A determinate condizioni è "cessione" la consegna del bene oggetto di leasing
29 Novembre 2017
Massima
Rientra tra le “cessioni di beni” soggette ad IVA, la consegna materiale di un bene relativa a un contratto con opzione d'acquisto che prevede la locazione per un dato periodo o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola in base alla quale “la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all'atto del pagamento dell'ultima rata” (art. 14, 14, paragrafo 2, lettera b), Direttiva 2006/112/CE), qualora dal contratto si evince che l'opzione sia l'unica scelta economica razionale per il locatario al termine della locazione. Tale valutazione spetta al giudice nazionale. Il caso
Una nota società inglese, proponeva alla propria clientela tre distinti contratti di locazione finanziaria per l'utilizzo di autoveicoli, uno dei quali prevedeva un'opzione di acquisto da parte del locatario, da esercitarsi tre mesi prima della scadenza del contratto, mediante pagamento di un importo liberatorio corrispondente al 40% del prezzo totale del bene. La proprietà del bene rimaneva in capo alla società per l'intera durata contrattuale, incombendo sul locatario l'onere di corrispondere i canoni mensili pattuiti (corrispondenti al 60% del prezzo totale).
Secondo l'Amministrazione britannica, il contratto in parola è ascrivibile alla categoria di “cessioni di beni” di cui all'art. 14, par. 2, lett. b) della Direttiva 2006/112/UE, secondo cui costituisce cessione di beni la consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione del bene per un dato periodo di tempo, accompagnato dalla clausola per cui la proprietà si acquista normalmente “al più tardi all'atto del pagamento dell'ultima rata”. Conseguentemente, la stessa Amministrazione pretendeva dalla società il pagamento integrale dell'imposta sul valore aggiunto alla consegna del veicolo effettuata in base al contratto stipulato.
Avverso tale pretesa, si opponeva la società sostenendo che il contratto in esame costituisse “prestazione di servizi” in quanto non implicante, necessariamente, un trasferimento di proprietà in capo al locatario. Pertanto, l'imposta diveniva esigibile soltanto per ciascun canone mensile. Il giudice di primo grado respingeva il ricorso esperito dalla società la quale, dunque, interponeva appello, successivamente accolto dal giudice di seconde cure.
Avverso tale decisione, l'Amministrazione presentava ricorso dinanzi al giudice del rinvio che, ritenendo necessaria, ai fini della controversia, un'interpretazione dell'art. 14, par. 2 citato, sottoponeva al vaglio della Corte di Giustizia talune questioni pregiudiziali volte a comprendere se e in quale misura la norma in esame fosse applicabile ad un contratto di locazione con opzione di acquisto qual è quello oggetto di controversia. La questione
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'art. 14, paragrafo 2, lett. b), della Direttiva IVA 2006/112/UE e, in particolare, sull'esatto significato da attribuire al periodo “un contratto (…) accompagnato dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all'atto del pagamento dell'ultima rata”, e su quali siano i criteri adottabili al fine di qualificare un contratto di leasing con opzione d'acquisto, come “cessione di beni”, anziché “prestazioni di servizio”.
Secondo la Corte UE, un contratto di leasing (finanziario) rientra tra le “cessioni di beni” di cui sopra, nell'ipotesi in cui, dal momento della stipula dello stesso emerga “con ragionevole certezza” che la proprietà del bene interessato, venga trasferita automaticamente al locatario “qualora l'esecuzione del contratto segua il suo corso normale fino al suo termine”.
All'uopo, la Corte afferma che tale “ragionevole certezza”, è desumibile dalla circostanza per cui il contratto di leasing contiene un'opzione di acquisto del bene, e che tale acquisto rappresenti per il locatario, l'unica soluzione economicamente razionale, esperibile al termine del periodo di locazione. Le soluzioni giuridiche
Occorre chiarire, in primo luogo, che un contratto di leasing di autoveicoli con opzione di acquisto è ascrivibile alla categoria dei contratti cd. di leasing finanziario o di leasing, in quanto tali, caratterizzati dal fatto che il locatario utilizzatore disporrà del bene senza doverne pagare il prezzo complessivo, solo al termine del periodo pattuito. Ciò posto, la sola qualificazione di un contratto come “locazione finanziaria” non è di per se idonea a classificare la consegna del bene ivi prevista, quale operazione soggetta ad imposta sul valore aggiunto. Tale qualificazione, infatti, richiede la presenza di due elementi ulteriori:
Tale automatismo, stando alla pronuncia, è desumibile dal disposto dell'art. 14, par. 2, lett. b), in forza del quale “la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all'atto del pagamento dell'ultima rata”; di talché, afferma la Corte, il pagamento dell'ultimo canone di cui il locatario è debitore in forza del contratto, determina automaticamente il trasferimento a quest'ultimo della proprietà del bene interessato.
