Ricorso incidentale condizionato: sulla sua interpretazione la parola fine non è stata ancora scritta

Mauro Di Marzio
09 Ottobre 2017

La figura del ricorso incidentale condizionato, non disciplinato dal codice di rito, ma nato dalla prassi, è stato oggetto di un vasto dibattito sia dottrinale che giurisprudenziale, esitato poi in soluzioni di segno diverso. Nell'articolo si esaminano i diversi aspetti del problema, tenendo conto della giurisprudenza di legittimità e della dottrina più autorevole.
Che cosa si intende per ricorso incidentale condizionato

Per comprendere la sostanza e le ricadute concrete della pluridecennale querelle sul ricorso per cassazione incidentale condizionato, che ha visto la Suprema Corte fornire (a Sezioni Unite) risposte nel corso del tempo variegate, nelle quali, considerata una certa astrattezza del dibattito interno alla conventicola dei processualisti, non è talora agevole neppure individuare un chiaro filo conduttore, varrà partire da qualche esempio utile a spiegare qual è — per così dire — la posta in gioco.

In generale, il ricorso incidentale condizionato, che è figura di creazione pretoria (e cioè non è espressamente contemplato dal dato normativo, ma è emerso dalla prassi), è dato non già a chi è praticamente soccombente, ossia a chi nella fase di merito ha perso in tutto o in parte la causa, bensì a chi ha vinto in pieno, ma ha visto espressamente respingere una questione pregiudiziale di rito ovvero preliminare di merito, che, se accolta, gli avrebbe dato la vittoria sotto un profilo diverso da quello in effetti valorizzato dal giudice. È dato cioè a chi è solo teoricamente soccombente, anche se praticamente vittorioso, per l'ipotesi — in ciò sta pressappoco il fenomeno del condizionamento — che l'impugnazione principale proposta dalla controparte venga accolta.

Immaginiamo allora che l'attore abbia agito contro il convenuto e che quest'ultimo abbia formulato un'eccezione di difetto di giurisdizione (che supponiamo fondata) e si sia difeso nel merito. Il giudice di primo grado (errando) respinge l'eccezione di difetto di giurisdizione, ma rigetta nel merito la domanda, e così pure fa il giudice d'appello, errando anch'egli nel decidere il motivo del vincitore concernente il difetto di giurisdizione. A fronte del ricorso per cassazione proposto dall'originario attore rimasto soccombente in entrambi i gradi, il convenuto invoca nuovamente, per la terza volta, attraverso il ricorso incidentale condizionato, l'eccezione di difetto di giurisdizione.

In tale situazione:

  • se si dice che la Corte di cassazione può e deve esaminare il ricorso incidentale condizionato solo all'esito dell'esame del ricorso principale, e dunque solo nel caso in cui il ricorso principale risulti fondato, se si dice in altri termini che il giudice deve rispettare la volontà della parte di condizionare il proprio ricorso incidentale, il controricorrente e ricorrente incidentale non corre il rischio, come si suol dire, di andare per grazia e trovare giustizia: non corre cioè il rischio che, a seguito dell'accoglimento del motivo di ricorso incidentale condizionato concernente il difetto di giurisdizione del giudice inizialmente adito, venga travolta la sentenza che, nel merito, gli ha dato ragione, e che, ovviamente, egli ha interesse a mantenere ferma, pena la conseguente riapertura dei giochi, che nell'esempio prospettato riporterebbe la causa addirittura in primo grado e la farebbe durare ancora per diversi anni;
  • se, invece, si dice che la decisione della Corte di cassazione deve rispettare l'ordine delle questioni, e che dunque deve decidere gradatamente prima le questioni pregiudiziali e poi il merito della causa, ai sensi dell'art. 276, comma 2, c.p.c., disposizione applicabile al giudizio di cassazione per il tramite del richiamo contenuto nell'art. 141 disp. att. c.p.c., sicché deve provvedere prima sul motivo del ricorso incidentale condizionato, e poi sul ricorso principale, vi è l'evidente pericolo per l'originario convenuto di ottenere una deludente vittoria di Pirro, col rischio di perdere però alla fine, all'esito della riapertura dei giochi, una causa già vinta.

