Mauro Di Marzio
04 Gennaio 2018

Il giudice, il cancelliere e l'ufficiale giudiziario possono farsi assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persone idonee al compimento di atti che essi non sono in grado di compiere da soli.
Inquadramento

Dopo essersi occupato del giudice, del cancelliere e dell'ufficiale giudiziario, il codice di rito dedica agli ausiliari del giudice il capo terzo del titolo primo del primo libro, intitolato: «Del consulente tecnico, del custode e degli altri ausiliari del giudice», artt. 61-68 c.p.c.. L'art. 68 c.p.c., in particolare, stabilisce che il giudice, il cancelliere e l'ufficiale giudiziario possono farsi assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persone idonee al compimento di atti che essi non sono in grado di compiere da soli.

Una menzione degli ausiliari è contenuta poi nell'art. 3, comma 1, lett. n., del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico sulle spese di giustizia), che li identifica, per i fini del testo unico e se non diversamente ed espressamente indicato: a) nel perito; b) nel consulente tecnico; c) nell'interprete; d) nel traduttore; e) in qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge. Quest'ultimo riferimento, di amplissima portata, assume significativo rilievo innovativo rispetto alla disciplina previgente dettata dalla l. 8 luglio 1980, n. 319, volta a regolare i compensi spettanti esclusivamente ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori: esso, infatti, consente di ritenere, come si vedrà, che il testo unico si applichi anche a quell'ampia ed eterogenea categoria di figure di ausiliari alle quali la legge del 1980 era ritenuta estranea.

Caratteri distintivi degli ausiliari del giudice

Sulla base del dato normativo, e rielaborando in senso restrittivo la nozione del Chiovenda, che aveva definito ausiliari «quelle persone estranee al tribunale e alle parti che compiono nel processo singole operazioni, richieste dalle parti o dagli organi del tribunale per gli scopi del processo e necessarie allo svolgimento regolare della funzione giurisdizionale» (Chiovenda, Princìpi di diritto processuale, Napoli, 1923, 464), si evidenzia che gli ausiliari del giudice non fanno organicamente parte dell'ufficio giudiziario nel suo complesso — sicché non sono ausiliari del giudice né il cancelliere, né l'ufficiale giudiziario, che, anzi, ai sensi dell'art. 68 c.p.c., possono essi nominare propri ausiliari — e che svolgono un'attività di assistenza caratterizzata da occasionalità e temporaneità, ossia finalizzata al compimento di uno o più atti del procedimento (De Marini; Vellani).

Si è pertanto escluso che siano ausiliari del giudice coloro che siano dalla legge tenuti a compiere atti coordinati allo svolgimento del processo: il pubblico ministero, la forza pubblica, l'amministrazione postale per le notificazioni ed i depositi giudiziali, l'ufficio del registro; sempre per le notificazioni il capitano di nave mercantile, il comandante di corpo militare, il Ministero degli affari esteri; per le richieste di informazione la pubblica amministrazione e la polizia; non sono ausiliari del giudice i proprietari dei giornali tenuti alle prescritte pubblicazioni, i portieri tenuti a ricevere le notificazioni, i testimoni, i terzi soggetti ad ispezione o esibizione, ecc., né — è stato aggiunto — tutti coloro che prestano un lavoro puramente manuale, reso necessario da circostanze particolari: così il facchino incaricato del trasporto di mobili pignorati o sequestrati, il fabbro che apre la porta quando ciò sia necessario durante il pignoramento, l'autista che guida l'automobile durante un sopraluogo giudiziario, il muratore che distrugge l'opera abusiva in sede di esecuzione in forma specifica, ecc. (De Marini).

