Nel quesito al CTU medico-legale, il danno non patrimoniale come novellato dalla legge n. 124/2017

Enzo Ronchi
16 Gennaio 2018

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge n.124/2017 cod. ass., sembra ora utile riconsiderare, in senso critico-costruttivo, il testo del quesito per il CTU a suo tempo licenziato dall'Osservatorio.
Gli artt. 138 e 139 cod. ass. come modificati dalla legge n. 124/2017

Gli artt. 138 e 139 del d. lgs. n. 209/2005 (cod. ass.), nella parte che qui rileva, risultano così modificati dalla legge n. 124/2017:

  • Art. 138 (danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità):

Comma 2e): «Al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico stabilito in applicazione dei criteri di cui alle lettere da a) a d) è incrementato in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione …».

Comma 3): «Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 2, può essere aumentato dal Giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%».

  • Art. 139 (danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità):

Comma 1 b): «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazione, non possono dar luogo al risarcimento per danno biologico permanente».

Comma 3): «Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4 può essere aumentato dal Giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20%. L'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche».

Comma 4): «Con decreto del Presidente della Repubblica … si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni dell'integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità».

Il Legislatore, dunque, manifestamente afferma che:

1) Nelle invalidità permanenti di grado maggiore o uguale al dieci% va sempre considerata «la componente del danno morale»; e quella di danno esistenziale va riconosciuta purché la negativa incidenza su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, obiettivati e documentati, sia riconosciuta come “rilevante”.

2a) Le invalidità permanenti di grado pari o inferiore al nove% non sono risarcite se le lesioni che ne sono all'origine non siano state oggetto di positivo accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero “visivo” con riferimento a quelle oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni (in argomento “metodo visivo” volutamente qui non si torna, posto che il pensiero dello scrivente già è stato esposto in recente contributo su questa stessa Rivista).

2b) Nelle invalidità permanenti di grado pari o inferiore al nove%, l'ammontare del risarcimento può essere aumentato non oltre il 20%, ove la menomazione abbia ricadute “rilevanti” a carattere esistenziale (documentate e obiettivate), ovvero abbia comportato sofferenza psico-fisica di “particolare intensità”.

Ne deriverebbe che mentre nei casi di cui al punto 1) la componente di danno morale va sempre liquidata, nei casi di cui al punto 2b) non lo è se non venga superata la soglia della “particolare intensità”. Fermo restando che in ambedue i casi la eventuale componente di danno esistenziale va riconosciuta solo laddove sia “rilevante” la negativa incidenza della stessa sulla vita della persona.

Il danno biologico-base (standardizzato) e le altre componenti del danno non patrimoniale

Fermo il valore “base” (standardizzato) del danno biologico temporaneo e permanente nelle tabelle sia medico-legali sia monetarie, la partita si gioca sulle altre componenti del danno non-patrimoniale verso le quali il Legislatore ha posto particolare attenzione.

Il quesito al CTU medico-legale, adottato non infrequentemente dal 2013 soprattutto presso gli Uffici Giudiziari milanesi, dietro proposta dell'Osservatorio della Giustizia Civile di Milano, prevede, fra l'altro, la valutazione tecnica, in scala da 1 a 5, del grado di sofferenza psico-fisica causalmente riconducibile al danno biologico sia temporaneo, sia permanente; e prevede precisazioni tecniche in ordine ad eventuale “rilevante” negativa incidenza di inabilità temporanea e invalidità permanente su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, in considerazione delle dedotte condizioni soggettive del danneggiato (vedi allegato).

In punto danno esistenziale, pertanto, risulta che il Legislatore ha seguito la stessa linea dell'Osservatorio milanese, concedendo spazio risarcitorio ai soli casi di provata incidenza in misura “rilevante”. Va da sé, poi, che al consulente medico-legale compete di stabilire se sussista nesso causale fra il riscontrato danno-biologico-base e quanto lamentato dalla persona sul versante dinamico-relazionale; ovvero di stabilire se il riferimento eziologico sia piuttosto da porre con fattori diversi e indipendenti dall'evento lesivo de quo. Mentre spetta al Giudice, e non al medico-legale, esprimere valutazioni in ordine alla misura “rilevante” in discorso perché diversamente egli potrebbe introdurre arbitrarie pregiudiziali nel processo: in altre parole, è necessario che il consulente, detto del nesso causale, si attenga poi a descrizioni “notarili”, lasciando al Giudice di decidere della incidenza in “maniera rilevante” secondo legge.