Guardiamo poi per un attimo al problema anche dal concreto angolo visuale del giudice di cassazione. Ed immaginiamo questa volta che il convenuto, a fronte della domanda attrice, abbia formulato in primo grado un'eccezione di prescrizione estintiva così fondata che di più non si può, eccezione tuttavia erroneamente respinta dal giudice di primo grado, anche in questo caso, però, con il rigetto nel merito della domanda attrice. Stesso esito in appello. In cassazione l'originario attore, per due volte soccombente, propone un ricorso principale poniamo con dieci motivi, per un centinaio di pagine o giù di lì, mentre l'originario convenuto, per due volte vincitore, spiega un ricorso incidentale condizionato, strafondato, con un solo secco motivo, concernente l'erroneo rigetto dell'eccezione di prescrizione. Sembra mai possibile al lettore che la Suprema Corte, in un caso come quello considerato, esamini uno per uno i dieci motivi di ricorso principale, constatandone in tutto o in parte la fondatezza, per poi, solo dopo tale faticoso scrutinio, esaminare ed accogliere il ricorso incidentale condizionato, la cui fondatezza era del tutto manifesta indipendentemente dalla sorte del ricorso principale? Se così fosse si potrebbe dire, con Nanni Moretti: «Continuiamo così, facciamoci del male». Tanto più che nell'esempio fatto la Corte di cassazione, accogliendo il motivo di ricorso incidentale condizionato sulla prescrizione, senza esaminare il ricorso principale, non riapre i giochi, ma mette una pietra tombale sul processo, dando ragione a chi quella ragione palesemente aveva fin dall'inizio.

Ancora un esempio. L'originario convenuto eccepisce, fondatamente, la non integrità del contraddittorio, ma l'eccezione è respinta in primo grado e in appello, sicché viene riproposta mediante ricorso incidentale condizionato, avendo il convenuto integralmente vinto nella fase di merito. Che senso ha, in una situazione di questo genere, che la Corte di cassazione esamini il ricorso incidentale condizionato solo se risulta fondato il ricorso principale? In caso di infondatezza del ricorso principale potrebbe mai la Corte di cassazione lasciare in vita una sentenza inutiliter data perché pronunciata a contraddittorio incompleto?

Ecco, questo è il tema. E le risposte, probabilmente, non sono facili proprio perché hanno ad oggetto situazioni profondamente diverse, quali quelle non a caso indicate dell'eccezione di difetto di giurisdizione (il cui accoglimento riaprirebbe il processo a fronte di una sentenza per il resto magari del tutto esatta), dell'eccezione di prescrizione (il cui accoglimento dà ragione a chi ha ragione e non fa perdere tempo) e dell'eccezione di non integrità del contraddittorio (il cui accoglimento riapre sì i giochi riportando indietro le lancette dell'orologio, ma in una situazione in cui un'altra ragionevole alternativa non c'è).

Il ricorso incidentale

Ricevuta la notificazione del ricorso principale, l'intimato, se vuole impugnare a propria volta la sentenza, deve farlo con ricorso incidentale, secondo la previsione dell'art. 371 c.p.c..

Legittimato a proporre ricorso incidentale è il soccombente, e ciò non solo in caso di soccombenza pratica, ma anche di soccombenza teorica. L'esigenza del ricorso incidentale in caso di soccombenza anche teorica (e cioè di soccombenza su una questione pregiudiziale di rito ovvero preliminare di merito, ma anche su una questione di merito non preliminare prospettata unitamente ad altre a sostegno della medesima domanda od eccezione, in posizione equiordinata, qualora il giudice d'appello abbia accolto la domanda o l'eccezione ritenendo fondata una determinata questione ed infondata l'altra) discende dall'inesistenza di una norma, applicabile al giudizio di cassazione, analoga all'art. 346 c.p.c., dettato per il giudizio di appello, il quale consente la mera riproposizione delle domande ed eccezioni «non accolte». Sicché, se il giudice di merito ha respinto, come nell'esempio fatto poc'anzi, l'eccezione di prescrizione spiegata dal convenuto, ma poi ha comunque rigettato la domanda attrice, il convenuto, a fronte dell'avverso ricorso per cassazione, deve fare ricorso incidentale, perché, altrimenti, sul rigetto dell'eccezione di prescrizione scende ineluttabilmente il giudicato: che è qui un effetto dell'art. 329, comma 2, c.p.c., secondo cui l'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti di sentenza non impugnate.