In giurisprudenza risultati in parte analoghi sono stati raggiunti in sede di scrutinio della sussistenza del potere del giudice di liquidare il compenso al curatore dell'eredità giacente, potere per l'appunto ricollegato alla natura dell'incarico da esso curatore svolto. Le Sezioni Unite, dopo aver giudicato riduttiva la definizione di ausiliario del giudice come colui che eserciti una «funzione strumentale al provvedimento che il giudice emette a definizione di un determinato procedimento» (formula, questa, invece isolatamente adottata da Cass. civ., 24 ottobre 1995, n.11046), hanno posto in risalto l'esigenza di prendere in esame anche elementi estrinseci e formali (quali l'essere l'ausiliare estraneo all'ufficio ed alle parti, l'avere egli prestato la sua attività in relazione ad un processo od in occasione dello stesso, al fine precipuo di consentirne lo svolgimento o di realizzarne le finalità particolari, l'aver ricevuto l'incarico da un organo giudiziario, l'essere l'incarico stesso caratterizzato da temporaneità ed occasionalità); è stato dunque affermato che ausiliare del giudice sia il privato esperto in una determinata arte o professione ed, in generale, idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo, temporaneamente incaricato di una pubblica funzione, il quale, sulla base della nomina effettuata da un organo giurisdizionale secondo le norme del codice o di leggi speciali, presti la sua attività in occasione di un processo, in guisa da renderne possibile lo svolgimento o consentirne la realizzazione della particolari sue finalità (Cass. civ., Sez. Un., 21 novembre 1997, n. 11619).

Diversamente da quanto ritenuto dalla dottrina da ultimo citata, la giurisprudenza suole ricomprendere nell'ambito degli ausiliari del giudice anche i soggetti cui siano affidati compiti meramente materiali. È stato ad esempio affermato che in un procedimento di esecuzione forzata degli obblighi di fare, il soggetto incaricato dal giudice dell'esecuzione del compimento di un'attività materiale (nella specie, la ricostruzione di parte di un immobile) rientra nell'ampia categoria degli ausiliari del giudice prevista dall'art. 68 c.p.c., configurandosi come persona idonea al compimento di atti (nella specie, attività materiale) che il giudice non è in grado di compiere da solo (Cass.civ., 15 luglio 2009, n.16471).

Figure di «altri» ausiliari e cenni alla liquidazione del compenso

Non si parlerà, qui, del consulente tecnico d'ufficio (artt. 61-64 c.p.c.) e del custode (artt. 65-67 c.p.c.), per i quali si rinvia alle relative bussole.

Nell'elencare gli ausiliari del giudice, si sono menzionati gli interpreti e traduttori ex artt. 122 e 123 c.p.c. (figure, come si è detto, espressamente contemplate dal testo unico sulle spese di giustizia), gli esperti di cui agli artt. 212, comma 2, 261, comma 3, 568, comma 2, c.p.c., 194 disp. att. c.p.c. e 654 c. nav., gli stimatori di cui agli artt. 518, comma 1, 532, comma 2, 535, comma 2, 773 c.p.c., gli incaricati delle vendite mobiliari ex artt. 532, 534 e 534-bis c.p.c., 159, comma 2, disp. att. c.p.c., nonché di quelle immobiliari ex 591-bis (v. De Marini).

In giurisprudenza la questione della qualificazione di un determinato soggetto quale ausiliare del giudice si è sovente posta con riguardo all'aspetto della liquidazione del suo compenso, sia dal versante del riconoscimento del relativo potere in capo al giudice, sia, in passato, dal versante della identificazione del procedimento a tal fine applicabile.

Nel rinviare, per una trattazione organica del tema delle spettanze degli ausiliari del magistrato, a Lazzaro-Di Marzio, va ribadito, come si è detto in apertura, che l'art. 3, comma 1, lett. n., del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, qualifica oggi ausiliario del giudice «qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge». E va aggiunto che l'art. 171 del medesimo d.P.R. estende la previsione del decreto di pagamento emesso dal magistrato che ha disposto la nomina dell'ausiliario a «tutte le fattispecie previste dal presente testo unico».

Viceversa, in precedenza, la materia era regolata dalla legge 8 luglio 1980, n. 319, intitolata ai compensi spettanti ai (soli) periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria. Si affermava all'epoca che contro il provvedimento di liquidazione adottato ai sensi di tale legge, e cioè nei riguardi dei consulenti tecnici, interpreti e traduttori, dovesse esperirsi il ricorso straordinario per cassazione, mentre il provvedimento di liquidazione del compenso agli altri ausiliari di cui all'art. 68 c.p.c., diversi da quelli menzionati nella l. n. 319/1980, dovesse essere contrastato mediante opposizione a decreto ingiuntivo (ex multis Cass. civ., 30 maggio 2000, n. 7162; Cass. civ., 9 settembre 2003, n. 13134; Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2004, n. 7465).

