La rinnovazione della notificazione nulla

Mauro Di Marzio
31 Ottobre 2017

L'ipotesi che la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio risulti affetta da nullità si verifica frequentissimamente nella pratica, tanto più allo stato della giurisprudenza che ha di recente ristretto la nozione di inesistenza della notificazione a favore di quella di nullità; in tal caso l'ordinamento consente al notificante di ovviare alla nullità della notificazione mediante la rinnovazione. Qui di seguito vengono esaminate le questioni che la rinnovazione della notificazione pone sia quanto ad ambito di applicazione che ad operatività, con richiamo alla giurisprudenza di legittimità, anche nei suoi sviluppi più recenti.
Il perché della norma sulla rinnovazione della notificazione

L'art. 291, comma 1, c.p.c. stabilisce che, se il convenuto non si costituisce ed il giudice rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla, aggiungendo che la rinnovazione impedisce ogni decadenza.

La previsione dell'ordine di rinnovazione è funzionale alla tutela dell'integrità del contraddittorio e mira ad evitare che la nullità della notificazione possa irreversibilmente rivolgersi contro il notificante: perciò è stabilito che la rinnovazione della notificazione — ricollegandosi per disposizione di legge alla notificazione iniziale nulla — impedisce ogni decadenza. La rinnovazione in altri termini produce, in forza della disposizione in esame, un effetto conservativo della notificazione nulla: per effetto della rinnovazione, in breve, la notificazione si ha per effettuata ora per allora.

Occorre subito chiarire, però, che l'impedimento al verificarsi di ogni decadenza opera su un piano strettamente processuale, non estendendosi agli eventuali effetti sostanziali dell'atto. In tal senso, la giurisprudenza ha ripetuto che la rinnovazione della notificazione nulla non impedisce il maturare del corso della prescrizione estintiva: se, cioè, la notificazione in rinnovazione della citazione conserva gli effetti della iniziale notificazione nulla, ciò non vuol dire che il menzionato effetto conservativo si estenda all'effetto sostanziale di interruzione della prescrizione. Difatti, il dettato dell'art. 2943 c.c. pone in indissolubile collegamento l'effetto interruttivo con il carattere ricettizio dell'atto di interruzione della prescrizione (Cass. civ., 13 marzo 1973, n. 706; Cass. civ., 30 marzo 1995, n. 3795; Cass. civ., 23 maggio 1997, n. 4630; Cass. civ., 7 luglio 2005, n. 15489; Cass. civ., 7 luglio 2006, n. 15489; Cass. civ., 16 maggio 2013, n. 11985).

Limiti di applicabilità della rinnovazione

L'effetto conservativo descritto si determina in caso di nullità e non di inesistenza giuridica della notificazione ovvero di sua totale omissione, i.e. di inesistenza materiale. Questo punto può essere dato per fermo. E tuttavia va qui rammentato che i termini della questione si sono modificati, di recente, per effetto di una importante pronuncia delle Sezioni Unite: quella che ha ridefinito in senso restrittivo la nozione di inesistenza della notificazione, affermando che essa è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi essenziali alla qualificazione dell'atto come notificazione, ossia: a) la trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato in base alla legge del relativo potere; b) la consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass. civ., Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916). In tale prospettiva anche l'ambito della rinnovazione della notificazione nulla si è evidentemente ampliato, anche se non ha toccato quello che è oggi il vero punto dolente in materia, ossia la «riattivazione» (si rinvia a M. Di Marzio, Il rimedio alla notificazione tentata ma «non andata a buon fine», in ilProcessoCivile.it) della notificazione omessa perché non andata a buon fine, notificazione che, pur secondo la pronuncia appena citata, era e rimane ineluttabilmente inesistente.

È ancora inammissibile l'applicazione della norma e, dunque, l'ordine di rinnovazione della notificazione, in dipendenza del semplice sospetto che il convenuto non abbia avuto conoscenza della citazione ovvero non sia potuto comparire (Cass. civ., 6 aprile 1993, n. 4105; una simile previsione è dettata dalla norma di carattere eccezionale dall'art. 663, comma 1, c.p.c.).

