Amministratore (revoca giudiziale)

Paolo Nasini
15 Settembre 2017

Sono idonei a costituire ipotesi di gravi irregolarità quei comportamenti, commissivi od omissivi, posti in essere dall'amministratore di condominio così significativi da far ritenere venuto meno il necessario e tipico rapporto di fiducia tra amministratore e condomini.
Inquadramento

Ai sensi dell'art 1129, comma 3, c.c., nella versione ante riforma del 2013, l'amministratore poteva essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall'art. 1131, ultimo comma, c.c. se per due anni non aveva reso il conto della sua gestione, ovvero se vi erano fondati sospetti di gravi irregolarità.

Il nuovo art. 1129, comma 11, c.c., come novellato dalla l.n. 220/2012, prevede che la revoca l'amministratore possa essere revocato in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. La revoca può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dall'art. 1131, comma 4, c.c., se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) dell'undicesimo comma, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria e in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo di rivalsa nei confronti del condominio che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.

Come si può notare, mentre la revoca da parte dell'assemblea può essere deliberata in ogni tempo e non richiede che l'amministratore abbia posto in essere specifici comportamenti scorretti o non abbia adempiuto agli obblighi sullo stesso gravanti a norma di legge, quella giudiziale è ammissibile solo alle condizioni indicate dalla norma citata.

Presupposti

In primo luogo, l'art. 1129 c.c. novellato indica, quale motivo di revoca, la violazione dell'art. 1131, comma 4, c.c., ovvero il fatto che l'amministratore non abbia comunicato senza indugio all'assemblea dei condomini la notifica di un atto di citazione o di un provvedimento giudiziario che esorbiti dalle sue attribuzioni.

La previsione, già contenuta nella versione della norma anteriore alla riforma del 2013, trova il suo fondamento nella particolare disciplina di cui all'art. 1131, comma 2, c.c. che, al fine di favorire il terzo che intende esperire un giudizio nei confronti del condominio, consente allo stesso di chiamare in causa e, quindi, notificate l'atto di citazione al solo amministratore di condominio anziché agire e citare in giudizio tutti i condomini, prevedendo, quindi, una legittimazione processuale passiva estesa ad ogni lite giudiziaria avente ad oggetto interessi comuni ai condomini senza distinzioni in ordine alla tipologia di azione esperita.

Ovviamente, l'obbligo di comunicazione imposto all'amministratore del condominio dal comma 3 dell'art. 1131 c.c., è rilevante solo all'interno del rapporto fra la collettività dei condomini e l'amministratore stesso (Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 1995, n. 1460).

Ci si è posto il problema di valutare se possa o meno rilevare ai fini della revoca giudiziale la mancata o la ritardata informazione da parte dell'amministratore all'assemblea della esistenza di un giudizio o di un provvedimento giudiziale rientrante però nell'ambito delle attribuzioni dell'amministratore.

Sebbene l'ipotesi in questione non sia contemplata specificamente e sembri, anzi, implicitamente smentita dalla previsione espressa sopra analizzata, non può escludersi la possibilità di fare rientrare la stessa nell'ambito delle gravi irregolarità di cui si dirà più avanti, atteso il carattere non tassativo dell'elenco di cui all'art. 1129 c.c. novellato.

Evidentemente, però, per un corretto coordinamento tra la previsione dell'art. 1129 c.c. che rinvia espressamente all'art. 1131, comma 4, c.c. e il concetto di gravi irregolarità, occorre che l'omissione e il ritardo nell'informazione siano gravi, ad. esempio, perché dolose o laddove il giudizio o il provvedimento oggetto dell'informazione siano potenzialmente in grado di incidere in modo rilevante sulla situazione giuridica e patrimoniale dei condomini.

