Legge di Bilancio 2018: riepilogo delle novità in materia di lavoro

03 Gennaio 2018

È stato approvato il 23 dicembre 2017, in via definitiva dal Senato, il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, pubblicato con Legge 27 dicembre 2017, n. 205, in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 302 S.O. n. 62 del 29 dicembre 2017.La Manovra ha previsto varie disposizioni che introducono incentivi e sgravi contributivi per le nuove assunzioni, tagli al cuneo fiscale, alcune misure in favore della formazione professionale ed altre che tendono ad ampliare il ricorso agli ammortizzatori sociali. L'approfondimento analizza le disposizioni per argomento e fornisce un quadro di riepilogo sulle novità in materia di lavoro.
Quadro normativo

La Manovra consta di un solo articolo distinto in ben 1181 commi che introducono numerose disposizioni in materia fiscale, di finanziamenti, di lavoro e previdenziale.

Le principali novità in materia di lavoro riguardano il divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti, la riduzione dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato effettuate a decorrere dal 1 gennaio 2018 (nel rispetto di determinati requisiti), l'innalzamento della quota deducibile di IRAP, un esonero contributivo triennale e la riduzione per un ulteriore biennio per i coltivatori diretti e per gli imprenditori agricoli professionali di età inferiore a 40 anni, la previsione di un credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Industria 4.0. Tra le ulteriori misure è previsto l'innalzamento da 7.500 a 10.000 euro dell'importo che non concorre a formare il reddito imponibile delle indennità, dei rimborsi forfettari, dei premi e dei compensi corrisposti ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale, oltre a quelli erogati nell''esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche; l'estensione dell'assegno individuale di ricollocazione ai lavoratori titolari di un trattamento straordinario di integrazione salariale e l'incremento all'82% dell'aliquota contributiva dovuta dal datore di lavoro per il caso di ricorso a licenziamenti. A favore delle imprese di rilevanza economica strategica a livello regionale, con un organico superiore a 100 unità, è prevista una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale, per il 2018 e per il 2019 e, infine, viene prevista per gli enti di previdenza e fondi pensione, la possibilità di investire, nell'ambito dei piani di investimento a lungo termine, somme fino al 5% dell'attivo patrimoniale per l'acquisto di quote di prestiti o di fondi di credito cartolarizzati, erogati o originati tramite piattaforme di prestiti per soggetti non professionali, intermediari finanziari, istituti di pagamento o soggetti operanti e vigilanti sul territorio italiano autorizzati in altri Stati dell'Unione Europea.

Di particolare interesse pratico è poi la disposizione che modificando le scadenze fiscali, fissa al 31 ottobre il termine entro il quale i sostituti d'imposta che effettuano ritenute, possono trasmettere telematicamente all'Agenzia delle Entrate, le dichiarazioni uniche.

Nel settore del pubblico impiego, la legge di Bilancio ha previsto, tra l'altro, incrementi retributivi per il triennio 2016-2018, rispettivamente pari a 0,36% per il 2016, 1,09% per il 2017 e 3,48% per il 2018; vengono prorogati al 31 dicembre 2018 i termini per effettuare assunzioni a tempo determinato e di graduatorie concorsuali di varie amministrazioni pubbliche statali e locali, inoltre alla stessa data vengono prorogate le convenzioni sottoscritte per l'utilizzazione di lavoratori socialmente utili e di quelli di pubblica utilità. Vengono invece prorogati fino al 31 agosto 2018 i contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel settore della pubblica istruzione stipulati per lo svolgimento di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici.

Esonero contributivo assunzione giovani under 35

La Legge n. 205/2017, al comma 100 prevede un incentivo strutturale all'occupazione giovanile stabile, rivolto ai datori di lavoro privato che assumano con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a tutele crescenti, soggetti che non abbiano compiuto il trentesimo anno di età (limite innalzato a 35 anni per il solo anno 2018) alla data della prima assunzione incentivata, che non abbiano avuto precedenti contratti di lavoro a tempo indeterminato con lo stesso datore di lavoro o con altri datori di lavoro. La misura di tale esonero si sostanzia nella riduzione del 50% dei soli contributi INPS a carico del datore di lavoro fino al limite di 3.000,00 euro su base annua per un numero complessivo di 36 mesi. L'importo spettante, riparametrato su base mensile, determina un limite di esenzione contributiva mensile pari a 250,00 euro, da riproporzionare ulteriormente qualora l'instaurazione/cessazione del rapporto avvenga nel corso del mese (3000/365) e nei casi di rapporto a tempo parziale. Condizione essenziale per avere diritto al beneficio è che il lavoratore, non sia stato precedentemente occupato con un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nemmeno con un diverso datore di lavoro.