Disciplina della rinnovazione della notificazione

La rinnovazione può essere effettuata, oltre che a seguito dell'ordine del giudice, anche per iniziativa della parte interessata (Cass. civ., 13 aprile 2000, n. 4804), senza che occorra un'apposita procura, dal momento che quella originariamente conferita abilita il difensore al compimento di tutti gli atti del processo, ivi compresa la rinnovazione (Cass. civ., 14 aprile 1983, n. 2604; Cass. civ., 13 gennaio 1993, n. 278; Cass. civ., 21 marzo 2000, n. 3297)..

La rinnovazione della notificazione, comportando la conservazione dell'atto nullo, deve fare espressa menzione di questo, indicando la ragione per la quale la rinnovazione è disposta (Cass. civ., 5 dicembre 1996, n. 10852).

La rinnovazione non comporta una nuova iscrizione a ruolo: a seguito della rinnovazione, su iniziativa dell'attore o dietro ordine del giudice, il rapporto processuale si costituisce validamente con decorso dalla notificazione del nuovo atto introduttivo, senza necessità di rinnovare l'iscrizione a ruolo eseguita in base all'atto nullo (Cass. civ., 26 maggio 1978, n. 2670; Cass. civ., 24 gennaio 1977, n. 341).

In caso di rinnovazione dell'atto introduttivo del giudizio il rapporto processuale si costituisce dal compimento della notificazione rinnovata: pertanto, nel caso sia rinnovata la notificazione, per stabilire qual'è il giudice preventivamente adito ai fini dell'art. 39 c.p.c. occorre aver riguardo alla data della notifica rinnovata (Cass. civ., 9 ottobre 1998, n. 10008; tuttavia Cass. civ., 2 febbraio 1977, n. 478 ha ritenuto che già prima della rinnovazione il procedimento sia pendente ai fini della sospensione ex art. 295 c.p.c.).

Il termine perentorio fissato dal giudice per la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. non può essere sospeso o prorogato, neanche per accordo delle parti, senza che l'interessato abbia provato un impedimento a lui non imputabile (Cass. civ., 14 febbraio 2005, n. 2899).

Può accadere che il giudice abbia erroneamente omesso di disporre la rinnovazione della notificazione. In tal caso, qualora si tratti della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, la mancata rinnovazione (sempre che la sanatoria non abbia luogo in altro modo, attraverso il raggiungimento dello scopo), incidendo sulla integrità del contraddittorio, estende i suoi effetti all'intero processo che ne è seguito ed alla sentenza che lo ha definito (Cass. civ., 10 marzo 1981, n. 1349). Tuttavia, qualora sia stato il giudice d'appello a non ottemperare al disposto di cui all'art. 291 c.p.c., la Corte di Cassazione, nel dichiarare la nullità della notificazione dell'atto di appello e, conseguentemente, dell'intero giudizio di secondo grado, ivi compresa la sentenza impugnata, deve pronunciare l'annullamento di quest'ultima con rinvio ad altro giudice di pari grado, dinanzi al quale, essendo ormai pervenuto a conoscenza dell'appellato l'atto di impugnazione ed essendo, quindi, superflua una sua nuova notificazione, sarà sufficiente effettuare la riassunzione della causa nelle forme di cui all'art. 392 c.p.c. (Cass. civ., 10 marzo 1981, n. 1349; Cass. civ., 27 novembre 1982, n. 6467; Cass. civ., 6 aprile 1983, n. 2390; Cass. civ., 16 giugno 1988, n. 4100; Cass. civ., 20 luglio 1988, n. 4412. V. pure Cass. civ., 5 luglio 1979, n. 3834; Cass. civ., Sez. Un., 28 aprile 1994, n. 4052)..

