Il danno pensionistico da omissione contributiva

Giovanni Mimmo
02 Novembre 2017

L'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 prevede una specifica forma di risarcimento che consente al datore di lavoro che ha omesso il versamento di contributi previdenziali ormai prescritti di rimuovere il vuoto contributivo mediante il versamento di una riserva matematica produttiva di una rendita vitalizia, con effetti equivalenti alla contribuzione mancante; la costituzione della riserva matematica può essere operata dallo stesso lavoratore interessato, il quale poi potrà rivalersi nei confronti del datore di lavoro. L'Autore del presente articolo, dopo aver descritto l'obbligo di versamento dei contributi previdenziali e relativo periodo di prescrizione, presenta le azioni esperibili dal lavoratore in caso di omesso versamento dei suddetti contributi.
Introduzione

Uno degli oneri accessori derivanti ex lege dal rapporto di lavoro subordinato è quello posto a carico del datore di lavoro relativo al versamento all'istituto previdenziale competente dei contributi previdenziali in favore del dipendente.

Nell'ipotesi in cui l'obbligo del datore di lavoro di versare i contributi previdenziali venga omesso, ovvero non venga integralmente adempiuto, sia l'istituto previdenziale, sia lo stesso lavoratore nell'ambito di un giudizio in cui partecipi anche l'istituto previdenziale, possono chiedere la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi all'istituto previdenziale.

La prescrizione dei contributi previdenziali

Tuttavia, i contributi previdenziali hanno un regime e modalità di prescrizione diverso e distinto rispetto alle retribuzioni cui sono collegati, per cui accade di sovente che pur in presenza di una condanna del datore di lavoro al pagamento in favore del lavoratore di retribuzioni, i contributi previdenziali risultino prescritti.

Una volta che i contributi previdenziali risultino prescritti gli stessi non possono più essere versati all'istituto previdenziale, stante il divieto di accettare contributi prescritti previsto dall'art. 3, comma 9, della L. 8 agosto 1995 n. 335; inoltre, ai sensi dell'art. 40 del R.D. n. 636/1939 nel caso in cui la contribuzione previdenziale risulti già prescritta e come tale non suscettibile di recupero da parte dell'istituto previdenziale, non opera il principio di automaticità della prestazione.

In tal caso, il lavoratore non potendo usufruire delle prestazioni previdenziali connesse a periodi lavorativi i cui contributi siano prescritti, può ottenere il risarcimento del danno a carico del datore di lavoro.

L'art. 13 della L. 12 agosto 1962 n. 1338 prevede una specifica forma di risarcimento che consente al datore di lavoro che ha omesso il versamento di contributi previdenziali ormai prescritti di rimuovere il vuoto contributivo mediante il versamento di una riserva matematica produttiva di una rendita vitalizia, con effetti equivalenti alla contribuzione mancante; la costituzione della riserva matematica può essere operata dallo stesso lavoratore interessato, il quale poi potrà rivalersi nei confronti del datore di lavoro.

Il danno subìto dal prestatore di lavoro in caso di omessa contribuzione: profili processuali

L'omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l'età pensionabile, e, dall'altro, dalla necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui all'art. 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338. Ne consegue che le situazioni giuridiche soggettive di cui può essere titolare il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, consistono, una volta raggiunta l'età pensionabile, nella perdita totale o parziale della pensione che dà luogo al danno risarcibile ex art. 2116 c.c., mentre, prima del raggiungimento dell'età pensionabile e del compimento della prescrizione del diritto ai contributi, nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un'azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c., ovvero di mero accertamento dell'omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso (Cass. sez. lav., n. 1179/2015).

Il diritto del lavoratore di vedersi costituire, a spese del datore di lavoro, la rendita vitalizia di cui all'art. 13, comma 5, della L. n. 1338 del 1962, per effetto del mancato versamento da parte di quest'ultimo dei contributi previdenziali, è soggetto al termine ordinario di prescrizione, che decorre dalla data di prescrizione del credito contributivo dell'INPS, senza che rilevi la conoscenza o meno, da parte del lavoratore, della omissione contributiva (Cass. sez. lav., n. 983/2016).

Nel caso in cui il lavoratore agisca giudizialmente per ottenere la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13, quinto comma, della L. 12 agosto 1962, n. 1338, per essersi il datore di lavoro sottratto al versamento all'INPS della relativa riserva matematica e per il cui versamento lo stesso datore resta obbligato, sussiste litisconsorzio necessario nei confronti dell'anzidetto datore di lavoro e dell'INPS, ciò trovando giustificazione per il riflesso, sotto il profilo processuale, che assumono gli aspetti sostanziali rappresentati: dall'interesse, giuridicamente protetto, del lavoratore alla realizzazione dei presupposti della tutela assicurativa (con la condanna dell'INPS alla costituzione della rendita vitalizia e del datore di lavoro inadempiente al versamento della riserva matematica); dall'interesse dell'INPS a limitare il riconoscimento della rendita vitalizia ai casi di esistenza certa e non fittizia di rapporti di lavoro; dall'interesse del datore di lavoro a non trovarsi esposto, ove il giudizio si svolga in sua assenza, agli effetti pregiudizievoli di un giudicato ai suoi danni a causa del riconoscimento di un inesistente rapporto lavorativo, lontano nel tempo (Cass. sez. lav., n. 4691/2012; Cass. SU, n. 3678/2009).

