Riqualificazione giuridica del fatto e rispetto del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale ed europea

18 Gennaio 2018

Fermo restando l'incontestabile potere del giudice di attribuire in sentenza al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, stante la limpida formulazione dell'art. 521 c.p.p., il rispetto della regola del contraddittorio, che deve essere assicurato all'imputato anche in ordine alla diversa definizione ...
Massima

Il rispetto del principio costituzionale ed europeo del contraddittorio deve essere assicurato anche nel caso in cui il giudice procedente decida di modificare la definizione giuridica del fatto oggetto di giudizio. Ciò impone, quindi, che la riqualificazione giuridica non avvenga “a sorpresa” e che, di conseguenza, l'imputato sia in grado di potersi difendere anche sulla questione del nomen iuris da attribuire al fatto stesso. Detta eventualità, inoltre, deve apparire come uno dei naturali epiloghi decisori del giudizio.

Il caso

Al ricorrente veniva originariamente contestato il reato di concussione (art. 317 c.p.) per avere, nel periodo compreso dal 2006 a marzo 2010, abusando della sua qualifica di appuntato scelto in servizio presso la stazione dei carabinieri, indotto il titolare di un ristorante a servirgli gratuitamente cibo e bevande sotto l'implicita minaccia di controlli e ispezioni.

Il Tribunale di Ragusa riqualificava la condotta ascrittagli condannandolo per il reato di cui all'art. 319-quater c.p., rubricato Induzione indebita a dare o promettere utilità.

La condanna e la riqualificazione venivano poi confermate dalla Corte d'appello di Ragusa.

La questione

Nel dissentire rispetto alla riqualificazione operata, la Suprema Corte invitava la difesa a interloquire in ordine alla possibilità di una nuova riqualificazione ai sensi dell'art. 317 c.p.

A fronte di ciò, nell'ottica della difesa l'eventuale reformatio in pejus del nomen iuris del reato ritenuto dai giudici di merito «priverebbe il ricorrente della possibilità di difendersi in punto di fatto poiché il contradditorio dibattimentale non ha riguardato il sostrato sul quale si fonda la qualificazione giuridica».

Le soluzioni giuridiche

A confutazione dei contrari argomenti della difesa la Corte di cassazione provvede dunque a una ricostruzione del quadro pretorio.

A giudizio della Corte «fermo restando l'incontestabile potere del giudice di attribuire in sentenza al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, stante la limpida formulazione dell'art. 521 c.p.p., il rispetto della regola del contraddittorio, che deve essere assicurato all'imputato anche in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto […] impone che tale diversa qualificazione giuridica non avvenga “a sorpresa”, determinando conseguenze negative per l'imputato che, per la prima volta, si trovi di fronte ad un fatto storico radicalmente trasformato in sentenza nei suo elementi essenziali e ad una sua diversa e nuova definizione giuridica, rispetto a quanto descritto nell'imputazione, della quale pertanto tali sviluppi rappresentino un'evoluzione inaspettata e sottratta al contraddittorio. Condizione che non si verifica in due occasioni.

Da un lato, quando la difesa abbia avuto nella fase di merito la possibilità comunque di interloquire in ordine al contenuto dell'imputazione, anche attraverso l'ordinario rimedio dell'impugnazione avverso la sentenza di primo grado in cui viene operata la diversa qualificazione giuridica del fatto.

Dall'altro quando la diversa qualificazione giudica appare come uno dei naturali e “non sorprendenti” epiloghi decisori del giudizio (di merito o di legittimità), stante la riconducibilità del fatto storico, […] ad una limitatissima gamma di previsioni normative alternative, per cui, ricostruito il fatto in maniera conforme alla contestazione, l'eventuale esclusione dell'una comporta, inevitabilmente, l'applicazione dell'altra, non corrispondendo, in tale ipotesi, alla diversa qualificazione giuridica, una sostanziale immutazione del fatto, che, integro nei suo elementi essenziali, può essere diversamente qualificato secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile (Cass. Sez. V n. 7984/2013, Jovanovic)»

Osservazioni

Apprezzato in chiave convenzionale l'operato della Corte appare ineccepibile nel suo aver proceduto alla corretta qualificazione giuridica delle condotte contestate all'imputato nel riconoscimento della più ampia estensione del diritto al contraddittorio, anche a ben vedere maggiore di quanto lo stesso diritto pretorio Cedu imponga sul punto.