Fa eccezione il caso in cui il lavoratore, già assunto con contratto di apprendistato da un altro datore di lavoro, non sia stato mantenuto in servizio, difatti la norma, al comma 106, stabilisce che non sono ostativi al riconoscimento dell'esonero gli eventuali periodi di apprendistato svolti presso un altro datore di lavoro e non proseguiti in rapporto a tempo indeterminato. L'agevolazione si applica anche alle ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato di contratti inizialmente stipulati a termine. Se cessa il rapporto agevolato, il lavoratore può essere assunto da un'altra azienda, anche oltre il limite di età previsto e chi lo assume potrà beneficiare della misura agevolativa per i mesi mancanti al compimento del triennio. Con particolare riguardo al requisito soggettivo del datore di lavoro è opportuno sottolineare che deve trattarsi di imprenditori ai sensi dell'art. 2082 c.c., tuttavia devono ritenersi valide le indicazioni fornite dall'INPS con circolare 29 gennaio 2015, n. 17, meglio nota per essere la prima circolare che ha dettato le istruzioni per l'applicazione dell'esonero ex legge n. 190/2014 e nella quale si legge che “l'incentivo in oggetto è riconosciuto a tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.” chiarendo poi che i datori di lavoro non imprenditori sono “i datori di lavoro privati che non svolgono attività imprenditoriale ex art. 2082 cod. civ., quali, ad esempio, associazioni culturali, politiche o sindacali, associazioni di volontariato, studi professionali, ecc..” Sono escluse dal beneficio le amministrazioni dello Stato, le scuole, le università, le regioni, le province ed i comuni, i loro consorzi e le comunità montane, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, gli enti pubblici non economici, gli ordini ed i collegi professionali, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale e le agenzie nazionali.


Restano escluse dalla misura agevolativa le assunzioni effettuate mediante contratti di apprendistato ed i rapporti di lavoro domestico. Sono quindi agevolabili, riassumendo, le assunzioni ex novo, con decorrenza 1 gennaio 2018, con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato a tutele crescenti, le prosecuzioni di contratti di apprendistato precedentemente stipulati e le conversioni di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. In questi ultimi casi il requisito anagrafico deve essere rispettato alla data di prosecuzione. Ricordiamo che, fermo restando il rispetto dei requisiti anagrafici, l'agevolazione è strutturale, pertanto, a differenza di quanto previsto dalle precedenti leggi di Bilancio in materia di esoneri contributivi, non si applica solo per un periodo di tempo limitato.

In merito ai casi di prosecuzione di contratti di apprendistato, ricordiamo che ai sensi del D. Lgs. n. 81/2015, art. 47, comma 7 “I benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato” (con esclusione dei contratti stipulati con lavoratori beneficiari dell'indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione), pertanto il beneficio in esame spetta per 12 mesi e decorre dal termine dell'agevolazione contributiva relativa all'apprendistato. Si sottolinea inoltre che l'agevolazione spetta a condizione che nei sei mesi precedenti il datore di lavoro non abbia effettuato licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero licenziamenti collettivi ai sensi della legge n. 223/1991, nella medesima unità produttiva, fermi restando i limiti posti alla fruizione degli incentivi all'occupazione, indicati nell'art. 31 del D. Lgs. n. 150/2015.

Per quanto concerne le ipotesi di cessazione del rapporto instaurato con applicazione del beneficio in esame, la norma prevede che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore assunto o di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con la medesima qualifica del lavoratore assunto con l'esonero, effettuato nei sei mesi successivi alla predetta assunzione, comporti la revoca dell'esonero stesso e il recupero del beneficio già fruito. Ai fini del computo del periodo residuo utile alla fruizione dell'esonero, tuttavia, la predetta revoca non ha effetti nei confronti degli altri datori di lavoro privati che assumono il lavoratore.
L'esonero contributivo è elevato alla misura del 100% del versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, ferma restando l'esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL ed il limite massimo di importo pari a 3.000,00 euro su base annua, oltre al rispetto del requisito anagrafico, ai datori di lavoro privati che assumano, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, di cui al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo di studio:
a) studenti che hanno svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro pari almeno al 30 per cento delle ore di alternanza previste ai sensi dell'art. 1, comma 33, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza all'interno dei percorsi erogati ai sensi del capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza realizzata nell'ambito dei percorsi di cui al capo II del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, ovvero pari almeno al 30 per cento del monte ore previsto dai rispettivi ordinamenti per le attività di alternanza nei percorsi universitari;
b) studenti che hanno svolto, presso il medesimo datore di lavoro, periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione.

