Impianto idrico e fognario

Adriana Nicoletti
31 Luglio 2017

L'impianto idrico e fognario, costituito da un complesso di tubazioni ed elementi ad essi connessi, svolge, da un lato, la funzione di portare le «acque chiare» all'abitazione e, dall'altro, di smaltire le «acque nere», ovvero quelle con i residui organici, saponosi ed altro; l'impianto esclusivo si alimenta attraverso l'impianto condominiale che, a sua volta, è collegato alla rete pubblica dell'acquedotto tramite un contatore installato dall'ente erogatore del servizio.
Inquadramento

L'art. 1117, n. 3), c.c. nel definire parti comuni dell'edificio, le opere, le installazioni ed i manufatti che siano destinati all'uso comune, indica specificatamente - ma non esaustivamente - i pozzi, le cisterne e gli impianti idrici e fognari: questi ultimi considerati nel complesso delle rispettive componenti. La norma è stata in parte modificata dalla novella di cui alla l. n. 220/2012 che, rispetto al pregresso, ha eliminato la voce «acquedotti», non propriamente adeguata alla materia condominiale, ed ha inserito la nuova voce «fognature, canali di scarico ed impianti per l'acqua», comprendendo in essa tutto quanto funzionalmente collegato alla fruizione dell'acqua ed al relativo smaltimento.

Una ulteriore modifica rispetto al testo originario dell'art. 1117, n. 3), va individuata là dove si affermava che la proprietà comune degli impianti si fermava «al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini», mentre oggi è stato specificato che tale presunzione interessa anche i «collegamenti» tra i due tratti di tubazioni, fatte salve le «normative di settore in materia di reti pubbliche», che prevalgono sulle disposizioni del codice civile.

Osservazioni generali sull'impianto idrico

Il tema che si va a trattare riguarda esclusivamente l'utilizzo dell'acqua a fini domestici, la cui distribuzione avviene tramite le tubazioni condominiali che sono collegate a quelle di proprietà esclusiva. Tutte le tematiche connesse al funzionamento dell'impianto comune; alla ripartizione delle spese in ragione delle diverse componenti strutturali dell'impianto nonché ai doveri dell'amministratore nei confronti dei condomini, anche con eventuale riferimento al rapporto tra condominio e qualità dell'acqua erogata, rappresenta sempre argomento di grande attenzione, poiché le problematiche che coinvolgono il sistema di adduzione delle acque in ambito condominiale sono numerose ed interessano più profili nell'ambito di un quadro complesso.

In evidenza

In base al d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 31 l'impianto di distribuzione domestico è costituito dalle condutture, dai raccordi nonché dalle apparecchiature installate tra i rubinetti normalmente utilizzati per l'erogazione dell'acqua destinata al consumo umano e la rete di distribuzione esterna. La delimitazione tra impianto di distribuzione domestico e rete di distribuzione esterna (ovvero «punto di consegna») è costituita dal contatore, salva diversa indicazione del contratto di somministrazione. «Gestore» è chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili.

Tanto per l'impianto idrico, e come si vedrà anche per quello fognario, per stabilire se la proprietà delle tubazioni sia di pertinenza pubblica, condominiale o privata occorre individuare il loro tracciato e la loro funzione.

La rete pubblica è costituita dalle tubazioni di distribuzione dell'acqua che arrivano al contatore, da intendersi quale punto di erogazione della fornitura all'interno dell'edificio. Da questo momento in poi l'impianto si distingue in condominiale ed esclusivo in ragione dei vari punti di diramazione attraverso i quali l'acqua si immette nelle singole proprietà.

Il servizio di approvvigionamento dell'acqua nel condominio può essere realizzato attraverso il sistema tradizionale dell'acqua corrente centralizzata, mediante l'uso di cassoni o di serbatoi ad accumulo ovvero tramite l'installazione di un'autoclave. Questa rappresenta un mezzo ausiliario cui ricorrere quando, in presenza di una carenza di pressione dell'acqua, i condomini dei piani alti (soprattutto in giorni ed orari in cui vi è maggior consumo) non possano usufruire del medesimo flusso di acqua rispetto a coloro che abitano ai piani inferiori.

In tutti questi casi, anche se in presenza di soluzioni tecniche differenti, alcune parti dell'impianto sono sottoposte allo stesso regime giuridico, poiché indifferentemente servono al funzionamento della distribuzione dell'acqua.