Può inoltre accadere che il giudice abbia erroneamente disposto la rinnovazione della notificazione. È, in particolare, nullo l'ordine di rinnovazione della notificazione emesso sull'erroneo presupposto della nullità di questa, e la sua esecuzione non può avere l'effetto di far decorrere ex novo i termini che le parti a pena di decadenza devono osservare per le attività processuali che si ha onere di compiere dal perfezionamento di una valida notifica. Nessun rilievo può cioè spiegare sulla regolarità della costituzione del rapporto processuale l'inottemperanza all'ordine di rinnovazione della notificazione medesima che sia stato erroneamente impartito dal giudice, ai sensi dell'art. 291 c.p.c. sul presupposto della nullità di una notificazione invece valida (Cass. civ., 18 settembre 2009, n. 20104). Difatti l'atto che dispone la rinnovazione della notifica quando una rituale notifica vi sia già stata deve ritenersi nullo ai sensi dell'art. 156 c.p.c., perché discostantesi del relativo modello processuale (in quanto emesso al di fuori delle ipotesi consentite) e perché inidoneo a raggiungere il proprio scopo (consistente nella valida instaurazione del contraddittorio), essendo tale scopo già stato raggiunto per la ritualità della notifica della quale è stata erroneamente disposta la rinnovazione (Cass. civ., 21 dicembre 2001, n. 16145; Cass. civ., 16 giugno 2003, n. 9646; Cass. civ., 25 agosto 2004, n. 16803). L'illegittimità dell'ordine di rinnovazione può, inoltre, essere fatta valere nel successivo giudizio di impugnazione (Cass. civ., 18 settembre 2009, n. 20104).

La rinnovazione della notificazione in sede di impugnazione

La disciplina della rinnovazione trova applicazione (con riguardo non soltanto agli atti introduttivi, ma anche agli atti di riassunzione, nelle loro varie configurazioni: Cass. civ., 16 marzo 2010, n. 6325, in tema di riassunzione del giudizio interrotto; in precedenza Cass. civ., 3 settembre 2009, n. 19122; Cass. civ., 6 settembre 2007, n. 18713; Cass. civ., 28 giugno 2006, n. 14854) non soltanto nel giudizio di primo grado ma anche nelle fasi di gravame: così nel giudizio d'appello (regolato sia dal rito ordinario e dal rito del lavoro, pur con significative peculiarità determinate dalla differente configurazione dell'uno e dell'altro) come in quello di cassazione e di rinvio.

In particolare, per quanto riguarda il giudizio d'appello, l'applicabilità dell'art. 291 c.p.c. è desunta dall'art. 359 c.p.c., il quale rinvia alle disposizioni del procedimento di primo grado (Cass. civ., 7 febbraio 2006, n. 2593). Perciò, la nullità della notificazione dell'atto di appello può essere sanata con effetto ex tunc dalla rinnovazione della notificazione, anche se spontaneamente effettuata ad iniziativa dell'appellante, e nessun rilievo ha il fatto che la costituzione dell'appellato sia poi avvenuta oltre il termine per appellare, perché l'atto di appello, anche se viziato nella sua notificazione, è tuttavia idoneo ad impedire ogni decadenza e la costituzione dell'appellato, sia pure avvenuta a seguito della nuova notificazione, produce ex tunc la sanatoria dell'atto, poiché la nullità riguarda solo la notificazione e non il contenuto dell'atto stesso (Cass. civ., 22 febbraio 1979, n. 1129; per la sanatoria della nullità della notificazione dell'atto di appello eseguita in luogo diverso da quelli indicati dall'art. 330 c.p.c., v. Cass. civ., 2 aprile 1979, n. 1872; Cass. civ., 5 aprile 1982, n. 2076; Cass. civ., 4 agosto 1982, n. 4378; Cass. civ., 7 febbraio 1983, n. 1029; Cass. civ., 30 marzo 1983, n. 2342).