Da ultimo, si rammenta l'obbligo di rispettare quanto previsto in materia di regolarità contributiva, ai sensi del comma 1175 dell'art. 1, legge n. 296/2006, anche alla luce dei recenti chiarimenti in materia di recupero dei benefici normativi e contributivi espressi dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro con circolare 18 luglio 2017, n. 3 e con successiva nota prot. 255/2017 del 17 ottobre 2017 laddove, in estrema sintesi, si specifica che i benefici normativi e contributivi sono subordinati al possesso del DURC ed in assenza di quest'ultimo, all'esito dell'invito a regolarizzare emesso dagli Istituti ai sensi dell'art. 4 del D.M. 30 gennaio 2015. Il permanere della situazione di irregolarità impedisce la fruizione dei benefici per l'intera compagine aziendale fino all'intervenuta attestazione di regolarità. L'invito a regolarizzare prescinde dalle modalità di accertamento delle omissioni contributive, operando anche nelle ipotesi in cui le stesse omissioni siano accertate in sede ispettiva. In altri termini, qualora in sede ispettiva si accerti un'omissione contributiva, la stessa, costituendo una delle cause di irregolarità al pari delle eventuali altre irregolarità già accertate nei confronti del datore di lavoro, impedisce il rilascio del DURC se, a seguito della notifica dell'invito a regolarizzare ai sensi del citato art. 4 del D.M. 30 gennaio 2015 non risulti intervenuto, prima della definizione dell'esito della verifica di regolarità, il pagamento delle somme richieste ovvero la sistemazione delle omissioni contestate.

Esonero contributivo assunzione under 35 in particolari regioni

L'agevolazione sin qui esaminata viene estesa al 100% dal comma 893 con cui si dispone che i programmi operativi nazionali ed i programmi operativi complementari possono prevedere per il solo anno 2018, nell'ambito degli obiettivi specifici previsti dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, l'assunzione con contratto a tempo indeterminato di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età, ovvero di soggetti di almeno 35 anni, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi. Per i soggetti di cui al periodo precedente, l'esonero contributivo è elevato fino al 100%, nel limite massimo di importo su base annua pari a quanto stabilito dall'articolo 1, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (euro 8.060,00). A tale proposito ricordiamo che ai sensi del D.M. 26 marzo 2013, è considerato lavoratore svantaggiato “chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi ovvero coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione”. Ad ulteriore chiarimento, ricordiamo che secondo quanto precisato nella circolare Ministero del Lavoro n. 34/2013: “ai fini della presenza del requisito occorrerà pertanto considerare il periodo di sei mesi antecedente la data di assunzione e verificare che in quel periodo il lavoratore considerato non abbia svolto una attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di durata di almeno sei mesi ovvero una attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro di cui all'articolo 50, comma 1, lett. c-bis), del TUIR) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.000 euro o ancora una attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 4.800 euro. L'accertamento del requisito prescinde dall'eventuale stato di disoccupazione disciplinato dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181; pertanto la condizione di “priva di impiego regolarmente retribuito” non richiede la previa registrazione (..) presso il centro per l'impiego”.

L'esonero contributivo di cui al periodo precedente è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

Esonero contributivo coltivatori diretti e imprenditori agricoli under 40

Al fine di promuovere forme di imprenditoria in agricoltura, la legge di Bilancio ha previsto un esonero contributivo pari al 100% dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti per un periodo massimo di 36 mesi, nonché una riduzione contributiva per un ulteriore biennio (dodici mesi nel limite del 66% e per un periodo massimo di ulteriori dodici mesi nel limite del 50%) per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, di età inferiore a 40 anni, con riferimento alle nuove iscrizioni nella previdenza agricola effettuate tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre 2018. L'esonero non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

Pesca marittima e arresto temporaneo obbligatorio

L'interruzione temporanea dell'attività di pesca, non imputabile alla volontà dell'armatore, che annualmente riguarda le unità autorizzate all'esercizio dell'attività di pesca con il sistema delle reti a strascico, comporta per i marittimi imbarcati sulle unità che eseguono l'interruzione, l'attivazione di una misura sociale straordinaria.

La legge di Bilancio 2018, al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da dette imprese, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio, riconosce per ciascun lavoratore, per l'anno 2018 e nel limite di spesa di 11 milioni di euro, un'indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, saranno disciplinate le modalità relative al pagamento di detta indennità.

Contributo cooperative sociali per assunzioni a tempo indeterminato

La norma ha previsto a favore delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, un contributo fino a 36 mesi, per ridurre gli sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali per le cooperative sociali che nel solo 2018 procedono a nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato di "persone a cui sia stata riconosciuta protezione internazionale a partire dal 1 gennaio 2016".

La misura prevede che il contributo rientri nel limite di spesa di 500.000 euro annui a riduzione dello sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020. I criteri di assegnazione saranno stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge.

Obbligo di pagamento delle retribuzioni con modalità tracciabili

Addio all'uso del contante per il pagamento delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Il comma 910 della legge di Bilancio prevede che a far data dal 1 luglio 2018 i datori di lavoro o committenti dovranno corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipazione di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

b) strumenti di pagamento elettronico;

c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L'impedimento s'intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a 16 anni.