L'art. 6, comma 3, lett. a) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo statuisce che «[...] ogni accusato ha diritto di:

a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dell'accusa formulata a suo carico [...]»

Come ripetutamente statuito dalla Corte Edu, l'art. 6 § 3 lett. a) non impone all'accusa di rimanere statica durante l'intero corso del procedimento penale poiché sussiste il “diritto incontestato” delle giurisdizioni interne di dare una nuova qualificazione giuridica ai fatti portati alla loro attenzione.

Qualora ciò avvenga, tuttavia, deve essere data all'imputato la possibilità di esercitare i propri diritti di difesa in merito a tale questione in maniera concreta effettiva e in tempo utile (vd. Corte Edu, Drassich c. Italia, 11 dicembre 2007, § 34; Corte Edu, Mattei c. Francia, 19 dicembre 2006, § 36; Corte Edu, Sadak e altri c. Turchia, 17 luglio 2001, § 57)

In altri termini, l'imputato deve essere debitamente e pienamente informato delle modifiche dell'accusa e deve disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per potervi reagire ed organizzare la propria difesa sulla base di ogni nuova informazione o allegazione.

In tale prospettiva, la Corte può essere chiamata a verificare:

a) se vi sia stata modifica non sufficientemente prevedibile della natura dell'accusa;

b) se il ricorrente sia stato in grado di difendersi a tale proposito (vd. Corte Edu (dec.), Ciardelli c. Italia, 15 dicembr 1998).

Non spetta tuttavia alla Corte pronunciarsi circa l'osservanza delle norme che, a livello interno (art. 521 c.p.p.), garantiscono il principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza (e circa le eventuali conseguenze processuali del loro mancato rispetto), ovvero sanciscono le modalità e i tempi della notifica di nuovi capi di imputazione in quanto il suo compito, come in altri ambiti, è limitato al controllo dell'equità della procedura considerata nel suo complesso (vd. Corte Edu (dec.), Papalia c. Italia, 23 maggio 2005; Corte Edu, DC c. Italia, 28 febbraio 2002).

In linea di principio, qualora la differente qualificazione dipenda da un elemento intrinseco dell'accusa iniziale, la Corte europea ritiene che il ricorrente sapesse o avrebbe dovuto sapere, che vi era una possibilità che tale elemento implicasse conseguenze giuridiche, con conseguente assenza di violazione del suo diritto di difesa (vd. Corte Edu, De Salvator Torres c. Spagna, 24 ottobre 1996, § 30-33, ove la Corte ha ritenuto che la circostanza aggravante dell'aver tratto vantaggio dalla natura pubblica della propria posizione costituisse elemento intrinseco dell'imputazione di malversazione di fondi pubblici elevata a carico del direttore di un ospedale pubblico; cfr. anche, a contrario, Corte Edu (dec.) Papalia c. Italia, 23 giugno 2005; Corte Edu, Sadak e altri, cit.§ 56).

Trattasi di principio autorevolmente declinato nell'ordinamento interno da Cass. pen., Sez. unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci secondo cui «L'attribuzione all'esito del giudizio di appello, pur in assenza di una richiesta del P.M, al fatto contestato di una qualificazione giuridica di diversa da quella enunciata nell'imputazione non determina la violazione dell'art. 521 c.p.p. neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell'art. 111, comma 2, Cost., 3 e dell'art. 6 Cedu come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o comunque prevedibile per l'imputato e non determini in concreto una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel momento scaturiscono»

Sotto tale profilo la pronuncia in commento – quantomeno per come risulta essere stata massimata – appare in certa misura andar oltre nel suo presentare la prevedibilità del mutamento del parametro qualificatorio come un quid di natura ulteriore rispetto al non poter la riqualificazione avvenire “a sorpresa”.

Invero, alla stregua del diritto pretorio interno, l'essere la diversa qualificazione giuridica in qualche misura nota o comunque prevedibile costituisce proprio un fattore che, in astratto, consente anche una riqualificazione “a sorpresa”, non potendosi poi ravvisare, in ottica convenzionale, un'iniquità della procedura tale da permettere il sindacato della Corte Edu.