Non è legittimato al ricorso incidentale (e neppure al ricorso incidentale condizionato) chi non è soccombente, neppure teoricamente. Il che accade nel caso in cui determinate domande o eccezioni, proposte dalla parte che all'esito del giudizio ha vinto, non sono state esaminate dal giudice perché assorbite: come nel caso, simmetrico a quello appena menzionato, in cui il giudice abbia accolto l'eccezione di prescrizione proposta dal convenuto, e quindi non abbia pronunciato sulle altre eccezioni concernenti il merito della controversia. In tale frangente, difatti, le domande ed eccezioni assorbite ben potranno essere riproposte al giudice del rinvio, nell'eventualità della cassazione della sentenza in accoglimento del ricorso principale, quantunque non siano state riproposte in sede di legittimità. E ciò per la già ricordata inapplicabilità dell'art. 346 c.p.c. al giudizio di cassazione (tra le molte Cass. civ., 24 gennaio 2011, n. 1566; Cass. civ., 2 dicembre 2005, n. 26264: beninteso, sul piano strettamente pratico, chi eventualmente riproponga in Cassazione le domande ed eccezioni «non accolte», male non fa, ed evita di imbattersi in responsi eccentrici, come quello accolto da Cass. civ., 14 marzo 2011, n. 5970, della quale fia laudabile tacerci).

È il congegno del condizionamento

Ecco gli interrogativi. Soccombenza teorica e ricorso incidentale: il condizionamento — e cioè la subordinazione dell'esame del ricorso incidentale all'accoglimento, secondo alcuni sul piano della semplice delibazione, del ricorso principale — discende da un'espressa manifestazione di volontà in tal senso del ricorrente incidentale, o da un connotato oggettivo di antecedenza logico giuridica del ricorso incidentale proposto dal vincitore, soccombente teorico? E, poiché per proporre ricorso per cassazione occorre avervi interesse, quand'è che il soccombente teorico (che in pratica è vincitore) viene ad avere interesse ad impugnare?

In un primo tempo la Suprema Corte ha escluso in radice l'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato, il quale avrebbe altrimenti comportato l'esame con precedenza del ricorso principale anche quando quello incidentale profilasse un motivo dal cui accoglimento il ricorso principale sarebbe rimasto assorbito, sicché la Corte avrebbe dovuto dapprima pronunciarsi sul ricorso principale per poi subito dopo privare di ogni effetto tale preliminare pronuncia in accoglimento del ricorso incidentale (Cass. civ., Sez. Un., 10 dicembre 1957, n. 4624; Cass. civ., 10 agosto 1955, n. 2491). Sicché in buona sostanza al soccombente teorico non rimaneva altra strada che quella del ricorso incidentale per così dire «pieno». La qual cosa equivaleva ad un messaggio al difensore del soccombente teorico che potremmo decrittare così: «Hai vinto e sostieni l'infondatezza del ricorso principale, ma proponi lo stesso ricorso incidentale? Lo fai a tuo rischio e pericolo. Stai attento, perché rischi che il ricorso incidentale si possa ritorcere contro di te, poiché la Corte potrebbe non esaminare affatto il ricorso principale, che tu stesso dici essere infondato».

Alla soluzione così riassunta, che negava l'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato, in quanto — in breve — sovvertiva l'ordine logico delle questioni, ha replicato tra l'altro Carnelutti che l'ordine logico non trova applicazione nella fase rescindente del giudizio di cassazione, ma semmai in quella rescissoria dinanzi al giudice del rinvio (all'epoca non era previsto che la Corte potesse decidere nel merito).