I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato. Si sottolinea che per rapporto di lavoro, ai fini degli obblighi in esame, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142. La disposizione, in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale che non ritiene la firma della busta paga sufficiente per il datore di lavoro a dimostrare di aver versato lo stipendio (ex multis Cass. n. 157/1986, Cass. n. 6267/1998; Cass. n. 9588/2001; Cass. n. 10193/2002; Cass. n. 13150/2016 e più di recente il Tribunale di Bari con sentenza n. 4754 del 12 ottobre 2016 e Cass. n. 25463/2017), stabilisce normativamente che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione.

Dette disposizioni non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell'ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Sotto il profilo sanzionatorio, la norma ha previsto che al datore di lavoro o committente che violi i predetti obblighi, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro. Infine, è previsto che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di Bilancio, il Governo stipuli con le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, con l'Associazione bancaria italiana (ABI) e con la società Poste italiane Spa, una convenzione che individui gli strumenti di comunicazione idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione delle disposizioni anzidette.

Fondi per apprendistato e percorsi formativi

Le legge di Bilancio n. 205/2017, comma 110, prevede lo stanziamento di fondi, a decorrere dall'anno 2018, destinati annualmente, nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 68, comma 4, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144 (obbligo di frequenza attività formative), e successive modificazioni, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2:

a) euro 189.109.570,46 all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione nei percorsi di istruzione e formazione professionale;

b) euro 75 milioni al finanziamento dei percorsi formativi rivolti all'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e dei percorsi formativi rivolti all'alternanza scuola-lavoro ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera d), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, e del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77;

c) euro 15 milioni al finanziamento delle attività di formazione nell'esercizio dell'apprendistato, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;

d) euro 5 milioni per l'anno 2018, 15,8 milioni di euro per l'anno 2019 e 22 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 per l'estensione degli incentivi di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;

e) euro 5 milioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali degli allievi iscritti ai corsi ordinamentali di istruzione e formazione professionale curati dalle istituzioni formative e dagli istituti scolastici paritari, accreditati dalle regioni per l'erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, per i quali è dovuto un premio speciale unitario ai sensi dell'articolo 42 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. Sono fatti salvi gli adempimenti previsti dall' articolo 32, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150.

Incremento soglie reddituali "bonus 80 euro"

Il comma 132 della legge di Bilancio interviene ad ampliare la platea dei beneficiari modificando l'art. 13, comma 1-bis del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) innalzando le soglie reddituali che consentono l'erogazione del credito c.d. bonus 80 euro (o bonus Renzi), pertanto i limiti di reddito complessivo di 24.000 euro e di 26.000 euro, diventano rispettivamente 24.600 euro e 26.600 euro. A seguito di tale modifica, non cambia la misura del bonus che spetta in misura pari a 960 euro annui qualora il reddito lordo annuo complessivo del lavoratore sia superiore a 8.174 euro (no tax area) e non superi il limite di 24.600 euro (restano esclusi i redditi soggetti a tassazione separata); spetterà in misura decrescente qualora il reddito si attesti al di sopra dei 24.600 euro ed entro il limite dei 26.600 euro. Al superamento di quest'ultima soglia reddituale non si ha diritto all'erogazione del credito. Restano immutati i criteri di erogazione, ossia l'automaticità della stessa da parte del datore di lavoro, salvo rinuncia espressa da parte del lavoratore, il rapporto all'effettivo periodo di lavoro prestato nell'anno, il conguaglio fiscale di fine anno e l'indicazione dell'importo erogato nel modello di Certificazione Unica da consegnare annualmente al lavoratore. Non viene modificato il codice tributo 1655 per effettuare la compensazione nel modello F24 recuperando periodicamente gli importi erogati.

Accesso ai dati Anpal e verifica dello stato di disoccupazione

I soggetti iscritti all'albo informatico delle agenzie per il lavoro, di cui all'art. 4 del D. Lgs. n. 276/2003 ed i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro come previsto dall'art. 12 del D. Lgs. n. 150/2015, riceveranno dall'ANPAL i dati relativi alle persone in stato di disoccupazione ovvero a rischio di disoccupazione ai sensi dell'articolo 19, commi 1 e 4, del citato D. Lgs. n. 150/2015. E' questa la novità prevista dal comma 801 della legge in esame, la cui ratio è favorire la ricollocazione dei predetti soggetti sul mercato del lavoro e garantire una maggior efficacia nell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro ma la novità assume notevole rilievo, in particolare per i Consulenti del Lavoro che, tramite la Fondazione Consulenti per il Lavoro, Agenzia per il Lavoro del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro, potranno accedere alle informazioni relative allo stato occupazionale degli assumendi, scongiurando in tal modo il rischio per i datori di lavoro di vedersi revocare le agevolazioni alle assunzioni legate allo status di disoccupato, a causa di informazioni talvolta errate ovvero della mancata armonizzazione tra strutture operanti in regioni diverse.

