Azione a tutela delle parti comuni, litisconsorzio necessario e opposizione di terzo

08 Febbraio 2018

La Cassazione ritorna su un tema complesso, ovvero la sussistenza di litisconsorzio necessario fra i condomini in caso di azioni a tutela delle parti comuni dell'edificio e la facoltà (strettamente connessa alla eventuale necessaria partecipazione al giudizio di tutti i partecipanti al condominio) per il singolo che non abbia partecipato al giudizio di proporre opposizione di terzo alla sentenza. La pronuncia si rifà ad orientamenti più volte espressi...
Massima

Quando un condomino agisca a tutela delle parti comuni dell'edificio, così come quando egli agisca a tutela della sua proprietà individuale, il contraddittorio non deve essere integrato nei confronti degli altri condomini, non versandosi in ipotesi di litisconsorzio necessario, mentre è invece necessaria la partecipazione al giudizio tutti i condomini ove l'azione importi un accertamento sulla proprietà del manufatto oggetto di contesa. Ove il giudice accerti l'illiceità dell'opera posta in essere dal singolo, è altresì preclusa l'azione di terzo che lamenti la perdita di diritti dalla riduzione in pristino.

La questione

La questione giunta all'esame della Corte ha natura peculiare: sorge a Napoli ove una condomina provvede ad opere di sopraelevazione con modifiche al tetto condominiale. Due condomini propongono azione nei suoi confronti, ottenendo condanna alla riduzione in pristino, sia in primo che in secondo grado, pronuncia che viene passa indenne anche il vaglio di legittimità. Proprio in quella sede la Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 2002 n. 10219) evidenzia come alcuni condomini abbiano agito a tutela sia delle loro proprietà individuali che delle parti comuni dell'edificio, chiedendo la riduzione in pristino e il risarcimento del danno, ritenendo lesi i loro diritti dagli interventi di sopraelevazione e ristrutturazione posti in atto da altra condomina; costei ha contestato nel merito l'azione, ritenendo non pregiudizievole l'intervento, ma non ha affermando che il suo titolo di proprietà o altro titolo le consentivano l'operata modificazione sostanziale dei luoghi, con alterazione (anche) dell'aspetto architettonico dell'edificio.

Avverso tale sentenza promuove opposizione di terzo un altro condomino, rimasto estraneo al giudizio fra le parti iniziali e concluso con la condanna alla rimozione della sopraelevazione, assumendo che dalla esecuzione di detta sentenza deriverebbe pregiudizio al suo diritto di condomino, poiché il ripristino della originaria la copertura - che diverrebbe diversa da quella esistente al momento dell'acquisto dell'immobile da parte sua - pregiudicherebbe il suo diritto di servitù di scolo delle acque di canna fumaria.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice di legittimità affronta e risolve in primo luogo la questione dell'azione originaria, per stabilire se la stessa comportasse litisconsorzio necessario e, dunque, debba ritenersi legittima l'opposizione di terzo ritenuta inammissibile dalla Corte d'Appello di Napoli.

A tal proposito la Corte, richiamando alcuni precedenti analoghi, evidenzia che non sussiste litisconsorzio necessario laddove taluni condomini agiscano a tutela delle parti comuni dell'edificio e il resistente eccepisca unicamente la liceità dell'intervento sotto i profili di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c., senza contrapporre un proprio diritto dominicale che consenta tali interventi; si ha invece ipotesi di necessaria partecipazione al giudizio di tutti i condomini ove, in forza delle eccezioni del convenuto il giudizio non sia più limitato alla valutazione della liceità dell'intervento secondo gli ordinari criteri del decoro, della statica e del rispetto del pari godimento altrui ma divenga necessario accertare l'estensione dei rispettivi diritti, in forza del titolo eventualmente invocato dal resistente.

La sentenza in commento - nel negare l'ammissibilità della opposizione di terzo in ipotesi di azioni promosse solo da alcuni condomini a tutela delle parti comuni - richiama proprio il precedente del 2002, reso fra gli originari contendenti e sottolinea che correttamente la Corte d'Appello ha ritenuto l'insussistenza di litisconsorzio necessario fra i condomini poiché nel caso di specie si tratta di mera azione volta alla tutela delle parti comuni dell'edificio.

L'inesistenza di procedimento necessariamente comune esclude dunque la legittimazione a proporre opposizione di terzo, unico rimedio che la legge riconosce al litisconsorte pretermesso (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2015, n. 1238).

Se sotto il profilo processuale il primo rilievo appare dirimente, risulta interessante anche la valutazione che il giudice di legittimità compie circa il lamentato pregiudizio ai diritti di servitù lamentati dall'opponente, che ha acquistato l'immobile nello stato in cui si trovava a seguito della la sopraelevazione ritenuta illegittima.

