Le condotte extralavorative penalmente rilevanti non sempre integrano la giusta causa di licenziamento

La Redazione
28 Novembre 2017

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull'individuazione della presenza della giusta causa per il licenziamento di un dipendente, ha ritenuto che il comportamento antigiuridico ma extralavorativo di quest'ultimo non fosse causa di rottura del vincolo fiduciario con la società datrice di lavoro.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26679 del 10 novembre 2017, si è pronunciata sull'individuazione della presenza della giusta causa per il licenziamento di un dipendente, ritenendo che il comportamento antigiuridico ma extralavorativo di quest'ultimo non fosse causa di rottura del vincolo fiduciario con la società datrice di lavoro.

La pronuncia in oggetto nasce da una sentenza d'Appello che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato per giusta causa al ricorrente da parte della società datrice di lavoro a seguito di una condanna penale per detenzione di stupefacenti: tale condotta non era stata ritenuta in grado di ledere il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, in quanto “non interferente sulle mansioni svolte”.

La Suprema Corte, investita dal ricorso della società, ha in primis osservato, da una parte, come anche le condotte extralavorative che compromettano la fiducia tra le parti possano integrare la giusta causa ma, dall'altra, come quest'ultima sussista solo in presenza di fatti gravi addebitati al lavoratore e quando vi sia proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta; nel caso di specie, secondo i magistrati, il presupposto appena menzionato non si è concretizzato, come giustamente rilevato già in sede di Appello.

Per questi motivi, la Cassazione ha respinto il ricorso ritenendo insindacabile l'accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito.

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