Credito formazione 4.0 sul costo del personale

È previsto, per il 2018, un credito d'imposta in misura pari al 40% per la formazione 4.0 dei lavoratori dipendenti, fino a un massimo di 300.000 euro a impresa. E' necessario che la formazione sia prevista da accordi sindacali territoriali o aziendali. E' incentivata solo la formazione sulle tecnologie dettagliate dalla legge. Il credito d'imposta spetta non sul costo del corso ma sul "costo aziendale del personale dipendente" che segue le lezioni del corso, ossia retribuzione e oneri contributivi a carico del datore di lavoro. Un apposito decreto attuativo, che dovrà essere emanato entro il 31 marzo 2018, stabilirà le modalità attuative di detta misura, con particolare riguardo alla documentazione utilizzabile, i controlli e le cause di decadenza dal beneficio. Il credito non spetta ai professionisti in quanto l'incentivo è rivolto alle sole imprese a prescindere dalla forma giuridica (ditta individuale, società, impresa familiare) e dal regime contabile adottato. Le condizioni per godere del credito d'imposta prevedono che le spese relative alle predette attività di formazione siano sostenute nel corso del 2018, nel limite massimo annuale di 300.000 euro per ciascun beneficiario e "pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali".

Non sono agevolabili secondo la misura in esame le attività di formazione ordinaria o periodica organizzata dall'impresa in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, di protezione dell'ambiente e ad ogni altra normativa obbligatoria in materia di formazione.

Le attività di formazione agevolabili sono quelle svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0 quali big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali. Gli ambiti di impiego sono elencati dettagliatamente nell'allegato A, distinti in "Vendita e marketing", "Informatica" e "Tecniche e tecnologie di produzione".

Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui sono state sostenute le spese e in quelle relative ai periodi d'imposta successivi fino al completo utilizzo, non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP ed è utilizzabile a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi sono sostenuti esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Per l'utilizzo del credito d'imposta in esame non si applicano i limiti alla compensazione previsti dall'art. 1, comma 53, legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dall'art. 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. L'incentivo in esame si applica nel rispetto del regolamento U.E. n. 651/2014 in materia di aiuti alla formazione. I predetti costi devono essere certificati da un soggetto incaricato della revisione legale o iscritto nel Registro dei revisori legali e la certificazione deve essere allegata al bilancio.

Irap totalmente deducibile per stagionali

Il comma 116 della legge n. 205/2017 prevede l'innalzamento della quota deducibile IRAP del costo dei lavoratori stagionali, rispetto al 70% della disciplina previgente. Nel dettaglio, le nuove disposizioni, in deroga a quanto stabilito dall'art. 11, comma 4-octies del D. Lgs. n. 446/1997, prevedono la piena deducibilità per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno 120 giorni per due periodi d'imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell'arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente contratto.

Sostegno per lavoratori coinvolti in processi riorganizzativi e piani di risanamento crisi

Il comma 133 della legge n. 205/2017 ha disposto la proroga dei periodi di CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale per gli anni 2018 e 2019 a favore delle imprese che presentino un organico superiore a 100 unità lavorative e rilevanza economica strategica anche a livello regionale e rilevanti problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale e previo accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della Regione o delle Regioni interessate qualora l'azienda abbia più unità produttive dislocate in diverse Regioni.

La norma stabilisce che per detti periodi, in deroga a quanto stabilito dagli artt. 4 e 22 comma 1, del D. Lgs. n. 148/2015, che prevedono i limiti di durata massima dell'intervento in 24 mesi nel quinquiennio mobile, è prevista la possibilità di prorogare l'intervento di integrazione salariale straordinaria di ulteriori 12 mesi quando il programma di riorganizzazione aziendale sia caratterizzato da investimenti complessi non attuabili nel periodo di 24 mesi previsto dal citato art. 22, comma 1, ovvero quando il programma di riorganizzazione aziendale di cui all'art. 22, comma 2, presenti piani di recupero occupazionale per la ricollocazione dei lavoratori ed azioni di riqualificazione non attuabili nel predetto limite temporale.

Ancora in deroga agli artt. 4 e 22 comma 2, la norma ora prevede la concessione di una proroga fino al limite massimo di 6 mesi, degli interventi di integrazione salariale straordinaria qualora il piano di risanamento di cui all'art. 21 comma 3, preveda interventi correttivi complessi volti alla salvaguardia occupazionale ed alla continuità aziendale, non attuabili nel limite di 12 mesi previsto dall'art. 22, comma 2.

