I limiti alla tutela dell’infortunio in itinere scaturito da fatto doloso del terzo

29 Ottobre 2015

La espressa introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della "causa violenta" ma anche della "occasione di lavoro", con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la "occasione di lavoro" in quanto il collegamento tra l'evento e il "normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro" risulti assolutamente marginale, basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica.
Massima

La espressa introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della "causa violenta" ma anche della "occasione di lavoro", con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la "occasione di lavoro" in quanto il collegamento tra l'evento e il "normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro" risulti assolutamente marginale, basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica.

Sulla stessa sentenza, si veda il commento di De Matteis.

Il caso

Una lavoratrice, assicurata con l'Inail, mentre si recava da casa al luogo di lavoro percorrendo la strada a piedi, veniva raggiunta, aggredita ed accoltellata a morte dal proprio convivente. Il coniuge superstite, anche a nome delle due figlie minori, chiedeva all'Inail il riconoscimento della tutela assicurativa che, in fase amministrativa, veniva negata.

Il coniuge superstite conveniva in giudizio l'Istituto per sentirlo condannare al pagamento delle prestazioni economiche di legge. Entrambi i giudici di merito rigettavano la domanda, escludendo che l'infortunio si fosse verificato in occasione di lavoro, giacché la lavoratrice, sebbene si trovasse sul percorso casa-lavoro in orario prossimo all'inizio del lavoro, subiva “un rischio che riguarda la sua vita personale, del tutto scollegato all'adempimento dell'obbligazione lavorativa o dal percorso per recarsi in azienda”.

Con ricorso per cassazione il coniuge superstite chiedeva l'annullamento della sentenza di merito, reputando che per ottenere la tutela previdenziale dell'infortunio in itinere fosse sufficiente che l'evento si fosse realizzato durante il tragitto casa-lavoro.

La causa veniva rimessa alle Sezioni unite, che hanno respinto il ricorso per cassazione.

Le questioni

Le questioni in esame sono le seguenti:

a) per la configurazione dell'infortunio indennizzabile si può prescindere dal preciso elemento normativo, di cui all' art. 2, D.P.R. n. 1124/65, dell'occasione di lavoro?

b) è tutelabile l'infortunio in itinere riconducibile al fatto doloso del terzo per il semplice fatto che si sia verificato lungo il percorso che collega l'abitazione con il luogo di lavoro?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel suo massimo consesso, era chiamata a dirimere il contrasto giurisprudenziale, ravvisato da Cass. 27 novembre 2014, n. 25243 (ord.), sui limiti all'indennizzabilità dell'infortunio in itinere accaduto per fatto doloso del terzo lungo il percorso che collega il luogo di abitazione con il luogo di lavoro e /o viceversa.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, tendente all'estensione del concetto di evento tutelato, poi confutato dalle Sezioni unite, in caso di infortunio in itinere derivato da fatto doloso del terzo, anche se non collegato alla prestazione lavorativa, il lavoratore assicurato conserva il diritto alla tutela sociale, giacché “è indennizzabile l'infortunio occorso al lavoratore "in itinere" ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo” (Cass. 10 luglio 2012, n. 11545, che ha annullato la sentenza di merito con cui era stata negata la tutela sociale al lavoratore rimasto infortunato a seguito di un aggressione avvenuta a fini di scippo subita sulla strada di ritorno a casa; Cass. 14 febbraio 2008, n. 3776, in DL Riv. crit. dir. lav., 2008, p. 688, con nota di A. Corrado, La rapina del mezzo di trasporto e configurabilità dell'infortunio in itinere; in Mass. giur. lav., 2008, p. 276 e ss., con nota di G. Corsalini, Infortuni da aggressione sulle vie del lavoro; in Il civilista, 2008, 7-8, 92, con nota di De Stefani, che ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso la configurabilità dell'infortunio in itinere in favore di un lavoratore che, mentre faceva ritorno dal luogo di lavoro con la propria moto a causa dello sciopero dei mezzi pubblici, era stato affrontato da due malviventi, aggredito con pugni e colpi di arma da fuoco e rapinato della moto).

Sulla base di tale orientamento, pertanto, “una volta inserito l'infortunio in itinere nella nozione di occasione di lavoro e tra le attività protette consequenziali al rischio assicurato, - prima dalla giurisprudenza pretoria e poi dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12, che ha novellato il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, in tema di occasione di lavoro, rilevano gli eventi dannosi, anche se imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato” (Cass. 14 febbraio 2008, n. 3776, cit.).

Secondo l'altro orientamento giurisprudenziale, che annovera tra gli eventi tutelabili solo quelli accaduti in occasione di lavoro, “per la configurazione dell'infortunio sul lavoro ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, non è sufficiente che sussista la causa violenta e che tale causa abbia coinvolto l'assicurato nel luogo ove egli svolge le sue mansioni, ma è necessario che tale causa sia connessa all'attività lavorativa, nel senso cioè che inerisca a tale attività e sia almeno occasionata dal suo esercizio”.

Non sussiste, dunque, l'occasione di lavoro se il lavoratore viene ucciso per ragioni estranee all'attività lavorativa esercitata, “sul rilievo che la "mera presenza" dell'infortunato sul posto di lavoro e la coincidenza temporale dell'infortunio con la prestazione lavorativa, costituiscono soltanto un "indizio" della sussistenza del rapporto "occasionale" e non la prova di esso, posto che non può escludersi - specie quando trattasi di omicidio volontario - che l'evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall'aggressore, ricercando l'occasione propizia anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro” (Cass. 11 giugno 2009, n. 13599, che conferma la sentenza di merito con cui era stata negata la rendita ai superstiti in quanto l'omicidio del lavoratore, mentre si recava al lavoro, avveniva senza che vi fosse un collegamento oggettivo tra l'assassinio e l'esecuzione del lavoro; in senso conforme Cass. 23 febbraio 1989, n. 1017; Cass. 19 gennaio 1998, n. 447; Cass. 29 ottobre 1998, n. 10815).

