Procedimento europeo per le controversie di modesta entità

Cristina Asprella
09 Febbraio 2018

Il reg. 861/2007, in vigore dal 1° gennaio 2009 per tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca, rientra nel quadro del programma di cooperazione giudiziaria in materia civile ex art. 65 Trattato UE. La normativa detta un procedimento uniforme a cognizione piena ed esauriente, alternativo, rispetto a quelli previsti dai singoli diritti processuali nazionali, caratterizzato dalla necessità di utilizzare moduli predisposti ad hoc dal legislatore comunitario, così come modificati dal regolamento 1259/2017.
Inquadramento

Il reg. 861/2007, in vigore dal 1° gennaio 2009 per tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca, rientra nel quadro del programma di cooperazione giudiziaria in materia civile ex art. 65 Trattato UE.

La normativa detta un procedimento uniforme a cognizione piena ed esauriente, alternativo, rispetto a quelli previsti dai singoli diritti processuali nazionali, caratterizzato dalla necessità di utilizzare moduli predisposti ad hoc dal legislatore comunitario, così come modificati dal regolamento 1259/2017. È pertanto un giudizio a trattazione essenzialmente scritta.

Lo scopo avuto di mira con questo procedimento punta ad eliminare le differenze tra i diritti processuali degli Stati membri: il regolamento munisce tutti gli Stati di un processo con le caratteristiche su accennateprevisto appositamente per le controversie di modesta entità; un processo idoneo a concludersi con una sentenza condannatoria che è titolo esecutivo europeo.

Il considerando n. 7 del regolamento sottolinea che le differenze esistenti tra i diritti processuali nazionali dei singoli Stati membri erano state reputate idonee a determinare una distorsione della concorrenza nel mercato interno e quindi avevano reso necessario dettare una normativa comunitaria che garantisse parità di condizioni per i creditori in tutta l'Unione.

L'obiettivo finale dell'adozione del procedimento europeo per le controversie di modesta entità è quindi quello ambizioso di agevolare l'accesso alla giustizia per ovviare alle distorsioni della concorrenza nel mercato interno derivante dagli squilibri nel funzionamento dei procedimenti a disposizione dei creditori dei vari Stati membri; questo obiettivo viene perseguito adottando una normativa comunitaria che, nell'intento del Parlamento europeo e del Consiglio, garantisce condizioni paritarie per i debitori e i creditori dell'Unione europea.

La procedura è, come vedremo, caratterizzata dalla prevalenza della forma scritta (un'udienza è stabilita soltanto se il giudice la ritiene necessaria o comunque non superflua); dalla rapidità (con la fissazione di termini temporali piuttosto stretti per il suo completamento). Il procedimento è per le parti non un obbligo ma una semplice alternativa rispetto ai procedimenti previsti dalla normativa vigente all'interno degli Stati membri. La sentenza emessa all'esito di tale procedura è immediatamente esecutiva nello Stato in cui viene resa. Inoltre, la decisione è riconosciuta ed eseguita in un altro Stato Membro senza necessità di adire l'autorità giudiziaria locale per ottenere il relativo exequatur, atteso che il regolamento elimina i procedimenti intermedi necessari per il riconoscimento e l'esecuzione in uno Stato membro di sentenze rese in altro Stato membro rispetto al procedimento per le controversie di modesta entità. Aderisce a tale procedimento anche il Regno Unito (a norma dell'art. 3 e 4-bis par. 1 protocollo 21 allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea).

