decreto Ministeriale che individuerà il soggetto destinato, ad oggi è individuato nell'Inps o nelle Agenzie per il Lavoro). La quota dei contributi Inps è destinata alla gestione separata, come previsto per i lavoratori autonomi. Pertanto, al momento del riscatto della pensione, qualora il lavoratore abbia maturato una pensione anche da lavoro dipendente, si renderà necessario effettuare il ricongiungimento. La quota di contribuzione versata con i voucher risulta essere esigua e certamente molto più bassa di quella effettuata in relazione ad un rapporto contrattuale vero e proprio. Ne consegue che, qualora si lavorasse tutta la vita solo con i voucher, non sarebbe possibile raggiungere il livello di contribuzione minimo per avere diritto alla pensione.

In considerazione di quanto sopra, il valore netto del voucher da € 10 nominali è pari ad € 7,50 e corrisponde al compenso minimo di un'ora di prestazione. Il valore netto del voucher multiplo di € 50 è pari ad € 37,50 e il valore netto del voucher multiplo di € 20 è pari ad € 15.

I voucher possono essere acquistati presso le banche, i tabaccai convenzionati o, solamente per i privati, negli uffici postali. Una volta effettuato l'acquisto, il datore di lavoro riceve un tagliando con un codice che va “attivato” sul sito dell'Inps. Una volta terminata la prestazione, il lavoratore presenta lo stesso buono all'ufficio dove è stato emesso e viene pagato in contanti. È prevista, in alternativa, anche una procedura telematica a distanza attraverso la quale l'Inps si fa carico di corrispondere la retribuzione mediante bonifico. Si tratta, in realtà, di un sistema ancora poco funzionale, soprattutto in quanto non garantisce al lavoratore di percepire la retribuzione spettante in tempi brevi.

Una volta acquistati, i voucher cartacei hanno una validità di ventiquattro mesi. In caso di mancato utilizzo di voucher cartacei già acquistati è prevista la possibilità di chiederne il rimborso presso le sedi dell'INPS, utilizzando l'apposito modulo.

Il lavoratore ha la possibilità di riscuotere il voucher cartaceo:

- dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione ed entro un anno dal giorno di emissione se acquistato presso rivenditori di generi di monopolio autorizzati, riscuotendolo nella relativa rete tabaccai;

- dopo ventiquattro ore dal termine della prestazione ed entro un anno dal giorno di emissione se acquistato presso gli sportelli bancari, riscuotendolo nell'ambito del medesimo circuito bancario;

- dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione ed entro due anni dal giorno di emissione se è acquistato in un ufficio postale, riscuotendolo presso tutti gli uffici postali sul territorio nazionale;

- entro due anni dal giorno di emissione se è acquistato presso le sedi dell'INPS, riscuotendolo presso tutti gli uffici postali sul territorio nazionale.

La riscossione dei voucher telematici, invece, può avvenire tramite l'INPSCard (ricevute dal prestatore, se attivate) o tramite bonifico domiciliato, riscuotibile presso gli uffici postali.

Breve excursus normativo

La prima comparsa del lavoro accessorio nel nostro ordinamento risale al 2003, con il d. lgs. n. 276/2003. Al fine di far emergere le aree di lavoro sommerso ma altresì di favorire l'inserimento a livello sociale e lavorativo di soggetti con una possibilità di collocazione inferiore, il Legislatore ha originariamente limitato l'ambito di applicazione del lavoro accessorio ad alcuni soggetti (a titolo esemplificativo: disoccupati di lunga durata, casalinghe, studenti, pensionati, ecc.). La retribuzione veniva corrisposta mediante i voucher, nel rispetto del limite annuo complessivo di € 3.000,00.

Due anni dopo, con la l. 80/2005, è stato esteso il campo dei beneficiari del lavoro accessorio anche alle imprese familiari nel settore dei servizi ed è stato aumentato il limite del compenso annuo ad € 5.000,00 (€ 10.000,00 per i prestatori di attività in imprese familiari).

Successivamente è intervenuta sulla disciplina del lavoro accessorio la legge Fornero, l. n. 92/2012, escludendo qualsiasi vincolo (soggettivo e oggettivo) all'applicazione dello strumento. Pertanto, veniva consentito a chiunque di svolgere prestazioni accessorie.

Da ultimo, il Governo si è pronunciato in merito al lavoro accessorio nel Jobs Act con il d. lgs. n. 81/2015 (artt. 48-49-50) introducendo due novità: un incremento del limite annuo dei compensi fissato in € 7.000,00 e il divieto del ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere e servizi. Lo scorso 10 giugno è stato approvato lo schema di decreto legislativo correttivo dei decreti attuativi del Jobs Act. Tale schema contiene una modifica all'art 48 del d.lgs. n. 81/2015, volta ad escludere il settore agricolo dall'applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori ad € 2.000,00 per ciascun singolo committente, fermo restando il limite generale di € 7.000,00 annui.

