Il luogo della prestazione lavorativa è potestà organizzativa datoriale
25 Marzo 2016
Cass. sez. lav., 15 marzo 2016, n. 5056
Una lavoratrice propone ricorso alla Suprema Corte contro la decisione della Corte d'appello territorialmente competente che aveva rigettato l'impugnativa da lei proposta avverso il licenziamento intimatole dalla società datrice di lavoro per essersi rifiutata di eseguire la propria prestazione non più a domicilio, ma presso i locali dell'azienda. In particolare, con il ricorso in Cassazione si duole del fatto che la Corte di merito abbia ritenuto legittimo l'ordine aziendale di mutare il luogo della prestazione lavorativa.
Premesso che la ricorrente lamenta non tanto un mutamento di mansioni, bensì un aggravio della prestazione che deriverebbe dalla necessità di disimpegnarla non più presso il proprio domicilio, ma nei locali aziendali, i Giudici di legittimità, pongono alla base dell'infondatezza del ricorso il rilievo per cui “la determinazione del luogo della prestazione lavorativa rientra nella potestà organizzativa datoriale e incontra un limite solo nelle previsioni dettate in materia di trasferimento del lavoratore, che nel caso in esame non sono suscettibili di venire in rilievo in ragione dell'impossibilità di ravvisare un'autonoma unità produttiva presso il domicilio del dipendente, ivi potendo a tutto concedere situarsi una dipendenza aziendale rilevante ai fini di cui all'art. 413 c.p.c.” (cfr. tra le più recenti Cass n. 23110/2010).
Alla luce di quanto rilevato, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione. |