Cortili e aree esterneFonte: Cod. Civ. Articolo 1102
27 Luglio 2017
Inquadramento
Il cortile rientra espressamente tra i beni che si presumono comuni a tutti i condomini, ex art. 1117, n. 1), c.c. salvo titolo contrario (sicché, se in occasione della prima vendita la proprietà del cortile risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni, v. Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11812): chiarisce Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 2020, n. 23316 che la “presunzione” non può essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale. Si tratta, anzitutto, dello spazio scoperto esistente all'interno di un condominio - e quindi la superficie calpestabile, con la sovrastante colonna d'aria - la cui funzione primaria è quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9875); riguardo, poi, all'ampia portata della parola e, soprattutto alle predette funzioni primarie, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889; Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 757). A tale ultimo riguardo, tuttavia, è stato altresì chiarito che il suolo che cade in comunione, ex art. 1117, n. 1, c.c. è esclusivamente quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali: pertanto, il giardino adiacente l'edificio condominiale che non presenti tali caratteristiche, né sia destinato al servizio delle unità che vi si affacciano (ad esempio, fornendovi l'accesso. Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2003, n. 16241), non costituisce il «suolo su cui sorge l'edificio» né, rispettivamente, un «cortile», onde la sua natura comune non può essere presunta a norma del cit. art. 1117, n. 1), ma deve risultare da un apposito titolo (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11444). È stato inoltre chiarito (Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2019, n. 16070) che la trasformazione del cortile in un'area edificabile destinata all'installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse a beneficio soltanto di alcuni condomini, sebbene possa incidere sulla regolamentazione del loro uso, non ne comporta, sotto il profilo dominicale, una sottrazione al regime della condominialità: la realizzazione delle autorimesse nel cortile condominiale, sia pure in base ad una concessione rilasciata su richiesta di alcuni condomini, ne determina, infatti, in assenza di accordo rivestente la forma scritta, l'acquisto, per accessione e "pro indiviso", in favore di tutti i condomini. Casi particolari
Dibattuta, nella disciplina vigente anteriormente all'introduzione dell'art. 1117-bis c.c., era la natura dell'area cortilizia interposta tra più edifici appartenenti a proprietari diversi: Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2014, n. 21693 aveva comunque affermato l'applicabilità, anche in tal caso, del regime condominiale, purché il cortile fosse strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano. In tal senso,si era pronunziata, altresì, Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2014, n. 26766, (conforme, più recentemente, Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 2018, n. 3739) secondo la quale, in tema di condominio negli edifici, la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall'art. 1117 c. c., senz'altro applicabile quando si tratti di parti dello stesso edificio, può ritenersi applicabile in via analogica anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purché si tratti di beni oggettivamente e stabilmente destinati all'uso od al godimento degli stessi, come nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano (principio affermato con riferimento a fattispecie anteriore alla novella introdotta con la l. 11 dicembre 2012, n. 220). Soggiace, ancora, al medesimo regime giuridico del cortile il cavedio - talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce - che altro non è che un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (ad esempio i bagni o i disimpegni), senza che la presunzione di condominialità possa essere vinta dal fatto che al cavedio medesimo si acceda solo dall'appartamento di un condomino o dal fatto che costui vi abbia posto manufatti collegati alla sua unità, in quanto l'utilità particolare che deriva da tali fatti non incide sulla destinazione tipica e normale del bene in favore dell'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2014, n. 17556). Da ultimo, l'area esterna di un edificio condominiale, della quale manchi un'espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio e sia stato omesso qualsiasi riferimento nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, può essere ritenuta di natura condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in quanto soggetta alla speciale normativa urbanistica dettata dall'art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 18 della l. n. 765 del 1967, ove venga accertato che sia destinata a parcheggio secondo la prescrizione della concessione edilizia, originaria o in variante, e che poi, in corso di costruzione, sia stata riservata a tale fine e non impiegata, invece, per realizzarvi opere di altra natura (Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2017, n. 5831). La più recente Cass. civ., sez. VI-2, 10 settembre 2019, n. 18796 fa discende da tale considerazione l'ulteriore principio per cui l'amministratore di condominio è legittimato ad esperire, riguardo a tali aree, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristino dei luoghi e il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli atti conservativi, al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c. Uso e funzioni del cortile
Se, come detto, la funzione primaria del cortile è quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano, cionondimeno esistono altre funzioni tipiche allo stesso ascrivibili, quale quella di consentire l'accesso al fabbricato cui accede (Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2010, n. 16241), a piedi o con veicoli (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13879), il deposito temporaneo di materiali (Cass. civ., sez. II, 1 marzo 2000, n. 2255), la sosta ed il parcheggio delle autovetture (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2010, n. 13879; Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2008, n. 11204, la quale precisa che 'androne o cortile condominiale, comunemente utilizzato per l'accesso veicolare alle singole proprietà private, è funzionalmente destinato anche alla sosta temporanea con veicoli, trattandosi di uso accessorio al passaggio), l'apertura di finestre (Cass. civ., sez. II, 11 giugno 2013, n. 14652), l'installazione di un ascensore (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2014, n. 10852), l'apposizione di tubazioni, condutture e fili (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1997, n. 9785).
Nella stessa ottica, si pone Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2015, n. 18661, ad avviso della quale il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l'allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all'art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l'analogo uso degli altri comunisti.