Sfera applicativa

Il procedimento riguarda le controversie in materia civile e commerciale non eccedenti i 2000 euro, per le richieste presentate fino al 14 luglio 2017 data in cui è entrato in vigore il reg. (UE) 2015/2421, ed i 5000 euro successivamente a tale data (nozione di materia civile e commerciale che non coincide né con quella di cui all'art. 1 del reg. 44/2001 né con l'art. 1 del reg. 1215/2012 che ne ha ampliato gli ambiti, perché alcune controversie ne sono escluse e, in particolare, quelle contemplate all'art. 2, par. 2, lett. f), g), h)). Si può trattare, in particolare, di pretese al pagamento di una somma di denaro, alla consegna di una determinata quantità di cose fungibili ovvero alla consegna di una cosa mobile determinata sempre di valore non superiore a quanto previsto nei Regolamenti. Vi sono, tuttavia, materie escluse de jure, ossia la materia fiscale, doganale o amministrativa ovvero la responsabilità dello Stato per atti e omissioni nell'esercizio dei poteri pubblici nonché controversie specificamente indicate dal regolamento e relative allo stato e alla capacità giuridica delle persone fisiche; al regime patrimoniale dei coniugi o su rapporti comparabili al matrimonio, ai testamenti comprese le obbligazioni alimentari mortis causa, alle successioni e agli obblighi alimentari derivanti da rapporti di famiglia, parentela, matrimonio o di affinità; ai fallimenti, ai procedimenti liquidativi di imprese e persone giuridiche insolventi, agli accordi giudiziari, ai concordati e alle procedure consimili; alla sicurezza sociale; alle procedure arbitrali; al diritto del lavoro; all'affitto di immobili, escluse le controversie relative a somme di denaro; alla violazione della vita privata e dei diritti della personalità, inclusa la diffamazione.

La determinazione del valore della controversia deve essere effettuata nel momento in cui l'organo giurisdizionale riceve la domanda giudiziale. Secondo quanto previsto dall'art. 2 reg. 861/2007, così come modificato dal reg. (UE) 2015/2421, nel computo del valore della causa non devono essere calcolati gli interessi, i diritti e le spese.

Riguardo all'entità del credito pecuniario parte della dottrina ha evidenziato come uno dei problemi applicativi suscettibili di verificarsi nella prassi riguarderà la possibilità di frazionare il credito, fornendo al riguardo, alla luce della recente giurisprudenza della Suprema Corte, una risposta negativa (è noto infatti che Cass. civ., Sez. Un. 15 novembre 2007, n. 23726 ha reputato il frazionamento del credito contrario alla regola generale di correttezza e buona fede, in quanto consistente in un abuso del processo)

Il reg. 861/2007 detta disposizioni specifiche con riferimento alla tipologia di tutela che può essere richiesta dalla parte e fornita dal giudice e, di conseguenza, il procedimento può concludersi indifferentemente con una tutela di condanna o con una tutela di accertamento mero, restando inteso, alla luce dei principi generali, che solo la prima potrà portare alla formazione del titolo esecutivo europeo. Va però evidenziato come il modulo A (da utilizzare per la proposizione della domanda giudiziale) è formulato in modo tale da prospettare sempre la richiesta concernente un'obbligazione pecuniaria come una richiesta di tutela condannatoria. Nel punto 7 del modulo A si parla, infatti, di «somma di denaro di cui si chiede il pagamento»).

É invece possibile chiedere una tutela di accertamento mero rispetto alle domande relative alla consegna di cose mobili. Infatti il punto 7.2.1 del modulo A prevede che l'attore precisi «il tipo di tutela richiesta» (in questo secondo caso, dunque, lo stampato predisposto dal legislatore comunitario non indica già ex ante il tipo di tutela processuale richiesta).

L'ulteriore presupposto che deve essere soddisfatto affinché sia possibile utilizzare il procedimento in questione è che si tratti di una controversia transfrontaliera. Si verte in presenza di una controversia transfrontaliera quando almeno una delle parti (sia l'attore che il convenuto) abbia il domicilio ovvero la residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello dell'organo giurisdizionale adito, condizione deve essere integrata al momento in cui l'organo giurisdizionale ha ricevuto il modulo della domanda.

Il regolamento non contiene una definizione della nozione di domicilio sicché sarà necessario determinarla sulla base delle previsioni del reg. 44/2001, sostituito dal 10 gennaio 2015 con il regolamento cd. Bruxelles I-bis, ossia reg. 1215/2012 e quindi, per le persone giuridiche varrà la definizione di cui all'art. 60 reg. 44/2001 (attualmente art. 63 reg. 1215/2012), per le persone fisiche varrà la nozione di domicilio accolta dalla legge sostanziale del luogo in cui svolge il processo, ex art. 59 reg. 44/2001, attualmente art. 62 reg. 1215/2012. Il regolamento non definisce nemmeno il concetto di «residenza abituale» né in proposito è possibile far riferimento al reg. 44/2001 e al successivo reg. 1215/2012, che non contengono una simile qualificazione. Tuttavia vi sono altri regolamenti comunitari che definiscono la «residenza abituale» (ad es., l'art. 19 del reg. Roma I).

