Potenziamento dei sistemi di telecomunicazione e rischi di inquinamento elettromagnetico

08 Novembre 2017

È di massima e indubbia attualità la questione relativa alla tutela della salute dall'inquinamento elettromagnetico per quanto concerne antenne e ripetitori posizionati sull'edificio condominiale, specie per la diffusione della telefonia cellulare e per il potenziamento dei sistemi di telecomunicazione.
Il quadro normativo

Sul versante comunitario, per quanto concerne l'esposizione ai campi elettromagnetici negli ambienti abitativi, il Parlamento europeo, con la risoluzione in data 5 maggio 1994, aveva sollecitato il varo di un programma specifico di ricerche volto a chiarire l'incidenza di tali campi sulla salute - in quanto l'esposizione ad una continua irradiazione del tipo prodotto dalle relative antenne potrebbe avere effetti nocivi - e, al contempo, teso a promuovere l'informazione ai cittadini ed alle autorità sanitarie, politiche ed amministrative.

Nel 1999, il Consiglio dell'Unione Europea ha emanato una raccomandazione relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0Hz a 300 GHz, basata sulla protezione dagli effetti a breve termine, allineandosi in tal modo ai risultati scientifici adottati dagli organismi internazionali che disciplinano la materia de qua, per i quali la quantità e la qualità delle risultanze scientifiche non sono ancora adeguate per definire i limiti per la protezione dagli effetti a lungo termine.

La cornice di riferimento normativo italiano, a livello costituzionale, registra: l'art. 9, comma 1, Cost. secondo cui «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»; l'art. 21, comma 1, Cost. il quale prevede che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (sul punto, la giurisprudenza ha intravisto, come necessario corollario il c.d. diritto di antenna, ossia la necessità della ricezione del pensiero altrui, nel senso che, al diritto di informare, corrisponde il diritto di essere informati); l'art. 32, comma 1, Cost., secondo cui «la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività».

A livello legislativo primario, si possono ricordare la l. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, e la l. 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'Ambiente; da segnalare anche:

a) il d.p.c.m. 23 aprile 1992, che detta i «limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati alla frequenza di 50 Hz negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno», in relazione alla durata della permanenza;

b) il d.p.c.m. 28 settembre 1995, che prescrive le norme tecniche di attuazione del precedente decreto con riferimento agli elettrodotti;

c) il d.m. Ministero dei Lavori Pubblici 5 agosto 1998, sull'aggiornamento delle norme tecniche per la progettazione, esecuzione ed esercizio delle linee aeree esterne.

In materia, è stato, altresì, emanato il «Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana» (d.m. Ministero dell'Ambiente 10 settembre 1998, n. 381), che fissa i valori limite di esposizione della popolazione - ad eccezione dei lavoratori esposti per ragioni professionali - ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa tra i 100 Khz e 300 Ghz, valori che, a partire dal 2 gennaio 1999, devono essere rispettati nell'installazione dei nuovi impianti.

I “tetti massimi” fissati dal c.d. decreto Ronchi, indipendentemente dal tipo di fonte, sono, poi, suscettibili di ulteriore riduzione in ossequio alla definizione di “obiettivi di qualità”, tesa a ridurre al minimo possibile l'esposizione della popolazione alle radiofrequenze anche quando il tetto previsto sia stato concretamente rispettato.

Inoltre, il d.m. n. 381/1998 recepisce il c.d. principio di cautela raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S., v., in particolare, il Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici - International EMF Project del 1996) e dallo stesso Consiglio dell'Unione Europea (raccomandazione n. 1999/519/CE del 12 luglio 1999), vale a dire l'adozione di misure di tutela della popolazione anche in assenza di dati definitivi sulla nocività dei campi elettromagnetici.

In altri termini, nel campo della salute pubblica e dell'ambiente, si è stabilito non si debba attendere, per intervenire, che la scienza dimostri in modo definitivo gli effetti nocivi dell'esposizione ad agenti morbosi o sospetti, sicché, oltre a prevedere limiti basati su effetti sanitari certi, si impongono dei valori di salvaguardia nelle situazioni nelle quali si possa prevedere un'esposizione continua della popolazione.