Segue: realizzazione di aperture e funzioni di copertura
Il cortile comune, ancora, può essere utilizzato per la realizzazione di balconi e pensili (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 2014, n. 54), purché non risulti alterata la destinazione del bene comune, non vengano pregiudicate stabilità e decoro dell'edificio e non diminuisca sensibilmente la funzione di dare aria e luce ai piani inferiori: il che depone nel senso che, mentre è consentita la realizzazione di un balcone in allineamento con quello di pertinenza dell'appartamento sottostante, sì da integrare una proiezione di quello già esistente, inidonea a determinare un aggravio per il cortile comune (o la costituzione di una nuova veduta o una violazione delle distanze legali) non può ritenersi invece consentita la realizzazione di un manufatto in aggetto che occupi ex novo, incorporandolo, una porzione dello spazio aereo sovrastante il cortile comune e privo di precedenti ingombri, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ex art. 840, comma 3, c.c., l'utilizzazione, ancorché parziale, a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa (Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2016, n. 5551).
Può inoltre accadere che il cortile svolga anche una funzione peculiare, consistente nella copertura di locali ad esso sottostanti, di proprietà comune o individuale. La fattispecie è peculiare, giacché in tal caso il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria del cortile va individuato in funzione delle opere che, concretamente, devono essere realizzate: nel caso in cui sia necessario procedere alla manutenzione della pavimentazione, i costi vanno ripartiti, in maniera proporzionale, tra tutti i condomini (art. 1123 c.c.) mentre i lavori relativi alla struttura, invece, vanno suddivisi in due quote, la prima, a carico di tutti i condomini, e la seconda, a carico dei proprietari dei locali posti nel piano interrato, in applicazione analogica dell'art. 1125 c.c. (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2012, n. 2243 e Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2011, n. 15841. In senso contrario, però, cfr. Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2004, n. 17989). In quest'ottica, si veda anche Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2010, n. 10858, (e, più recentemente, Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2018, n. 30935) ad avviso della quale, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c., ma si deve, invece, procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c. Usi non consentiti
Variegato è il quadro delle pronunzie relative agli usi non consentiti del cortile comune, le cui motivazioni affondano nel mancato rispetto dei limiti imposti al singolo condomino dall'art. 1102 c.c. oltre che da specifiche previsioni del regolamento di condominio.
Più in generale Cass. civ., sez.VI-2, 18 marzo 2019, n. 7618 rileva che, poiché l'art 1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà.
Cortile e spazi a parcheggio
Come anticipato poc'anzi, tra le funzioni proprie del cortile rientra quella di area destinata alla sosta e/o al parcheggio delle autovetture dei condomini, sempre che tale funzione non sia esclusa da una specifica previsione regolamentare (di natura contrattuale), ovvero dalla conformazione dei luoghi.
Il relativo diritto (al parcheggio) non costituisce estrinsecazione di una servitù nè di un diritto reale (Cass. civ., sez. II, 13 settembre 2012, n. 15334) ma, laddove il regolamento di condominio contempli tale facoltà, ammettendola ovvero negandola, si è in presenza di un vincolo di natura reale, assimilabile ad un onere reale ovvero ad una servitù reciproca (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2002, n. 5626), la cui violazione può essere fatta valere in ogni tempo, stante l'imprescrittibilità della relativa azione, siccome rivolta alla tutela del diritto di comproprietà (Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 2004, n. 2106). Ove il regolamento non la neghi ovvero non disciplini, in concreto, l'esercizio di tale facoltà, l'assemblea può, con le maggioranze ex art. 1138, comma 5, c.c., determinare, nel cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle automobili o dei motoveicoli e di stabilire, al loro interno, le porzioni separate di cui ciascun condominio può disporre (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9877; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2008, n. 5997).
Sulla stessa lunghezza d'onda, si confronti anche Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2012, n. 12485, ad avviso della quale la delibera assembleare che, in considerazione dell'insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l'area di parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l'art. 1102 c.c., ma costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte dell'assemblea. Né la volontà collettiva espressa in assemblea, la quale, preso atto dell'impossibilità del simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, escluda l'utilizzazione, da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, neppure comporta una violazione dell'art. 1138 c.c., in quanto non impedisce il godimento individuale del bene comune, ed evita, piuttosto, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l'avvicendamento nel godimento o da indurre all'incertezza del suo avverarsi. Occorre, invece, l'unanimità dei millesimi quando si delibera la trasformazione del cortile (o di parte di esso) in un'area edificabile destinata all'installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse a beneficio di alcuni soltanto dei condomini (configurandosi in tal caso un'innovazione vietata a norma dell'art. 1120, comma 2, c.c., in ragione, oltre che del venir meno della stessa funzione della detta area comune, della sua utilizzazione esclusiva da parte di alcuni dei condomini, con la sottrazione all'uso ed al godimento anche di un solo condomino). Di Rago, L'utilizzo del cortile condominiale, in Il Civilista, 2011, fasc. 3, 32; Bortolotti, Cortile a parcheggio: chi ha diritto di usufruirne?, in Immob. & diritto, 2008, fasc. 3, 36; De Tilla, Sulla nozione di cortile nel condominio, in Arch. loc. e cond., 2004, 331; Mariconda, Cortile comune ed esclusiva di parcheggio, in Corr. giur., 2001, II, 656; Fabbricatore, Funzione del cortile condominiale e parcheggio di autoveicoli, in Dir. e giur., 1986, 500; Perlingieri, Sul parcheggio del cortile condominiale, in Dir. e giur., 1973, III, 650; Branca, Aggetti su cortile comune, in Foro it., 1976, I, 2708. |