Si ricorda che il limite massimo complessivo di spesa previsto per dette misure è pari a 100 milioni di euro per ogni anno e che per essere ammesse agli interventi, le imprese devono presentare piani di gestione volti alla salvaguardia occupazionale che prevedano specifiche azioni di politiche attive concordate con le Regioni interessate.

Ricollocazione lavoratori di imprese in crisi

La legge di Bilancio 2018, al comma 136, ha apportato ulteriori modifiche al D.Lgs. n. 148/2015 introducendo l'art. 24-bis con la previsione di un accordo di ricollocazione.

In dettaglio, la norma prevede che la procedura di consultazione sindacale prevista dall'art. 24 del decreto anzidetto, può concludersi con un accordo che preveda un piano di ricollocazione che indichi gli ambiti aziendali ed i profili professionali a rischio di esubero, in tutti i casi di riorganizzazione o di crisi aziendale per i quali non sia espressamente previsto il completo recupero occupazionale. I lavoratori che rientrino nei profili e negli ambiti anzidetti, possono richiedere all'ANPAL, entro 30 giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, l'attribuzione anticipata dell'assegno di ricollocazione previsto dall'art. 23 del D. Lgs. n. 150/2015, nei limiti di contingente previsti per ciascun ambito o profilo, dal programma di riorganizzazione o di crisi aziendale presentato.

L'assegno sarà spendibile in costanza di trattamento di integrazione salariale per ottenere un servizio intensivo di assistenza alla ricerca di un altro lavoro; il servizio deve avere una durata corrispondente a quella del trattamento di integrazione salariale e comunque non inferiore a 6 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi qualora non utilizzato completamente entro il termine del trattamento straordinario di integrazione salariale.

L'accordo di cui sopra può altresì prevedere che i centri per l'impiego ovvero i soggetti privati accreditati ai sensi dell'art. 12 del D. Lgs. n. 150/2015, possano partecipare alle attività di mantenimento e sviluppo delle competenze attraverso l'eventuale ricorso a fondi interprofessionali per la formazione continua.

Laddove il lavoratore accetti l'offerta di un contratto di lavoro con altro datore la cui impresa non presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa precedente, è prevista l'esenzione IRPEF per le somme percepite in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, nel limite di 9 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto; nei predetti casi il lavoratore ha inoltre diritto alla corresponsione di un contributo mensile pari al 50% del trattamento straordinario di integrazione salariale che gli sarebbe stato altrimenti corrisposto.

Al datore di lavoro che assume il lavoratore viene invece riconosciuto l'esonero dal versamento del 50% dei contributi previdenziali a suo carico, nel limite di 4.030 euro annui e rivalutabile annualmente sulla base dell'indice ISTAT, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Tale ultimo esonero è riconosciuto per una durata non superiore a 18 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato, per 12 mesi in caso di assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato con possibilità di ulteriori 6 mesi di fruizione qualora il contratto sia trasformato a tempo indeterminato nel corso del suo svolgimento.

Aumento del contributo sui licenziamenti

A decorrere dal 1 gennaio 2018, per ciascun licenziamento effettuato nell'ambito di una procedura collettiva da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell'integrazione salariale straordinaria, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, l'aliquota percentuale di cui all'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 , è innalzata all'82%, salvo i licenziamenti effettuati a seguito di procedure di licenziamento collettivo avviate, ai sensi dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, entro il 20 ottobre 2017.

Prosecuzione Cigs e mobilità in deroga 2018 nelle aree di crisi complessa

Al fine del completamento dei piani di recupero occupazionale previsti, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta, ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nel periodo dall'8 ottobre 2016 al 30 novembre 2017, che cessano il programma di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, nel periodo dal 1 gennaio 2018 al 30 giugno 2018, può essere concesso un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, fino al limite massimo di dodici mesi e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2018, in deroga a quanto previsto dagli articoli 4, comma 1, e 22, commi 1, 2 e 3, del citato decreto legislativo n. 148 del 2015, previo accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con l'intervento del Ministero dello sviluppo economico e della regione competente.

Al fine dell'ammissione all'intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa presenta un piano di recupero occupazionale che preveda specifici percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente che non ricorrono le condizioni per la concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria secondo le disposizioni del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148.

Nelle aree di crisi industriale complessa può essere concesso un trattamento di mobilità in deroga, della durata massima di dodici mesi, in ogni caso non oltre il 31 dicembre a favore dei lavoratori che cessano la mobilità ordinaria o in deroga nel semestre dal 1 gennaio 2018 al 30 giugno 2018, prescindendo anche dall'applicazione dei criteri di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 83473 del 1 agosto 2014, a condizione che a tali lavoratori siano contestualmente applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all'Agenzia nazionale per le politiche del lavoro.

Il lavoratore decade dalla fruizione del trattamento qualora trovi nuova occupazione a qualsiasi titolo.

