Ricorso improcedibile senza la copia conforme della sentenza impugnata, estratta dal fascicolo informatico

Tania Hmeljak
12 Dicembre 2017

Per la Suprema Corte l'onere – posto a pena di improcedibilità del ricorso – di depositare copia autentica del provvedimento impugnato permane nonostante l'originale sia stato formato digitalmente.
Massima

In tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, fintanto che il processo civile telematico non sarà attivato anche presso la Corte di cassazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, è soggetto ad un duplice onere di certificazione ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221/2012 e succ. modif., a pena di improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 369 c.p.c., dovendo, da un lato, attestare la conformità agli originali digitali delle copie cartacee della notificazione telematica ricevuta e, dall'altro, asseverare come conforme all'originale la copia del provvedimento impugnato, estratta dal fascicolo informatico, qualora non abbia disponibilità della copia con attestazione di conformità rilasciata dalla cancelleria, non soddisfacendo invece le condizioni di legge l'attestazione di conformità apposta direttamente sulla copia del provvedimento eventualmente notificato con modalità telematiche.

Il caso

Il tribunale di Milano aveva accolto solo parzialmente l'opposizione agli atti esecutivi, avente ad oggetto un provvedimento di approvazione del progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita di immobili di proprietà dei ricorrenti principali (esecutati), precedentemente approvato dal giudice dell'esecuzione. Contro tale sentenza viene proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost..

La questione

Dall'esame del fascicolo d'ufficio e di quello dei ricorrenti emerge che non è stata depositata la copia autentica della sentenza impugnata, ma solo una stampa cartacea della sentenza digitale, priva di attestazione di conformità all'originale. La copia conforme del provvedimento impugnato non è stata prodotta neppure dai controricorrenti né dal ricorrente incidentale. La Suprema Corte ha, pertanto, affrontato la questione dell'onere di depositare, unitamente al ricorso, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se avvenuta, anche nel caso in cui gli originali dei predetti atti siano stati formati in modalità digitale, essendosi il giudizio di merito svolto nelle forme del processo civile telematico.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha dichiarato d'ufficio, ai sensi dell'art. 369, comma 2 n. 2 c.p.c., l'improcedibilità del ricorso straordinario proposto ex art. 111 Cost. e di quello presentato in via incidentale.

I Giudici di legittimità hanno evidenziato come l'onere – posto a pena di improcedibilità del ricorso – di depositare copia autentica del provvedimento impugnato permane nonostante l'originale sia stato formato digitalmente.

Ed invero, nel caso in esame il grado di merito si era svolto nelle forme del processo civile telematico, mentre nel giudizio di cassazione – nel quale la disciplina di tale forma di processo è limitata alle sole comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili – il deposito previsto dall'art. 369 c.p.c. deve riguardare necessariamente documenti in formato analogico (cartaceo).

In tal caso il difensore del ricorrente, qualora non abbia la disponibilità della copia con l'attestazione di conformità rilasciata dalla cancelleria, è abilitato, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012, conv., con modif., dalla l. n. 221/2012 e succ. modif., ad attestare personalmente la conformità della copia analogica ai corrispondenti atti processuali o provvedimenti giudiziari redatti in formato digitale, da lui estratti dal fascicolo informatico.

La Corte di cassazione ha sottolineato come l'onere di depositare la copia autentica del provvedimento impugnato formato digitalmente sussiste anche qualora tale provvedimento sia stato notificato al ricorrente a mezzo posta elettronica certificata (PEC). In tal caso, tuttavia, l'attestazione di conformità dovrà essere apposta sempre sulla stampa cartacea dell'originale estratto dal fascicolo informatico e non sulla copia notificata telematicamente, non solo perché queste sono le modalità di autenticazione prescritte dal richiamato art. 16-bis, ma anche perché l'originale del provvedimento è solo quello digitale contenuto nel fascicolo informatico.

A tale proposito, la Corte ha ricordato il proprio recente orientamento, secondo il quale, anche per adempiere all'onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente – che abbia ricevuto la notificazione della sentenza impugnata con modalità telematiche (a mezzo PEC) – deve estrarre copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, l. n. 53/1994, attestando la conformità di tali copie agli originali digitali, e depositarle nei termini presso la cancelleria della Corte di cassazione.

Infine, anche il ricorso incidentale è stato dichiarato improcedibile, non avendo neppure il ricorrente incidentale assolto l'onere di produzione della sentenza in copia conforme all'originale, secondo la previsione dell'art. 371, comma 5 c.p.c..