Orbene, una certa gamma di provvedimenti di liquidazione prima ritenuti impugnabili per cassazione — nel vigore della legge 8 luglio 1980, n. 319 — ai sensi dell'art. 111 Cost., atteso il loro carattere decisorio (si pensi per tutti alla liquidazione del compenso al curatore dell'eredità giacente, cui si è già fatto cenno), sono divenuti opponibili con il procedimento di opposizione di cui all'art. 170 del testo unico, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha difatti affermato che il procedimento di opposizione di cui al citato art. 170 si applica alla liquidazione del compenso a qualunque ausiliario del giudice. Si è detto, ad esempio, che avverso il provvedimento di liquidazione del compenso in favore del notaio al quale siano state delegate le operazioni di vendita nei processi di espropriazione forzata mobiliare e immobiliare, emesso in data successiva all'entrata in vigore del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) ― che, in forza del disposto dell'art. 3 concerne non solo gli ausiliari già indicati dall'abrogata l. n. 319/1980, ma anche qualunque altro soggetto competente in una determinata arte o professione che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare ― non è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., difettando il requisito della definitività del provvedimento, che può essere impugnato con l'opposizione prevista dall'art. 170 d.P.R. cit., decisa dal giudice monocratico del tribunale con ordinanza che è invece soggetta al ricorso straordinario per cassazione. Né rileva, al fine di ammettere il ricorso immediato per cassazione, che il processo esecutivo sia stato chiuso per rinuncia, non sussistendo alcuna analogia tra la questione della distribuzione dell'onere delle spese tra le parti in caso di estinzione del processo esecutivo, rispetto alla quale è ammesso il rimedio suddetto in forza dell'art. 310 c.p.c. richiamato dall'art. 632 dello stesso codice, e quella che riguarda il compenso spettante al notaio (Cass. civ., 29 gennaio 2007, n. 1887).

Così la disciplina in questione risulta essere stata applicata, anche in tempi recenti, a numerose figure.

È stato fatto rientrare tra gli ausiliari del giudice, secondo un indirizzo, oltre al già menzionato curatore dell'eredità giacente di cui all'art. 528 c.c., l'amministratore giudiziario previsto dagli artt. 592 c.p.c. e 2409, commi 3-5, c.c. (Cass.civ., 9 settembre 2003, n. 13134). Anche nella giurisprudenza di merito si è affermato che l'ispettore giudiziario nominato dal tribunale nel corso del procedimento ex art. 2409 c.c. rientra tra gli ausiliari del giudice di cui all'art. 68 c.p.c., e pertanto, ai fini della liquidazione del compenso, occorre far riferimento alla disciplina di cui agli art. 52 e 53 disp. att. c.p.c., applicabile a tutti gli ausiliari per i quali non sia diversamente disposto da leggi speciali (App. Milano 27 gennaio 2005). In senso opposto, e più persuasivamente, si è tuttavia osservato, pur considerando la dilatata nozione di ausiliario del giudice di cui all'art. 3, lett. n, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che l'amministratore in discorso, benché officiato dal giudice nell'ambito del procedimento disciplinato dall'art. 2409 c.c., e nonostante abbia veste di pubblico ufficiale, espleta un'opera di carattere non meramente esecutivo né affatto valutativa, e non nell'alveo del procedimento ma al di fuori di esso, entro la società che è chiamato a gestire, non al fine di coadiuvare il giudice ma nell'esclusivo interesse della stessa società, e con l'obbligo di diligenza richiesta dalla natura del suo ufficio: sicché non rientra nella categoria degli ausiliari. La costruzione — si è aggiunto — trova conferma nella disciplina relativa alla liquidazione del compenso dovuto per l'opera svolta nell'esercizio di tale funzione, che prescinde dall'ordinario criterio della soccombenza, cui è di contro improntata l'individuazione della parte tenuta nei confronti degli ausiliari del giudice, gravando comunque e sempre sulla società (Cass. civ., 25 luglio 2013, n. 18080; v. pure Cass. civ., 7 giugno 2012, n. 9241).

