CGUE: candidatura preordinata al risarcimento del danno e abuso del diritto

La Redazione
25 Agosto 2016

Con sentenza del 28 luglio 2016, caso Kratzer C-423/15, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha risolto una questione pregiudiziale relativa alla candidatura ad un posto di lavoro volta ad ottenere lo status formale di candidato, al solo fine di poter azionare i diritti al risarcimento del danno per discriminazione.

Con sentenza del 28 luglio 2016, caso Kratzer C-423/15, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha risolto una questione pregiudiziale relativa alla candidatura ad un posto di lavoro volta ad ottenere lo status formale di candidato, al solo fine di poter azionare, in occasione del suo rigetto, i diritti al risarcimento del danno per discriminazione in ragione dell'età. La pronuncia, in particolare, verte sull'interpretazione:

  • dell'art. 3, par. 1, lett. a), della Direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
  • dell'art. 14, par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

Nel delineare l'ambito di applicazione delle citate Direttive, la CGUE chiarisce che la protezione da esse offerta è diretta esclusivamente alle persone che desiderano accedere all'occupazione e al lavoro. Chi non cerchi di ottenere il posto per cui si è formalmente candidato non può avvalersi fraudolentemente o abusivamente della tutela offerta dalle norme dell'Unione europea al fine di ottenere un vantaggio indebito.

Pertanto, i due articoli al vaglio della Corte devono essere interpretati nel senso che una situazione in cui una persona, candidandosi per un posto di lavoro, miri ad ottenere non tale posto di lavoro, bensì soltanto lo status formale di candidato, con l'unico scopo di poter azionare diritti al risarcimento del danno sulla base delle Direttive n. 2000/78 e n. 2006/54, non rientra nella nozione di «accesso all'occupazione o al lavoro dipendente» ai sensi di tali disposizioni.

Non solo: la CGUE aggiunge che tale condotta, qualora ricorrano gli elementi richiesti dal diritto dell'Unione, può anche essere valutata come abuso di diritto.

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