Osservazioni

L'art. 369, comma 2 n. 2, c.p.c. prevede, a pena di improcedibilità, l'onere del ricorrente di depositare, insieme al ricorso per cassazione, la copia autentica della decisione impugnata, senza che assuma alcun rilievo l'avvenuto deposito della copia della sentenza da parte del controricorrente o l'esistenza della stessa nel fascicolo d'ufficio, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

La rigidità di tale orientamento era stata mitigata da qualche isolata pronuncia della Suprema Corte, secondo la quale ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione è stata ritenuta equipollente al deposito da parte del ricorrente di copia autentica della sentenza impugnata la presenza di una copia della stessa sentenza, munita del requisito formale della conformità, nel fascicolo di ufficio del giudizio di merito oppure la produzione della stessa copia, con la medesima attestazione di conformità, da parte del controricorrente.

La Corte di cassazione ha avuto modo di affermare in diverse pronunce che l'adempimento richiesto dall'art. 369, comma 2 n. 2 c.p.c. non si pone in contrasto con i principi a cui deve ispirarsi il giusto processo e non integra alcuna lesione del diritto di difesa, ma impone solamente di esercitare tale diritto nel rispetto delle forme dettate dal codice di rito, in quanto mira a garantire le esigenze di certezza della conformità della copia, in modo non irragionevole, peraltro senza imporre un adempimento particolarmente complesso.

L'onere di deposito riguarda altresì la relazione di notificazione della sentenza impugnata, se questa sia avvenuta, ed è in questo caso funzionale all'immediato riscontro, da parte del Giudice di legittimità, del rispetto del vincolo della cosa giudicata e della tempestività dell'esercizio del diritto d'impugnazione. Pertanto, il ricorso per cassazione va dichiarato improcedibile anche nell'ipotesi in cui il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre copia autentica della sentenza impugnata senza la relazione di notificazione. Sul punto, tuttavia, si registra un diverso, seppure minoritario, orientamento, meno restrittivo, in forza del quale si è affermato che la sanzione della improcedibilità del ricorso per cassazione prevista dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. debba trovare applicazione soltanto in riferimento alla prescrizione principale concernente l'onere di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e non già rispetto alla ulteriore prescrizione di dettaglio riguardante la produzione della copia con la relazione di notificazione. É stata invece esclusa la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso in Cassazione contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest'ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio.

La sanzione di improcedibilità prevista dall'art. 369 c.p.c., dunque, non è evitabile mediante la sola produzione di copia fotostatica mancante dell'attestazione di autenticità.

Ciò premesso, secondo la sentenza in commento l'onere di depositare, unitamente al ricorso, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se avvenuta, permane anche nel caso in cui gli originali dei predetti atti siano stati formati in modalità digitale, essendosi il giudizio di merito svolto nelle forme del processo civile telematico.

Tutte le decisioni della Suprema Corte, che hanno fino ad ora affrontato tale questione, sono concordi nel dichiarare improcedibili i ricorsi in mancanza di deposito della copia autentica della decisione impugnata e della relazione di notificazione eseguita con modalità telematiche (a mezzo PEC).

Se prima dell'introduzione del processo civile telematico l'unico soggetto legittimato a verificare la corrispondenza all'originale ed autorizzato ad attestarne la copia autentica era il cancelliere presso il giudice a quo, ora il comma 9-bis dell'art. 16-bis, d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221/2012 (introdotto dall'art. 52 d.l. n. 90/2014, conv. con modif. dalla l. n. 114/2014), conferisce al difensore, al consulente tecnico, al professionista delegato, al curatore ed al commissario giudiziale, il potere di estrarre dal fascicolo informatico duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti presenti e di attestarne la conformità ai corrispondenti atti e provvedimenti presenti nel fascicolo informatico, specificando che le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma dello stesso comma, sono del tutto equivalenti agli originali.

Secondo la Cassazione, qualora la sentenza che si intende impugnare venga notificata al ricorrente a mezzo PEC, il difensore, come prevede l'art. 9, comma 1-bis, l. n. 53/1994, dovrà in primo luogo estrarre copia su supporto analogico del messaggio di PEC e dei suoi allegati, oltre che delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonché attestare la conformità ai documenti informatici da cui gli stessi sono stati tratti ai sensi dell'articolo 23, comma 1, d.lgs. n. 82/2005 (CAD), mediante sottoscrizione necessariamente autografa (manuale) e non digitale, da apporre in calce all'attestazione cartacea depositata presso la cancelleria della Corte di cassazione.