Va annoverato fra gli ausiliari del giudice, ai sensi dell'art. 68 c.p.c., l'esperto stimatore, nominato dal tribunale nell'ambito del procedimento di determinazione del valore delle azioni del socio recedente, di cui all'art. 2437-ter, comma 6, c.c., mettendo egli a disposizione delle parti il risultato della propria opera di valutazione al fine della regolazione delle loro posizioni. Ne consegue che il relativo compenso deve essere determinato, secondo le modalità stabilite dal d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, in base alla tariffa giudiziale prevista per tutti gli ausiliari del giudice e non, invece, in base alla tariffa professionale (Cass. civ., 14 febbraio 2012, n. 2152).

Lo «stimatore» o l'«esperto», del quale l'organo giudiziario si avvale al fine di determinare il valore di beni assoggettati a procedure esecutive (anche concorsuali), appartiene alla categoria residuale degli «altri ausiliari del giudice» contrapposta a quella degli ausiliari tipici e «nominati», quali il consulente tecnico o il custode (Cass. civ., 14 maggio 1997, n. 4243).

Anche gli istituti vendite giudiziarie, in quanto soggetti autorizzati in via generale alla vendita ed alla custodia di beni mobili disposte dall'autorità giudiziaria, rientrano tra gli ausiliari di quest'ultima. Ne consegue che, ferma restando la misura del compenso dovuta ai suddetti istituti e stabilita dal Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 159 disp. att. c.p.c., la liquidazione del suddetto compenso è soggetta alle forme ed alle modalità stabilite, per tutti gli ausiliari del giudice, dagli artt. 168 e 170 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (secondo i quali la liquidazione deve avvenire con decreto motivato e comunicato alle parti, contro cui è ammesso il reclamo al presidente dell'ufficio giudiziario competente), quand'anche il giudizio sia iniziato anteriormente alla emanazione del suddetto d.P.R. n. 115/2002 (Cass. civ., 3 luglio 2008, n. 18204).

Il coadiutore del curatore fallimentare (figura prevista dal secondo comma dell'art. 32 l. fall.), la cui opera è integrativa dell'attività del curatore, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell'ambito e per gli scopi della procedura concorsuale, assume la veste di ausiliario del giudice; pertanto il suo compenso deve essere determinato in base alla tariffa giudiziale prevista per i periti e i consulenti tecnici, e non alla tariffa professionale, la quale va invece applicata allorché si sia instaurato un vero e proprio rapporto di lavoro autonomo (opera professionale), essendo stato il professionista officiato dal fallimento per svolgere la propria opera in determinate attività ed operazioni (Cass. civ., 26 gennaio 2005, n. 1568, che ha respinto il ricorso di un professionista ― il quale invocava l'applicazione della tariffa professionale dei consulenti del lavoro approvata con d.m. 15 luglio 1992, n. 430, espressamente applicabile «anche per le prestazioni rese nei confronti degli organi preposti alle procedure concorsuali» ― sul rilievo che lo stesso era stato qualificato dal giudice di merito come coadiutore).

Si è già accennato alla posizione del notaio. La Suprema Corte ha ulteriormente avuto occasione di chiarire (v. Cass. civ., 19 gennaio 2010, n. 711) che il notaio delegato alle operazioni di vendita immobiliare (e così anche gli altri professionisti menzionati nell'art. 591-bis c.p.c. e, nel caso di vendita mobiliare, dall'art. 534-bis c.p.c.) rientra fra gli ausiliari del giudice, come del resto è espressamente stabilito dalla disposizione generale dell'art. 68 c.p.c., in quanto chiamato a contribuire con la propria attività al compimento degli atti propri dell'ufficio giudiziario delegante (Cass. civ., 1 febbraio 2013, n. 2474; in questo senso su tale qualificazione del notaio con riguardo alla delega alle operazioni divisionali, v. Cass. civ., 22 novembre 1999, n. 12949).