Pari opportunità e molestie

Il comma 218 della legge n. 205/2017 interviene a modificare l'art. 26 del codice di cui al D. Lgs. n. 198/2006 introducendo, in particolare, il comma 3-bis ed il comma 3-ter.

Il primo prevede che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o per molestia sessuale non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi diretti o indiretti sulle condizioni di lavoro e l'eventuale licenziamento ritorsivo è nullo alla pari di eventuali mutamenti di mansione ai sensi dell'art. 2103 c.c. e di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria nei confronti del denunciante. Unica eccezione alle anzidette tutele è l'accertamento, anche con sentenza di primo grado, della responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o di diffamazione, ovvero l'infondatezza della denuncia.

Il comma 3-ter invece prevede l'obbligo, per i datori di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., di assicurare condizioni di lavoro che garantiscano l'integrità fisica e morale, la dignità dei lavoratori, anche concordando iniziative di natura informativa e formativa con le organizzazioni sindacali. La ratio della disposizione è rinvenibile nell'intenzione del legislatore di arginare e prevenire i fenomeni di molestie sessuali nei luoghi di lavoro, favorendo le relazioni interpersonali basate su principi di eguaglianza e reciproca correttezza.

A.P.E. sociale, volontario e riforma della R.I.T.A.

La legge di Bilancio 2018 ha ampliato la possibilità di accedere all'A.P.E. sociale ai soggetti che hanno una parentela di secondo grado, qualora i genitori e il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti, siano deceduti o mancanti; ai disoccupati involontari che hanno esaurito integralmente la prestazione per disoccupazione o mobilità da almeno 3 mesi, compresi i lavoratori la cui disoccupazione deriva dalla scadenza naturale di un contratto a tempo determinato; agli invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa almeno pari al 74%; ai lavoratori dipendenti che svolgono, da almeno 7 anni negli ultimi 10, ovvero almeno 6 anni negli ultimi 7, attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento e siano in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 36 anni.

La norma ha previsto inoltre la proroga fino al 2019 per l'A.P.E. volontaria e individua 15 tipologie di lavori gravosi esenti dallo scatto di cinque mesi di aumento dell'età pensionabile (alle 11 che già avevano diritto all'A.P.E. sociale si aggiungono anche braccianti e operai agricoli, siderurgici di prima e seconda fusione, marittimi e pescatori) per i quali dal 2019 non scatterà l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni e dovranno aver accumulato 7 anni di lavoro negli ultimi 10.

Le categorie di riferimento sono quindi le seguenti: operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici; conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; conciatori di pelli e di pellicce; conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; conduttori di mezzi pesanti e camion; professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni; addetti all'assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza; professori di scuola pre-primaria; facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati; personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti e, per effetto delle disposizioni contenute nella legge di Bilancio 2018, gli operai siderurgici di prima e seconda fusione, braccianti agricoli, lavoratori marittimi imbarcati e pescatori.

Pertanto, riassumendo alla luce delle novità introdotte, possono accedere all'A.P.E. sociale i soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

- età anagrafica minima di 63 anni, con una riduzione massima di due anni per le donne con figli (12 mesi per ogni figlio);

- stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

- disoccupati per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi (tali soggetti erano precedentemente esclusi);

- soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni ovvero che assistono un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

- soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

- lavoratori dipendenti che svolgono, da almeno 6 anni negli ultimi 7, specifiche professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

A detti soggetti è erogata una indennità pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione e che non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro, non soggetta a rivalutazione e corrisposta mensilmente su dodici mensilità all'anno.

In merito all'A.P.E. volontario, introdotto dalla legge n. 232/2016 la legge di Bilancio 2018 ne dispone la proroga fino al 31 dicembre 2019 consentendo il prepensionamento a chi ha raggiunto almeno i 63 anni di età.

E' bene rammentare che, a differenza della versione sociale, l' A.P.E. volontario è un prestito oneroso, erogato da una banca in quote mensili per 12 mensilità e garantito dalla pensione di vecchiaia che il beneficiario otterrà alla maturazione dei requisiti richiesti. Al momento della richiesta, occorre rispettare i seguenti requisiti: almeno 63 anni di età e 20 anni di contributi, maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi, l'importo della futura pensione mensile dovrà essere pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo INPS (710 euro mensili circa). Non è necessario cessare l'attività lavorativa, pertanto è possibile continuare a versare contributi. Il prestito viene erogato da un istituto di credito scelto dal lavoratore tra quelli che aderiscono agli accordi-quadro tra i ministeri del lavoro e dell' economia e Associazione bancaria italiana (ABI). Il prestito deve essere restituito in un periodo di 20 anni attraverso una trattenuta sulla pensione ed è prevista una polizza assicurativa che interviene in caso di decesso dell' interessato.

