Licenziamento illegittimo dell’apprendista nel periodo formativo e applicabilità delle tutele per i lavoratori subordinati a tempo indeterminato

29 Agosto 2017

Il contratto di apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla L. n. 25/1955, è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase (soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c.) rientra nell'ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato: da ciò deriva la inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in pendenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.
Massime

Il contratto di apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla L. n. 25/1955, è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase (soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c.) rientra nell'ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato.

Il principio di diritto qui ribadito ha quale immediato effetto la inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in pendenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.

Il caso

Con ricorso al Tribunale del Lavoro un lavoratore assunto con la qualifica di apprendista tornitore impugnava il licenziamento intimatogli per ragioni disciplinari chiedendo condannarsi il datore di lavoro al pagamento, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni e del TFR che avrebbe percepito lavorando sino alla scadenza del contratto di apprendistato.

Il giudice del lavoro accoglieva la domanda e la decisione veniva confermata in secondo grado. La Corte d'appello aveva, infatti, ritenuto che correttamente il primo giudice aveva fatto discendere dalla illegittimità-inefficacia del licenziamento il risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni che sarebbero maturate dal licenziamento al termine del contratto di apprendistato e che il risarcimento del danno non fosse condizionato dalla qualificazione del contratto di apprendistato come contratto a tempo determinato o indeterminato.

La Società promuoveva avverso la sentenza ricorso in Cassazione, chiedendo che trovasse applicazione la tutela contro i licenziamenti prevista dalla Legge n. 604/66 per i lavoratori a tempo indeterminato, stante il disposto del D.Lgs. n. 276/2003, che aveva codificato l'irrecedibilità del datore di lavoro in assenza di giusta causa o giustificato motivo e dell'art. 1 del D.Lgs. n. 167/2011 che, seppure non applicabile ratione temporis al caso di specie, definendo l'apprendistato come contratto a tempo indeterminato, aveva fornito una interpretazione autentica della sua disciplina.

Le questioni

Le questioni sottoposte alla Suprema Corte attengono principalmente:

  • alla qualificabilità del contratto di apprendistato come contratto di lavoro a tempo indeterminato, pur in vigenza della disciplina contenuta nella L. 19 gennaio 1955 n. 25 che non lo definiva espressamente come “contratto di lavoro a temo indeterminato”;
  • alla conseguente applicabilità della disciplina sanzionatoria prevista in ipotesi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, in luogo del risarcimento del danno da quantificarsi nella misura delle retribuzioni dalla data del licenziamento fino a quello della scadenza del periodo formativo.
Le soluzioni giuridiche

L'art. 41 del D.Lgs. n. 81/2015 precisa che “L'apprendistato é un contratto di lavoro a tempo indeterminato” e, in ipotesi di licenziamento, ai sensi dell'art. 42, “trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo.

Tale principio, ad avviso della Corte di Cassazione, assume validità anche con riferimento a quei contratti di apprendistato regolati ratione temporis dall'abrogata L. 19 gennaio 1955 n. 25 che, a differenza di quella vigente, non specificava se il contratto di apprendistato fosse un contratto a tempo indeterminato, né precisava che tipo di tutela contro i licenziamenti illegittimi applicare.

A supporto di tale tesi la Corte di Cassazione richiama la previsione dell'art. 19 della L. n. 25/1955 che prevede, in caso di mancata disdetta a norma dell'art. 2118 c.c. al termine del periodo di apprendistato, il mantenimento in servizio dell'apprendista con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità.

Ad avviso della Corte il richiamo all'art. 2118 c.c., che dispone l'obbligo di preavviso in caso di recesso, è compatibile con il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, avendo la funzione di preavvertire la parte che subisce il recesso del termine del rapporto e di evitare che si trovi improvvisamente a fronteggiare le conseguenze della risoluzione del rapporto.

Il contratto di apprendistato “pur nel regime normativo di cui alla L. n. 25/1955, è dunque un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase (soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2128 c.c.) rientra nell'ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato.

Né tale qualificazione può ritenersi incompatibile con l'art. 7 della Legge n. 25/1955, che prevede un termine massimo di durata del contratto di apprendistato. Ciò in quanto detto termine sarebbe riferibile solo alla prima delle due fasi tipiche del contratto di apprendistato e non identificherebbe un termine di scadenza del contratto. Al termine di tale fase, in assenza di disdetta, il rapporto continua con la causa tipica del lavoro subordinato.

Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte ha quale immediato effetto la “inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in pendenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.”

Peraltro, si legge nella sentenza, un'interpretazione diversa non sarebbe conforme all'enunciato delle sentenze della Corte Costituzionale del 28 novembre 1973 n. 169 e del 4 febbraio 1970 n. 14 per effetto delle quali l'intero corpus di norme di cui alla L. n. 604/1966 andrebbe applicato al contratto di apprendistato, proprio sul presupposto della sua assimilabilità all'ordinario rapporto di lavoro.

Sulla scorta di questi principi, la Suprema Corte accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d'Appello, affinché, in diversa composizione, previa verifica della dimensione occupazionale dell'azienda, disponesse il regime di tutela applicabile al licenziamento per cui è causa.

Osservazioni

Per circa sessant'anni, quindi sino all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 167/2011, non c'è stata nel nostro ordinamento una previsione di legge ad hoc che abbia qualificato il contratto di apprendistato, né che abbia fornito precise indicazioni sulla disciplina del licenziamento applicabile a tale rapporto.

Le richiamate pronunce della Corte Costituzionale, risalenti agli anni settanta, peraltro, nell'estendere agli apprendisti le tutele previste dalla L. n. 604/1966 non hanno sciolto tali nodi. Le sentenze, infatti, da un lato ampliavano il campo di applicazione delle tutele estendendole agli apprendisti, ma, dall'altro, non confermavano la natura a tempo indeterminato del contratto de quo.

Negare la qualificazione del contratto di apprendistato come contratto a tempo indeterminato e disporre – allo stesso tempo – l'estensione delle tutele previste dalla L. n. 604/66 contro i licenziamenti, rese necessario da parte degli interpreti il ricorso reiterato a principi di carattere generale, o ad ipotesi di interpretazione estensiva e analogica, per affrontare rilevanti questioni dipendenti dalla qualificazione del contratto e riguardanti la disciplina del licenziamento.

Questioni interpretative

In particolare agli interpreti si pose la questione se fosse possibile risolvere ante tempus (soprattutto per ragioni dell'impresa) il contratto di apprendistato.

Non mancarono alcune precoci pronunce di merito secondo cui il rapporto di apprendistato, pur essendo specializzato dalla causa formativa, restava soggetto alla medesima disciplina del rapporto di lavoro subordinato (Trib. Bari 11 dicembre 2007, n. 19654; Trib. Milano, 13 agosto 2002) a tempo indeterminato e non era possibile applicare la disciplina dei contratti a termine, essendo a termine solo “l'inquadramento come apprendista”.

Si diffondeva, tuttavia, in assenza di significative pronunce giurisprudenziali, anche un orientamento contrario (sostenuto da autorevole dottrina) che riteneva tale assunto “non in sintonia con le caratteristiche strutturali e funzionali dell'apprendistato” ed assimilava il contratto in esame ad un contratto a tempo determinato, per un duplice ordine di ragioni. Il primo legato alla prevalenza dell'elemento formativo, il secondo dipendente dal termine previsto nella legge.

Quanto al primo aspetto, la dottrina evidenziava che il legislatore, ai sensi dell'art. 2134 c.c., subordina l'applicabilità della disciplina generale al contratto di apprendistato a due condizioni e, cioè, (I) che sia compatibile con la specialità del rapporto e (II) che non sia derogata da disposizioni delle leggi speciali.

Quindi, in particolare, l'assoggettabilità del contratto di apprendistato alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, secondo l'orientamento in esame, deve essere soggetta ad una “verifica di compatibilità" di tale disciplina con la specialità del rapporto. Da tale valutazione di compatibilità deriverebbero rilevanti conseguenze, fra le altre, ad esempio, quella di non poter intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soprattutto per soppressione del posto.

Invero, il carattere formativo del contratto di apprendistato non sarebbe compatibile con l'esistenza di un posto di apprendista che, come tale, non può essere soppresso. Tale limite accomuna la tipologia contrattuale in esame al contratto a tempo determinato che, facendo fronte ad esigenze di carattere sostitutivo o temporaneo, non può essere soggetto alla disciplina del licenziamento per g.m.o.

Escluso, quindi, il g.m.o. come causa di licenziamento, le ipotesi che astrattamente possono verificarsi di recesso datoriale sarebbero state: il rapporto al termine della scadenza del periodo formativo o una cessazione ante tempus imputabile a colpa dell'apprendista (giusta causa o g.m.s.).

Un'eventuale terza ipotesi e cioè quella di un rapporto formativo che cessa ante tempus non per colpa dell'apprendista ma per scelte aziendali, sarebbe stata ammissibile solo per impossibilità sopravvenuta rispetto alla finalità formativa che lo connota. In particolare, precisa la dottrina, il “datore di lavoro, una volta dimostrate le ragioni oggettive che hanno determinato la soppressione dei posti di lavoro, per recedere ante tempus da uno o più contratti di apprendistato deve altresì provare che tale soppressione rende improseguibile il percorso formativo coessenziale al mantenimento in vita del rapporto di apprendistato; in buona sostanza, l'imprevedibilità della situazione, che non consente la naturale scadenza del rapporto, deve riguardare il profilo formativo.

