Amministratore (rappresentanza sostanziale)

Patrizia Petrelli
13 Giugno 2018

L'amministratore, nei limiti delle attribuzioni stabilite dalla legge o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, ha la rappresentanza sostanziale dei partecipanti al condominio. Nell'ambito di questo potere può compiere, a nome e per conto del condominio, con effetti vincolanti su tutti i condomini, gli atti che rientrano nelle sue “ordinarie” attribuzioni e relativi alla gestione di beni e servizi comuni, senza necessità di alcuna autorizzazione dell'assemblea; nel caso di atti eccedenti le “ordinarie” attribuzioni sarà necessaria una apposita delibera assembleare, mentre in ipotesi di atti che riguardano posizioni individuali dei singoli condomini occorrerà un mandato ad hoc da parte degli stessi condomini.
Inquadramento

Il potere di rappresentanza sostanziale dell'amministratore, che si esplica in tutte le attività di gestione del condominio e permane anche dopo la cessazione dell'incarico e sino a che non venga sostituito, è contenuto, ex art. 1131, comma 1, c.c., nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea.

Le funzioni di rappresentanza si riferiscono all'amministrazione dei beni e servizi comuni; pertanto l'amministratore non ha alcun potere di rappresentanza sostanziale in ordine agli atti che riguardano posizioni individuali dei singoli condomini.

Ne consegue che, nell'ambito delle attribuzioni previste dalla legge o di quelle ulteriori conferitegli dal regolamento di condominio, l'amministratore potrà compiere tutte le relative attività, senza bisogno di alcuna delibera assembleare; nel caso di atti eccedenti le “ordinarie” attribuzioni sarà necessaria una apposita delibera assembleare o un mandato ad hoc da parte dei condomini.

Natura del potere di rappresentanza

Le disposizioni dell'art. 1131, comma 1 c.c. secondo cui «l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti» e dall'art. 65 disp. att. c.c. che qualifica l'amministratore «legale rappresentante dei condomini» che, già prima della riforma erano state addotte a sostegno della tesi che vede nell'amministratore di condominio un mandatario con rappresentanza, sono rimaste immutate.

Nella nuova formulazione dell'art. 1129 c.c., comma 3 si parla di atti compiuti dall'amministratore nell'esercizio del mandato e di revoca del mandato (comma 11) mentre il comma 14 del nuovo testo dell'art. 1129 c.c. prevede espressamente che «per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV», cioè proprio le norme in tema di mandato.

Prima della riforma la giurisprudenza, pressoché prevalente, partendo dalla premessa secondo cui il condominio non ha personalità giuridica ma è un mero ente di gestione, inquadrava la figura dell'amministratore nell'ambito del mandato con rappresentanza, anche se con alcune particolarità (Cass. civ., sez. II, 24 marzo 1981, n. 1720).

In particolare il S.C. aveva affermato che il fatto che l'amministratore (nei limiti delle attribuzioni demandategli dalla legge o dal regolamento, ovvero dei poteri efficacemente conferitigli dall'assemblea) con il declinare tale sua qualità spenda implicitamente il nome di tutti i condomini, tutti impegnandoli nei confronti dei terzi, anche se reca in sé qualche suggestione per una qualificazione del rapporto con l'amministratore come rapporto organico, non contrasta in nulla con la preferenza all'inquadramento nel mandato, con l'ulteriore risultato di sottolineare in maniera ancora più chiara la duplice facies della figura dell'amministratore: contraente in ordine al contratto di mandato nei confronti dell'intero gruppo, e quindi ad esso estraneo ed in certo senso contrapposto; abilitato ad operare nell'interesse del gruppo nei confronti dei singoli partecipanti, nel momento esecutivo del contratto, in quanto e per quanto ciò comportano le sue attribuzioni, da riguardarsi come contenuto necessario e tipico della sua prestazione (Cass. civ., 17 aprile 1974, n. 1046; Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1987, n. 1416, che, se un lato, definisce l'amministratore come organo rappresentativo unitario, dall'altro, non lo considera organo di una persona giuridica).