La legge di Bilancio 2017 ha previsto che, a decorrere dal 1 maggio 2017 ed in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, i lavoratori che accedono all'A.P.E. abbiano la possibilità di convertire in rendita integrativa temporanea anticipata (R.I.T.A.) la totalità o una parte del montante accumulato presso forme pensionistiche complementari, fatta eccezione per quelle in regime di prestazione definita, ossia quelli che si impegnano a corrispondere prestazioni pensionistiche predeterminate, a prescindere dai risultati della gestione delle risorse raccolte. La rendita consiste nell'erogazione frazionata di parte del montante accumulato e permane sino al conseguimento dei requisiti per il normale pensionamento di vecchiaia. La riforma della rendita integrativa, non richiede più gli stessi requisiti di età e contribuzione necessari per avere il diritto all'A.P.E. volontaria, ma è utilizzabile da tutti i lavoratori iscritti ai fondi di previdenza complementare che cessano l'attività lavorativa e maturano l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi, qualora in possesso, alla data di presentazione della domanda, di un requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni; la rendita viene erogata fino al conseguimento dell'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.

La rendita anticipata è riconosciuta altresì ai lavoratori che risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a 24 mesi e che maturino l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi. Ricordiamo che la parte imponibile della rendita anticipata è assoggettata a ritenuta a titolo d'imposta con aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1 gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di quindici. Il percettore della rendita anticipata ha facoltà di non avvalersi della tassazione sostitutiva optando per quella ordinaria nella dichiarazione dei redditi.

Previdenza complementare e versamento a fondi pensione negoziali

È prevista la destinazione automatica ai fondi pensione negoziali territoriali dei contributi destinati ai fondi pensione negoziali dai contratti collettivi, nel caso in cui il lavoratore non indichi una soluzione alternativa.

La legge difatti stabilisce che in assenza di una diversa volontà del lavoratore, quando la contrattazione collettiva o specifiche disposizioni normative disciplinino il versamento a fondi pensione negoziali di categoria operanti su base nazionale, di contributi aggiuntivi alle ordinarie modalità di finanziamento previste dall'art. 8 del D. Lgs. n. 252/2005 tale versamento sarà effettuato nei confronti dei fondi pensione negoziali territoriali di riferimento ove esistenti alla data del 1 gennaio 2018, anche in caso di lavoratori che non abbiano destinato il proprio Trattamento di Fine Rapporto alla previdenza complementare.

Qualora il lavoratore sia invitato, per effetto di una disposizione normativa o contrattuale, ad esprimere una scelta circa la destinazione del contributo aggiuntivo e non manifesti alcuna volontà, per l'individuazione del fondo si applicano i criteri previsti dall'art. 8, comma 7, lettera b) del citato D. Lgs. n. 252/2005.

Qualora il lavoratore sia già iscritto ad un fondo negoziale, il contributo aggiuntivo confluirà automaticamente sulla posizione in essere. In relazione a dette disposizioni, i fondi pensione negoziali dovranno adeguare i propri ordinamenti nel termine di 6 mesi dall'entrata in vigore delle anzidette disposizioni.

Abbonamenti al trasporto pubblico e welfare

Tra le varie misure, la norma apporta modifiche anche all'art. 51, comma 2 del testo unico delle imposte sui redditi (D.p.r. n. 917/1986), inserendo dopo la lettera d) la lettera d-bis) con cui si prevede l'esenzione fiscale per le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l'acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari. È ammessa l'esenzione anche per i casi in cui siano messi a disposizione dei lavoratori gli abbonamenti già acquistati in loro favore dall'impresa.

Conclusioni

Come abbiamo visto nel corso della trattazione, le disposizioni in materia di lavoro e previdenza sono numerose e intervengono in una pluralità di contesti, non esaurendosi con gli ormai “consueti” esoneri contributivi per le assunzioni, misure a cui ormai le più recenti leggi di Bilancio ci hanno abituato, seppur in modo temporaneo e non invece strutturale come quelle previste nelle disposizioni sin qui esaminate.

Alle molteplici misure, talvolta anche di carattere eterogeneo, se ne correlano altre di mero carattere fiscale, tra cui spicca l'innalzamento delle soglie reddituali per il c.d. bonus 80 euro, probabilmente previsto per evitare che in occasione di alcuni rinnovi contrattuali, in primis quello dei pubblici dipendenti, l'incremento retributivo causasse la perdita del beneficio. Da ultimo aggiungiamo una nota positiva in favore delle famiglie con figli poiché la norma introduce un nuovo limite reddituale per poter considerare fiscalmente a carico i figli che lavorano, stabilendo che per questi ultimi, dal 1 gennaio 2019, il limite di reddito per poter essere considerati fiscalmente a carico sale a 4.000 euro fino al compimento dei 24 anni anagrafici, salvo tornare ai 2.840,51 euro al superamento dei 24 anni.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario