TFR non assorbibile in caso di riconoscimento della natura subordinata del rapporto
24 Ottobre 2016
Con sentenza n. 18586/2016, la sezione Lavoro della Cassazione ribadisce che, nel caso di qualificazione come subordinato di un rapporto di collaborazione, il principio dell'assorbimento di quanto percepito in più rispetto al CCNL non riguarda il TFR.
Accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro, i giudici di merito condannavano la società datrice di lavoro a pagare, in favore della dipendente, il TFR e il risarcimento del danno da demansionamento, oltre alle differenze retributive. Tra i motivi di ricorso in Cassazione, l'impresa denunciava l'erronea applicazione del principio di assorbimento del TFR in caso di riconoscimento della natura subordinata del rapporto: maturando mese per mese, anche tale emolumento doveva essere ritenuto oggetto del principio di assorbimento da parte delle somme globalmente percepite in più rispetto a quelle minime previste dalla contrattazione collettiva.
La Corte Suprema, però, non condivide la censura, ritenendo al contrario che non può operare l'assorbimento del trattamento di fine rapporto con le eventuali eccedenze sulla retribuzione minima contrattuale corrisposte durante il rapporto di lavoro; l'importo dovuto deve essere determinato sulla base delle retribuzioni che risultano annualmente dovute in applicazione dei parametri previsti dalla contrattazione collettiva o, se superiore, in ragione di quanto effettivamente corrisposto nel corso del rapporto di lavoro. Ciò in ragione del principio affermato da costante giurisprudenza di legittimità per cui “una volta accertata in giudizio l'esistenza d'un rapporto di lavoro subordinato in contrasto con la qualificazione operatane dalle parti in termini di autonomia, il principio dell'assorbimento non trova applicazione per le indennità di fine rapporto, che maturano pur sempre al momento della cessazione del rapporto medesimo e non a quello dei singoli accantonamenti”. |