Le condutture dell'acqua potabile fino a prova contraria, sono soggette alla presunzione di comunione prevista dall'art. 1117, n. 1), c.c. A questo proposito, in una datata decisione dei giudici di merito che non è stata seguita da ulteriori pronunce, neppure di legittimità, si chiariva che «l'impianto idrico condominiale svolge una funzione comune, generale ed è una tipica struttura condominiale, anche se realizzato con un fascio di tubi distinti invece che con una condotta collettiva unica, fino all'ingresso nella singola unità immobiliare privata, dove cioè il tubo passa al servizio esclusivo della porzione di proprietà individuale: fino a quel punto l'impianto è di proprietà del condominio che infatti può modificarne il percorso, la consistenza e il servizio, frazionandolo, unificandolo, allacciandovi derivazioni, o apportando altre variazioni di interesse comune, naturalmente assicurandone la funzione a tutti i condomini» (Trib. Roma 17 marzo 1988). Le spese di conservazione, riparazione ecc., pertanto, andranno suddivise tra tutti i condomini in ragione dei millesimi di proprietà generale, come previsto dall'art. 1123, comma 1, c.c.

Le tubazioni condominiali di adduzione dell'acqua sono collocate nei muri dell'edificio in corrispondenza delle colonne verticali che servono gli appartamenti posti gli uni sugli altri, talché per coloro che ne traggono vantaggio si configura una sorta di comunione parziale che incide sulla ripartizione delle spese di manutenzione e conservazione. Diversamente, il tratto di tubazione che collega la rete di erogazione pubblica con la parte condominiale, per poi proseguire nella diramazione per le singole colonne, è comune a tutto il condominio e le spese ad essa relative andranno ripartite secondo i millesimi di proprietà generale. L'individuazione della norma da applicare per la suddivisione delle spese dipende, quindi, dalla effettiva funzione svolta dalla tubazione nei vari tratti e l'indagine ricognitiva si rende necessaria quando si debba identificare il punto esatto nel quale si è prodotto il guasto di una condotta idrica.

La presunzione di comproprietà opera anche nel caso del supercondominio al quale si applicano, in quanto compatibili, le norme in materia di condominio. Nella fattispecie coesistono, comunque, più forme di comunione dell'impianto idrico: una situazione di condominio assoluto per l'impianto esterno che attraversa tutta l'area del complesso edilizio e più condominii parziali riferiti sia ai vari edifici serviti dall'impianto, sia alle eventuali scale situate all'interno di ciascuno stabile sia, infine, alle differenti colonne montanti che servono gli appartamenti.

Ugualmente comune è l'impianto di acqua calda centralizzata, costituito dal complesso delle apparecchiature necessarie per il riscaldamento della stessa e la sua distribuzione nelle singole unità immobiliari. In pratica l'acqua distribuita dalla rete pubblica viene convogliata nelle varie proprietà esclusive attraverso le tubazioni, orizzontali e verticali. Di tale impianto una parte è condominiale (centrale termica, pompe, tubazioni e collegamenti) mentre la parte che si addentra negli appartamenti è di proprietà esclusiva.

In tutto questo, comunque, resta fermo il necessario confronto con il regolamento di condominio di natura contrattuale che potrebbe contenere norme specifiche in ordine alla proprietà dell'impianto.

Problematiche relative all'impianto idrico

L'impianto idraulico non consente il distacco del condomino dalle tubazioni condominiali poiché le sue caratteristiche strutturali rendono impossibile un intervento di questo genere, a differenza di quanto avviene nel caso di separazione del singolo dall'impianto centralizzato di riscaldamento - tipico impianto suscettibile di utilizzazione separata - e che, con la riforma, è stata disciplinata nella normativa condominiale, pur nel rispetto dei limiti previsti dall'art. 1118, ultimo comma, c.c.

Altre volte, invece, può accadere che un appartamento venga suddiviso in due unità abitative, ciascuna dotata di impianti indipendenti, oppure che il proprietario di un locale (cantina, box, deposito) non fornito di impianto idrico voglia collegarsi alla rete condominiale. In questo caso l'intervento di allaccio sarà possibile in quanto le tubazioni, nella parte condominiale, sono suscettibili di essere utilizzate da tutti i condomini nei limiti di cui all'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11445).

Per quanto il sistema di fornitura dell'acqua corrente con l'installazione di contatori individuali abbia, oramai, nella quasi totalità degli immobili presenti sul territorio sostituito quello desueto c.d. «a bocca tarata» (mediante il quale l'acqua viene erogata dall'ente fornitore e, quindi, convogliata in cassoni individuali), laddove l'assemblea si determini per abbandonare il vecchio metodo ancora in funzione e proceda alla trasformazione dell'impianto, rendendolo più igienico ed efficiente, l'intervento non configura una innovazione (come intesa dall'art. 1120, comma 1, c.c.), ma un miglioramento del servizio comune in funzione di adeguare il servizio ai nuovi criteri di funzionalità e salubrità. Sul punto la giurisprudenza è costante (v. Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2014, n. 10859; conforme Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2007, n. 6915).