Per questa via, e valorizzando il principio dispositivo, le Sezioni Unite hanno mutato indirizzo, affermando il diritto della parte di individuare l'ordine di esame delle questioni non rilevabili d'ufficio e quindi di condizionare l'esame del proprio ricorso incidentale alla fondatezza del ricorso principale (Cass. civ., Sez. Un., 11 aprile 1960, n. 826). «Non solo — ha osservato in proposito Virgilio Andrioli — la condizionalità impressa al ricorso incidentale, che ha per oggetto questioni preliminari o pregiudiziali, non determina l'inammissibilità della impugnazione, ma il rispetto della volontà delle parti deve essere spinto sino al punto da imporre alla Cassazione di esaminare dapprima il ricorso principale e, solo se riconosciuto fondato, il ricorso incidentale» (ANDRIOLI, Cinquant'anni i dialoghi con la giurisprudenza, I, Milano 2007, 280).

Successivamente la dottrina, evidenziata l'imprecisione del riferimento al principio dispositivo, ha ricondotto il congegno del condizionamento alla regola secondo cui la devoluzione in cassazione è limitata ai motivi allegati dalle parti e alle questioni rilevabili d'ufficio, sicché la parte, se vuole far riesaminare le questioni preliminari o pregiudiziali risolte sfavorevolmente, deve proporre ricorso incidentale, che è condizionato de iure alla previa verifica della legittimazione ad impugnare, la quale ricorre in presenza, oltre che della soccombenza teorica su tali questioni, della fondatezza del ricorso principale. Perciò, proprio il rispetto dell'ordine delle questioni impone nel giudizio d'impugnazione di non esaminare l'impugnazione incidentale senza prima aver verificato la legittimazione ad impugnare attraverso l'esame del ricorso principale (CHIARLONI, L'impugnazione incidentale nel processo civile, Milano, 1969, 134-135).

La SC ha aderito così all'idea del condizionamento de iure (Cass. civ., 7 luglio 1972, n. 2254), collegato alla necessità di verificare l'esistenza dell'interesse alla proposizione del ricorso incidentale in ragione della fondatezza del ricorso principale, che deve perciò essere esaminato per primo. Ed il condizionamento de iure si è esteso anche alle questioni astrattamente rilevabili d'ufficio che siano state già decise nel grado precedente, le quali possono essere conosciute dalla Cassazione solo per il tramite del motivo di impugnazione (Cass. civ., 10 febbraio 1982, n. 832; Cass. civ., 25 novembre 1983, n. 7100; Cass. civ., 5 settembre 1997, n. 8612; Cass. civ., Sez. Un., 13 gennaio 2010, n. 356), mentre nessun condizionamento opera per le questioni rilevabili d'ufficio che non siano state né rilevate, né decise in precedenza (Cass. civ., 21 maggio 1999, n. 4954; Cass. civ., 22 marzo 1999, n. 2707).

Successivamente la SC è tornata a negare l'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato non solo sulla questione di giurisdizione (Cass. civ., Sez. Un., 11 dicembre 1990, n. 11795), ma su ogni altra questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito oggetto di ricorso incidentale del vincitore nel merito (Cass. civ., 13 novembre 1991, n. 12112; Cass. civ., 14 dicembre 1995, n. 12820). L'orientamento precedente è stato ribaltato sul rilievo che, a seguito del ricorso principale, sorge sol per questo l'interesse del vincitore pratico, ma soccombente su questioni pregiudiziali o preliminari, ad impugnare, poiché l'impugnazione principale rende incerto l'esito della lite.

La SC è tornata dunque in sostanza a porre il controricorrente dinanzi ad un bivio: o limitarsi alla difesa contro il ricorso principale, se lo ritiene infondato, o proporre ricorso incidentale, se ritiene plausibile la fondatezza del ricorso, assumendosi però il rischio di vedere cancellata la decisione nel merito favorevole a vantaggio di una vittoria in rito.

A seguito di ulteriori contrasti, sono intervenute nuovamente le Sezioni Unite che nel 2001 hanno ribadito che l'eventuale condizionamento deve considerarsi non apposto e il ricorso incidentale che su questioni pregiudiziali o preliminari rilevabili d'ufficio deve essere esaminato prima del merito poiché le parti non possono incidere sull'ordine delle questioni (Cass. civ., Sez. Un., 23 maggio 2001, n. 212). Si è affermato così nuovamente l'irrilevanza del condizionamento.