Da ultimo, è intervenuta la l.22 febbraio 2001, n. 36, «legge-quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», che richiama l'attenzione dello Stato e delle Regioni sull'estrema delicatezza del problema e sulla necessità di un'approfondita riponderazione dell'intera materia.

In particolare, detta legge ha lo scopo di dettare i principi fondamentali diretti a:

a) assicurare la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici nel rispetto dell'art. 32 Cost.;

b) promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine ed attivare le misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui all'art. 174, par. 2, del trattato istitutivo dell'Unione Europea;

c) assicurare la tutela dell'ambiente e del paesaggio nonché promuovere l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l'intensità e gli effetti dei predetti campi secondo le migliori tecnologie disponibili:

d) ribadire la politica di estremo contenimento delle soglie di rischio, tendendo a sposare la tesi del c.d. rischio zero, secondo cui i possibili pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni non ionizzanti debbano essere del tutto eliminati.

L'analisi interdisciplinare del fenomeno

L'inquinamento rappresenta un problema assai complesso, che vede gli organi legislativi, a vario livello - anche sotto la spinta della mobilitazione dei cittadini (specie nei paesi socialmente più avanzati) - cercare di dotare la popolazione ed il territorio di presidi tecnico-giuridici capaci di cautelare gli abitanti ed i lavoratori dai possibili rischi per la salute, al contempo non precludendo i processi di sviluppo economici e tecnologici, spettando poi alle amministrazioni locali di espletare le attività di vigilanza e di controllo idonee a permettere la verifica del rispetto delle disposizioni, per reprimere infine le eventuali inadempienze o violazioni.

Tuttavia, l'esperienza di questi ultimi anni ha registrato che la mancanza di inconfutabili risultati tecnici circa la pericolosità delle relative radiazioni ha provocato una forma di generale avversione - alimentata da una vera e propria campagna denigratoria da una parte della stampa e dalla televisione anche alla luce della crescita culturale della popolazione e, quindi, di una nuova sensibilità per l'ambiente - nei confronti dell'installazione di tali tipi di impianti, conseguendone la promozione di numerosi ricorsi giudiziari mossi da angosce collettive (della cui sincerità nella maggior parte non è dato dubitare) anziché da meditate valutazioni scientifiche.

In altri termini, i timori più che legittimi sono stati, in parte, alimentati da un'esasperata attenzione del sistema dei mass media, ma, in parte, non hanno trovato una risposta persuasiva e tranquillizzante ad opera delle istituzioni deputate a garantire la salute dei cittadini, il che ha portato, tra l'altro, ad una preoccupante perdita di credibilità delle stesse istituzioni nei confronti dell'opinione pubblica: si pensi, altresì, alle recenti vicende sanitarie che hanno interessato l'uso dell'amianto, il contatto con il benzene, la formazione dei emoderivati infetti, il morbo della c.d. mucca pazza, dove ha prevalso la logica attendista del rinchiudere le stalle …. dopo che i buoi erano fuggiti!

In questo contesto, se, da un lato, appaiono giustificate le preoccupazioni di chi percepisce il rischio da inquinamento elettromagnetico come tra i più subdoli dei rischi ambientali, sia per la pervasività delle tecnologie adoperate sia per il loro grado di penetrazione nell'habitat urbano, dall'altro lato, occorre avere fiducia nello sforzo profuso dalla comunità scientifica internazionale e dalle istituzioni nazionali nell'imporre ragionevoli limiti di esposizione per la protezione sanitaria dell'individuo.

Il regime del controllo pubblico

Consistendo, talvolta, l'antenna generatrice delle onde elettromagnetiche in un manufatto di una certa dimensione, può sorgere il problema se, per la sua installazione in senso materiale, il privato debba preventivamente munirsi di un provvedimento autorizzativo da parte dell'autorità amministrativa.