Competenza e giurisdizione

É invece la normativa processuale dei singoli Stati a determinare il giudice munito di competenza, una volta che si sia individuato il giudice che ha giurisdizione rispetto alla controversia.

Tendenzialmente nel nostro ordinamento, la competenza per le controversie entro i 5000 euro è attribuita per valore al giudice di pace; sono però comprese nell'ambito applicativo del regolamento 861 anche cause che spettano alla competenza per materiadel tribunale: le controversie relative al pagamento di somme di denaro in materia di locazioni d'immobili e di affitto di azienda, così come delle domande in materia di diritto della navigazione, in particolare per i danni dipendenti da urto di navi ovvero cagionati da navi nell'esecuzione delle operazioni di ancoraggio e di ormeggio e di qualsiasi altra manovra nei porti o in altri luoghi di sosta, etc. ai sensi dell'art. 589 cod. nav.. Infine, la Corte d'appello è competente per materia in unico grado per le domande di risarcimento dei danni per intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante (art. 33 l. 10 ottobre 1990, n. 287).

Non è dettata alcuna disposizione specifica in tema di translatio iudicii per poter conservare gli effetti processuali e sostanziali della domanda in caso di erronea individuazione del giudice munito di giurisdizione; né è possibile ritenere applicabile la normativa interna.

Domanda introduttiva

L'art. 4 regolamento stabilisce le modalità di introduzione del procedimento europeo per le controversie di modesta entità prevedendo che l'attore compili un modulo di domanda standard e presentandolo all'organo giurisdizionale competente direttamente ovvero tramite posta o ulteriori mezzi di comunicazione, specificamente elencati, quali il fax o la posta elettronica.

Il modulo di domanda deve contenere una descrizione delle prove a sostegno della domanda e, se ritenuto opportuno dall'attore, deve essere accompagnato dai documenti giustificativi. Se le informazioni contenute nel modulo non sono pertinenti o non sufficientemente chiare o il modulo non è compilato correttamente, viene concessa all'attore la possibilità di completarlo ovvero di rettificarlo. Ciò a meno che la pretesa sia manifestamente infondata o la domanda irricevibile, ovvero l'attore non completi o rettifichi il modulo di domanda nel termine stabilito, sicché la domanda stessa viene respinta. Da notare che la previsione unifica ipotesi che nel nostro ordinamento sono ben distinte, quella relativa alla inammissibilità della domanda e quella relativa al rigetto della domanda, prevedendo sic et simpliciter che la domanda sia «respinta». L'uso del verbo respingere è utilizzato in senso atecnico dovendosi ritenere che, almeno nel nostro ordinamento, la mancanza delle condizioni di ammissibilità della domanda conduca ad una declaratoria, per l'appunto, di inammissibilità mentre l'infondatezza della domanda stessa debba portare ad una pronuncia di rigetto nel merito. Da sottolineare che è lo stesso organo giurisdizionale ad informare l'attore se il rigetto può formare oggetto d'impugnazione.

Dopo aver ricevuto il modulo di domanda compilato spetta all'organo giurisdizionale compilare la parte I del modulo di replica standard «C» di cui all'allegato III; una copia del modulo di domanda e dei documenti giustificativi, insieme con il modulo di replica così compilato, sono notificati al convenuto.