Si osserva, poi, che per le lesioni di cui all'art. 139 cod. ass., all'incremento dell'ammontare risarcitorio fino ad un massimo del 20%, possono concorrere danno morale e danno esistenziale, come possono intervenire alternativamente l'uno o l'altro.

Ma a questo punto va ben sottolineato come non sia infrequente la casistica peritale (soprattutto nel tema “responsabilità sanitaria” di cui alla l. n. 24/2017) caratterizzata da stabilizzazione della lesione in esiti micro-permanenti, peraltro dopo periodo di temporanea invalidità assai protratta, talora qualificabile come vero-Calvario (in un caso occorso all'esame del sottoscritto, ad esempio: due anni di cure, reiterati interventi chirurgici, con erronee diagnosi, e finalmente la giusta soluzione terapeutica del problema). In tali fattispecie, il consulente medico-legale dovrà opportunamente porre in rilievo che il residuato danno biologico permanente è, per così dire, “poca cosa”; e che, peraltro, a monte dello stesso vi è stata invalidità temporanea contrassegnata da notevoli ricadute in termini di sofferenza psico-fisica ed impedimenti in attività dinamico-relazionali personali, così che il Giudicante possa più correttamente stimare il danno biologico temporaneo sul versante economico.

Sarebbe poi compito arduo, per il consulente medico-legale, decidere della “particolare intensità” della sofferenza di cui all'art. 139 comma 3, per cui non si auspica un siffatto quesito. Ma non meno problematico parrebbe il giudizio equitativo del Giudice sul punto, in assenza di un supporto tecnico. Potrebbe anzi sconfinare nell'arbitro per cui, ad avviso dello scrivente, il contributo medico-legale deve restare espresso nei gradi da 1 a 5 già previsti dall'Osservatorio. Con la raccomandazione, peraltro, di accompagnare l'indicazione numerica con la necessaria motivazione descrittiva, così da rendere più agevole, a chi sia preposto alla stima economica, l'apprezzamento della eventuale, “particolare intensità” della sofferenza, sia nei periodi vissuti in temporanea invalidità, sia nella vita residua afflitta da invalidità permanente.

Fermo restando che la graduazione da 1 a 5 può continuare a dare supporto tecnico anche nei casi di cui all'art. 138 cod. ass. nei quali il Legislatore non pare richiedere la “particolare intensità”.

Per la valutazione medico legale del grado di sofferenza in scala, allo stato sembra disponibile in dottrina il solo metodo di E.RONCHI, L.MASTROROBERTO, U.GENOVESE, in Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente, in responsabilità civile e nell'assicurazione privata contro gli infortuni e le malattie, con contributo medico-legale per la quantificazione della sofferenza morale e del danno da perdita di chances, Giuffrè editore, Milano, II ed., 2015, pagg. 127/141.

L'abrogazione, con la legge n. 124/2017, di quanto introdotto nel cod. ass. dall'art. 32 comma 3-quater d.l. n. 1/2012 (conv. con l. n. 27/2012), ha ovviamente messo a tacere la querelle sul significato dello stesso infelice comma che taluni Autori (e con essi la Consulta nelle note decisioni n. 235/2014 ed n. 242/2015) volevano riservato al solo danno biologico temporaneo e non all'intero danno non-patrimoniale. La legge concorrenza, dunque, conferma non essere prevista alcuna pregiudiziale tecnica per il risarcimento della inabilità temporanea; e sembra porre limitazioni meno rigorose per il risarcimento del danno biologico permanente considerato che esso risulta esteso alle micro-permanenti alla cui origine vi siano lesioni oggettivamente riscontrate senza l'aiuto di strumentazioni: va da sé che l'indicazione del Legislatore circa le “cicatrici” è posta a mero titolo esemplificativo, tanto più che qualsiasi medico, e più ancora lo Specialista in Medicina Legale, sa perfettamente che la cicatrice è formata da tessuto sclero-fibrotico che più o meno estesamente va a sostituire l'architettura istologica creata da madre-natura, e può coinvolgere non solo la superficie della cute ma qualsiasi altro tessuto costituente organi intra-corporei.