L'impianto di autoclave

Anche l'autoclave o elettropompa può essere parte dell'impianto idrico, poiché la sua funzione è quella di consentire che l'acqua, in presenza di una carenza di pressione, raggiunga sistematicamente, come quantità e flusso, tutti gli immobili ed in particolare quelli situati ai piani più elevati dello stabile (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4528).

Considerata la finalità dell'impianto, l'installazione dell'autoclave non rientra nell'ambito delle innovazioni, mentre si configura come intervento essenziale destinato a rendere il servizio idrico fruibile da tutti i condomini. In questo senso, pertanto, la relativa delibera assembleare è validamente assunta, in seconda convocazione, con la maggioranza dei partecipanti all'assemblea che corrisponda ad un terzo dei millesimi di proprietà (art. 1136, comma 3, c.c.).

Qualora l'assemblea, sollecitata dai condomini che lamentino un flusso di acqua insufficiente o, comunque, di potenza notevolmente inferiore alla norma, non provveda all'installazione di una autoclave che normalizzi il servizio, sarà possibile rivolgersi all'autorità giudiziaria chiedendo l'emissione di un provvedimento di urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c.. È infatti, pacifico che l'utilizzazione dell'acqua corrente in un edificio di un'area urbana costituisce un servizio primario, che attiene alla salvaguardia delle qualità vitali dei suoi abitanti i quali, in quanto partecipanti al condominio ed utilizzatori del detto servizio, hanno diritto al suo pieno svolgimento. Ciò, quindi, legittima il ricorso alla via cautelare anche per ottenere, nel merito, da parte del condominio, il rimborso delle spese sostenute, detratta la quota di pertinenza di chi ha avviato il giudizio.

In considerazione, poi, delle particolari caratteristiche dell'autoclave che, funzionando con attività discontinua per le partenze e le fermate ad intermittenza, potrebbe generare immissioni rumorose e vibrazioni tali da provocare situazioni di disagio, è importante che la stessa sia collocata in un luogo adatto, possibilmente non in prossimità degli appartamenti o dei locali destinati al riposo e, soprattutto, mettendo in atto tutti gli accorgimenti che il caso specifico richiede. Infatti, qualora l'impianto dovesse produrre immissioni che superano la normale tollerabilità in palese violazione dell'art. 844 c.c. il condomino, che subisca il danno ambientale da fonti rumorose, potrà rivolgersi all'autorità giudiziaria in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., o, in caso contrario, in via ordinaria dinanzi al giudice di pace che è competente per materia. Il tutto non dimenticando che il livello di normale tollerabilità tutelato dalla norma non è mai assoluto ma commisurato alla situazione ambientale e variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.

Nel caso specifico e con riferimento al funzionamento di autoclave autonoma, la Corte ha precisato che i fenomeni di disturbo passibili di immissioni nocive sono cagionati da una tipologia mutevole nel tempo in relazione a molteplicità di fattori, per cui a distanza di alcuni anni il fenomeno delle immissioni denunciate può subire un aggravamento. L'apparecchio di autoclave, infatti, non funziona sempre con lo stesso rumore, poiché secondo la comune esperienza l'utilizzo continuo produce il deterioramento di meccanismi, impianti, cuscinetti e guarnizioni, che assicurano nei macchinari la riduzione del rumore metallico (Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2013, n. 24127).

Quanto, infine, alla possibilità per singolo di distacco dall'autoclave comune non può che valere l'art. 1118 c.c., a norma del quale il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni e sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la loro conservazione.

Amministratore e qualità dell'acqua

Non sussiste un legame tra il condominio e la qualità dell'acqua erogata nell'edificio che imponga all'amministratore di controllare e sorvegliare lo stato di potabilità della stessa, mentre tale obbligo sussiste con riferimento alle condizioni delle tubazioni comuni.

Secondo una nota del Ministero della Salute, espressa in data 10 giugno 2004 sui compiti dell'amministratore di condominio in questo campo, è stato chiarito che «per quanto concerne gli edifici ad uso esclusivamente abitativo, l'amministratore del condominio ovvero, in assenza di questo, i proprietari non hanno l'obbligo di effettuare le attività ed i controlli previsti dagli artt. 7 ed 8 del decreto in oggetto [n.d.a. d.lgs. n. 31/2001, come modificato dal d.lgs. n. 27/2002], bensì quello derivante dall'attività di controllo dello stato di adeguatezza e di manutenzione dell'impianto».

