Amministratore (compenso)Fonte: Cod. Civ. Articolo 1129
06 Settembre 2017
Inquadramento
Il compenso dell'amministratore rappresenta una tra le voci di spesa più discusse e controverse all'interno dei rapporti condominiali. Questo onorario, nei fabbricati di piccole dimensioni, può addirittura costituire una delle spese di maggiore entità. Data la rilevanza dell'argomento trattato, si rende necessario passare brevemente in rassegna l'evoluzione normativa che ha interessato l'argomento de quo. Già prima della riforma del condominio, introdotta con la l. n. 220/2012, la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito come il rapporto tra l'amministratore ed i condomini fosse assimilabile all'istituto del mandato con rappresentanza, con la conseguente applicazione delle disposizioni in materia, contenute negli artt. 1387 ss. e 1730 ss. c.c.(v. Cass. civ., sez. II, 8 aprile 2008, n. 9148). La l.n. 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013, ha poi recepito la decisione giurisprudenziale anzidetta, prevedendo espressamente, all'art 1129, comma 15, c.c. il richiamo alle norme in materia di mandato. («Per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV»). Con riferimento, in particolare, a quanto concerne il compenso dell'amministratore, troverà dunque applicazione l'art. 1709 c.c. Secondo tale norma «il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice». Prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio, ci si è chiesti come si dovesse coordinare questa disposizione di legge con quella contenuta nel n. 1) del comma 1 dell'art. 1135 c.c. secondo la quale «nel decidere sulla conferma o revoca dell'amministratore, l'assemblea decide anche sulla sua eventuale retribuzione».
Ebbene, con l'uso dell'aggettivo “eventuale”, il Legislatore ha voluto intendere che l'assemblea può anche esprimersi in ordine alla gratuità dell'incarico dell'amministratore: in tale ipotesi, quest'ultimo, se accetta la nomina da parte del condominio, non potrà richiedere il pagamento di alcun corrispettivo per l'opera svolta ma, solamente, un rimborso perle spese eventualmente sostenute. La gratuità del mandato di amministratore viene prevista, in genere, quando questo ruolo è ricoperto, in maniera quindi non professionale, da uno dei condomini.
Tra le varie novità apportate dalla legge di riforma del condominio n. 220/2012 se ne annoverano alcune proprio in materia di compenso dell'amministratore. Disposizione fondamentale sul punto è rappresentata dall'art 1129, comma 14, c.c., in forza del quale «l'amministratore all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta».
Viene dunque codificato il principio che l'onorario dell'amministratore è individuato, in modo definitivo, al momento della sua nomina e che, quindi, dopo la stessa non sia più possibile procedere ad integrazioni e/o specificazioni, salva specifica deliberazione assembleare sul punto. La ratio della norma sopracitata è quella di impedire all'amministratore di richiedere compensi aggiuntivi, non predeterminati al momento del conferimento dell'incarico, evitando così “spiacevoli sorprese” ai condomini. Alla medesima finalità è ispirata la previsione contenuta nel comma 8 dell'art 1129 c.c. in forza della quale all'amministratore non spetta alcun compenso aggiuntivo rispetto a quanto in origine pattuito per tutte le attività poste in essere successivamente alla cessazione dell'incarico, volte alla consegna della documentazione afferente la gestione condominiale ed alla esecuzione di attività urgenti finalizzate ad evitare pregiudizi agli interessi comuni dei condomini. Occorre rilevare che già secondo l'orientamento giurisprudenziale formatosi prima della riforma, il compenso spettante all'amministratore per lo svolgimento di un'attività connessa ed essenziale all'esecuzione dei suoi compiti istituzionali, non esorbitante dal mandato con rappresentanza, doveva ritenersi compreso nel corrispettivo fissato al momento del conferimento dell'incarico e per tutta l'attività amministrativa di durata annuale (Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2010, n. 10204). La più importante novità apportata dalla riforma risiede nell'avere previsto espressamente che tali attività non diano diritto ad alcun compenso aggiuntivo rispetto a quanto in origine pattuito in sede di nomina o di incarico, nemmeno in caso di cessazione dallo stesso. Tuttavia, nulla vieta che l'assemblea condominiale, per mezzo di una specifica delibera sul punto, riconosca all'Amministratore ulteriori compensi per determinate prestazioni. Si precisa, inoltre, che anche in caso di rinnovo dell'incarico, l'amministratore deve specificare il proprio compenso in modo analitico. La giurisprudenza formatasi sul punto, appare, secondo l'opinione dello scrivente, ingiustificatamente severa, richiedendo la specificazione della retribuzione in modo analitico sempre e comunque, anche nel caso in cui, per ipotesi, fosse identica all'anno precedente. La decisione applica certamente alla lettera le norme così come novellate dalla l.n. 220/2012, ma il risultato è, a parere dello scrivente, piuttosto drastico: se il compenso è effettivamente identico a quello degli anni precedenti, non si comprende perché non ci si possa limitare ad individuarlo per relationem. Determinazione del compenso