Come risulta evidente già dall'impostazione delle norme finora esaminate, l'intero procedimento europeo per le controversie di modesta entità si deve svolgere in forma scritta. L'udienza è tenuta solo se il giudice lo ritiene necessario ovvero su richiesta di una delle parti. Il giudice può comunque rigettare la richiesta di udienza se ritiene che, tenuto conto delle circostanze del caso, essa sia «manifestamente superflua per l'equa trattazione del procedimento». Si prevede che il rigetto debba essere motivato per iscritto ma che non sia autonomamente impugnabile e che, quindi, vada impugnato solo insieme alla sentenza che definisce la controversia. Questa necessaria trattazione scritta - salvo eccezioni - della controversia, introdotta, inoltre, in forma scritta, differenzia il modello di trattazione e decisione dalle similari - ma non analoghe - previsioni interne. La «prima udienza» prevista dall'art. 320 c.p.c. per il giudizio innanzi al giudice di pace è, infatti, necessaria ed è l'ultima utile per la definitiva formazione del thema decidendum; la successiva udienza di cui parla l'art. 320 al comma 4, ossia l'udienza che il giudice può fissare per una volta sola quando sia reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza può servire solo ed esclusivamente: «per ulteriori produzioni e richieste di prova». La giurisprudenza di legittimità ha chiarito al riguardo che l'art. 320 c.p.c. concentra nella prima udienza tutta l'attività processuale delle parti (quali la precisazione dei fatti, la produzione dei documenti e le richieste istruttorie), consentendo il rinvio a successiva udienza solamente quando, in relazione all'attività svolta, risultino necessarie ulteriori produzioni o richieste di prove. Ne consegue che all'udienza che venga tenuta successivamente alla prima rimane precluso al convenuto proporre domanda riconvenzionale, né, ove rimasto contumace alla prima udienza e costituitosi solo a quest'ultima, gli è consentito svolgere attività difensiva diversa dalla mera contestazione delle pretese avversarie e delle prove addotte a sostegno delle medesime, come pure gli è precluso di chiamare un terzo in causa. Le suindicate preclusioni processuali non sono derogabili nemmeno da parte del giudice di pace, che non può rinviare la prima udienza al fine di consentire alle parti l'espletamento di attività precluse, trovando tale sistema fondamento e ragione nell'esigenza di garantire la celerità e la concentrazione dei procedimenti civili, a tutela non solo dell'interesse del singolo ma anche di quello della collettività.

Pare che l'intero procedimento ad introduzione e successiva trattazione scritta ricalchi, a grandi linee, almeno nella struttura di base, il medesimo modello avuto presente dal nostro legislatore nell'introduzione del rito societario che, come è noto, fino all'istanza di fissazione e alla successiva udienza si svolge per iscritto e secondo il modello della replica e controreplica con notifica e deposito in cancelleria.

Difese del convenuto

Anche la costituzione del convenuto deve avvenire nel termine di trenta giorni dalla notifica dei moduli di domanda e di replica, compilando il modello ad hoc, corredato, ove ritenuto opportuno, dai documenti giustificativi pertinenti. La formulazione della norma di cui all'art. 5 del regolamento sembra consentire al convenuto una redazione della replica non necessariamente su modello standard ma in qualsiasi altro «modo adeguato», purché la replica sia trasmessa all'organo giurisdizionale competente.

Si prevede che entro un termine peculiare, ossia quattordici giorni dalla ricezione della replica del convenuto, sia l'ufficio dell'organo giurisdizionale competente ad inviarne una copia all'attore, insieme con gli eventuali documenti giustificativi pertinenti. Anche in questo caso la formulazione della norma lascia residuare qualche perplessità, visto che sembra consentire la trasmissione della replica non accompagnata da «tutti» i documenti pertinenti ma solo «insieme ad eventuali documenti giustificativi pertinenti»: se è, infatti, l'organo giurisdizionale a trasmettere la replica, pare alquanto strano che esso possa trasmetterla allegando solo alcuni dei documenti prodotti dal convenuto a supporto della propria replica, quasi che il giudice avesse già potuto fare una cernita dei documenti «rilevanti» ed «ammissibili» ai fini della decisione. Probabilmente il senso della disposizione è un altro e la trasmissione della replica deve avvenire corredata da tutti i documenti giustificativi prodotti dal convenuto.

Anche per le domande riconvenzionali vale il principio della trattazione scritta, prevedendosi l'uso del modulo standard «A» e prevedendosi, altresì, che l'attore abbia trenta giorni di tempo dalla data della notifica per replicare alle domande riconvenzionali del convenuto. Si prevede, in linea con la regola generale posta dal regolamento per la determinazione del valore della controversia, che se la domanda riconvenzionale eccede il limite per l'applicazione dello speciale procedimento europeo, sia la domanda principale che la riconvenzionale siano esaminate non più secondo il procedimento ad hoc dettato dal regolamento ma secondo le norme processuali vigenti nello Stato membro in cui il procedimento ha luogo.