Non sono mancate decisioni che hanno inquadrato la figura dell'amministratore nell'ambito della rappresentanza legale (Cass. civ., 4 ottobre 1976, n. 3243; Cass. civ., 5 maggio 1975, n. 1718) o quale titolare di un ufficio di diritto privato assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione e al contenuto «sociale» della gestione, al mandato con rappresentanza (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2014, n. 12678).

Tuttavia tutte le tesi proposte finiscono per applicare le norme sul mandato ad integrazione della disciplina speciale prevista in tema di condominio.

Così la giurisprudenza laddove ritiene applicabili, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, le disposizioni sul mandato, tra cui l'art. 1713 c.c. con conseguente obbligo, alla scadenza, di restituzione di ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono (Cass. civ., sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815).

Il legislatore sembra aderire all'impostazione tradizionale della giurisprudenza prevalente che ritiene applicabili all'amministratore le disposizioni sul mandato e quindi, in sostanza, con la riforma, si è scelta la strada di inquadrare il rapporto amministratore-condominio nell'ambito del mandato con rappresentanza, sia pure con alcune caratteristiche peculiari, derivanti dal fatto che le attribuzioni dell'amministratore ed, oggi, anche i nuovi obblighi a carico dello stesso (sintomatiche in tal senso sono le nuove disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6, 8 e 9 dell'art. 1129 c.c.) sono stabiliti dalla legge.

Tuttavia l'aumento degli obblighi e delle conseguenti responsabilità in capo all'amministratore ha portato a ritenere che l'amministratore da semplice rappresentante del condominio sarebbe diventato responsabile per fatti ed atti imputabili all'insieme dei condomini. I nuovi obblighi gravanti sull'amministratore sono, per lo più, già determinati dalla legge, come, ad esempio, l'obbligo di far transitare su uno specifico conto corrente condominiale le somme ricevute e quelle erogate per conto del condominio nonché l'obbligo di riconsegnare alla scadenza del mandato tutta la documentazione. A questi obblighi specifici si aggiunge il generale obbligo di amministrare con diligenza e nell'interesse dei condomini. Il nuovo ruolo assunto dall'amministratore di condominio non più solo esecutore della volontà assembleare ma destinatario di nuovi obblighi e di conseguenti nuove responsabilità ha portato a ritenere che la veste classica di mandatario-rappresentante dei condomini è inadeguata, dal momento che le nuove disposizioni individuano nell'amministratore il soggetto passivo di svariati rapporti di responsabilità vale a dire di autonomi doveri imputabili allo stesso sin dall'origine.

Fonti del potere di rappresentanza

Il potere di rappresentanza dell'amministratore è individuato nella legge; vale a dire l'amministratore, nell'ambito delle sue specifiche attribuzioni, quali sono configurate nell'art. 1130 c.c., rappresenta dal punto di vista sostanziale tutti i condomini.

L'art. 1131 c.c. indica quali ulteriori fonti del potere di rappresentanza il regolamento di condominio e la delibera dell'assemblea; ciò significa che il regolamento o l'assemblea possono conferire all'amministratore poteri e funzioni ulteriori rispetto a quelle stabilite dalla legge, sempre, però, nell'ambito della gestione e tutela dei beni e servizi comuni.

Il regolamento di condominio o l'assemblea (anche con delibera assunta all'unanimità dei partecipanti) non potrà sottrarre all'amministratore i poteri minimi di rappresentanza sostanziale previsti dalla legge (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1991, n. 6697), sia in considerazione della circostanza che l'art. 1131 c.c. è norma inderogabile e sia soprattutto alla luce della nuova formulazione dell'art. 1130 c.c.

Contenuto del potere di rappresentanza

Nell'individuare quali atti l'amministratore può compiere, a nome e per conto del condominio, con effetti vincolanti, quindi, su tutti condomini, occorre considerare, da un lato, che si deve trattare di atti che rientrano nelle sue “ordinarie” attribuzioni e, dall'altro, che devono avere ad oggetto la gestione di beni e servizi comuni.

In evidenza

ll potere di rappresentanza sostanziale è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. e, quindi, si riferisce solo alle parti e servizi comuni.

Fra le attribuzioni dell'amministratore di condominio viene in rilievo il compimento dei necessari atti di manutenzione delle parti e dei servizi comuni dell'immobile, con la precisazione che, per espressa previsione normativa (artt. 1130, n. 3, e 1135, comma 2, c.c.), l'intervento è limitato alla manutenzione ordinaria.