In ogni caso, quello delle cicatrici è un esempio mal-posto con cui il Legislatore alimenta confusione che inevitabilmente trasmette a chi dovrebbe faticosamente interpretarlo, chiaro essendo invece che l'accertamento visivo di cui al novellato art. 139 comma 1 lett b) cod. ass. deve riguardare “le lesioni di lieve entità” e non le cicatrici che costituiscono gli esiti permanenti (danno biologico) delle prime.

Il vecchio quesito dell'Osservatorio al CTU medico legale

Ma ciò che qui preme soprattutto evidenziare è che non solo il danno biologico permanente ma anche quello temporaneo deve essere valutato in prima battuta dal consulente medico legale: sia nelle sue componenti-base (standardizzate) sia nelle componenti di sofferenza psico-fisica e di danno esistenziale.

E dunque, avuto riguardo alle modifiche introdotte dalla legge concorrenza, sembra ora utile riconsiderare, in senso critico-costruttivo, il testo del quesito per il CTU a suo tempo licenziato dall'Osservatorio.

Al punto 1) il CTU è invitato a descrivere la sintomatologia soggettiva del periziando. L'esortazione, in vero, sembra superflua, posto che deve darsi per scontato che il consulente medico-legale, apprestandosi a visitare la persona, raccoglie, prima ancora dei dati clinico-obiettivi, il riferito soggettivo del danneggiato.

Nel punto 2) del quesito, il Giudice chiede al CTU di accertare natura ed entità delle lesioni, durata della inabilità temporanea, postumi permanenti configuranti danno biologico, spese mediche in nesso causale, occorse ed occorrende per il futuro. E nella richiesta di accertare tutto ciò, il quesito pone delle premesse di metodo per avere garanzie circa il rispetto delle indicazioni provenienti sia dalla dottrina («il richiamo a rilevanti evidenze scientifiche») sia dai commi 3-ter e 3-quater dell'art. 32 del d.l. 1/2012 (conv. con l. n. 27/2012, riscontro medico-legale con metodo visivo e/o strumentale). Aspetti della problematica, tuttavia, che vanno ora riconsiderati alla luce della legge n. 124/2017 in cui il Legislatore prevede uno speciale rigore accertativo per le sole lesioni di lieve entità di cui all'art. 139: e ciò induce a ritenere che solo per casi siffatti si imponga un quesito del pari particolare, inteso a precisare se le lesioni di cui trattasi siano state oggetto di accertamento clinico-visivo e/o strumentale.

Nell'accertamento di natura ed entità delle lesioni subite, il quesito ricorda al CTU, in premessa, la definizione di danno biologico secondo dettato normativo e giurisprudenza di legittimità; e rammenta al CTU che «deve tener conto della incidenza della lesione in termini standardizzabili in quanto frequentemente ricorrenti». In vero, ad avviso dello scrivente anche queste due raccomandazioni sembrano superflue, posto che dichiaratamente il Legislatore prevede che gli accertamenti di carattere tecnico debbano essere affidati a medico-chirurgo Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni (testuale il titolo che assegna il Diploma Universitario) e per ciò sembra proprio potersi dare per scontato che le ricordate nozioni di danno biologico debbano appartenere al suo basilare bagaglio culturale.

Nei punti 2b) e 2c) del quesito dell'Osservatorio, al CTU è richiesto di indicare anche il grado di sofferenza psico-fisica, in una scala da 1 a 5, a sua volta in nesso causale con il danno biologico sia temporaneo sia permanente. Per le ragioni già sopra evidenziate, anche alla luce della nuova formulazione degli artt. 138 e 139 cod. ass., si ritiene debba essere confermata la richiesta valutazione della sofferenza in quella scala: fornite le indicazioni tecniche (che in sintesi numerica traducono la irrinunciabile, più ampia motivazione descrittiva), spetterà poi alGiudice decidere della eventuale “particolare intensità” della sofferenza di cui all'art. 139 comma 3.