Ad un primo approccio, non è sembrato che l'antenna rientrasse, per la sua destinazione e per la sua struttura, nell'ampio concetto di “costruzione” - manufatto che, per funzione e materiali adoperati, dia all'oggetto caratteristiche tecniche di stabilità ed immobilità - che richiedeva, ai sensi dell'art. 31 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, la licenza edilizia; nell'ottica, poi, dell'art. 1 della l. 28 febbraio 1977, n. 10, si è previsto l'obbligo della concessione nel caso di trasformazione del territorio, spostando quindi l'indagine sulla verifica dell'alterazione apprezzabile sotto il profilo estetico ed ambientale.

In questa prospettiva, pur ammettendo il principio dell'assoggettabilità a concessione edilizia degli impianti trasmittenti di radiotelediffusione, si è ritenuto necessario che essi raggiungano una minima «soglia di rilevanza» per poter integrare una trasformazione del territorio, tale da consentire all'autorità di ordinarne la demolizione per difetto di concessione.

Da ultimo, è intervenuto il d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»: in particolare, l'art. 3, riprendendo la definizione degli «interventi edilizi» di cui all'art. 31 della l. 5 agosto 1978, n. 457 - per quel che ci interessa da vicino - alla lettera a) considera «interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie …. per realizzare ed integrare i servizi …. tecnologici», alla lettera c) considera «interventi di ristrutturazione edilizia (quelli che) comprendono l'inserimento di nuovi impianti», e alla lettera e) considera «interventi di nuova costruzione quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio», intendendo per tali, tra l'altro, quelli sub. e.4), ossia «l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione».

Lo stesso testo unico sull'edilizia, all'art. 107 - riproducendo sostanzialmente il disposto dell'art. 1, comma 1, della legge n. 46/1990 - prevede che «sono soggetti all'applicazione del presente capo (dedicato appunto alle norme per la sicurezza) i seguenti impianti relativi agli edifici quale che ne sia la destinazione d'uso: …. b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche», per poi disciplinare espressamente agli artt. 108 ss. i soggetti abilitati all'installazione e manutenzione dei predetti impianti, la redazione del relativo progetto e la dichiarazione di conformità degli stessi impianti realizzati nel rispetto della normativa vigente.

Ulteriori limitazioni all'installazione di antenne possono derivare anche dal rispetto delle esigenze di tutela ambientale e paesaggistica, dei monumenti, delle aree archeologiche e delle aree naturali protette, oppure in casi specifici previsti dalla legge, come, ad esempio, il fatto di trovarsi nei pressi di un aeroporto civile o militare, che limita la libertà di telecomunicazione del privato, il cui interesse viene subordinato a quello pubblico (in argomento, v. la l. 8 aprile 1983, n. 110, in materia di «protezione delle radiocomunicazioni relative all'assistenza ed alla sicurezza di volo»).

Diverso discorso riguarda l'autorizzazione all'esercizio del relativo impianto: per quelli concernenti l'emittenza radiotelevisiva, le competenze sono, di regola, distribuite tra Stato e Regioni, con una preminente competenza di queste ultime per gli aspetti territoriali, mentre per quel che concerne le stazioni radio-base per la telefonia mobile, la competenza appartiene ai Comuni.

Mette punto rammentare, in proposito, che le funzioni di vigilanza per il controllo dell'osservanza delle disposizioni di legge e la repressione delle eventuali violazioni sono demandate alle Autorità locali: in particolare, tali funzioni sono attribuite alle amministrazioni provinciali e comunali, che utilizzano le strutture tecniche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), o, qualora queste non siano ancora costituite, le strutture dei Presidi multizonali di prevenzione (PMP) e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPEL).

In estrema sintesi, si può, pertanto, concludere nel senso che tutti gli impianti de quibus risultano soggetti ad un duplice regime di controlli pubblici: in fase autorizzativa, nella quale viene accertata la compatibilità dello stesso sotto il profilo urbanistico, sanitario ed ambientale con le disposizioni di legge vigenti in materia, e durante l'esercizio attraverso il monitoraggio delle sue caratteristiche di funzionamento.