In adempimento di tale obbligo di manutenzione, l'amministratore ha il potere di stipulare, senza alcuna autorizzazione assembleare, quei contratti che occorrono per provvedere, nei limiti della spesa approvata dall'assemblea, sia all'uso normale delle cose comuni, sia alla prestazione dei servizi comuni (Cass. civ., sez. II,17 marzo 1993, n. 3159; Cass. civ., sez. II,20 marzo 1995, n. 4468). Così vi rientra la stipula dei contratti relativi alle utenze elettriche, idriche o di distribuzione del gas, necessarie al funzionamento degli impianti e all'erogazione dei servizi nelle parti condominiali come nelle unità immobiliari esclusive. Tali contratti rientrando nelle spese di ordinaria amministrazione, ai sensi dell'art. 1131, comma, 1 c.c., sono direttamente vincolanti nei confronti dei singoli condomini (Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2005, n. 7525). Analogamente si ritengono comprese, tra le attribuzioni ordinarie dell'amministratore, la scelta del fornitore e la stipula del contratto di somministrazione per quanto attiene al servizio di riscaldamento (Cass. civ., 9 marzo 1967, n. 555).

Tra le attribuzioni dell'amministratore si deve, anche, intendere inclusa l'apertura del conto corrente condominiale atteso che il comma 7 del riformato art. 1129 c.c. obbliga l'amministratore a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.

Questa disposizione recepisce quell'orientamento della giurisprudenza che, già da tempo, aveva precisato che l'amministratore - pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo - è tenuto, anche senza autorizzazione da parte dell'assemblea, a far affluire i versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al condominio da lui amministrato, con la conseguenza che la mancata adozione da parte dell'amministratore di condominio di un conto corrente apposito per la gestione condominiale costituisce perciò ex se irregolarità di tale gravità da comportare la revoca del mandato e, che la previsione di un separato conto corrente intestato al condominio è determinata dalla necessità di evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale o eventualmente quello di altri differenti condomini, da lui amministrati (Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2012, n. 7162).

Non a caso il legislatore della Riforma tra le ipotesi tipizzate costituenti gravi irregolarità legittimanti la revoca del mandato, ha esplicitamente incluso «la mancata apertura ed utilizzazione del conto intestato al condominio» (art. 1129, c.c., comma 12, n. 3) e «la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini» (art. 1129 c.c., comma 12, n. 4).

È controverso se l'assunzione di un portiere sia un atto autonomo dell'amministratore o sia necessario l'assenso dell'assemblea; tra l'opinione di chi ritiene necessario l'assenso dell'assemblea e chi distingue tra l'instaurazione del servizio (di competenza dell'assemblea ) e la pura e semplice nomina (di competenza dell'amministratore), la Cassazione, in una decisione, in realtà, sul licenziamento del portiere e non sull'assunzione (Cass. civ., sez. lav., 2 ottobre 1985, n. 4780), pare orientata in questo ultimo senso, argomentando a contrario.

Parimenti si discute circa il potere dell'amministratore di dare in locazione i locali comuni: secondo un'opinione in tale potere rientra anche quello di determinare il canone e di provvedere all'eventuale sfratto dell'inquilino; in senso contrario si ritiene che la locazione di beni comuni è atto di competenza dell'assemblea, non rientrando tra gli atti conservativi dei beni comuni, pertanto l'amministratore ha solo il potere di sottoscrivere il contratto, il cui contenuto sia stato già preventivamente determinato in sede assembleare.

Tale opinione è avvallata dal S.C. che, in una lontana decisione, aveva escluso il potere di stipulare contratti relativi alle parti comuni (Cass. civ., 24 marzo 1972, n. 899 con riferimento alla locazione di locali già destinati a portineria).

Analogamente si è ritenuto che l'amministratore del condominio non è legittimato a concludere il contratto d'assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l'autorizzazione da una deliberazione dell'assemblea dei partecipanti alla comunione. A questa conclusione si è pervenuti per la decisiva e assorbente considerazione che la disposizione dell'art. 1130, n. 4 c.c. obbligando l'amministratore («l'amministratore deve compiere») ad eseguire gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, ha inteso chiaramente riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto d'assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma dell'art. 1130 c.c., ma ha come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell'edificio danneggiato (Cass. civ., sez. II, 3 aprile 2007, n. 8233; Trib. Treviso, 25 gennaio 2017).

