Il punto sugli oneri di certificazione di conformità nel ricorso per cassazione

Mauro Di Marzio
29 Gennaio 2018

Ha negli ultimi mesi suscitato ampio scalpore tra i cassazionisti la presa di posizione della Suprema Corte riguardo all'onere gravante sul ricorrente per cassazione, che abbia impugnato un provvedimento depositato o notificato in formato digitale, di depositare a pena di improcedibilità una stampa in cartaceo del provvedimento, e se del caso della relata di notificazione, con la certificazione di conformità del documento analogico a quello digitale. La Corte di cassazione, con due ordinanze pronunciate dalle cd. «sezioni unite di sesta», ha sciolto ogni dubbio sull'effettiva necessità della menzionata certificazione di conformità.
I termini del problema

Ogni lettore sa che il processo telematico e il giudizio di cassazione sono due vasi per ora non comunicanti: lo saranno in un prossimo futuro, ma, attualmente, il giudizio di cassazione è rimasto fuori dal processo telematico (con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria ai sensi del d.m. Giustizia 19 gennaio 2016), sicché si è venuta a creare una soluzione di continuità tra le fasi di merito, che, sia pur entro i limiti previsti, l'avvocato può gestire in digitale da remoto, ossia dal proprio studio, e la fase di cassazione, che segue le regole tradizionali del deposito cartaceo, con implicazioni che, come avrò modo di dire alla fine, non sono state ancora completamente approfondite.

Ora, una volta notificato il ricorso per cassazione, il ricorrente deve depositare a pena di improcedibilità: a) il ricorso entro 20 giorni dall'ultima notificazione (art. 369, comma 1, c.p.c.); b) «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta» (art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c.).

All'epoca del processo cartaceo il ricorrente per cassazione per un verso depositava la copia del ricorso che aveva in precedenza notificato e, per l'altro verso, quanto al provvedimento impugnato con la relazione di notificazione, procedeva così:

  • se il provvedimento impugnato non gli era stato notificato (con conseguente soggezione al termine «lungo»), si recava presso la cancelleria del giudice a quo e si faceva rilasciare copia autentica della sentenza, che allegava al ricorso per cassazione;
  • se il provvedimento impugnato gli era stata invece notificato (con conseguente soggezione al termine «breve»), non aveva bisogno di passare per la cancelleria, e gli bastava allegare la copia notificatagli, con la relata di notificazione, ivi comprese eventuali «cartoline» o plichi necessari a dimostrare la data di perfezionamento della notifica.

Oggi, con l'avvento del processo telematico, si pongono due problemi che devono essere qui esaminati.

Il primo discende dal fatto che i provvedimenti poi suscettibili di ricorso per cassazione possono essere notificati a mezzo PEC. Si tratta allora di chiarire quali adempimenti debba compiere il ricorrente per cassazione per ottemperare al dettato dell'art. 369, comma 2, n. 2, con riguardo all'aspetto dell'autenticità della copia.

Il secondo discende dal fatto che il ricorso per cassazione, oltre che nelle forme tradizionali, può essere notificato anche a mezzo PEC. Si tratta quindi di stabilire come debba essere effettuato, in tal caso, il deposito della copia notificata del ricorso, ai sensi dell'art. 369, comma 1.

Le combinazioni che possono presentarsi

Seguendo l'ordine dell'art. 369 c.p.c., partiamo dal deposito della copia notificata del ricorso. Come ho accennato, la notificazione telematica può essere impiegata anche nei giudizi dinanzi alle autorità giudiziarie (in particolare alla Cassazione) per le quali i depositi telematici non hanno ancora valore legale. E cioè, il ricorrente per cassazione non può predisporre il ricorso in formato digitale, notificarlo via PEC e depositarlo telematicamente. Tuttavia può redigerlo in digitale oppure in cartaceo e farne una copia informatica, notificarla via PEC (ai sensi dell'art. 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53, sulle notifiche fatte dagli avvocati), per poi stampare il tutto e depositare la copia notificata del ricorso con le modalità tradizionali. Di qui sorge il problema degli adempimenti che il ricorrente per cassazione deve osservare per i fini del deposito cartaceo contemplato, come si è detto, dall'art. 369, comma 1, c.p.c..

Quanto al deposito del provvedimento impugnato con la relazione di notificazione possono darsi in astratto, mi pare, cinque distinte ipotesi. Il provvedimento impugnato:

  1. può essere stato depositato dal giudice a quo in cartaceo e non essere stato notificato;
  2. può essere stato depositato dal giudice a quo in formato digitale e non essere stato notificato;
  3. può essere stato depositato dal giudice a quo in formato digitale ed essere stato notificato a mezzo PEC;
  4. può essere stato depositato dal giudice a quo in formato analogico e, previa estrazione di copia informatica, essere stato notificato a mezzo PEC;
  5. può, infine, essere stato depositato dal giudice a quo in formato sia analogico che digitale ed essere stato tuttavia notificato in cartaceo nelle forme tradizionali.

Ora, la prima e l'ultima ipotesi non destano qui alcun interesse. Si tratta di casi in cui tutto avviene nelle forme del vecchio processo cartaceo, sicché si applicheranno le regole che abbiamo prima indicato: il ricorrente si farà a seconda dei casi rilasciare copia autentica del provvedimento impugnato dalla cancelleria del giudice a quo oppure depositerà la copia del provvedimento che gli è stata in precedenza notificata nelle forme tradizionali.

La terza e la quarta ipotesi, poi, devono essere accorpate per il discorso che andiamo facendo. E cioè, gli oneri a carico del ricorrente per cassazione non cambiano a seconda che il provvedimento sia stato depositato dal giudice a quo in formato digitale o analogico. Ed infatti, la notifica telematica è possibile non solo se l'atto da notificare ha formato digitale, ma anche se esso ha formato analogico, nel qual caso ne va soltanto preventivamente estratta una copia informatica. In questo senso va richiamato l'art. 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53, sulle notifiche fatte dagli avvocati, il quale, sulla falsariga della previsione dell'art. 149-bis c.p.c. (qui la notificazione telematica è fatta non dall'avvocato ma dall'ufficiale giudiziario), stabilisce che, quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dalla norma stessa. Dopodiché originale e copia informatica hanno lo stesso identico valore. Perciò, come dicevo, dal punto di vista del ricorrente per cassazione, che abbia in precedenza ricevuto la notificazione del provvedimento da impugnare, non v'è nessuna differenza, a monte, se detto provvedimento sia stato depositato nell'uno o nell'altro formato.

Sicché, in definitiva, le ipotesi in cui si pone il problema che dobbiamo esaminare, quello dell'attestazione di conformità, con riguardo al deposito del provvedimento impugnato con la relazione di notificazione, si riducono a due:

a) quella del provvedimento depositato dal giudice a quo in formato digitale, non notificato;

b) quella del provvedimento, all'origine digitale o analogico, che sia stato notificato telematicamente, a mezzo PEC.

I primi responsi della giurisprudenza

Quello da ultimo indicato è il problema che per primo si è presentato all'esame della Suprema Corte a ridosso della pausa estiva dello scorso anno (con Cass. civ., 14 luglio 2017, n. 17450), in un caso, cioè, in cui il provvedimento oggetto del ricorso per cassazione — non sappiamo e non ci interessa sapere se depositato in cartaceo o in digitale — era stato notificato via PEC. In quell'occasione è stato affermato che, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, della citata legge n. 53/1994, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare nei termini queste ultime presso la cancelleria della Corte.

La stessa questione è poi deflagrata (ne abbiamo dato conto a seguito di Cass. civ., 16 ottobre 2017, n. 24292, con la quale abbiamo immediatamente segnalato l'importanza pratica del problema), quando già aveva provocato una vigorosa reazione del mondo forense (mi riferisco in particolare al comunicato del Consiglio dell'ordine milanese del 12 ottobre 2017, reperibile in questo portale), che ha probabilmente inciso sulla decisione di Cass. civ., 20 dicembre 2017, n. 30622 — che pure ha puntigliosamente chiarito di condividere integralmente i precedenti formatisi sul tema — di sollecitare la rimessione della questione alle Sezioni Unite quale questione di massima di particolare importanza.

Ma, del tutto sensatamente, il Primo Presidente, dopo la pronuncia della coppia di ordinanze della sesta sezione del successivo 22 dicembre di cui parleremo qui, ha disposto la restituzione del fascicolo alla sezione di provenienza, sicché la pronuncia delle Sezioni Unite, almeno per ora, non vi sarà. Insomma, i termini della questione, come li stiamo riassumendo, sono al momento destinati a rimanere fermi.

Il deposito del provvedimento impugnato con la (eventuale) relata di notificazione effettuata a mezzo PEC

La questione del deposito del provvedimento impugnato con la relata di notificazione, effettuata a mezzo PEC, è stata esaminata nei suoi diversi aspetti da Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30765.

In quest'ultima decisione è stato affermato quanto segue:

  • il legislatore ha stabilito che il difensore può estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche, le quali equivalgono agli originali, e certificare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico (per il dettagliato richiamo dei riferimenti normativi si rinvia alla lettura della pronuncia);
  • se, dunque, il provvedimento impugnato per cassazione è inserito nel fascicolo informatico, il difensore può estrarne una copia analogica (in altre parole farne una stampa), certificarne la conformità e depositarla nella cancelleria della Corte di cassazione;
  • se il provvedimento impugnato è stato notificato, poi, il potere di attestare la conformità deriva dai commi 1-bis e 1-ter dell'art. 9 l. 21 gennaio 1994, n. 53, la legge sulle notifiche degli avvocati;
  • il comma 1-bis, in particolare, stabilisce che, qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a mezzo PEC (e, come si è detto, è questo il caso del giudizio di cassazione), l'avvocato effettua una stampa del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati (e cioè del provvedimento impugnato e della relativa relata di notificazione) e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne cerifica la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte;
  • il potere di attestazione della conformità, che in via generale è riconosciuto ai pubblici ufficiali dall'art. 23, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 («Le copie su supporto analogico di documento informatico … hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale … se la loro conformità … è attestata da un pubblico ufficiale»), è stato esteso agli avvocati dall'art. 6 della stessa l. 21 gennaio 1994, n. 53 («L'avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui agli artt. 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all'art. 5, è considerato pubblico ufficiale…»);
  • l'art. 9, comma 1-bis, collegato al comma 1 del medesimo articolo, concerne il notificante, sicché, per superare questa delimitazione, nel 2014 è stato inserito un ulteriore comma nell'art. 9, il comma 1-ter, secondo cui: «In tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis», con la conseguenza che detto potere sussiste anche nei casi in cui egli stesso sia il destinatario della notificazione;
  • in definitiva, se il destinatario della notificazione del provvedimento impugnato intende proporre ricorso per cassazione, deve depositare nella cancelleria della Corte copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati (atto impugnato e relazione di notificazione), e certificare la conformità di tali documenti cartacei agli originali digitali;
  • il deposito del cartaceo, nel senso indicato, va effettuato a pena di improcedibilità nel termine stabilito dalla legge, ossia entro venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione, mentre non si determina alcuna sanatoria nel caso di produzione successiva alla scadenza del detto termine, né rileva la mancata contestazione della controparte.

L'ordinanza in esame contiene una ulteriore importante precisazione.

Una precedente decisione della Suprema Corte, Cass. civ., 9 novembre 2017, n. 26520, in un caso in cui mancava tanto la copia autenticata della notificazione che la copia analogica asseverata del provvedimento impugnato, essendo stata prodotta solo una copia cartacea della sentenza digitale, senza certificazione di conformità, aveva ritenuto sussistere in capo al ricorrente «un duplice onere di certificazione»: oltre all'onere di depositare copia autenticata del messaggio di trasmissione, della relazione di notificazione e del provvedimento impugnato, pervenuti dalla controparte vittoriosa in appello, anche l'ulteriore onere di estrarre direttamente una copia analogica del provvedimento impugnato. Viceversa, Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30765, ha chiarito che tale duplicazione di oneri non sussiste: l'onere di estrarre direttamente la copia del provvedimento impugnato ricorre nel solo caso in cui la sentenza non sia stata notificata, sempre che non si voglia seguire il metodo tradizionale di farsi rilasciare copia autentica dalla cancelleria; al contrario, se al ricorrente per cassazione il provvedimento è stato notificato via PEC dal difensore di controparte, il ricorrente per cassazione deve depositare solo il messaggio PEC ricevuto, con gli allegati (il provvedimento e relazione di notifica), provvedendo alla relativa certificazione di conformità.