Ad oggi i voucher possono essere utilizzati per moltissime prestazioni, perfino per i dipendenti che hanno già un contratto e necessita di “arrotondare” con un secondo lavoro. La normativa mantiene alcuni vincoli per le imprese agricole, le quali nella raccolta stagionale della frutta possono utilizzare solo pensionati o under 25. Possono accedere al lavoro accessorio anche i prestatori di lavoro extracomunitari ed i compensi percepiti dal lavoratore sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Si rende necessario, in tale ipotesi, che le persone extracomunitarie siano in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento dell'attività lavorativa oppure, nei periodi di disoccupazione, di un permesso di soggiorno per attesa occupazione

Peculiarità del lavoro accessorio

La disciplina del lavoro accessorio include una serie di aspetti a favore sia del committente sia del lavoratore. Tali aspetti rappresentano, per entrambe le parti, incentivi ad optare per l'utilizzo della fattispecie in oggetto al fine di definire i propri rapporti lavorativi. Come già precisato, infatti, con il lavoro accessorio si è voluto fornire maggiore tutela al lavoro occasionale e disincentivare forme di lavoro nero.

Un primo importante elemento che caratterizza la disciplina del lavoro accessorio è quello contributivo. Il voucher garantisce una copertura pensionistica e assicurativa contro malattia e infortuni sul lavoro a favore del prestatore. È opportuno sottolineare che, a livello pensionistico, per il lavoratore non si tratta in realtà di un grande vantaggio, considerato che l'ammontare dei contributi versato con i voucher è molto basso e non garantirebbe il raggiungimento della pensione minima, se non integrato con altri trattamenti pensionistici anche volontari.

Dal punto di vista economico, con il lavoro accessorio il lavoratore integra le sue entrate. La normativa esplicita che il compenso corrisposto è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. Inoltre, i voucher sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e sono compatibili con i versamenti volontari effettuati dal lavoratore. La nuova disciplina ha confermato, altresì, la compatibilità e cumulabilità delle prestazioni di lavoro accessorio con le prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, nel limite di un compenso per anno civile pari ad € 3.000,00, annualmente rivalutato in base all'indice ISTAT. Si è inteso, pertanto, rendere definitiva una misura sperimentale adottata negli anni precedenti, al fine di permettere ai percettori di ammortizzatori sociali di effettuare prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali.

Infine, dal punto di vista formale, nell'ambito di tale fattispecie le parti possono definire i loro rapporti senza dover stipulare un contratto. Gli unici adempimenti formali a carico del datore di lavoro, oltre all'acquisto dei voucher, sono:

- l'obbligo di comunicazione, prima dell'inizio della prestazione, alla Direzione territoriale del lavoro competente (in realtà finché non vengono attivate le opportune procedure telematiche, la comunicazione viene effettuata all'INPS) dei dati anagrafici e codice fiscale del lavoratore nonché del luogo della prestazione lavorativa, con riferimento a un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi;

- l'obbligo di verificare il mancato superamento del limite economico da parte del lavoratore, richiedendo a quest'ultimo una dichiarazione in merito.

Alla luce di quanto detto, la natura del lavoro accessorio, o quanto meno l'intento del Legislatore nella stesura della disciplina della fattispecie, sembra essere quella di mettere a disposizione della società uno strumento orientato ad uno scambio dinamico di prestazioni occasionali e in sintonia con le attuali necessità del mondo del lavoro: semplicità ed elasticità.

Abuso del lavoro accessorio

Nonostante i sopra citati buoni intenti del Legislatore, nella pratica è riscontrabile un abuso del lavoro accessorio, a cui è conseguito un incremento del lavoro precario, in particolar modo nel settore del commercio e del turismo.

Molto spesso, infatti, le aziende utilizzano i voucher impropriamente, in alternativa a rapporti di lavoro prima regolamentati mediante contratti di lavoro tipici, ovvero per un proprio vantaggio economico che niente ha a che vedere con la natura e l'essenza del lavoro accessorio genuino.

Proprio al fine di cercare di placare questo uso distorto dei voucher, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo scorso 22 marzo ha pubblicato un comunicato stampa sul tema, allegando un report statistico dimostrativo dell'andamento dell'utilizzo dello strumento. Nel comunicato stampa, mediante le indagini svolte dall'Ispettorato del lavoro, emerge che le violazioni più ricorrenti in ambito di lavoro accessorio consistono in un utilizzo del lavoratore per un numero di ore o di giornate superiore rispetto a quelle dichiarate e dal pagamento della retribuzione in parte attraverso i voucher e in parte in nero.

L'intervento del Ministero è destinato a rendere pienamente tracciabili i voucher per le prestazioni di lavoro accessorio e ha introdotto, quindi, una modalità di controllo volta a contrastare l'illiceità di alcuni comportamenti. Considerato che la prassi aziendale consiste nel procedere spesso con l'acquisto di voucher (effettuando la relativa comunicazione contenente la volontà di utilizzarli) ma nel concreto vengono, ahimè, utilizzati solamente in caso di controlli da parte degli organi ispettivi, il Ministero ribadisce che i voucher saranno tracciabili.

