Operazioni intracomunitarie: il numero individuale di identificazione IVA costituisce un mero mezzo di prova
04 Dicembre 2017
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 141, lettera c), nonché degli articoli 42 e 265 della direttiva 2006/112/CE, nel testo applicabile al procedimento principale, in combinato disposto con gli articoli 41, paragrafo 1, nonché 197 e 263 della stessa direttiva.
Il giudice a quo (Verwaltungsgerichtshof, Suprema Corte amministrativa dell'Austria) chiede, in particolare, di precisare le condizioni necessarie ai fini dell'attuazione di una misura di semplificazione della tassazione di operazioni in cui intervengono tre soggetti passivi identificati ai fini dell'IVA in tre diversi Stati membri. Lo schema di triangolazione comunitaria, riportato nelle conclusioni dell'avvocato generale Yves Bot (depositate il 30 novembre 2017 in relazione alla causa C-580/16), può essere illustrato in questo modo:
L'obiettivo del legislatore comunitario è quello di esentare dall'IVA il soggetto passivo B per l'acquisto intracomunitario effettuato nello Stato membro 3 (quello di destinazione del bene) e, di conseguenza, di dispensarlo dall'obbligo d'identificazione ai fini IVA in tale Stato membro, incombendo al soggetto passivo C l'obbligo di assolvere l'imposta relativa alla cessione effettuata nel medesimo Stato membro dal soggetto passivo B.
Queste le conclusioni riportate dall'Avvocato generale:
Rispetto al primo aspetto, l'Avvocato Generale precisa che “una soluzione opposta, che impedisca al soggetto passivo di scegliere liberamente la propria identificazione IVA, creerebbe una significativa disparità di trattamento tra i soggetti passivi e rischierebbe di limitare l'esercizio di attività economiche, quando invece il numero individuale di identificazione IVA costituisce soltanto un mezzo di prova”. |