Relativamente ai contratti recanti una clausola di opzione di acquisto, precisano i Giudici, l'avverbio “normalmente” di cui all'art. 14, è riferibile “allo svolgimento prevedibile fino al suo termine, di un accordo eseguito in buona fede dalle parti, conformemente al principio pacta sunt servanda”.
Tale ultimo principio convenzionale, osserva la Corte, mal si concilia, nel trasferimento di proprietà, con l'esistenza a favore del locatario di una “reale alternativa economica che gli permetta, giunto il momento, di optare vuoi per l'acquisizione del bene vuoi per la sua restituzione al locatore o l'estensione della locazione, in base ai propri interessi”. La situazione sarebbe diversa laddove l'esercizio dell'opzione di acquisto, seppur facoltativo, rappresentasse, in realtà, alla luce delle condizioni contrattuali, l'unica soluzione economica razionale esperibile dal locatario.
Pertanto, sarebbe contrario allo scopo del sistema IVA, improntato alla certezza del diritto e all'agevolazione delle operazioni assoggettabili, onerare le Amministrazioni tributarie di ulteriori indagini “volte a determinare l'intenzione della controparte del soggetto passivo al momento dell'esercizio dell'opzione e, se del caso, a operazioni di regolarizzazione”. Spetta al giudice nazionale la verifica del rispetto dei requisiti richiamati nella pronuncia, nei contratti in forza dei quali un veicolo è stato consegnato ad un utilizzatore. Osservazioni
La pronuncia fa da eco ai precedenti arresti giurisprudenziali in materia, precisandone, tuttavia, ulteriormente alcuni principi di portata generale. In relazione all'art. 14, par. 2, lett. b) della Direttiva IVA, infatti, già con la sentenza 16 febbraio 2012, C-118/11, i giudici europei avevano statuito che l'operazione di leasing integra una cessione di beni, qualora il contratto contempli il trasferimento della proprietà al locatario alla scadenza (come accade nel leasing traslativo), ovvero nell'ipotesi in cui il locatario disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà del bene, in quanto gli sia stata trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale e la somma delle rate sia identica al valore venale del bene. Orientamento, poi, suffragato dalla stessa Corte di Giustizia nella s entenza 2 luglio 2015, C-209/14 e, infine, avallatodai giudici di legittimità nostrani i quali, con sentenza n. 20951 del 16 ottobre 2015, hanno catalogato il contratto di leasing come “cessioni di beni”, malgrado la legge nazionale disponga diversamente (“prestazione di servizi”).
Nel caso in ispecie, i Giudici, esaminando congiuntamente le questioni sottoposte al proprio vaglio, addivengono ad un'interpretazione del testo dell'art. 14, paragrafo 2, lett. b) della Direttiva IVA, che trova conferma nell'economia generale della Direttiva stessa in ordine alla classificazione delle operazioni imponibili ai fini IVA. La questione pregiudiziale, come detto, mirava a chiarire se e in quale misura la disposizione di cui all'art. 14, par. 2, citato, si applichi ad un contratto di locazione con opzione di acquisto e, più precisamente se il contratto convenzionalmente denominato di “leasing finanziario” debba essere qualificato “cessione di beni” per il solo fatto di prevedere il trasferimento della proprietà alla scadenza, ovvero perché la somma delle rate, sia praticamente identica al valore commerciale del bene.
Ebbene, la pronuncia in esame, meno “perentoria” delle precedenti, esclude tale automatismo sulla scorta di argomentazioni, condivisibili o meno, ma ben circostanziate, in base alle quali è rimesso al giudice nazionale la verifica dei principi in forza dei quali un contratto di locazione sia ascrivibile ad una delle due categorie di cui all'art. 14 della Direttiva.
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