Osserva la Corte che in realtà l'opponente non ha legittimazione a far valere tale pregiudizio poiché - come già ha evidenziato il giudice di merito di secondo grado - il bene comune tetto deve ritenersi quello preesistente alla modifica giudicata illecita, né può ritenersi sussistere legittimazione dell'opponente ad ottenere una pronuncia che riconosca il suo diritto a vedere mantenute modifiche illecite alla cosa comune: tale garanzia - in forma risarcitoria - potrà semmai essere esercitata dall'opponente unicamente nei confronti del proprio dante causa, che gli ha con ogni evidenza venduto un bene avente connotazioni giuridiche diverse da quelle promesse (art. 1480 c.c.).

Osserva ancora la Corte che non appare dirimente, ai fini di riconoscere una legittimazione attiva dell'opponente, la doglianza che a seguito della remissioni in pristino (ergo, dell'esecuzione della sentenza), deriverebbe la necessità di predisporre nuove tabelle millesimali, con conseguente danno per l'amentata quota di contribuzione in capo al ricorrente: anche tale aspetto - che la corte di merito ha qualificato (senza sollevare censure di legittimità) quale mera conseguenza riflessa dell'attuazione del giudicato, potrà - al più dar luogo ad azione fra il nuovo condomino e il suo dante causa, ove l'attore dimostri che aveva ravvisato in quella consistenza millesimale un fattore determinante per la conclusione dell'acquisto.

Osservazioni

La pronuncia ha il pregio di tracciare in maniera netta la linea di discrimine fra ipotesi di litisconsorzio necessario nell'ambito delle azioni a tutela delle parti comuni in condominio, ribadendo un orientamento che appare sostanzialmente immutato - seppur con diverse sfumature - da circa un trentennio (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 2008, n. 8546, Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1997, n. 12255; Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1995, n. 13064; Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1994, n. 6699; Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1988, n. 3930; Cass. civ., sez. II, 5 dicembre 1987 n. 9043).

Va osservato che, a contrario, l'argomento è stato affrontato anche assai di recente dalla corte di legittimità, che ha confermato l'assunto dell'assenza di litisconsorzio necessario nelle azioni a tutela del condominio, sussistendo invece tale presupposto ove l'azione di riduzione in pristino riguardi invece un bene comune a più soggetti, ovvero ove la stessa azione venga proposta in sede di comunione.

Solo apparentemente la pronuncia (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2017, n. 4193) potrebbe apparire in contrasto con il consolidato principio sopra esaminato, laddove afferma che l'azione a tutela del decoro architettonico dell'edificio in condominio ha natura reale e, qualora venga esercitata ai sensi dell'art. 1122 c.c., ovvero con riferimento ad opere eseguite dal condominio nella propria unità immobiliare, comporta litisconsorzio necessario ove tale unità sia in comproprietà fra più soggetti: nel caso di specie si trattava della richiesta di rimozione di due pensiline installate a servizio di una unità immobiliare, ritenute lesive del decoro architettonico e per le quali la sentenza è stata pronunciata contro uno solo dei comproprietari del bene (mentre si trattava di unità in comproprietà fra coniugi); in tal caso sussiste litisconsorzio necessario fra i comproprietari, trattandosi di causa inscindibile per ragioni sostanziali: la condanna all'abbattimento incide sulla esistenza stessa dell'oggetto in comproprietà a persone rimaste estranee al processo (Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2000, n. 5333).

È evidente come si tratti di situazioni e valutazioni affatto diverse rispetto a quella della sentenza in commento, trattandosi in un caso di azione posta a tutela del bene comune ed esercitabile da singoli condomini, nell'altro di azione volta all'eliminazione di un bene comune a più persone, con incidenza diretta della pronuncia sul diritto dominicale esclusivo del soggetto rimasto estrano al giudizio.

Guida all'approfondimento

Baldacci, Il litisconsorzio nelle vertenze condominiali, in Ventiquattrore avvocato, 2015, fasc. 6, 15;

Celeste, Il litisconsorzio necessario dei condomini: tutti per uno, uno per tutti?, in Immob. & proprietà, 2014, 48;

Benigni, Brevi note su litisconsorzio necessario e azioni a tutela della res comune, in Giur. it., 2014, 1397;

De Tilla, Azione del comproprietario e litisconsorzio necessario, in Rass. loc. e cond., 1999, 657;

Trocker, Litisconsorzio necessario e ordine di integrazione del contraddittorio nell'actio negatoria servitutis in materia condominiale, in Giur. it., 1985, I, 1, 942.

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