Il principio è stato poi successivamente attenuato nel senso che dev'essere esaminato con priorità solo il ricorso incidentale avente ad oggetto questioni pregiudiziali o preliminari di rito rilevabili d'ufficio che non siano state affrontate e decise dal giudice del merito (Cass. civ., 31 ottobre 2007, n. 23109; Cass. civ., 10 settembre 2007, n. 18988; Cass. civ., 10 giugno 2008, n. 15362; Cass. civ., 21 gennaio 2008, n. 1161).

Si è giunti così nel 2009 ad un nuovo cambiamento di rotta (Cass. civ., Sez. Un., 6 marzo 2009, n. 5456; Cass. civ., Sez. Un., 13 gennaio 2010, n. 356) in cui si è affermato che il ricorso incidentale avente ad oggetto questioni pregiudiziali di rito, anche attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito è condizionato all'accoglimento del ricorso principale indipendentemente dalla volontà di parte tutte le volte che la questione non sia rilevabile d'ufficio e sulla medesima non sia stata resa una decisione. La parte, dunque, ha un interesse alla proposizione dell'impugnazione incidentale che sorge con la proposizione del gravame principale, ma questo interesse si concretizza solo ove la soccombenza da teorica diventi attuale con l'accertamento della fondatezza del ricorso principale.

La soluzione accolta oggi

Quest'ultima è la soluzione oggi seguita. Le Sezioni Unite sono in buona sostanza tornate alla tesi del condizionamento de iure, stabilendo che il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nella fase di merito, che abbia (indifferentemente) ad oggetto questioni pregiudiziali di rito, ivi compresa quella di giurisdizione, o preliminari di merito, ha sempre e necessariamente natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa iniziativa di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito. Al contrario, qualora tale decisione sia stata pronunciata, il ricorso incidentale va esaminato sono quando l'interesse del ricorrente incidentale diviene attuale, ossia nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale (successivamente alla citata pronuncia v. Cass. civ., Sez. Un., 15 luglio 2009, n. 16504; Cass. civ., Sez. Un., 3 marzo 2010, n. 5023; Cass. civ., 30 aprile 2012, n. 6600; Cass. civ., 23 maggio 2012, n. 8177; Cass. civ., Sez. Un., 25 marzo 2013, n. 7381).

Si è tuttavia replicato in dottrina che, in tal modo, «non la volontà della parte, ma una istanza oggettiva che la sovrasta decreterebbe la necessità del "condizionamento" del ricorso incidentale» (PANZAROLA, Sul condizionamento de jure del ricorso incidentale per cassazione del vincitore nel merito, in Riv. dir. proc., 2010, 188). E si è segnalato come la soluzione adottata, nella sua assolutezza, non appaia sempre idonee a risolvere nel modo migliore il fenomeno del condizionamento. Si è prospettata una soluzione che sta nel verificare la sussistenza dell'interesse del ricorrente incidentale condizionato non già all'accoglimento del ricorso principale, bensì ad una sua delibazione, in modo da impiegare il concetto di interesse ad impugnare «alla stregua di un "regolo lesbio"» (op. loc. cit.), ossia adottando una soluzione elastica che consenta di parametrare la decisione sull'ammissibilità del ricorso incidentale condizionato alle peculiarità del caso.

Ed in tal senso, di recente, sembra possa leggersi il responso secondo cui «il ricorso incidentale con il quale la parte totalmente vittoriosa nel merito riproponga una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito rilevabile d'ufficio, che l'abbia vista soccombente, può essere esaminato e deciso con priorità senza tener conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale (e dunque indipendentemente dalla verifica di un interesse concreto della parte …) quando sia fondato su una ragione più liquida, che cioè, essendo di più agevole soluzione, consenta di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio costituzionalizzate dagli artt. 24 e 111 Cost. (giusta l'insegnamento di Cass.civ., Sez. Un. n. 9936/2014)» (Cass. civ., 18 novembre 2016, n. 23531).

Sicché la parola fine alla storia infinita del ricorso incidentale condizionato non sembra essere stata ancora scritta.

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