Viceversa, l'attività svolta dal commissario ad acta nominato dal giudice tributario nel giudizio di ottemperanza non è assimilabile a quella di un consulente tecnico, in quanto quest'ultimo è un ausiliario del giudice, mentre il primo partecipa della funzione giurisdizionale, configurandosi come longa manus del giudice. Pertanto, ai fini della liquidazione del compenso spettante al commissario, il rinvio alla legge 8 luglio 1980, n. 319, contenuto nell'art. 70 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non comporta necessariamente l'applicabilità degli onorari fissi e variabili risultanti dalle tabelle relative ad una particolare categoria di consulenti (nella specie, quelli previsti dal d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352 per i consulenti in materia contabile e fiscale), dovendosi accertare in concreto se la specifica attività svolta dal commissario sia assimilabile alle prestazioni previste dalle predette tabelle, ed applicandosi, in caso negativo, il criterio residuale che commisura gli onorari al tempo impiegato (Cass. civ., 11 febbraio 2009, n. 3291).

Parimenti, la controversia relativa alla determinazione del compenso ed al rimborso delle spese del curatore speciale del condominio, nominato ai sensi dell'art. 65 disp. att. c.c. e dell'art. 80 c.p.c., rientra, a seconda del valore, nella competenza del giudice di pace o del tribunale, senza che possa stabilirsi alcun criterio di collegamento con l'ufficio che lo ha nominato, non potendo trovare applicazione, nella specie, l'art. 52 disp. att. c.p.c., secondo cui il compenso degli ausiliari del giudice è liquidato dal giudice che li ha nominati, considerato che il curatore speciale del condominio non riveste tale qualità, in quanto dura nell'incarico fino al suo espletamento ovvero fino a quando non venga sostituito da un amministratore nominato dall'assemblea condominiale e non deve rendere conto del proprio operato al giudice che lo ha nominato, bensì al condominio o ai singoli condomini, in virtù del rapporto di rappresentanza costituito ex lege (Cass. civ., 26 ottobre 2005, n. 20679).

Il commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo non è un ausiliario del giudice delegato, in quanto, pur cooperando con quest'ultimo, è nominato dal tribunale e ripete i propri poteri e funzioni, con operatività stabile e previsione non occasionale, direttamente dalla legge fallimentare che, in quanto lex specialis, prevale su quella generale dettata dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 in tema di ausiliari della magistratura; ne consegue che, nella liquidazione dei compensi al predetto organo, disciplinata in via esaustiva dall'art. 165 l. fall. che rinvia all'art. 39 della medesima l. fall. e, con esso, al d.m. 28 luglio 1992, n. 570, è preclusa l'applicazione dell'art. 71, comma 2, del d.P.R. n. 115 citato, ai sensi del quale la relativa istanza dev'essere proposta, a pena di decadenza, entro cento giorni dal compimento delle operazioni (Cass. 11 aprile 2011, n. 8221, che ha cassato con rinvio il decreto del tribunale che aveva rigettato la domanda di liquidazione del compenso perché proposta dopo la scadenza del predetto termine, decorrente dalla conclusione della procedura, individuata nella sopraggiunta dichiarazione di fallimento).

Nella giurisprudenza di merito è stato inoltre affermato che, ai sensi dell'art. 155-sexies, comma 2, c.c., il giudice, qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo. La natura giuridica dei mediatori, in quanto ausiliari del giudice va inquadrata sistematicamente nell'ambito dell'art. 68 c.p.c., sia alla luce del dato normativo, sia in base ad un esame sistematico delle disposizioni di legge (Trib. Lamezia Terme 5 dicembre 2007, in Il civilista, 2008, 10, 11, con nota di Campagnoli). Anche in precedenza era stato del resto sostenuto che il tribunale civile ordinario, allorquando deve operare nell'interesse dei minori con la latitudine dei poteri di cui all'art. 155 c.c. e dell'art. 6 l. n. 898/1970, rientra nella categoria delle autorità giudiziarie minorili e come tale può servirsi dei centri di mediazione familiare, appartenenti all'ampia categoria dei servizi sociali, che assistono il giudice in qualità di esperti nella negoziazione della crisi coniugale e che, pertanto, sono idonei al compimento, ex art. 68 c.p.c. di atti (ricomposizione del conflitto) che egli non è nelle condizioni oggettive di compiere (Trib. Bari 21 novembre 2000; sulla materia v. pure Trib. Varese 24 gennaio 2013).

Riferimenti
  • De Marini, Ausiliari del giudice, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 310;
  • Lazzaro-Di Marzio, Le spese nel processo civile, Milano, 2010;
  • Vellani, Ausiliari del giudice, in Noviss. dig. It., I, 2, Torino, 1957, 1543.
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