Gli effetti generati dall'esposizione

Per somme linee, si può definire “inquinamento elettromagnetico” una macroscopica e permanente alterazione dell'ambiente, con particolare riferimento ai valori del campo elettromagnetico in una determinata zona territoriale, mentre per “campo elettromagnetico” si intende lo spazio entro il quale si manifestano le forze che determinano il fenomeno elettromagnetico.

Di solito, i campi elettromagnetici hanno uno spettro compreso tra 0 Hz e 300 GHz, e possono essere suddivisi in “basse frequenze” da 0 Hz a 10 Hz ed “alte frequenze” da 10 Hz a 300 Hz.

Tra le prime annoveriamo gli elettrodotti, ossia gli impianti relativi al trasporto ed al consumo dell'energia elettrica, e, in particolare, al funzionamento delle linee ad alta tensione, con correnti relativamente basse allo scopo di minimizzare le perdite.

Tra le seconde vi sono gli impianti di telecomunicazione che sono quelli che determinano un maggiore impatto ambientale con conseguente più elevato rischio per la popolazione: si pensi agli impianti per la diffusione dei segnali radio e televisione, le stazioni radioamatoriali, i ponti radio, gli impianti per comunicazioni satellitari, i sistemi radar, le sempre più frequenti stazioni radio-base per telefonia mobile.

La nuova frontiera di questa emergenza - ma per ora dal valore del campo magnetico considerato non significativo - è rappresentata, invece, dall'inquinamento indoor, generato dagli elettrodomestici o dalle apparecchiature elettroniche di uso individuale, quali forni a microonde, televisori, monitors dei computer, telefonini cellulari, lampade abbronzanti.

Premesse queste basilari nozioni di carattere scientifico, si osserva che gli effetti generati dall'esposizione alle radiazioni elettromagnetiche sono assai controversi, non essendoci esaustive ricerche epidemiologiche in ordine agli esiti, nel breve e medio-lungo termine, derivanti dall'induzione di correnti elettriche all'interno del corpo umano, nonché nei vari organi e tessuti delle persone esposte.

Gli effetti di tipo acuto si manifestano come risposta diretta ed immediata all'esposizione - ad esempio mediante aumento della temperatura di alcuni organi - e scompaiono con il cessare della stessa: essi sono tutti riconducibili ad un assorbimento dell'energia elettromagnetica da parte dei tessuti corporei e ad una sua dissipazione sotto forma di calore, che determina un aumento della temperatura di alcuni organi più esposti (in argomento, v. Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2007, n. 33285, la quale ha statuito che il nesso di causalità tra cefalea ed esposizione al campo elettromagnetico generato da un elettrodotto realizzato in prossimità di un insediamento abitativo può ritenersi adeguatamente accertato secondo criteri di probabilità scientifica e logica, facendo riferimento a rilevazioni statistiche e alle conclusioni di studi scientifici, nonché in base all'accertata regressione del male all'atto dell'allontanamento dalla zona prossima all'impianto).

Diverso è, invece, il discorso relativo alla valutazione dei rischi per la salute derivati dagli effetti c.d. a medio-lungo termine: invero, alla luce dei numerosi studi scientifici in materia non è vi è ancora una certezza circa la stretta connessione esistente tra l'esposizione ai campi elettromagnetici e l'insorgenza di disturbi, affezioni ed alterazioni varie a carico dell'organismo.

In altri termini, gli studi epidemiologici attualmente disponibili non sono considerati sufficienti o idonei per confermare, o, al contrario, escludere, un qualsiasi rapporto di causalità tra l'esposizione ai livelli di campo elettromagnetico, che normalmente sono frequenti nei nostri ambienti di vita e di lavoro, e l'insorgenza di determinate patologie.