Delimitato così l'obbligo a carico dell'amministratore, sussiste in capo al condominio una responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c., qualora emerga che le caratteristiche dell'acqua, dal contatore (punto di consegna) all'utenza, risultino alterate e tale alterazione possa dipendere dalle condizioni di vetustà delle tubazioni. In questo caso il rappresentante del condominio, in forza delle sue attribuzioni, dovrà convocare l'assemblea ponendo la questione all'ordine del giorno. Mentre sarà necessario svolgere una perizia per accertare se le condizioni delle condutture sia tale da determinare, ad esempio, la presenza di particelle sospese nell'acqua in quantitativo superiore alla norma, oppure se il problema non sia a monte, ovvero causato proprio dall'ente erogatore. In tal caso potrà essere richiesto l'intervento della ASL di competenza, chiedendo di monitorare se i segnali di allarme derivino dal fornitore, nei cui confronti ci si dovrà rivolgere.

Casistica

CASISTICA

Nuovo allaccio alla rete idrica condominiale

- Il diritto di allacciamento si configura quale corollario del diritto di proprietà e del conseguente godimento delle parti e dei servizi comuni. Va infatti ribadito che, ai sensi dell'art. 1102 c.c., comma 1, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11445).

- In tema di condominio, l'allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per sé una modifica della stessa, perché una rete di servizi - sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo - è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze. È pertanto onere del condominio, che ne voglia negare l'autorizzazione, dimostrare che, nel caso particolare, l'allaccio di una sola nuova utenza incide nella funzionalità dell'impianto, non potendo opporsi che il divieto all'allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare (nella specie, è stata annullata la delibera assembleare con cui il condominio aveva negato a un condomino l'autorizzazione ad allacciare il proprio immobile, destinato a magazzino, alla rete idrica, fognante e citotelefonica) (Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 2007, n. 21832).

Trasformazione impianto idrico

- La mera sostituzione del precedente impianto idrico condominiale non costituisce «innovazione», ai sensi dell'art. 1120 c.c., ma solo una modifica diretta ad un miglior godimento di esso, incidente sulle modalità di svolgimento del servizio, ma non sul diritto dei singoli condomini di usufruire del servizio (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2014, n. 10859).

- Le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello della autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione. Rientra dunque nei poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni. L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2007, n. 6915).

Impianto fognario e scarichi condominiali: osservazioni generali

In via preliminare si richiamano alcune definizioni utili alla trattazione dell'argomento estrapolate dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74 e successive modificazioni.

- Acque reflue domestiche sono le acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.

- Rete fognaria è un sistema di condotte per la raccolta ed il convogliamento delle acque reflue urbane.

- Fognatura separata è la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia.

- Scarico è qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione.

- Acque di scarico sono tutte le acque reflue provenienti da uno scarico.

Ribadito che anche per l'impianto fognario vale, salvo titolo contrario, la presunzione di comunione di cui all'art.1117, n.3, c.c., una delle novità introdotte dalla legge n. 220/2012 concerne il termine «collegamenti» fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini. Per l'impianto in esame tale collegamento consiste nel raccordo tra la colonna verticale di scarico ed il tratto di competenza esclusiva, ovvero nella c.d. braga, rispetto alla quale dovrebbe essere stato composto il precedente contrasto giurisprudenziale in ordine alla sua titolarità.

COLLEGAMENTO IMPIANTO FOGNARIO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Proprietà esclusiva della c.d. braga

- I condotti fognari sono considerati dalla legge parti comuni dell'edificio, e sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, con esclusione dei soli raccordi di collegamento e delle tubazioni orizzontali che, diramandosi da detta condotta condominiale di scarico, servono i singoli appartamenti di proprietà esclusiva (Cass.civ., sez. VII/II, 14 giugno 2012, n. 9765).

Proprietà comune della c.d. braga

La parte della colonna di scarico verticale del condominio - c.d. braga - che, all'altezza dei singoli piani dell'edificio condominiale, funge da raccordo tra la colonna di scarico e lo scarico individuale dei singoli appartamenti, va qualificata come bene condominiale e non come proprietà esclusiva dei condòmini ai quali serve (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2012, n. 778).

Problematiche varie

L'allaccio di nuovi scarichi nella colonna condominiale di smaltimento delle acque luride non è in astratto precluso, anche se è stato considerato un uso più intenso della cosa comune, risultando evidente che se una colonna di scarico è originariamente destinata a servire un determinato numero di bagni, le eventuali nuove immissioni implicano un sovraccarico della sua utilizzazione. Il divieto scatta nel momento in cui in concreto si determini uno squilibrio della funzionalità della tubazione condominiale.