La revoca può altresì essere richiesta in caso di mancata resa del conto. Al riguardo, l'art. 1130, comma 1, n. 10), c.c. novellato, prevede che l'amministratore debba redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

Prima della riforma del 2013 la revoca poteva essere richiesta solo se l'amministratore non avesse reso il conto per due anni, e l'art. 1130 c.c. non prevedeva termini precisi di convocazione annuale dell'assemblea per l'approvazione dello stesso.

La novella, quindi, ha reso più stringente l'obbligo.

La giurisprudenza di merito anteriore alla riforma, coerentemente, si era espressa affermando che costituisce grave irregolarità, tale da determinare la revoca dell'incarico, il comportamento dell'amministratore di condominio che omette o trascura o ritarda per lungo tempo la presentazione del rendiconto della gestione, anche se limitatamente a singoli aspetti o settori o parti di essa (Trib. Messina 29 maggio 2011).

La giurisprudenza successiva alla riforma ha avuto modo di statuire che integra grave irregolarità - e conseguentemente integra comportamento legittimante la revoca giudiziale ex art. 1129 c.c. - la condotta dell'amministratore condominiale che presenti il rendiconto della gestione oltre il termine di 180 giorni dalla data di chiusura dell'esercizio di riferimento previsto dall'art. 1130, ultimo comma, c.c., anche laddove l'assemblea lo approvi (v., in tal senso, Trib. Taranto 21 settembre 2015; Trib. Udine 25 marzo 2014).

La norma censura la mancata resa del conto.

Nulla si dice in ordine alla resa del conto sbagliata ovvero ad un rendiconto non avente le caratteristiche dell'art. 1130-bis c.c.: a questo riguardo, deve ritenersi che il legislatore ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit, sicché la limitazione alla mera mancata resa del conto implica la non sussumibilità della fattispecie indicata nell'ipotesi normativamente prevista.

Certamente non vi sono possibilità di revoca laddove le modalità di redazione del rendiconto pur non essendo conformi alle previsioni dell'art. 1130-bis c.c., consentano di rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita della gestione, con le relative quote di ripartizione, e cioè sia tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire se l'operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099).

Diversamente, però, laddove il conto non consenta tale intellegibilità, allora potrebbe essere giustificata la revoca e ciò sia ritenendo come sostanzialmente non depositato alcun conto al di là della redazione formale dello stesso, sia qualificando tale irregolarità in termini di gravità.

Infine, la revoca può essere richiesta in caso di gravi irregolarità poste in essere dall'amministratore.

In primo luogo, è opportuno rilevare la modifica rispetto alla precedente formulazione dell'art 1129 c.c., laddove, ai fini dell'accoglimento della domanda di revoca, veniva richiesta la prova di fondati sospetti di gravi irregolarità; in secondo luogo, la norma novellata dalla l. n. 220/2012 prevede ora un elenco di ipotesi di gravi irregolarità il cui carattere, però, non è tassativo, come risulta dallo stesso testo della norma (Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità..)

Sotto il primo profilo, l'eliminazione dell'espressione “fondati sospetti” implica che il condomino o i condomini ricorrenti dovranno fornire piena prova delle effettive irregolarità compiute dall'amministratore di condominio.

Sotto il secondo profilo, il legislatore ha inteso integrare il concetto di gravi irregolarità già esistente individuando alcune specifiche ipotesi, ancorché non tassative.

Nel fare questo il legislatore ha tipizzato comportamenti già tendenzialmente valorizzati in via giurisprudenziale come ipotesi di gravi irregolarità.

La tipizzazione delle condotte sgrava il ricorrente dal provare la gravità della irregolarità del comportamento tenuto dall'amministratore se rientrante in una di quelle ipotesi: sarà, quindi, onere dell'amministratore dimostrare che l'irregolarità non è in realtà grave per specifici e comprovati motivi.

Venendo al concetto di gravi irregolarità, si può dire che sono idonei a costituire ipotesi di gravi irregolarità quei comportamenti, commissivi od omissivi, posti in essere dall'amministratore di condominio, così significativi da far ritenere venuto meno il necessario e tipico rapporto di fiducia tra amministratore e condomini (Trib. Salerno 3 maggio 2011).