Appurato che sotto il profilo della compatibilità richiesta dall'art. 2134 c.c., il contratto di apprendistato non supera l'esame di assimilabilità al contratto a tempo indeterminato, si evidenziava in dottrina che a tale conclusione si giunge anche dalla lettura di alcune norme che considererebbero quello in esame un contratto a tempo determinato. “Essenzialmente si allude alla previsione, reiterata in tutti gli interventi legislativi in materia, di una durata massima e all'esclusione dell'apprendistato dal campo di applicazione della disciplina del c.a.t., sub art. 10, co. 1, D.Lgs. n. 368/2001, "in quanto già disciplinati da specifiche normative"; esclusione che non avrebbe avuto senso prevedere se l'apprendistato non fosse un contratto a termine.

A sostegno di tale tesi milita anche la previsione contenuta nell'art. 21, co. 6, L. n. 56/1987, secondo cui i benefici contributivi collegati all'apprendistato "sono mantenuti per un anno dopo la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato".

Si richiamava, infine, il D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, che, con riferimento agli adempimenti per l'assunzione degli apprendisti, prevedeva l'obbligo a carico dei datori di lavoro di comunicare, entro 5 giorni, al servizio competente ogni ipotesi di trasformazione "da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato".

Conclusioni

Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale, sopra sommariamente riportato, ha assunto in passato un rilievo significativo sulla scorta del vuoto normativo creatosi - per un lunghissimo periodo - sul tema della qualificazione del contratto di apprendistato e della conseguente tutela applicabile in caso di licenziamento.

Nel diritto vigente (a quanto pare erroneamente) potrebbe ritenersi tale dibattito superato in considerazione delle intervenute modifiche alla disciplina dell'apprendistato che, dapprima con il D.Lgs. n. 167/11 e successivamente con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015, hanno espressamente qualificato il contratto di apprendistato come un contratto a tempo indeterminato.

Si formulano, tuttavia, un paio di considerazioni: il Testo Unico sull'apprendistato è entrato in vigore solo nell'ottobre 2011 e la legge principale che sino a tale data disciplinava in maniera organica l'istituto era la L. n. 25/55. Detta norma all'art. 7 prevedeva come durata massima dell'apprendistato cinque anni.

Se si considera, quindi, che nell'ottobre 2016 potevano essere ancora in uso contratti di apprendistato disciplinati dalla normativa degli anni ‘50, oggi sub iudice non si esclude che vi siano numerose questioni sul tema; ne è la prova anche la recente pronuncia della Corte di Cassazione - conforme e richiamata da quella in commento - del 15 marzo 2016, n. 5051.

Ne consegue che la questione della qualificazione del rapporto di apprendistato sub lege n. 25/55 non può ritenersi affatto superata, né – tantomeno – squisitamente teorica, come parrebbe concludere la sentenza della Corte d'Appello riformata.

Applicare, infatti, la tutela prevista per i tempi determinati al contratto di apprendistato potrebbe portare a delle conseguenze paradossali, estremamente onerose per le aziende, soprattutto di piccole dimensioni, soggette alla tutela obbligatoria. Nel caso trattato, ad esempio, la mancata assimilazione del contratto di apprendistato al contratto a tempo indeterminato sotto il profilo del licenziamento aveva generato l'assurda conseguenza di riservare all'apprendista una tutela molto più ampia (le retribuzioni spettanti sino alla scadenza del contratto) rispetto a quella spettante ai colleghi assunti a tempo indeterminato per i quali, previa verifica del requisito dimensionale, avrebbe trovato applicazione la tutela c.d. obbligatoria.

Dopo oltre 60 anni dalla data di entrata in vigore della L. n. 25/55, sei dalla sua abrogazione, e dopo radicali interventi riformatori, che hanno definitivamente qualificato l'apprendistato come contratto di lavoro a tempo indeterminato, lasciano perplessi quelle pronunce di merito che, quasi con un colpo di spugna, cancellano i fiumi di inchiostro versati sul tema, ritenendo – addirittura - che non occorra qualificare il rapporto di apprendistato per definire la sanzione applicabile in caso di licenziamento illegittimo.

Resta la speranza che - se non un intervento interpretativo di altra natura - almeno le pronunce della Corte di Cassazione più recenti possano definitivamente mettere un punto sull'argomento.

Guida all'approfondimento
  • D. Garofalo, Apprendistato e recesso ante tempus per ragioni aziendali, Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, agosto/settembre 2009 - n. 8/9, pag. 641.

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