Nel caso in cui il datore di lavoro non provveda alla costituzione di una rendita vitalizia in favore del prestatore e quest'ultimo non intenda sostituirsi al datore di lavoro e l'omissione contributiva comporti la perdita del diritto alla pensione, ovvero la riduzione del trattamento pensionistico potenzialmente spettante, il lavoratore può agire direttamente nei confronti del datore di lavoro per ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2116 c.c.

In presenza di omissione contributiva, se è vero che il diritto al risarcimento del danno non può sorgere prima del verificarsi di un pregiudizio, è altrettanto vero che il lavoratore può chiedere la tutela della sua aspettativa concernente le prestazioni assicurative ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi, a tal fine, della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, volta ad accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso, l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, c.c., o quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338 (Cass. sez. lav., n. 2630/2014).

Il danno subito dal lavoratore per la perdita della pensione, derivata dall'omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro ex art. 2116 c.c., si verifica al raggiungimento dell'anzianità pensionabile, con la conseguenza che da tale momento decorre il termine decennale di prescrizione del diritto al risarcimento, fermo restando, peraltro, che - completata la fattispecie produttiva del danno - il lavoratore è tenuto a provare di aver chiesto vanamente al datore di lavoro la costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13, L. 12 agosto 1962, n. 1338, dovendosi ritenere, diversamente, che abbia concorso con la propria negligenza a cagionare il danno medesimo, che può essere, conseguentemente, ridotto od escluso ai sensi dell'art. 1227 c.c. (Cass. sez. lav., n. 20827/2013).

Nel caso di omissione contributiva, sussiste l'interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del danno ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l'erogazione delle prestazioni previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica, ammissibile anche nel rito del lavoro, per accertare la potenzialità dell'omissione contributiva a provocare danno, salva poi la facoltà di esperire, al momento del prodursi dell'evento dannoso (coincidente, in caso di omesso versamento dei contributi previdenziali, con il raggiungimento dell'età pensionabile), l'azione risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, c.c., oppure quella diversa, in forma specifica, ex art. 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338 (Cass. sez. lav., n. 2630/2014).

Ovviamente, il presupposto dell'azione risarcitoria è, oltre all'esistenza di una omissione contributiva, la sussistenza di un danno pensionistico, cioè della circostanza che effettivamente computando il periodo contributivo omesso, il prestatore avrebbe avuto diritto alla pensione, ovvero avrebbe avuto diritto ad importi maggiori, situazione che non si determina nell'ipotesi in cui il lavoratore, in ogni caso e senza il periodo omesso, raggiunga il massimo del requisito contributivo, ovvero, pur computando il periodo omesso, non raggiunga neppure il requisito minimo per accedere al trattamento pensionistico.

Il danno risarcibile coincide, di regola, con il trattamento pensionistico non percepito, a seguito dell'omesso versamento dei contributi: i criteri per la quantificazione del risarcimento sono gli stessi previsti per la quantificazione della rendita vitalizia ai sensi dell'art. 13 della L. n. 1338 del 1962.

Con riferimento agli aspetti processuali in caso di omesso versamento dei contributi assicurativi da parte del datore di lavoro e di avvenuta prescrizione dei medesimi, ai fini della costituzione della rendita di cui all'art. 13, comma 5, della L. 12 agosto 1962, n. 1338, la necessità della prova scritta è relativa solo all'esistenza del rapporto di lavoro, mentre l'estensione temporale di esso e l'importo delle retribuzioni possono essere provati con altri mezzi istruttori, anche orali. È, tuttavia, escluso il ricorso ad altri mezzi di prova per accertare che il rapporto di lavoro si sia costituito prima di quanto risulta dai versamenti effettuati, quando dal documento emerga con certezza la data della costituzione del rapporto di lavoro (Cass. sez. lav., n. 26666/2016).

Guida all'approfondimento
  • AA.VV., Art. 2116, in CENDON (a cura di), Commentario al codice civile, 2011, Milano, 1119;
  • AVIO, Della previdenza e dell'assistenza. Art. 2114-2117, in BUSNELLI (a cura di) Il codice civile commentario, 2012, Milano, 69
  • BOER, La previdenza sociale, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di G. Santoro Passarelli, 2017, Utet, 2442;
  • LEPORE, Art. 2116, in AMOROSO, DI CERBO, MARESCA, Diritto del lavoro, vol. I, IV edizione, 2013, Milano, 1162;
  • POZZAGLIA, L'azione di risarcimento del danno da omissione contributiva è assoggettabile all'art. 1227 c.c.?, in Mass. giur. lav., 2015, 1-2, 62;
  • SIGGILLO' MASSARA, Art. 2116, in CAGNASSO-VALLEBONA, (a cura di), Commentario del codice civile artt. 2099-2117, 2013, Torino, 688.
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