È evidente che tutte le volte in cui si è in presenza di attività di straordinaria amministrazione è escluso qualsiasi potere in capo all'amministratore, atteso che tutte le decisioni che attengono alla straordinaria amministrazione sono di competenza dell'assemblea; pertanto i relativi contratti, ad esempio contratto di appalto avente ad oggetto lavori straordinari, transazioni, mutui, ect. potranno essere stipulati dall'amministratore, solo in caso di delibera autorizzativa che predetermini il contenuto di detti contratti.

In questo senso si è affermato, quanto alle obbligazioni cambiarie, che l'amministratore non può provvedere a mezzo di cambiali al pagamento del corrispettivo pattuito con appaltatori o fornitori per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio condominiale e per l'esercizio dei servizi comuni, salvo che tale maggiore potere gli sia stato conferito dal regolamento di condominio o dell'assemblea, in via preventiva con mandato “ad hoc” o in via successiva per ratifica (Trib. Monza, 23 marzo 1989).

Mentre con riferimento al mutuo si è escluso che l'amministratore del condominio possa, senza espressa autorizzazione dell'assemblea dello stesso, contrarre mutui in nome di quest'ultimo ancorché per il pagamento delle spese di gestione, atteso che il potere di rappresentanza del predetto amministratore può essere esercitato nei limiti delle facoltà conferitegli (artt. 1131 e 1388 c.c.) e, quindi, nell'ambito delle attribuzioni indicate dall'art. 1130 c.c., con la conseguenza che il contratto con il quale il condominio abbia concesso un mutuo all'amministratore (a tanto non autorizzato dall'assemblea) per provvedere alle spese occorrenti alla manutenzione delle parti comuni non è efficace nei confronti del condominio” (Cass. civ., sez. II, 5 marzo 1990, n. 1734).

Il limite della rappresentanza sostanziale dell'amministratore di condominio è, dunque, costituito dall'inerenza dell'affare alle “parti comuni” dell'edificio.

Cosi la Cassazione ha ritenuto che per le questioni concernenti l'esistenza, il contenuto o l'estensione dei diritti spettanti ai condomini in virtù dei rispettivi acquisti, trattandosi di diritti che restano nell'esclusiva disponibilità dei titolari, la legittimazione, non solo processuale e, quindi, anche sostanziale, dell'amministratore di condominio può trovare fondamento, solo, nel mandato conferito allo stesso da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione dell'equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini, in quanto l'assemblea può deliberare, con le prescritte maggioranze, solo sulle questioni che riguardano parti comuni dell'edificio o il condominio nel suo complesso (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2014, n. 12678).

Casistica

CASISTICA

Riconducibilità del rapporto amministratore condominio nell'ambito del mandato

L'attività di gestione dei beni comuni compiuta dall'amministratore di condominio rientra nella funzione tipica del contratto di mandato con conseguente applicabilità, nei limiti in cui siano compatibili, delle specifiche disposizioni dettate in materia di condominio degli edifici, tenuto conto della sua natura di ente di gestione delle parti e dei servizi comuni. (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n.9082).

Conferimento di procura al difensore da parte dell'amministratore

L'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall'amministratore medesimo. (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865).

Atti di ordinaria amministrazione di competenza dell'amministratore

In tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla normalità dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale. (Cass., sez. VI, 23 maggio 2016 n. 10685).

Guida all'approfondimento

Celeste, Il rapporto amministratore-assemblea tra margini di autonomia e limiti di ingerenza, in Immobili e proprietà, 2017,11;

petrelli, L'amministratore del nuovo condominio: competenze e responsabilità, ESI-Napoli, 2013;

Amagliani, L'amministratore, in Trattato dei diritti reali diretto da GAMBARO e MORELLO, vol. III, Condominio negli edifici e comunione, Milano, 2012;

Nasini, L'amministratore, in Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2013;

Celeste-Scarpa, La Riforma del Condominio, Milano, 2012.

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