Il congegno della rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c. opera anche in caso di notificazione dell'impugnazione relativa a cause inscindibili, quantunque essa sia stata eseguita nei termini di legge nei confronti di uno solo dei litisconsorti necessari, giacché tale notificazione, sebbene affetta da nullità, introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti. Nel caso considerato della notificazione dell'atto di impugnazione affetta da nullità e rivolta ad alcun i soltanto di più litisconsorti necessari, il giudice deve simultaneamente prendere due distinti provvedimenti: ordinare la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c. e disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari, ai sensi dell'art. 331, c.p.c. (Cass. civ., 18 gennaio 2007, n. 1069; Cass. civ., 13 dicembre 2002, n. 17828). Notevole rilevanza pratica, in proposito, possiede la questione se l'art. 291 c.p.c. debba essere applicato anche in caso di nullità della notificazione dell'atto di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c.. Secondo alcune decisioni, riconducibili all'indirizzo meno recente, che appare ormai recessivo, la rinnovazione della notificazione dell'atto d'impugnazione affetta da nullità, ai sensi dell'art. 291 c.p.c., deve essere disposta anche quando si tratti di notifica effettuata in ottemperanza ad ordine di integrazione del contraddittorio impartito a norma dell'art. 331 c.p.c., dato che le due citate disposizioni operano su piani autonomi, e che, ai fini di quella rinnovazione, la notifica in sede di integrazione va considerata equivalente alla notifica dell'originario atto introduttivo (Cass. civ., 13 novembre 1991, n. 12112, Cass. civ., 27 luglio 1999, n. 8122; Cass. civ.,Sez. Un., 15 novembre 1997, n. 1018; Cass. civ., 4 aprile 2001, n. 4986; Cass. civ., 23 luglio 2004, n. 13920). L'indirizzo che pare attualmente prevalente afferma invece che, quando il giudice abbia pronunziato l'ordine di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile e la parte onerata non via abbia provveduto — ciò che accade non soltanto se la notificazione sia inesistente od omessa, ma anche quando la notificazione dell'atto di integrazione sia affetta da nullità — non è consentita l'assegnazione di un nuovo termine per il completamento della già disposta integrazione, poiché tale assegnazione equivarrebbe alla concessione di una proroga del termine perentorio precedentemente fissato, la quale è vietata espressamente dall'art. 153 c.p.c.. E dunque, guardando all'impugnazione in appello, in ipotesi di nullità anche della seconda notifica dell'atto di impugnazione, il giudice d'appello non può concedere un ulteriore termine, in quanto il termine per l'integrazione del contraddittorio ha natura perentoria, e come tale non è rinnovabile né prorogabile: ne consegue che, qualora anche la seconda notifica dell'atto di impugnazione sia nulla nei confronti di uno dei litisconsorti necessari, il giudice di appello deve dichiarare l'inammissibilità dell'appello ex art. 331, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., 27 ottobre 2008, n. 25860; Cass. civ., 18 gennaio 2007, n. 1069).

A tale regola, desumibile dal combinato disposto degli artt. 331 e 153 c.p.c., è possibile derogare solo quando l'istanza di assegnazione di un nuovo termine si fondi sull'esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata (Cass. civ., 15 gennaio 2007, n. 637; escludono viceversa che possa prorogarsi il termine per l'integrazione del contraddittorio anche quando la parte offra la prova di non essere stata in grado di rispettare il termine per causa ad essa non imputabile Cass. civ., 29 novembre 2004, n. 22411; Cass. civ., 29 aprile 2003, n. 6652; Cass. civ., 26 febbraio 2001, n. 2756; Cass. civ., 18 giugno 1996, n. 5572; Cass. civ., 13 luglio 1995, n. 7658).

L'art. 291 c.p.c., trova applicazione anche con riguardo al ricorso per cassazione (Cass. civ., 27 ottobre 1978, n. 4905; Cass. civ., 8 febbraio 1979, n. 876; Cass. civ., 24 luglio 1986, n. 4736; Cass. civ., 26 novembre 1987, n. 8759; Cass. civ., 12 dicembre 1979, n. 6471; Cass. civ., 24 giugno 1981, n. 4118; Cass. civ., 14 maggio 2004, n. 9242; Cass. civ., 15 ottobre 2004, n. 20334) anche ad iniziativa della parte (Cass. civ., 23 marzo 1985, n. 2085). Si osserva, in proposito, che la norma è espressione di un principio generale dell'ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale o lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, e, pertanto, pur in difetto di una norma che espressamente lo contempli o lo richiami per il procedimento di legittimità, deve ritenersi applicabile anche con riguardo al caso della nullità della notificazione del ricorso, principale od incidentale, per cassazione, in quanto non contrastante con l'impulso d'ufficio che caratterizza tale giudizio di legittimità (Cass. civ., Sez. Un., 3 maggio 1984, n. 280).