Prima della legge di riforma del condominio si era soliti individuare il compenso dell'amministratore con riferimento alla attività cosiddetta ordinaria, ossia quella che ricomprendeva la normale e quotidiana gestione delle parti comuni e dei rapporti fra condomini. In aggiunta al compenso per l'attività ordinaria andava poi, di volta in volta, individuato quello concernente le attività straordinarie, ovvero per i lavori di straordinaria o rilevante entità. Così l'attività ordinaria veniva retribuita secondo un importo forfettario determinato al momento della nomina dell'amministratore, mentre quella straordinaria veniva retribuita, di volta in volta, in proporzione al valore dei lavori svolti. In riferimento all'attività straordinaria il rischio era, come si potrebbe facilmente intuire, che l'amministratore potesse chiedere compensi molto alti, “sorprendendo” così i condòmini con richieste oltremodo gravose. Oggi questa modalità di retribuzione non è più ammessa, in ragione di quanto disposto dall'art. 1129 c.c., così come riformulato dalla l.n. 220/2012, il quale, come già sopra evidenziato, obbliga l'amministratore, al momento dell'accettazione dell'incarico e del suo rinnovo a specificare in modo analitico l'ammontare del compenso, pena la nullità della nomina stessa. La conseguenza è che l'amministratore che non ha analiticamente indicato il proprio compenso non potrà assumere l'incarico e non potrà far valere alcun credito verso il condominio. La norma vieta che si continui a distinguere fra un compenso determinato in via forfettaria per l'attività ordinaria ed un compenso che, di volta in volta, viene stabilito, senza criteri certi, per i lavori eccezionali o straordinari. Al più, la disposizione consente che l'amministratore, quando si candida ad assumere la gestione condominiale, presenti un preventivo dove accanto ai singoli atti sia indicato il compenso che richiede, con la possibilità di indicare, per i lavori di rilevante entità, un compenso proporzionale al valore degli stessi. In questo secondo caso, però, per non incorrere nella sanzione della nullità della sua nomina, è bene che chi si candida ad assumere l'amministrazione di un condominio indichi con assoluta chiarezza la tipologia dei lavori da svolgere e la percentuale stessa, e lo faccia al momento dell'assunzione dell'incarico o del suo rinnovo. In questo modo l'assemblea avrà a disposizione tutte le informazioni per deliberare in merito alla nomina, dovendo il rapporto fra condominio ed amministratore essere incentrato su principi di certezza e trasparenza. Può dirsi, dunque, che il compenso accordato all'amministratore per il complesso della sua attività e per compiti istituzionali conferitigli debba ritenersi ricompreso in quello stabilito per tutta l'attività amministrativa di durata annuale e non possa essere parcellizzato. Solo l'assemblea, con separata decisione può deliberare di attribuire all'amministratore ulteriori compensi forfettari, suppletivi rispetto alla convenuta retribuzione (Trib. Roma 3 gennaio 2017). Alla stessa conclusione si perviene considerando le più generali regole dettate in tema di mandato, secondo le quali nella retribuzione del mandatario deve ritenersi compresa tutta l'attività prestata in favore della compagine, indi per cui è illegittima la richiesta non approvata dall'assemblea di un compenso “extra” per le opere straordinarie eseguite a tutela dell'edificio amministrato (Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2013, n. 22313). Il problema nasce quando l'assemblea delibera l'esecuzione di lavori straordinari, dove è probabile che l'amministratore sia chiamato a svolgere una maggiore attività. Anche in questo caso l'eventuale maggior compenso, non specificato al momento della nomina, deve essere deliberato dall'assemblea e non preteso a posteriori dall'amministratore sull'errato presupposto che così è stabilito dagli usi. Se l'assemblea nulla ha deliberato, nulla è dovuto all'Amministratore, oltre al normale compenso accordatogli, dovendosi ritenere che anche gli interventi straordinari da eseguirsi sull'immobile riguardino opere comunque necessarie alla conservazione dei beni comuni e, quindi, ricadano attività rientranti nelle sue ordinarie attribuzioni. Un'ulteriore problematica che deve essere in questa sede affrontata riguarda le modalità attraverso le quali il compenso dell'amministratore viene, di fatto, quantificato. Non esistendo tariffe prestabilite, si ritiene che