Nel richiedere la valutazione tecnica del danno biologico permanente, al punto 2c) il quesito prevede: che si debba dare cogente applicazione, ove ricorra il caso, della tabella delle cosiddette micro-permanenti di cui al D.M. 3 luglio 2003; che laddove si tratti di macro-permanenti debbano essere indicati i criteri di determinazione del danno biologico e la tabella di valutazione medico-legale di riferimento (barème); e che, in ogni caso, debba essere segnalata la “eventuale maggiore usura lavorativa”.

Tali raccomandazioni indirizzate al medico-legale, non sembrano superflue posto che tuttora, non infrequentemente, con pigro metodo di lavoro il CTU si limita a menzionare il barème ma omette di spiegare come ne abbia dato applicazione, cioè di precisare i criteri di determinazione. Da notare poi che, giustamente ad avviso di chi scrive, il quesito prevede che si debba sempre chiarire la eventuale sussistenza di “lavoro usurante” a prescindere da allegazioni e prove fornite dall'attore. Si tratta di circostanza aggravante da tradurre in ponderato incremento economico di cui agli art. 138 comma 3 e 139 comma 3 cod. ass. (peraltro, nella maggioranza dei casi applicabile nelle lesioni di non lieve entità).

I successivi quesiti da n. 3) a n. 6) sono proponibili solo laddove nel processo risultino già allegate e provate, dall'attore, circostanze di fatto non standardizzate, cioè non ricomprese nel “danno-biologico-base”.

I quesiti di cui a n. 3) ed n. 4) si riferiscono, infatti, alle eventuali attività ludico-sportive, hobbistiche o di volontariato, dalla persona praticate nello stato anteriore; ed è espressamente previsto che il consulente medico-legale debba precisare se il danno biologico (in termini sia di inabilità temporanea sia di postumi permanenti) abbia avuto, o continui ad avere, negativa e rilevante incidenza sulle attività stesse. Nel merito, già sopra si è evidenziato come, ad avviso dello scrivente, il CTU debba esprimersi in punto nesso causale, fornendo altresì elementi descrittivi utili al Giudice per decidere in ordine alla “misura rilevante”.

Si vuol far notare, ancora, come secondo testuale formulazione del quesito dell'Osservatorio, l'esame tecnico-peritale della eventuale negativa incidenza su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, debba essere riservato alle sole lesioni di non lieve entità di cui all'art. 138; mentre sembra di tutta evidenza che la valutazione stessa debba essere estesa anche ai casi di cui all'art. 139, ai sensi di legge: e per non scomodare per l'ennesima volta il violinista dilettante, si richiama l'esempio, trattato in una CTU, del campione del gioco delle bocce che plausibilmente lamenta specifici impedimenti in ragione di un suo dito offeso in micro-permanente (otto%).
I quesiti di cui ai punti n. 5) ed n. 6), si riferiscono agli aspetti, di rilevanza medico-legale, del danno patrimoniale e la formulazione degli stessi appare del tutto esaustiva (si ricorda essere nota, peraltro, non-sparuta giurisprudenza della S.C. a proposito di danno patrimoniale per persona dedita alle sole attività di casalinga). E si osserva, ancora, che per il caso di persona “che non lavorava all'epoca dell'infortunio”, ad avviso di chi scrive opportuno sarebbe precisare che il riferimento vada posto anche ad attività lavorative “future”, considerato che molto frequentemente si tratta di minori o comunque di studenti.

Proposta di nuovi quesiti al CTU medico legale

In considerazione di quanto sopra ed avuto particolare riguardo alla legge n. 124/2017, si potrebbero proporre i seguenti due separati quesiti a seconda che si tratti di lesioni di cui ai novellati art. 138 o 139 cod. ass.

Quesito per lesioni di non lieve entità (art. 138 cod. ass.).

