Diritto di opzione ex art. 18: irreversibilità e autonomia dalle vicende processuali
30 Marzo 2015
La questione esaminata dalla Cassazione nella sentenza n. 4874/2015, oggetto di commento, concerne gli effetti della riforma della sentenza di primo grado che abbia statuito sull'illegittimità del licenziamento e sull'esecuzione dell'ordine di reintegrazione. In particolare, si discuteva se, ripresa l'attività lavorativa in forza della condanna alla reintegrazione disposta dalla sentenza di primo grado, poi annullata in sede di appello (sentenza, questa, a sua volta annullata dalla Corte di Cassazione), e pronunciata sentenza dal giudice del rinvio che, in via definitiva, ha confermato l'illegittimità del licenziamento e, quindi, l'ordine di reintegrazione, possa ancora il lavoratore esercitare il diritto di opzione di cui all'art. 18, co. 5, L. n. 300/1970 (nel testo novellato dall'art. 1, L. n. 108/1990 e antecedente la riforma ex L. n. 92/2012, applicabile ratione temporis).
La Suprema Corte afferma che in caso di illegittimità del licenziamento, il diritto riconosciuto al lavoratore di optare fra la reintegrazione nel posto di lavoro e l'indennità sostitutiva, in quanto esercizio di un diritto potestativo che nasce dalla declaratoria dell'illegittimità del licenziamento ed ha natura di atto negoziale autonomo, non soggiace agli effetti espansivi della sentenza di riforma previsti dall'art. 336 c.p.c. Di conseguenza, ove in esecuzione della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'illegittimità del licenziamento e disposto la reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore rinunci all'indennità sostitutiva e scelga di riprendere il lavoro, tale scelta, al pari di quella per l'indennità sostitutiva, è irreversibile e consuma in via definitiva il diritto di opzione. |