A sostegno di tale posizione è intervenuto lo schema di decreto correttivo dei decreti attuativi del Jobs Act, approvato il 10 giugno u.s. dal Consiglio dei Ministri. L'art. 1 propone, infatti, una sostituzione del comma 3 dell'art. 49 del d.lgs. n. 81/2015 e stabilisce l'obbligo in capo ai committenti non agricoli o professionisti che dovranno utilizzare i voucher di comunicare, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione, alla sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica:

- il nominativo e il codice fiscale del lavoratore per cui saranno utilizzati,

- il luogo e la durata di svolgimento della prestazione lavorativa.

Anche i committenti imprenditori agricoli saranno obbligati ad adempiere alla comunicazione, nel rispetto dei termini e modalità sopra esposti, con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni.

Nell'art. 1 dello schema di decreto correttivo, sono previste anche le relative sanzioni amministrative in caso di mancato adempimento.

Un altro aspetto interessante, delineato nel report allegato al comunicato stampa del Ministero del Lavoro e sempre a sostegno della tesi di un diffuso utilizzo non del tutto corretto dei voucher, merita un accenno. Dalle indagini effettuate risulta essere aumentato il numero delle donne retribuite con almeno un voucher durante l'anno, superando di gran lunga il numero degli uomini, ed emerge che l'applicazione del lavoro accessorio è soprattutto destinata ai giovani. Non sembra casuale che l'utilizzo della fattispecie sia rivolto in particolar modo alle categorie più deboli della società: donne e giovani. Nei confronti delle prime la finalità potrebbe essere quella di mantenere un rapporto precario e non “rischiare” (posto che “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”), ad esempio, di dover sostenere i costi di un'eventuale maternità o comunque di assenze retribuite. Nei confronti dei giovani, invece, la finalità potrebbe essere quella di garantirsi un turnover di manodopera a basso costo, senza vincoli contrattuali. L'impressione è che la scelta di ricorrere al lavoro accessorio in questi casi sia determinata da motivazioni che non sono prettamente inerenti all'effettiva esigenza dell'occasionalità della prestazione.

Lavoro accessorio e contratto di lavoro subordinato

All'interno della normativa che disciplina il lavoro accessorio è indicato quale criterio distintivo della fattispecie esclusivamente l'elemento economico. Viene eliminato il requisito dell'occasionalità e la disciplina del lavoro accessorio viene resa applicabile a qualsiasi tipologia di prestazione. Tutti questi fattori insieme hanno contribuito a creare alcuni dubbi in merito all'inquadramento della fattispecie e, in particolare, hanno offuscato l'individuazione della linea di demarcazione con il contratto di lavoro subordinato e autonomo.

Ad esempio, un problema di inquadramento si verifica nell'ipotesi in cui una prestazione lavorativa rientri nei limiti economici imposti dalla disciplina del lavoro accessorio ma sia al contempo caratterizzata da alcuni elementi tipici della subordinazione (osservanza di un determinato orario di lavoro e rispetto delle direttive datoriali).

In realtà il nodo viene sciolto considerando il fondamento della fattispecie, ovvero che il lavoro accessorio non deve essere considerato una forma contrattuale ma semplicemente una forma di pagamento. A sostegno di ciò vi è il testo normativo. La legge, infatti, non parla mai di contratto di lavoro ma di prestazioni di lavoro accessorio e nel lavoro accessorio sono del tutto assenti gli elementi essenziali del contratto, ovvero l'accordo tra le parti di costituire un rapporto giuridico-patrimoniale.

In conclusione

Nonostante i limiti normativi che caratterizzano la fattispecie e la sua natura acontrattuale (da cui deriva la mancanza di godimento di una serie di istituti e tutele previsti per i rapporti contrattuali tipici), il lavoro accessorio si sta diffondendo moltissimo nel nostro Paese. Ad oggi vengono retribuiti con i voucher già un milione e mezzo di italiani, di cui una buona parte risultano essere pagati esclusivamente con questa formula.

Da un lato il dato è rassicurante, in quanto sembra che il lavoro accessorio abbia davvero permesso di regolarizzare il lavoro sommerso, eliminando in gran parte il lavoro nero. Dall'altro lato tale diffusione lascia qualche dubbio sul corretto utilizzo della fattispecie, considerato che si tratta di una forma di pagamento legata a prestazioni che dovrebbero essere occasionali e saltuarie. Le indagini svolte mediante l'attività ispettiva e i risultati indicati nel report dal Ministero del lavoro in merito all'utilizzo dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio, confermano il dubbio di un concreto abuso.

La modalità di controllo che il Governo intende adottare potrà essere d'aiuto al fine di avere una maggiore tracciabilità dei voucher e un utilizzo più idoneo degli stessi. C'è da tenere conto che i sindacati, in particolare la CGIL, sostenendo che così come sono ad oggi utilizzati i voucher destrutturano il lavoro, si stanno già muovendo per indire un referendum di abolizione completa della fattispecie.

Al fine di riuscire a mantenere in vita il lavoro accessorio, si renderebbe probabilmente necessario rivedere la normativa, prevedendo una disciplina più compatibile con il sistema giuridico attualmente in essere.

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