Tanto doverosamente precisato, la pronuncia in analisi appare comunque apprezzabile nella sua cautela, ove in particolare si consideri la natura di giudice di ultima istanza della Cassazione nonché un diritto pretorio Cedu solo apparentemente univoco in quanto cristallino nei suoi termini generali, salvo poi ravvisare dubbie violazioni convenzionali in relazione a riqualificazioni aventi quali termini di riferimento reati tra di loro assai contigui (vd. infra)

La Corte Edu esclude violazioni della convenzione qualora, in assenza di mutazione della qualificazione giuridica dei reati contestati, vengano modificati dettagli fattuali non suscettibili di alterare la sostanza della condotta incriminata (vd. Corte Edu (dec.), Hermida Paz c. Spagna, 28 gennaio 2003).

Così come la circostanza che la Corte di cassazione, nella sua funzione nomofilattica, dia un'interpretazione della norma incriminatrice diversa da quella fornita dai giudici di merito non comporta violazione dell'art. 6, § 3 lett. a) (vd. Corte Edu, Previti c. Italia, 8. dicembre 2009, § 209)

A giudizio della Corte di Strasburgo sussiste modificazione dell'accusa qualora il reato per il quale il ricorrente è condannato contenga elementi costitutivi diversi o aggiuntivi (quale ad esempio un dolo specifico, cfr. Corte Edu, Drassich c. Italia, cit. § 39) rispetto al reato inizialmente contestato, in tal caso dovendosi procedere ad attenti esame e comparazione delle fattispecie criminose in questione.

A esempio, la Corte ha concluso nel senso della non corrispondenza – ritenendo dunque la sussistenza di una modificazione non prevedibile dell'accusa – dei reati, in diritto italiano, di corruzione e corruzione in atti giudiziari (vd. Corte Edu, Drassich c. Italia, cit. §§ 37-41; dei reati, in diritto francese, di tentativo di estorsione e complicità in tentativo di estorsione (vd. Corte Edu, Mattei c. Francia, 19 dicembre 2006, §§ 37-39); dei reati, in diritto francese, di tentata violenza sessuale e violenza sessuale consumata (vd. Corte Edu, Miraux c. Francia, 26 settembre 2006, §§ 35-36); dei reati, in diritto svedese, di tentativo di rapina aggravata e rapina aggravata consumata (vd. Corte Edu (dec.), Backstrom e Anderson c. Svezia, 5 settembre 2006); dei reati, in diritto francese, di corruzione passiva e complicità in corruzione passiva (vd. Corte Edu, Feldman c. Francia, 6.6.2002); dei reati, in diritto spagnolo, di corruzione e frode (vd. Corte Edu, Vaque Rafart c. Spagna, 16 aprile 2002); dei reati, in diritto turco, di tradimento contro l'integrità dello Stato e di appartenenza ad organizzazione armata volta a distruggere l'integrità dello Stato (vd. Corte Edu, Sadak e altri, cit., §§ 51-56); dei reati, in diritto magiaro, di malversazione (embezzlement) e truffa (vd. Corte Edu, Dallos c. Ungheria, 1 marzo 2001, § 48); dei reati, in diritto francese, di bancarotta e complicità in bancarotta (Corte Edu, Pélissier e Sassi, §§ 57-59).

A giudizio della Corte Edu deve poi escludersi la sussistenza di una ragionevole e concreta possibilità di difendersi qualora la riqualificazione venga operata, in sentenza, da una giurisdizione suprema o di ultima istanza, senza avvisare le parti di tale possibilità (vd. Corte Edu; Drassich, cit. § 36; Mattei, cit., §§ 37-39; Miraux, cit., § 33).

Conformemente a tale principio la Suprema Corte ha statuito che «nel giudizio di legittimità, il diritto del ricorrente a essere informato in modo dettagliato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico deve ritenersi soddisfatto quando l'eventualità di una diversa qualificazione giuridica del fatto operata dal giudice ex officio sia stata rappresenta al difensore dell'imputato, in modo che la parte abbia potuto beneficiare di un congruo termine per apprestare la propria difesa» (vd. Cass. pen., 15 maggio 2013, Drassich; Cass. pen., 20 dicembre 2013, Racic Cardazzi ed altri; Cass. pen., 25 settembre 2014, Cavallari).