In tale situazione di incertezza, si può ritenere che uno degli elementi più determinanti degli effetti dell'inquinamento elettromagnetico è, da un lato, il fattore temporale connesso alla durata dell'esposizione alle emissioni, sicché si distinguono le antenne riceventi e le stazioni radioamatoriali dagli impianti radiotelevisivi trasmittenti e da quelli per telefonia fissa e mobile - questi ultimi irraggiano nell'etere senza soluzione di continuità, da cui il maggior timore sulla loro pericolosità - e, dall'altro, la frequenza, alta o bassa, del relativo campo elettromagnetico, nel senso che tanto maggiore risulta il volume delle radiazioni prodotte tanto più invasive sono le conseguenze sul fisico umano.

Un'altra certezza scientifica raggiunta è quella per cui sussiste una maggiore nocività del predetto inquinamento (ricadendo le radiazioni, per così dire, ad ombrello) per coloro che risiedono, non immediatamente sotto l'impianto de quo, ma nelle immediate adiacenze; ne consegue paradossalmente che i condomini che rifiutano le allettanti offerte delle società di telefonia per installare stazioni radio base sul tetto o sul lastrico solare del loro edificio, spesso scelto in quanto costituisce un punto ottimale per la copertura radioelettrica cittadina, oltre al danno consistente nella rinuncia ai sicuri vantaggi economici - di regola, si tratta di un corrispettivo per l'uso della cosa comune all'interno di un contratto di locazione - si vedono anche piazzare lo stesso impianto nel fabbricato attiguo, con la beffa di subire maggiormente gli effetti delle relative radiazioni.

La risposta della giurisprudenza

Da un primo esame dei provvedimenti dei giudici civili in argomento, si può rilevare come si sia generalmente affermata l'esperibilità delle azioni tese ad assicurare la tutela anticipatoria al diritto alla salute: in altri termini, viene generalmente ritenuto ammissibile il procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. avverso il fondato timore di un danno o pericolo di esposizione alle onde elettromagnetiche, di cui non sia esclusa la verificabilità e la cui perniciosità, ove si manifesti nelle more del giudizio, sarebbe irreversibile (v., tra le variegate pronunce, Trib. Verona 28 marzo 2001, sull'insussistenza di prova adeguata di un pregiudizio imminente e irreparabile; Trib. Reggio Calabria 30 gennaio 2001, sull'ammissibilità della domanda cautelare di sospensione dei lavori; Trib. Verona 4 dicembre 2000, che ha tutelato in via d'urgenza il diritto alla salute del condomino dissenziente; Trib. Parma 22 luglio 2000, che, invece, ha rigettato l'istanza di provvedimento cautelare; Pret. Bologna 12 aprile 1999, che ha accolto la domanda presentata ai sensi dell'art. 1171 c.c.; più di recente, v. Trib. Foggia 27 febbraio 2007, secondo il quale, posto che devono ritenersi intollerabili le immissioni che, sebbene non eccedenti i limiti stabiliti dalle norme di interesse generale in tema di inquinamento elettromagnetico, appaiono suscettibili di ledere il diritto alla salute, va ordinato sia al gestore del servizio di telefonia mobile che ha programmato la realizzazione di una stazione radio base sul terrazzo di un edificio, sia all'ente proprietario dello stabile interessato, di non procedere ai lavori di installazione dell'impianto).

D'altronde, il rimedio della tutela d'urgenza è tanto più consentito in relazione alla ben nota durata media del giudizio civile ordinario, che si rivelerebbe gravemente ostativa ad un'immediata interdizione del fattore di rischio connesso a tale esposizione; è intuitivo, infatti, osservare che il danno di solito paventato (di presumibile natura neoplastica), ove venga a manifestarsi durante lo svolgimento della causa, si rivelerebbe fatale o comunque difficilmente rimediabile, anche alla luce degli scarsi successi della moderna medicina nella lotta contro i tumori.

Nelle fattispecie concrete poste all'attenzione dei giudici, la problematica relativa all'installazione di un impianto di emissione radio-televisiva o per telefonia cellulare si è, talvolta, impostata nell'àmbito del dettato codicistico, dovendosi valutare se la relativa opera costituisca o meno una violazione dell'art. 1122 c.c., se realizzata all'interno della porzione di immobile di proprietà esclusiva, o una violazione del combinato disposto degli artt. 1102 e 1120 c.c., se eseguita utilizzando parti comuni dello stabile (ad esempio, potrebbero derivare pregiudizi alla statica del fabbricato o alterazioni del decoro architettonico).

Non si può, tuttavia, escludere che l'attuale incertezza scientifica circa gli effetti a lungo termine sulla salute delle onde elettromagnetiche irradiate dalle predette stazioni possa provocare il deprezzamento del valore di mercato di un edificio condominiale, sia se considerato nel suo complesso sia riguardo alle singole unità abitative, qualora sul lastrico solare o sul tetto venga installata la predetta stazione; in altri termini, il fatto di ignorare se tali onde possano determinare effetti sfavorevoli per la salute di coloro che risiedono nello stesso stabile potrebbe comportare una minore appetibilità sul mercato delle unità abitative poste nel medesimo edificio e la conseguente diminuzione del loro valore economico, riducendo al contempo apprezzabilmente le utilità ritraibibili dai proprietari delle rispettive unità immobiliari, tra cui rientra la facoltà di disporre delle medesime, vendendole o concedendole in locazione.

Inquadrando la fattispecie alla stregua del rispetto della normativa specialistica vigente in subiecta materia, nell'àmbito del procedimento di cui all'art. 700 c.p.c., la legittimazione dovrebbe essere riconosciuta ai soggetti “sensibili”, cioè a coloro che, per la contiguità spazio/temporale con le sorgenti generatrici di radiofrequenze, evidenzino una seria ed obiettiva preoccupazione circa le incerte conseguenze del predetto fenomeno sulla salute, sia se siano soggetti abitanti nelle vicinanze, sia se siano condomini dello stabile ove è stata posta, o sta per essere installata, la stazione (casi concreti hanno registrato, ad esempio, alterazioni nelle funzionalità dei pacemaker del proprietario dell'appartamento posto al piano superiore del palazzo in cui doveva essere ubicato il predetto impianto).

L'istruttoria, di regola, dovrebbe consistere nell'espletamento di una CTU, tesa a verificare che l'intensità di emissione proveniente dal posizionamento della stazione non superi i limiti di soglia prescritti dal Legislatore, non producendo incrementi di sorta rispetto al “fondo magnetico” già esistente, e che le peculiarità del contesto ambientale non interagiscano con la fonte elettromagnetica aggravando l'esposizione (o il valore di attenzione) dei soggetti sensibili di cui sopra.

Il provvedimento d'urgenza dovrà, quindi, essere accolto ex art. 32 Cost. ed in ossequio del richiamato «principio di precauzione» che ispira il d.m. n. 381/1998, qualora sia concretamente dimostrato, attraverso idonea perizia tecnica, che, dall'installazione della stazione derivi in danno del ricorrente (o dei suoi familiari) un'esposizione a campi elettromagnetici apprezzabilmente superiore a quella a cui è esposta la generalità indifferenziata della popolazione (c.d. fondo magnetico generale), oppure attraverso una relazione clinica che attesti possibili rapporti tra manifestazioni morbose subite da una persona residente nello stabile o nelle vicinanze e l'attivazione degli impianti de quibus.

In proposito, una pronuncia del giudice amministrativo ha statuito che, in materia di installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare, in presenza di documentazione, consistente in una relazione clinica attestante possibili relazioni tra manifestazioni morbose subite da una persona residente nello stabile e l'attivazione degli impianti, l'interesse primario alla salute deve considerarsi prevalente rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto, sicché va accolta la domanda di sospensione cautelare del provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e urgenza per le opere di installazione e attivazione dell'impianto (T.A.R. Lazio 18 dicembre 1996, n. 3806: fattispecie in cui una stazione radio base per telefonia cellulare GSM era stata installata sul terrazzo di uno stabile condominiale).

Il giudice ordinario, sul versante prettamente civilistico, ha affermato che l'installazione di un ripetitore per telefonia cellulare su di un lastrico solare situato in un edificio condominiale non costituisce violazione dell'art. 1122 c.c., in quanto:

a) non sussiste alcun riscontro scientifico della pericolosità di tale impianto per la salute dei condomini, e

b) la concessionaria del servizio di telefonia presenta all'autorità competente un progetto che attesti come l'impianto suddetto non arrechi danni alla statica dell'edificio; del pari,l'installazione su di un lastrico solare di proprietà di un condomino di un ripetitore per telefonia cellulare, con utilizzo delle cose comuni che consista esclusivamente nell'ancoraggio dell'impianto suddetto ai muri esterni, non configura alcuna violazione dell'art. 1102 c.c. (Trib. Piacenza 13 febbraio 1998)

Anche il giudice penale si è occupato della materia, affermando che, in tema di inquinamento elettromagnetico, il reato di getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 c.p. è integrato non dal mero superamento, da provare in modo certo ed oggettivo, dei limiti di esposizione o dei valori i d'attenzione previsti dalle norme speciali (d.m. Ministero dell'Ambiente 10 settembre 1998 n. 381; d.p.c.m. 8 luglio 2003), ma dalla idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare persone, da provarsi in modo certo ed obiettivo ed in concreto (Cass. pen., sez. III, 8 aprile 2010, n. 17967; Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 15707).

In conclusione

Certo è che le sopra richiamate incertezze scientifiche ed i tanti dubbi sorti in sede di maturazione delle corrispondenti opzioni legislative si riverberano sull'operato dei giudici, che non hanno ancora maturato un orientamento uniforme e coerente.

L'ostacolo che rende particolarmente difficile l'intervento sanzionatorio e repressivo è rappresentato appunto dalla non definitività delle pronunce del mondo scientifico, che rende lento e faticoso il percorso verso una compiuta definizione delle concrete prospettive di tutela giudiziale, nelle sue varie forme.

In ogni momento della nostra giornata, di fronte allo sfrenato diffondersi dei segni di un inarrestabile progresso tecnologico all'interno dei centri urbani, e stante il continuo e perenne contatto, anche se invisibile, dell'organismo umano con le predette realtà, ci poniamo quell'angoscioso interrogativo circa il potenziale lesivo dell'inquinamento elettromagnetico, ma le risposte della scienza tardano a venire: per dirla con il linguaggio giuridico penalistico, vi sono indizi, ma non prove certe che fanno propendere per una marcata incidenza patologica da parte delle onde elettromagnetiche sullo svilupparsi delle più gravi malattie.

Non potendo vivere nel terrore occorre, dunque, affrontare con prudenza e raziocinio il problema senza strumentalizzazioni o visioni preconcette, al fine di trovare un punto di giusto equilibrio sociale tra gli obiettivi della scienza, della tecnica e delle comunicazioni, e le esigenze dei cittadini a difesa del più prezioso tra i diritti garantiti dal nostro ordinamento giuridico: quello alla salute, che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, deve ritenersi però sempre preminente.

Guida all'approfondimento

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Gizzi, Inquinamento elettromagnetico e getto pericoloso di cose, in Cass. pen., 2008, 3438;

Mattassoglio, Tutela della salute e inquinamento elettromagnetico: quale valore per i limiti legali?, in Foro it., 2007, I, 2125;

Celeste, Inquinamento elettromagnetico tra pericoli nella sfera privata e poteri doveri della pubblica amministrazione, in Rass. loc. e cond., 2002, 141;

Stendardi, Il conflitto tra gestori di impianti di telecomunicazioni e proprietari di immobili, in Arch. loc. e cond., 2002, 255;

De Marzo, Inquinamento elettromagnetico e tutela inibitoria, in Danno e resp., 2001, 37;

Viganò, Antenne Tv satellitari e condominio negli edifici, in Dir. informazione e informatica, 1998, 983;

De Tilla, Installazione dell'antenna per l'uso commerciale nell'immobile in condominio, in Giur. merito, 1993, 946.

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