Accerti il CTU, esaminati atti e documenti di causa, visitato/a il sig./la sig.a….., esperite le indagini tecniche ritenute necessarie, sentite le parti e i loro consulenti, tenuto conto dell'età e dello stato di salute preesistente: 1) natura ed entità delle lesioni subite dal/dalla periziando/a in rapporto causale con l'evento per cui è causa; 2) durata della consequenziale inabilità temporanea (danno biologico) assoluta e relativa, indicando il correlato grado di sofferenza psico-fisica in scala da 1 a 5; 3) percentuale di riduzione della validità psico-fisica globale della persona (danno biologico) a cagione di postumi permanenti, indicando: tabella di valutazione medico legale di riferimento, relativi criteri di determinazione del danno stesso, eventuale maggiore usura lavorativa e correlato grado di sofferenza psico-fisica in scala da 1 a 5; 4) ammontare delle spese mediche documentate, congrue e necessarie, in nesso causale, occorse ed occorrende per il futuro.

Quesiti aggiuntivi in caso di circostanze di danno non standardizzate, allegate e provate dall'attore.

Dica inoltre il CTU: 5) se l'inabilità temporanea abbia inciso e se l'attuale invalidità permanente tuttora incida negativamente in misura rilevante sugli aspetti dinamico-relazionali personali obiettivamente accertati e documentati dall'attore/attrice; 6) se inabilità temporanea e/o postumi permanenti abbiano impedito e/o impediranno in futuro, totalmente o parzialmente (indicandone il grado percentuale di riduzione ove possibile) l'attività lavorativa di ……. svolta dalla persona all'epoca dell'evento de quo (c.d. capacità lavorativa specifica), e precisando in quali altri settori di attività potrebbe impiegare le capacità residue (c.d. capacità lavorativa attitudinale); 7) per il caso di persona non in attualità di lavoro, dica in che misura percentuale (totale o parziale) i postumi permanenti le impediranno in futuro lo svolgimento di attività di lavoro a lei confacenti.

Quesito per lesioni di lieve entità (art. 139 cod. ass.)

Accerti il CTU, esaminati atti e documenti di causa, visitato/a il sig./la sig.a….., esperite le indagini tecniche ritenute necessarie, sentite le parti e i loro consulenti, tenuto conto dell'età e dello stato di salute preesistente: 1) natura ed entità delle lesioni subite dal/dalla periziando/a in rapporto causale con l'evento per cui è causa ed accertate con metodo strumentale e/o clinico-visivo; 2) durata della consequenziale inabilità temporanea (danno biologico) assoluta e relativa, indicando il correlato grado di sofferenza psico-fisica in scala da 1 a 5; 3) percentuale di riduzione della validità psico-fisica globale della persona (danno biologico) a cagione di postumi permanenti , avuto riguardo alla tabella di legge di cui al D.M. 3 luglio 2003 e precisando i relativi criteri di determinazione del danno stesso, eventuale maggiore usura lavorativa e correlato grado di sofferenza psico-fisica in scala da 1 a 5; 4) ammontare delle spese mediche documentate, congrue e necessarie, in nesso causale, occorse ed occorrende per il futuro.

Quesiti aggiuntivi in caso di circostanze di danno non standardizzate, allegate e provate dall'attore.

Dica inoltre il CTU: 5) se l'inabilità temporanea abbia inciso e se l'attuale invalidità permanente tuttora incida negativamente in misura rilevante sugli aspetti dinamico-relazionali personali obiettivamente accertati e documentati dall'attore/attrice; 6) se inabilità temporanea e/o postumi permanenti abbiano impedito e/o impediranno in futuro, totalmente o parzialmente (indicandone il grado percentuale di riduzione ove possibile) l'attività lavorativa di …… svolta dalla persona all'epoca dell'evento de quo (c.d. capacità lavorativa specifica), e precisando in quali altri settori di attività potrebbe impiegare le capacità residue (c.d. capacità lavorativa attitudinale); 7) per il caso di persona non in attualità di lavoro, dica in che misura percentuale (totale o parziale) i postumi permanenti le impediranno in futuro lo svolgimento di attività di lavoro a lei confacenti.

Tutto quanto sopra valga come argomento di confronto e discussione.

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