Inoltre, ricordano le Sezioni unite con la sentenza in esame, i criteri normativi, introdotti con l'art. 12, D. Lgs. n. 38/2000, come quelli di "interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate", che impediscono l'indennizzabilità dell'infortunio accaduto sulle vie del lavoro, confermano che il riconoscimento della tutela sociale non può prescindere dalla sussistenza di un vincolo “obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa” (Cass. 17 giugno 2014, n. 13733).

Le Sezioni unite, sposando questo secondo orientamento, hanno voluto rimarcare la necessità che tra l'evento che genera l'infortunio ed il lavoro si configuri un rapporto, seppure mediato ed indiretto, comunque non assolutamente marginale, in modo che l'infortunio sia in qualche modo occasionato dal lavoro, considerato che «il D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12, ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere, già elaborata dalla giurisprudenza, inserendola nell'ambito della nozione di "occasione di lavoro" di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, di guisa che è indubbio che il "comma aggiunto" non può che essere pur sempre letto nel quadro del sistema delineato dal citato art. 2, che al primo comma detta la norma fondamentale della materia, secondo la quale l'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in "occasione di lavoro"».

Osservazioni

La decisione presa dalla Suprema Corte appare condivisibile, essendo rispettosa del disposto normativo di cui all' art. 2, D.P.R. n. 1124/65, che subordina l'indennizzabilità degli infortuni che accadono durante allo svolgimento dell'attività lavorativa che, pur non essendo la causa, rappresenti l'occasione dell'infortunio, determinando l'esposizione del lavoratore ad un rischio che altrimenti non avrebbe corso.

Se, in principio, l'infortunio derivato da fatto illecito commesso da un terzo non era tutelato, venendo meno il collegamento con l'esecuzione della prestazione lavorativa, successivamente, a partire dall'estensione della tutela assicurativa ad opera della Corte Costituzionale in favore dei cassieri in rapporto diretto con il pubblico per il rischio derivante dal maneggio di denaro (Corte Cost. 7 aprile 1981, n. 55), la giurisprudenza di legittimità ha iniziato ad ammettere alla protezione sociale gli infortuni derivati dalle aggressioni subite dal lavoratore a scopo di rapina, sia nello stesso luogo di lavoro, sia in altri luoghi, ma tuttavia in qualche modo collegate all'esecuzione della prestazione (Cass. 21 luglio 1988, n. 4716; Cass. 23 febbraio 1989, n. 1014; Cass. 18 gennaio 1991, n. 430; Cass. 11 aprile 1998, n. 3747; Cass. 13 dicembre 2000, n. 1569), reputando pure ammissibile la tutela del lavoratore ucciso per comportamenti tenuti dal medesimo nell'esercizio delle sue mansioni (Cass. 28 gennaio 1999, n. 774). Anche l'espletamento della prestazione lavorativa in un particolare contesto socio – ambientale, caratterizzato da una diffusa ostilità verso l'attività svolta dall'impresa e verso i soggetti di diversa nazionalità, è stato considerato sufficiente per indennizzare le lesioni derivate ad un lavoratore italiano in Libia a seguito di un attentato terroristico (Cass. 2 ottobre 1998, n. 9801).

L'estensione della tutela agli eventi cagionati da fatto doloso del terzo ha riguardato anche gli infortuni che si verificano sulle vie del lavoro, ma sempre che permanesse un collegamento, seppur indiretto, tra evento ed esecuzione del lavoro.

E' vero che l'itinerario seguito ed i mezzi di locomozione adoperati possono rappresentare il nesso di occasionalità necessaria pur in presenza di episodi delittuosi, ma non quando l'evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall'aggressore, in un'altra occasione propizia, anche in tempo e luogo diverso da quelli della prestazione lavorativa (Cass. 29 ottobre 1998, n. 10815); cosicché il nesso di occasionalità necessaria viene meno quando tra prestazione lavorativa ed evento sussista esclusivamente una coincidenza cronologica e topografica.

Tale tesi, come ricordano le Sezioni unite, non è stata smentita neanche quando la Suprema Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio in itinere accaduto nel corso della rapina perpetrata in danno del lavoratore allo scopo di sottrargli il motoveicolo, avendo individuato “il collegamento con il lavoro nel possesso di un bene patrimoniale, quale strumento necessario attraverso il quale si realizzava l'iter protetto” (Cass. n. 3776/2008, cit.).

Alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni unite, non può che ribadirsi che “l'aggressione del lavoratore, in ambiente lavorativo o sulle vie del lavoro, costituisce evento protetto, a meno che l'aggressore non abbia agito per motivi estranei al lavoro ed attinenti a rapporti interpersonali con la vittima o a suoi comportamenti, qualità personali o orientamenti politici, religiosi, culturali ecc., e la condotta aggressiva non sia stata permessa o agevolata dall'attività lavorativa dell'aggredito o dal tragitto lavorativo da questi seguito” (G. Corsalini, Gli infortuni in itinere, Estensione della tutela previdenziale e risarcimento del danno, Torino, 2009).

Riferimenti bibliografici

Rossi, Gli Infortuni in itinere, in Officina del diritto, Lavoro e sicurezza, Milano, 2015;

Corsalini, Gli infortuni in itinere, Estensione della tutela previdenziale e risarcimento del danno, Torino, 2009.

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