In tal senso, eventuali irregolarità di gestione non giustificherebbero la revoca laddove, ad es., pur essendo manifestazione di modalità non ordinarie e corrette di gestione, non siano del tutto abnormi o comunque idonee, se protratte, a recare pregiudizio per l'interesse dei condomini (v., in tal senso, Trib. Bologna 25 maggio 2006; Trib. Salerno 13 gennaio 2009).

Ugualmente, non può essere revocato l'amministratore se gli atti di gestione irregolare dallo stesso posti in essere siano stati deliberati o comunque avallati dall'assemblea di condominio purché le delibere siano state assunte dall'assemblea stessa (Trib. Modena 18 gennaio 2017).

Secondo una recente giurisprudenza di merito, anche qualora ricorra una delle ipotesi astrattamente considerate dall'art. 1129 c.c. quali gravi irregolarità, l'autorità giudiziaria, può disporre la revoca dell'amministratore unicamente qualora sussistano le prove di un comportamento concreto contrario ai doveri imposti per legge, con esclusione pertanto di ogni automatismo. Ad esempio, la ritardata predisposizione del rendiconto annuale e della convocazione dell'assemblea da parte dell'amministratore è stata ritenuta giustificata in considerazione della mancata disponibilità della documentazione contabile necessaria per predisporre il bilancio e non costituiva una grave irregolarità ai fini della revoca dell'amministratore (Trib. Mantova 22 ottobre 2015).

Motivi di revoca

Viene in esame, in primo luogo, l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale e, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge.

Per quanto concerne l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, detta fattispecie “fa il paio” con quella relativa alla mancata resa del conto annuale in considerazione del combinato disposto degli artt. 1129 e 1130, n. 10), c.c., sicché si rinvia a quanto sopra detto.

Occorre sottolineare che entro il termine di giorni 180 dal termine della gestione annuale l'amministratore dovrà procedere alla sola convocazione dell'assemblea con invio, in allegato alla comunicazione, del rendiconto: l'assemblea, in tal senso, potrà tenersi anche successivamente allo spirare dei 180 giorni.

La seconda parte della previsione normativa in questione censura il rifiuto di convocazione dell'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge.

In primo luogo, il rifiuto di convocazione deve essere ripetuto, sicché non è sufficiente una sola omissione. In secondo luogo, perché il rifiuto sia illegittimo occorre che le richieste siano, al contrario, legittime.

La richiesta di convocazione assembleare, con riguardo alla revoca e nomina dell'amministratore, può essere effettuata da due condomini rappresentanti 1/6 del valore dell'edificio (in tal caso l'amministratore ha 10 giorni per convocare l'assemblea), ovvero da un solo condomino nel caso dell'art. 1129, comma 11, c.c., a fronte, cioè, di gravi irregolarità fiscali, o per omessa apertura o utilizzazione del conto corrente condominiale, ovvero, ancora, da un solo condomino nei casi previsti dalla legge.

Per quanto concerne, invece, le ulteriori omissioni nella convocazione dell'assemblea previste dalla legge si rammentano le ipotesi di cui all'art 1120, comma 3, c.c., all'art 1117-quater c.c.

Si consideri, poi, la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea.

Al riguardo, è stato affermato che in tema di revoca giudiziale, deve ritenersi che non integri mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari ex art. 1129, comma 12, n. 2), c.c. il comportamento dell'amministratore condominiale che - a fronte dell'intervenuta sospensione giudiziale di delibera assembleare con cui era stata decisa la chiusura dell'impianto di riscaldamento centralizzato - non sia nelle condizioni di dare immediata attuazione all'accensione del riscaldamento centralizzato stesso, attesa la mancanza di denaro per l'acquisto di combustibile, per avere l'assemblea - con delibera non impugnata sul punto - eliminato dal bilancio preventivo le voci di spesa relative al riscaldamento (Trib. Udine 7 novembre 2014).