Del tutto diverso il caso in cui il condomino immetta la propria tubazione di scarico delle acque nere nel condotto delle acque piovane, ovvero in quello delle acque bianche. In tal caso l'attività configura una evidente alterazione dell'uso della cosa comune, la cui destinazione sarebbe del tutto snaturata e, comunque, contraria alla normativa vigente.

La rete fognaria condominiale, in considerazione della mutata configurazione nel corso degli anni, può essere soggetta ad un ampliamento in ragione del maggiore numero di allacci, purché questi non ne abbiano trasformato la originaria destinazione e funzione. L'intervento, unito alla necessità di intervenire sulla stessa rete per la sua obiettiva e fisiologica vetustà, non si classifica come innovativo (Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2007, n. 16639).

In materia di distanze legali il dettato di cui all'art. 889, comma 2, c.c., in base al quale «per i tubi di acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine», si applica anche in materia di condominio, salvo che si tratti di impianti da considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale utilizzazione dell'immobile, tale da essere adeguata all'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini nel campo abitativo ed alle moderne concezioni in tema di igiene. Pertanto la creazione o la modifica di un secondo bagno nelle moderne abitazioni di taglio medio - trattandosi di un'esigenza tanto diffusa da rivestire il carattere dell'essenzialità - giustifica la mancata applicazione dell'art. 889 c. c. negli edifici in condominio (Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2009 n. 13313).

Rientrano nel più ampio termine di scarichi anche i canali di gronda ed i pluviali che unitamente ai bocchettoni, situati sui lastrici solari condominiali od esclusivi, nonché sulle terrazze private, nel loro insieme costituiscono il sistema di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche. Grondaie e pluviali svolgono una funzione che interessa l'edificio nel suo complesso, poiché raccogliendo l'acqua proveniente dai tetti (anche prodotta dallo scioglimento della neve) favoriscono il suo deflusso verso la rete fognaria oppure la dispersione nel terreno. Giova rilevare che, mentre nella precedente versione dell'art. 1117 c.c. si faceva espresso riferimento ai canali di scarico, con la riforma del 2013 il legislatore ha eliminato tale elemento lasciando il termine più generico di «fognature», talché gronde e pluviali possono rientrare nell'àmbito applicativo dell'art. 1117, n. 3), c.c. per analogia.

CASISTICA

Ristrutturazione e ampliamento dell'impianto fognario

La ristrutturazione dell'impianto fognario(vecchio di oltre cinquant'anni e bisognoso di interventi strutturali), in quanto necessaria alla conservazione ed al godimento della cosa comune, non costituisce innovazione. Rientra nei poteri insindacabili dell'assemblea la decisione relativa alle modifiche del detto servizio comune quando sia dettata dalla necessità di sopperire all'insufficienza strutturale e funzionale di quello preesistente in considerazione delle sopravvenute maggiori esigenze anche igieniche (Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2007, n. 16639).

Scarico acque nere in condotta acque bianche o piovane

Nel godimento della cosa comune è configurabile una posizione possessoria, tutelabile, con le azioni di reintegrazione e di manutenzione, contro l'attività del compossessore comproprietario che sopprima il godimento medesimo, ovvero ne turbi o renda più gravose le modalità di esercizio. (nella specie, trattavasi della immissione da parte del singolo compartecipante, di acque di rifiuto e di scarico di latrina in un cunicolo condominiale destinato al solo smaltimento delle acque piovane; la Suprema Corte, premesso il principio di cui sopra, ha ritenuto giuridicamente ravvisabile in tale fatto un'alterazione del godimento della cosa comune, suscettibile di tutela con azione possessoria, ed ha cassato la contraria statuizione dei giudici del merito) (Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1977, n. 14).

Guida all'approfondimento

Lazzaro - Di Marzio - Petrolati, Codice del condominio, Milano, 2014, 25 e 71;

Scrima, Il nuovo condominio, Torino, 2013, 118;

Giuggioli - Giorgetti, Le nuove leggi civili - Il nuovo condominio, Milano, 2013, 81;

Bordolli, Rottura dell'impianto fognario comune, in Immob. & proprietà, 2010, 97;

Tortorici, Responsabilità dell'amministratore per la qualità dell'acqua, in Immob. & proprietà, 2008, 364;

Finelli, Il custode dei pozzetti è responsabile per le infiltrazioni, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 2, 38.

Sommario