I Giudici di legittimità, tuttavia, ritengono che tale attestazione sia sufficiente ad assolvere solo l'onere di deposito della notificazione della sentenza e non anche quello di deposito di copia conforme della medesima sentenza. L'attestazione di conformità della decisione impugnata, quindi, dovrà comunque essere apposta manualmente sulla copia analogica tratta dall'originale digitale contenuto nel fascicolo informatico (previa estrazione e stampa su supporto cartaceo, della quale si dovrà dare atto nell'autenticazione) e non sulla copia notificata telematicamente.

La Cassazione ha spiegato chiaramente che, per creare la copia cartacea conforme all'originale digitale, il difensore deve accedere, tramite il portale web del processo civile telematico, al fascicolo informatico ed estrarre da questo la copia che, dopo la stampa cartacea del provvedimento estratto, andrà asseverata con l'apposizione manuale della attestazione di conformità al suo originale ed alle modalità seguite per la sua estrazione, atteso che, secondo quanto stabilito dall'art. 16-bis, comma 9-bis cit., soltanto le copie analogiche «estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità … equivalgono all'originale».

Poiché la predetta norma attribuisce il valore di atto originale solo al provvedimento digitale registrato nel fascicolo informatico, il difensore non potrebbe mai apporre l'attestazione di conformità sulla copia del provvedimento che gli è stata notificata da controparte, in quanto attesterebbe la conformità di una “copia della copia” che, in quanto tale, gli è preclusa dalla legge che, come detto, ha attribuito il valore di atto o provvedimento “originale” solo a quello registrato nel fascicolo informatico e da questo estratto con procedimento di cd. download del documento digitale.

Nel caso in cui il provvedimento sia stato notificato a mezzo PEC, dunque, secondo la Suprema Corte, il difensore sarà soggetto a un duplice onere di certificazione: da un lato, egli dovrà attestare come conforme all'originale la copia del provvedimento impugnato estratta dal fascicolo informatico e, dall'altro, dovrà certificare la conformità delle copie cartacee della notificazione telematica ricevuta a mezzo PEC.

Nel dettare tale principio, tuttavia, la Cassazione non considera l'ipotesi in cui la sentenza che si intende impugnare sia stata notificata al ricorrente a mezzo PEC sotto forma di duplicato informatico e non già di copia informatica.

Secondo la definizione data dall'art. 1, comma 1 lett. i-quater e i-quinquies, CAD per copia informatica di documento informatico s'intende il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari, mentre il duplicato informatico si riferisce al documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario.

L'art. 23-bis del CAD, inoltre, conferisce ai duplicati informatici il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all'articolo 71 dello stesso CAD.

Mentre l'art. 16-bis, comma 9-bis d.l. n. 179/2012 cit. prevede espressamente l'onere per il difensore di attestare la conformità delle copie analogiche o informatiche dei corrispondenti atti e provvedimenti estratti con modalità telematiche dal fascicolo informatico, tale attestazione non è richiesta in caso di notificazione non di copia informatica, ma del duplicato originale del documento informatico, in quanto secondo la predetta disposizione i duplicati informatici, essendo equivalenti per loro natura all'originale digitale vero e proprio, non necessitano di alcuna attestazione di conformità. In sostanza, da un punto di vista informatico, il duplicato ha la stessa impronta hash dell'originale, mentre quest'ultima è diversa nella copia. La richiamata norma, infatti, precisa che il duplicato informatico di un documento informatico, per essere tale, deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la medesima sequenza di bit del documento informatico di origine. Dalla nota informativa del Ministero della Giustizia (D.G.S.I.A.) del 15.04.2015, invece, si evince che il duplicato informatico è un'esatta riproduzione del file originale con firma digitale, mentre la copia informatica è un file *.pdf contenente la rappresentazione grafica della firma digitale (c.d. “coccardina”), oltre alle informazioni aggiuntive sulla certificazione delle firma digitale, registrate nei metadati del documento informatico.

Fatte queste dovute precisazioni, occorre rilevare che, nell'eventualità in cui la controparte abbia allegato alla notificazione a mezzo PEC un duplicato informatico (e quindi non una copia informatica) della sentenza, sarà sufficiente che il destinatario di tale notificazione, come prevede l'art. 9 comma 1-bis l. n. 53/1994, estragga copia su supporto analogico e attesti la conformità all'originale sia del messaggio di PEC sia dei suoi allegati, fra i quali vi è, appunto, la sentenza da impugnare, senza che sia necessario procedere ad una nuova estrazione della stessa dal fascicolo informatico e ad una ulteriore asseverazione, potendosi dai metadati del predetto documento informatico rilevare e verificare la certificazione di firma digitale del suo estensore e quindi l'autenticità dello stesso in quanto sicuramente proveniente dal suo estensore.

Riferimenti

Codice di procedura civile (diretto da C. Consolo), Milano 2013, II, p. 1009 e ss..