La norma non prevede un termine per l'esecuzione delle delibere: ovviamente, stante l'eterogeneità dell'oggetto potenziale delle stesse, anche il ritardo nell'adempimento potrà essere equiparato all'omissione laddove per la natura dell'oggetto della delibera avrebbe dovuto essere eseguita entro un termine ragionevole.

Peraltro, non potrà essere imputato alcunché all'amministratore laddove la mancata esecuzione della delibera sia dipesa, ad es., dalla mancanza di liquidità che ha impedito allo stesso di poter assumere l'obbligo patrimoniale nei confronti di terzi, salva l'adozione da parte del primo di atti idonei a recuperare i contributi necessari dai condomini.

Parimenti, laddove la delibera sia prima facie nulla l'amministratore ben potrà non eseguire la stessa. Con riferimento, invece, ad una delibera annullabile e impugnata laddove la stessa non sia sospesa dall'autorità giudiziaria e comunque prima della pronuncia da parte del Tribunale sulla sospensione, l'amministratore, pur essendo obbligato ad eseguire la stessa (in quando pur essendo invalida è medio tempore efficace), è opportuno che provveda tempestivamente a convocare nuovamente l'assemblea per valutare l'eventuale sospensione dell'esecuzione o addirittura la modifica della delibera stessa.

Costituisce, poi, motivo di revoca la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma dell'art 1129 c.c.

Infatti, il legislatore, sulla scorta sia della prassi che delle pronunce giurisprudenziali di merito ha posto a carico dell'amministratore di condominio l'obbligo di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.

Già prima della riforma, infatti, la giurisprudenza di merito aveva avuto modo di rilevare che «l'amministratore - pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo - è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al condominio da lui amministrato, pertanto, la mancata adozione da parte dell'amministratore di condominio di un conto corrente apposito per la gestione condominiale costituisce perciò ex se irregolarità di tale gravità da comportare la revoca del mandato» (Trib. Salerno 3 maggio 2011).

Ciò al fine di rendere più trasparenti e verificabili le operazioni poste in essere dall'amministratore e i flussi delle operazioni economiche, nonché le eventuali irregolarità nella gestione del denaro.

L'obbligo a carico dell'amministratore è specificamente quello di stipulare con la banca un contratto di conto corrente, nulla dice invece il legislatore in ordine alla necessità per l'amministratore di ottenere una delibera assembleare che autorizzi la stipula di uno specifico contratto di conto corrente.

Ebbene, a questo riguardo, occorre considerare che il contratto di conto corrente è un negozio oneroso e le clausole possono anche essere gravose in caso di scoperto di conto corrente.

In questo senso, in un'ottica cautelativa, l'amministratore prima di stipulare il contratto di conto corrente è opportuno che sottoponga all'assemblea uno o più possibili contratti, anche con istituti di credito differenti, e che, solo in caso di mancata scelta da parte dell'assemblea, al fine di garantire l'operatività gestionale, e in adempimento dell'art. 1129 c.c., provveda sua sponte alla stipula di uno di quei contratti.

L'art. 1129, comma 11, n. 4), c.c., poi, censura la gestione secondo modalità che possono generare la possibilità di confusione tra il patrimonio del condomino e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini.

A questo proposito è stato ritenuto revocabile l'amministratore che, in sostanziale assenza di vantaggi per l'assemblea, ma, anzi, con aggravio di spese, abbia ingenerato confusione tra il proprio patrimonio e quello del condominio attraverso lo schermo di una società di cui abbia maggioranza e controllo addossando al condominio le spese di gestione di una propria società, la quale inoltre sistematicamente si aggiudicava l'esecuzione delle opere, poi appaltate a terzi con un ricarico di oltre il 20% (Trib. Modena 18 gennaio 2017).

E' punito, altresì, l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio.