l'onorario debba dipendere da alcuni elementi variabili ed oggettivamente apprezzabili quali la grandezza dell'edificio e la difficoltà gestionale dello stesso. Un elemento che, inoltre, non deve essere sottovalutato in sede di nomina dell'amministratore consiste nella sua effettiva preparazione. Sebbene la riforma del condominio abbia previsto per l'esercizio della professione di amministratore condominiale obblighi di formazione periodica ed iniziale, si ritiene che la preparazione dei sopraccitati professionisti non sia, come intuibile, omogenea. Orbene, a parere dello scrivente, si dovrebbero valutare, caso per caso, le difficoltà gestionali dell'edificio condominiale in esame perché possa essere scelto il professionista maggiormente idoneo a ricoprire la carica di amministratore. Risulta quindi evidente come una richiesta di onorario troppo bassa, non sempre si possa rivelare la migliore per il condominio. Infatti, una simile richiesta potrebbe nascondere una certa imperizia e impreparazione tecnica dell'amministratore il quale, come noto, deve svolgere per conto del condominio rappresentato molteplici attività di varia natura.Queste attività presuppongono alcune conoscenze tecniche, giuridiche e gestionali non di scarso rilievo per cui sarebbe meglio valutare con attenzione, considerata la situazione del condominio interessato alla nomina di un amministratore, le varie offerte di gestione proposte al fine di scegliere quella maggiormente idonea a soddisfare gli interessi dei condomini. Una volta chiariti in via generale gli elementi che possono incidere, anche sensibilmente, sulla entità dell'offerta di gestione da parte di un amministratore, si riportano qui di seguito, a mero titolo esemplificativo, alcune modalità di quantificazione del compenso, nella prassi largamente applicate.
Secondo questa prima metodologia si trova una parte di onorario determinato a fronte di una parte dello stesso previsto in percentuale o, di fatto, indeterminato. Di fatto è possibile applicare un compenso di questa natura poiché lo stesso, sebbene ab origine non determinato, sarà, comunque, determinabile alla chiusura del bilancio.
Tuttavia, anche in questa ipotesi una parte dell'onorario è certa, un'altra parte dell'onorario è incerta o, comunque, variabile.
Occorre evidenziare che il Legislatore non ha espressamente previsto la metodologia di determinazione del compenso che deve essere necessariamente seguita. Sarebbe preferibile, negli edifici condominiali non necessitanti di ingenti opere di ristrutturazione straordinaria, la scelta da parte dell'amministratore di un onorario comprensivo di tutte le attività di gestione. D'altro canto si ritiene preferibile, a fronte dell'ingente mole di lavoro generata dalle delibere aventi ad oggetto lavori di ristrutturazione straordinaria, la scelta di una previsione del compenso in percentuale per le opere che si ritiene possano essere deliberate nell'anno in cui si avrà la gestione del condominio.
Rimborso spese
Al compenso dell'amministratore si aggiunge anche il rimborso delle spese che questi, eventualmente, abbia sostenuto nell'interesse del condominio. Tale credito è fondato sul rapporto contrattuale di mandato con rappresentanza (art. 1720 c.c.) e l'amministratore è tenuto a rendicontare le spese sostenute, in modo da giustificare le stesse all'assemblea.
Ripartizione della spesa
Dopo aver passato in rassegna la materia concernente l'individuazione del compenso dell'amministratore di condominio, occorre chiarire chi debba farsene carico e in che misura. In generale, la spesa per il compenso dell'amministratore va sopportata da tutti i condomini in misura proporzionale alle loro quote millesimali di proprietà. Questa regola può comunque, se è l'assemblea lo decide all'unanimità, subire deroghe. Cessazione del diritto al compenso
Il diritto al compenso spetta all'amministratore condominiale per tutto il periodo in cui egli svolga la sua attività, sino a quando non sia revocato o non decida di non proseguire nel suo incarico. Se, come non di rado accade, la revoca è precedente rispetto alla data prevista per la cessazione dell'incarico egli non avrà diritto all'intero compenso stabilito ma ad una somma minore, liquidata tenendo conto del tempo in cui lo stesso ha effettivamente dato esecuzione al mandato conferitogli. Se, poi, la revoca non è giustificata egli - come chiarito dal Tribunale di Monza con un'ormai risalente sentenza del 27 giugno 1985 - potrà chiedere, ed ottenere, il risarcimento del danno. Casistica
Maniscalco - Rao, Obblighi e responsabilità dell'amministratore di condominio e dei condomini, Rimini, 2016; Cusano, L'amministratore di condominio, Napoli, 2015; Assini - Colombo Clerici - Marchiani, Il nuovo condominio secondo la riforma, Milano, 2013; Di Pirro, L'amministratore di condominio, Piacenza, 2013.
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