Schematicamente, dunque, si danno le possibilità che seguono.

PROVVEDIMENTO DEPOSITATO IN FORMATO ANALOGICO NON NOTIFICATO

Il ricorrente deve depositare la copia autentica del provvedimento rilasciata dalla cancelleria

PROVVEDIMENTO DEPOSITATO IN FORMATO DIGITALE NON NOTIFICATO

Il ricorrente, se non sceglie di depositare la copia autentica del provvedimento rilasciata dalla cancelleria, deve depositare copia analogica (e cioè una stampa estratta dal fascicolo informatico) del provvedimento depositato in formato digitale, con la certificazione di conformità

PROVVEDIMENTO DEPOSITATO IN FORMATO ANALOGICO E NOTIFICATO VIA PEC

Il ricorrente deve depositare copia analogica (e cioè una stampa estratta dal fascicolo informatico) del messaggio di posta elettronica con gli allegati, ossia il provvedimento e la relazione di notificazione, con la certificazione di conformità

PROVVEDIMENTO DEPOSITATO IN FORMATO DIGITALE E NOTIFICATO VIA PEC

Come sopra

PROVVEDIMENTO DEPOSITATO IN FORMATO DIGITALE O ANALOGICO E NOTIFICATO NELLE FORME TRADIZIONALI

Il ricorrente deve depositare la copia notificata nelle forme tradizionali del provvedimento impugnato

Rimando infine, quanto alla certificazione di conformità in generale, a S. Caprio, Certificazione di conformità nel processo civile telematico, in www.ilProcessoCivile, ove sono contenute anche diversi modelli da adoperare allo scopo.

Il deposito del ricorso notificato via PEC

Del deposito del ricorso notificato via PEC si è occupata Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30918. Il caso, da quanto emerge dall'ordinanza, era di un ricorso per cassazione redatto in modalità informatica e sottoscritto con firma digitale, che il difensore aveva provveduto a notificare, depositando infine una stampa del tutto, senza certificazione di conformità.

Qui, valgono in buona sostanza i riferimenti normativi contenuti nell'altra ordinanza, di cui si è già parlato. In particolare l'art. 9, comma 1-bis, l. 21 gennaio 1994, n. 53: «Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche», il che accade per il giudizio di cassazione, «dell'atto notificato a norma dell'art. 3-bis», ossia in modalità telematica, e cioè a mezzo PEC, «l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'art. 23, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82», ossia il Codice dell'amministrazione digitale.

In definitiva, il ricorso per cassazione è improcedibile, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio PEC e relative ricevute, senza certificazione di conformità.

Ulteriori implicazioni

Come abbiamo visto il processo telematico ed il giudizio di cassazione non comunicano.

Ora, è superfluo dire che la Cassazione può avere necessità di leggere atti o ducumenti delle fasi di merito contenuti nel fascicolo d'ufficio. Questo può accadere tanto in caso di denuncia di un error in procedendo, in cui, come si suol dire, la Cassazione è giudice del fatto processuale, e dunque ha accesso diretto agli atti della fase di merito, tanto in caso di denuncia di violazione di legge o di vizio motivazionale, a fini, se necessario, di verifica di quanto esposto in ricorso.

È per questo che l'art. 369, comma 3, impone al ricorrente di chiedere alla cancelleria del giudice a quo la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d'ufficio.

Ma il cancelliere non può trasmettere un bel niente, in caso di processo telematico, poiché la Corte di cassazione non ha modo di ricevere tale materiale.

Per quanto riguarda i fascicoli di parte, invece, occorrerà nuovamente che gli interessati stampino le carte necessarie e ne certifichino la conformità.