E' il caso in cui, ad esempio, trascritto un pignoramento o iscritta un'ipoteca a garanzia di un credito del condominio nei confronti di un condomino o anche di un terzo, l'amministratore provveda ad autorizzarne la cancellazione, evidentemente prima dell'intervenuta piena soddisfazione del credito.

Il vero problema della norma in esame, come anche sottolineato in dottrina, è comprendere se sia sufficiente il consenso dell'amministratore affinché il Conservatore dei RR.II. immobiliari ovvero anche il Giudice con provvedimento giudiziale, provveda a cancellare le formalità.

Secondo una tesi, infatti, occorrerebbe la delibera assembleare (in analogia ad una vera e propria procura speciale) per cui, in mancanza, non potrebbe configurarsi alcuna responsabilità per l'amministratore in quanto dovrebbe ritenersi del tutto escluso che lo stesso possa autonomamente procedere alla cancellazione.

Similmente a quanto sopra, costituisce motivo di revoca l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva laddove sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio.

Al riguardo, la norma si segnala per il fatto di aver limitato l'obbligo dell'amministratore alla sola ipotesi di recupero del credito condominiale, non avendo previsto alcunché in ordine alle altre azioni nell'ambito delle quali il condominio vanti una pretesa per il cui soddisfacimento occorre procedere eventualmente anche in executivis nei confronti di terzi o di condomini.

L'oggetto dell'impegno dell'amministratore, peraltro, deve essere identificato tenendo conto del fatto che l'attività giudiziaria deve essere, tendenzialmente, posta in essere dall'avvocato sicché incombe sul primo un obbligo strumentale di fornire l'assistenza eventualmente richiesta dal secondo e un obbligo di controllo e impulso con riferimento all'operato del difensore.

Ancora, comporta la revoca dell'amministratore l'inottemperanza agli obblighi di cura dell'anagrafe condominiale, l'obbligo di cura del registro dei verbali e adempimenti accessori, di cui all'art. 1130, nn. 6) e 7), c.c., nonché l'obbligo di fornire al condomino che ne faccia richiesta l'attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.

E' importante sottolineare, in particolare, che ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e, non soltanto, in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea) e senza l'onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l'esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti (Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2011, n. 19210).

Nello stesso senso, ciascun condomino ha diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all'assemblea condominiale, e a tale diritto corrisponde l'obbligo dell'amministratore di predisporre un'organizzazione, sia pur minima, che consenta di esercitare lo stesso e di informarne i condomini, sicché, a fronte della richiesta di un singolo condomino di accedere alla predetta documentazione, grava sull'amministratore, l'onere della prova dell'inesigibilità ed incompatibilità della richiesta con le modalità previamente comunicate (Cass. civ., sez. II, 19 settembre 2014, n. 19799).

Infine, si ricorda l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma dell'art 1129 c.c. ovvero: propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai nn. 6) e 7) dell'art. 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

Casistica

CASISTICA

Confusione tra il patrimonio del condomino e il patrimonio personale dell'amministratore

È revocabile l'amministratore che, in sostanziale assenza di vantaggi per l'assemblea, ma, anzi, con aggravio di spese, abbia ingenerato confusione tra il proprio patrimonio e quello del condominio attraverso lo schermo di una società di cui abbia maggioranza e controllo addossando al condominio le spese di gestione di una propria società, la quale inoltre sistematicamente si aggiudicava l'esecuzione delle opere, poi appaltate a terzi con un ricarico di oltre il 20% (Trib. Modena 18 gennaio 2017).

Attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso

Ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e, non soltanto, in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea) e senza l'onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l'esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti (Cass.civ., sez. II, 21 settembre 2011, n. 19210).

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, L'amministratore e l'assemblea, Milano, 2014;

Triola, Il nuovo condominio, Torino, 2013;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015;

Lazzaro - Di Marzio - Petrolati, Codice del Condominio, Milano, 2014;

Saraz, Revoca assembleare e giudiziaria dell'amministratore di condominio, Milano, 2015.

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