La norma stante il suo rilievo di previsione generale, è altresì applicabile nel giudizio di rinvio a seguito di cassazione (Cass. civ., 29 luglio 2009, n. 17656. In precedenza v. Cass. civ., 29 aprile 1993, n. 5030; Cass. civ., 23 giugno 1987, n. 5510. Per specifiche fattispecie v. Cass. civ., 26 settembre 1991, n. 10052; Cass. civ., 29 ottobre 1991, n. 11482; Cass. civ., 5 marzo 1993, n. 2711).

Inottemperanza dell'ordine di rinnovazione ed estinzione del giudizio

Se l'ordine di rinnovazione non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell'art. 307, comma 3, c.p.c. L'estinzione opera cioè secondo il dettato di quest'ultima norma, il cui precettoè mutato con la novella disposta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.

Nel regime anteriore secondo cui l'estinzione operava di diritto, ma doveva essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, la verificazione immediata dell'estinzione aveva luogo di diritto, nel senso che i suoi fatti costitutivi si intendevano verificati una volta disposta la cancellazione dal ruolo per l'inottemperanza all'ordine di rinnovo della notificazione, ma la sua rilevazione richiedeva l'eccezione di parte, la quale poteva conseguire nei seguenti casi: a) riassunzione operata dalla parte interessata alla declaratoria dell'estinzione, con la proposizione dell'eccezione relativa; b) proposizione dell'eccezione dalla parte interessata alla declaratoria dell'estinzione nel processo eventualmente riassunto irritualmente dalla parte interessata a proseguire il processo; c) formulazione dell'eccezione in sede di eventuale ripresa del processo disposta dal giudice che aveva pronunciato la cancellazione, previa revoca della stessa ordinanza di cancellazione dal ruolo, cui l'altra parte lo avesse sollecitato; d) iniziativa intrapresa in altro processo separatamente instaurato, in via incidentale, al fine di dedurre un qualche effetto su di esso (Cass. civ., 30 aprile 2010, n. 10609. In precedenza v. Cass. civ., 21 luglio 1979, n. 4358; Cass. civ., 23 maggio 1990, n. 4637; Cass. civ., 28 maggio 1990, n. 4926; Cass. civ., 20 giugno 1990, n. 6187; Cass. civ., 30 maggio 2001, n. 7360). Insomma, il potere di rilevazione dell'estinzione, secondo la norma previgente, poteva e doveva essere esercitato, su eccezione della parte interessata, solo dopo la (e non contestualmente alla) cancellazione della causa dal ruolo.

Il comma 4 dell'art. 307 c.p.c. stabilisce oggi che: «L'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio». Sicché il giudice, a fronte dell'inosservanza dell'ordine di rinnovazione, deve disporre la cancellazione della causa dal ruolo e contestualmente dichiarare d'ufficio l'estinzione del giudizio.

Con riguardo all'ordinanza che dispone la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell'art. 291, comma 3, c.p.c., si trova affermato che essa, anche quando rivesta la forma di sentenza o sia contenuto in una sentenza che decida questioni pregiudiziali processuali o preliminari di merito, non acquista natura ed effetti decisori e non è soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, salvo che la cancellazione abbia formato oggetto di controversia tra le parti e sia stata disposta dal collegio con una sentenza, che abbia regolato l'onere delle spese secondo il principio della soccombenza (Cass. civ., 8 luglio 1980, n. 4345). Per altro versi si è anche stabilito che tale ordinanza, implicando la contemporanea ed automatica estinzione del processo, ha valore sostanziale di sentenza avendo contenuto definitivo del giudizio e pertanto il relativo provvedimento deve essere sottoscritto a pena di nullità insanabile sia dal presidente del collegio che dall'estensore (Cass. civ., 22 luglio 2002, n. 10664).