Proprio sotto tale profilo la sentenza che si annota appare aver correttamente e cautamente permesso alla difesa di interloquire sull'eventualità di una riqualificazione, potendosi tuttavia rilevare come, al netto di problematiche di diritto intertemporale legate alla recente modifica della disciplina della concussione, un processo originariamente sorto con un'ipotesi ex art. 317 c.p., poi diversamente riqualificata dai giudici di merito, non ponesse a ben vedere particolari problemi relativi al diritto al contraddittorio, essendo la Corte di legittimità semplicemente ritornata all'originaria qualificazione giuridica, presente dunque all'attenzione della difesa sin dagli albori del procedimento penale.

Peraltro, secondo la Cassazione il giudice di legittimità ha il potere di procedere ex officio alla riqualificazione giuridica del fatto, senza necessità di consentire all'imputato di interloquire sul punto, allorquando nel ricorso presentato dallo stesso tale eventualità sia stata espressamente presa in considerazione, ancorché per sostenere la diversità del fatto da quello contestato e la conseguente violazione dell'obbligo di trasmissione degli atti al P.M. (così Cass. pen., 26 febbraio 2010, Salord).

Di converso, qualora la modifica dell'imputazione o l'aggiunta di nuovi fatti rilevanti avvenga per opera di una giurisdizione di grado inferiore, con relativa possibilità di appellare in merito, la Corte Edu ritiene che i diritti della difesa non possano dirsi compressi con una gravità tale da giustificare una constatazione di violazione dell'art. 6 Cedu (vd. Corte Edu; D.C. c. Italia, cit.)

In termini, secondo la Corte di Cassazione «In tema di correlazione tra accusa e sentenza, la diversa qualificazione giuridica del fatto effettuata dal giudice di appello non determina alcuna compressione del diritto al contraddittorio […] consentendo all'imputato di contestarla nel merito con ricorso per cassazione»(vd. Cass. pen., 11 aprile 2014, Salsi; vd. altresì Cass. pen., 24 maggio 2012, Saviolo; Cass. 4 marzo 2015, B.U. e altri)

Secondo la Corte Edu ad analoghe conclusioni si perviene ove, ad uno stato più o meno avanzato della procedura, l'imputato venga informato della possibile riqualificazione del dei fatti ovvero di fatti nuovi rilevanti relativi all'imputazione ed abbia tempo e facilitazioni sufficienti per riorganizzare le proprie difese in conseguenza

(vd. Corte Edu, Backstrom e Anderson c. Svezia, 5 settembre 2006; Corte Edu (dec.), Papalia, cit.; Corte Edu (dec.) Hermida Paz c. Spagna, 28 gennaio 2003).

In tale ordine di idee la garanzia del contraddittorio in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto, operata dal giudice, è assicurata quando l'imputato abbia comunque avuto modo di interloquire sul tema in una delle fasi del procedimento e, in particolare, anche nell'ipotesi in cui la diversa qualificazione giuridica abbia formato oggetto di discussione nel corso del procedimento incidentale de libertate (vd. Cass. pen., 18 febbraio 2010, Di Gati e altri).

Tuttavia, la semplice circostanza che tale eventualità sia evocata in uno degli argomenti contenuti in atto o nell'arringa della parte civile, non ripreso dal tribunale o dal pubblico ministero, non costituisce un'informazione sufficiente a tale riguardo (vd. sul punto Corte Edu, GC, Pélissier e Sassi c. Francia, 25 marzo 1999, §§ 55-56).

Di converso, qualora la riqualificazione giuridica del fatto sia stata richiesta dal P.M., l'omessa informazione dell'imputato da parte del giudice dell'eventualità che il fatto contestattogli possa essere diversamente definito non comporta violazione dei principi espressi in materia dalla Cedu (vd. Cass. 9 ottobre 2012, Ferrari nonché Cass. 15 maggio 2013, Scudieri e Cass. 22 gennaio 2014, Dolente).

In punto valutazione in concreto del pregiudizio difensivo non si ritiene rientri nella valutazione della Corte Edu lo stabilire quali argomenti l'imputato avrebbe potuto formulare se fosse stato adeguatamente informato della possibilità di riqualificazione dei fatti, essendo sufficiente che sia, in generale, plausibile ritenere che tali argomenti sarebbero potuto essere almeno in parte diversi da quelli utilizzati per respingere l'accusa iniziale (vd. Corte Edu, Mattei, cit., § 41; Sadak e altri, cit., §55; Pélissier e Sassi, cit., § 55-56).

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