Licenziamento ontologicamente disciplinare del dirigente e garanzie ex art. 7 St. Lav.

La Redazione
30 Giugno 2017

Un dirigente, cui era stato intimato il licenziamento per ragioni di carattere disciplinare senza la previa contestazione, chiedeva ne fosse dichiarata l'illegittimità. Con sentenza n. 15204 del 20 giugno 2017, la Corte di Cassazione torna ad esprimersi in tema di applicabilità ai dirigenti delle procedure garantistiche previste dall'art. 7 St. Lav.

Cass. sez. lav., 20 giugno 2017, n. 15204

Un dirigente, cui era stato intimato il licenziamento per ragioni di carattere disciplinare senza la previa contestazione, adiva il Tribunale affinché ne fosse dichiarata l'illegittimità. Accolta la domanda nei primi due gradi di giudizio, il datore di lavoro ricorreva per la cassazione della sentenza.

La Suprema Corte, richiamando condivisa giurisprudenza, ribadisce il principio espresso da Cass. n. 2553/2015, secondo cui “ferma l'insussistenza di una piena coincidenza tra le ragioni di licenziamento di un dirigente e di un licenziamento disciplinare, per la peculiare posizione del predetto e il relativo vincolo fiduciario, le garanzie procedimentali dettate dall'art. 7, co. 2 e 3, L. n. 300/1970, in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, a tutela di tutte le ipotesi di licenziamento disciplinare, trovano applicazione anche nell'ipotesi del licenziamento di un dirigente, a prescindere dalla sua specifica collocazione nell'impresa, qualora il datore di lavoro gli addebiti un comportamento negligente, o colpevole in senso lato, ovvero se, a base del recesso, siano poste condotte comunque suscettibili di pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti, sicché la loro violazione preclude le possibilità di valutare le condotte causative del recesso”.

I giudici di legittimità, inoltre, richiamano la sentenza a Sezioni Unite che ha sciolto il nodo nel 2007, la n. 7880 (che, in motivazione, riporta le critiche mosse dalla dottrina al precedente orientamento giurisprudenziale, di segno prevalentemente opposto), ricordando come il mutamento di giurisprudenza conseguente a tale pronuncia non ha neppure portato ad un prospective overruling, essendosi le SS.UU. limitate a comporre un contrasto giurisprudenziale (v. Cass. n. 5962/2013 e n. 28967/2011).

Pertanto, non sussistendo valida ragione per discostarsi dall'ormai costante e consolidata giurisprudenza formatasi in materia, la Cassazione respinge il ricorso.

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