La rinnovazione della notificazione nel rito del lavoro

Nel rito del lavoro la domanda introduttiva del giudizio si propone mediante deposito del ricorso, contenente l'editio actionis, mentre la successiva notificazione del ricorso stesso attiene soltanto alla vocatio in ius: il che non impedisce che anche in tal caso trovi applicazione la disciplina dell'art. 291 c.p.c. (Cass. civ., 29 novembre 1991, n. 12814; Cass. civ., 17 gennaio 1984, n. 388), in mancanza di specifica deroga e non ostando ragioni d'incompatibilità con le peculiarità strutturali di detto rito (Cass. civ.,Sez. Un., 1 marzo 1988, n. 2166; Cass. civ., 6 marzo 1990, n. 1753; Cass. civ., 3 marzo 1992, n. 2579; Cass. civ., 28 novembre 1992, n. 12752).

La conformazione del rito del lavoro ha indotto la giurisprudenza a ritenere che l'art. 291 c.p.c., concernente la rinnovazione della notificazione affetta da nullità, debba essere applicato anche al caso dell'inosservanza del termine a comparire, la quale si tradurrebbe anch'essa in vizio della notificazione (Cass. civ., 22 settembre 1979, n. 4910; Cass. civ., 8 ottobre 1983, n. 5855; Cass. civ., 16 aprile 1985, n. 2533; Cass. civ., 15 aprile 1986, n. 2673; Cass. civ., 8 settembre 1986, n. 5484), vizo sanato dalla rinnovazione ex nunc secondo alcune pronunce (Cass. civ., 1 marzo 1988, n. 2166; Cass. civ., 6 marzo 1990, n. 1753; Cass. civ., 3 marzo 1992, n. 2579; Cass. civ., 28 novembre 1992, n. 12752) ed ex tunc secondo altre (Cass. civ., 15 aprile 1993, n. 4461; Cass. civ., 3 febbraio 1994, n. 1093; Cass. civ., 12 febbraio 1994, n. 1399; Cass. civ., 16 aprile 1994, n. 3624; Cass. civ., 18 maggio 1994, n. 4849; Cass. civ., 20 giugno 1994, n. 5936; Cass. civ., 1 ottobre 1994, n. 7957; Cass. civ., 23 gennaio 1995, n. 766, concernenti l'inosservanza del termine a comparire in fase d'appello).

Difatti, la mancata osservanza dei termini di comparizione importerebbe un vizio afferente non la proposizione della domanda, bensì, appunto, la notificazione dell'atto di evocazione in giudizio (Cass. civ., 5 novembre 1979, n. 5720; Cass. civ., 20 maggio 1980, n. 3333; Cass. civ., 22 gennaio 1981, n. 519; Cass. civ., 5 febbraio 1981, n. 763; Cass. civ., 12 febbraio 1982, n. 867; Cass. civ., 11 maggio 1982, n. 2943; Cass. civ., 3 giugno 1982, n. 3396; Cass. civ., 22 giugno 1982, n. 3822; Cass. civ., 16 luglio 1983, n. 4924; Cass. civ., 18 ottobre 1983, n. 6096; Cass. civ., 1° marzo 1985, n. 1762; Cass. civ., 9 marzo 1985, n. 1926; Cass. civ., 4 aprile 1985, n. 2335; Cass. civ., 28 novembre 1985, n. 5915; Cass.civ., 16 gennaio 1987, n. 352; Cass.civ., 6 febbraio 1987, n. 1204; Cass.civ., 19 novembre 1987, n. 8530; Cass.civ., 16 gennaio 1988, n. 311, concernenti il giudizio di appello).

Per la questione della sanatoria in caso di notificazione inesistente o omessa (v. M. Di Marzio, Il rimedio alla notificazione tentata ma «non andata a buon fine», in ilProcessoCivile.it).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario