Sofferenza morale e danno esistenziale: danni diversi e autonomamente risarcibili, ma solo se provati
17 Novembre 2017
IL CASO Un uomo, alla guida del suo scooter, a causa della repentina ed improvvisa inversione effettuata da un'automobile che procedeva nel suo stesso senso di marcia, cade e riporta lesioni temporanee e permanenti. Si rivolge dunque al Tribunale di Roma per sentir dichiarare la responsabilità solidale del conducente del veicolo, del proprietario dell'auto e della Compagnia di assicurazione per i danni patiti, da lui quantificati in € 1.000.000,00. Chiede che venga disposta una CTU per la quantificazione anche del danno esistenziale e di quello alla propria capacità lavorativa, oltre al rimborso delle spese sostenute e da sostenere. I convenuti, costituitisi in giudizio, eccepiscono che il conducente dello scooter aveva effettuato una manovra di sorpasso azzardata, violando dunque il codice della strada. Il Giudice di prime cure dichiara la responsabilità concorrente di attore e parte convenuta nella misura del 50% e condanna i convenuti al pagamento in favore dell'attore di € 31.477,72, oltre a lucro cessante, interessi e spese legali. L'attore ricorre in appello denunciando la responsabilità esclusiva dei convenuti ma la domanda viene rigettata dalla Corte territoriale. Il danneggiato ricorre ora in Cassazione, sulla base di quattro motivi.
TABELLE MILANESI In particolare, con il secondo motivo, l'attore lamenta come i giudici di merito non abbiano applicato le Tabelle di Milano nella liquidazione del danno non patrimoniale, tabelle che, a partire dal 2011 (Cass. civ. n. 12408/2011), dovrebbero essere applicate per uniformare i criteri di liquidazione del danno sul territorio nazionale avendo ricevuto valenza di parametro di conformità. La Suprema Corte considera fondato il motivo e dichiara predicabile l'evocazione in giudizio del principio iura novit curia in relazione alle tabelle milanesi assunte come criterio di conformità nella valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.
UNITARIETÀ DEL DANNO NON PATRIMONIALE Con il terzo motivo, poi, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 c.c. e degli artt. 138 e 139 cod. ass. per mancata liquidazione del danno esistenziale, menzionando numerosi precedenti di legittimità che avrebbero distinto e cumulato danno morale, biologico ed esistenziale. La Suprema corte dichiara che tale motivo non può essere accolto. Ricorda infatti che sul piano generale l'ordinamento positivo prevede e disciplina solo la fattispecie del danno patrimoniale (danno emergente, lucro cessante) e quella del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.). Le sentenze di San Martino hanno predicato l'unitarietà del danno non patrimoniale, intesa come unitarietà della lesione di «qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non suscettibile di valutazione economica» (Cass. civ. n. 26972/2008).
I DUE ASPETTI DELLA SOFFERENZA La Suprema Corte dichiara però che è compito del giudice occuparsi anche della sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, e che sono le stesse sentenze di San Martino a dare indicazioni in questo senso, ove si occupano della centralità della persona e dell'integralità del risarcimento del valore uomo. Il Giudice di merito può e deve dunque compiere una valutazione sulla sofferenza morale -che è l'aspetto interiore del danno -, ma anche sul danno esistenziale, ossia il danno alla vita di relazione. La Terza Sezione postula quindi che i due aspetti essenziali della sofferenza costituiscono «danni diversi e come tali entrambi autonomamente risarcibili, ma se, e solo se, rigorosamente provati caso per caso, al di là di sommarie quanto impredicabili generalizzazioni».
CORTE COST. N. 235/2014 La Cassazione richiama poi la pronuncia della Corte Costituzionale n. 235/2014, che dichiara costituzionalmente legittimo l'art. 139 cod. ass., dove si sottolinea che il giudice può «personalizzare l'importo risarcitorio risultante dall'applicazione delle suddette predisposte tabelle, eventualmente maggiorandolo fino ad un quinto in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato». Il Giudice delle Leggi sconfessa dunque la tesi dell'unitarietà del danno biologico, dichiarando esistente la distinzione concettuale tra sofferenza interiore e incidenza degli aspetti relazionali della vita del soggetto.
LA CONFERMA ARRIVA DALLA LEGGE CONCORRENZA La Terza sezione dichiara che tale ricostruzione trova oggi definitiva conferma nella nuova formulazione dell'art. 138 cod. ass. dopo la legge Concorrenza (l. n. 124/2017), e riporta testualmente il testo della lettera e), ove si legge che «al fine di considerare la componente del danno morale da lesione dell'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico stabilita in applicazione dei criteri di cui alle lettere da a) a d), è incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione». Nel caso di specie, afferma la Cassazione, la personalizzazione del danno non patrimoniale è stata, seppur implicitamente, considerata ed esaminata nell'impugnata sentenza, che deve essere quindi confermata. La Corte accoglie solo il secondo motivo di ricorso, rigetta gli altri, e provvede a decidere la causa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, condannando le parti resistenti al pagamento a favore dell'attore di € 59.704,00.
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