Conclusione del procedimento e sentenza

Entro trenta giorni dalla ricezione della replica del convenuto o dell'attore, il giudice emette una sentenza se, si presume, ritiene di poter decidere allo stato degli atti. Oppure, ai sensi dell'art. 7 regolamento, chiede alle parti dettagli ulteriori sulla controversia entro trenta giorni; assume le prove a norma dell'art. 9; ordina la comparizione delle parti ad un'udienza che deve essere tenuta entro trenta giorni dall'ordinanza. Successivamente a tali eventuali adempimenti il giudice emette la sentenza nel rispetto del solito termine di trenta giorni. In mancanza di «replica» del convenuto il giudice decide sulla sola domanda principale; in mancanza di replica dell'attore alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto sulla domanda riconvenzionale. Il comma 3 dell'art. 7 sembra limitare la decisione alla sola domanda principale «o» alla domanda riconvenzionale in mancanza di repliche; logica vuole che il giudice debba decidere sia sulla domanda principale che sulla riconvenzionale in caso di mancata replica da parte dell'attore alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto (la mancata replica, infatti, in quest'ultimo caso, non può equivalere ad abdicazione dalla richiesta di condanna avanzata con la domanda principale).

Per quanto concerne l'eventuale istruzione probatoria, l'art. 9 regolamento contiene un rinvio alla normativa nazionale quanto ai mezzi di assunzione delle prove e alle prove ritenute «indispensabili» dal giudice ai fini della decisione. Si conferisce, tuttavia, ampio spazio alle prove «atipiche» atteso che si consente al giudice di assumere prove tramite dichiarazioni scritte dei testi, degli esperti o delle stesse parti o, ancora, tramite videoconferenza o ulteriori mezzi tecnologici di comunicazione. La semplificazione del procedimento imposta dal regolamento non può, tuttavia, comportare una rinuncia ai principi cardine del nostro ordinamento: in proposito, pertanto, dovrà valere il limite dell'impiego corretto delle prove atipiche. Il giudice, in sostanza, alla stregua della regola interna, non potrà utilizzare come atipiche prove tipiche illegittime, perché viziate nella formazione o escluse dalle norme vigenti; e, comunque, deve ritenersi che l'assunzione della prova atipica debba avvenire nel contraddittorio delle parti, sia pure in forma «scritta». Il giudice dovrà, inoltre, motivare adeguatamente l'efficacia e la attendibilità della prova atipica eventualmente assunta.

Si pone, inoltre, una limitazione all'ammissibilità delle prove costituende maggiormente dispendiose in termini di durata del procedimento: a tal fine si stabilisce che la prova testimoniale o una consulenza tecnica possano essere disposte solo se non è possibile emettere la sentenza sulla base di altre prove.

La regola generale è quella secondo cui «l'organo giurisdizionale ricorre al metodo di assunzione delle prove più semplice e meno oneroso».

Nulla dispone il regolamento quanto ai criteri di valutazione delle prove stesse, riferendosi genericamente alla acquisizione di «elementi di prova». Non par dubbio che la valutazione delle prove assunte nel corso del giudizio debba comunque aver luogo secondo i criteri interni non potendosi, pertanto, disattendere le risultanze di una prova legale ovvero ritenere vincolante una prova libera.

Si prevede, inoltre, che la rappresentanza di un avvocato o di «altro professionista del settore legale» non sia obbligatoria: la previsione coincide solo parzialmente con l'esonero dall'obbligo della difesa tecnica previsto in Italia per le sole controversie di valore non superiore a poco più di cinquecento euro nonché con la norma che stabilisce la necessità del giudizio secondo equità per le controversie di valore non superiore a poco più di mille euro.

Proprio il confine con la decisione secondo equità commessa al giudice di pace nelle controversie italiane di valore pari ad un quinto di quello prescritto per l'applicazione del regolamento n. 861 pone il dubbio quanto alle modalità decisorie, ossia se detto giudizio equitativo possa essere applicato nelle controversie sottoposte allo speciale procedimento europeo anche in deroga al limite di valore prescritto dal regolamento. Deve ritenersi, almeno in prima battuta, in linea con le previsioni del nostro ordinamento, che la decisione equitativa sia possibile solo se la controversia trattata secondo la procedura «europea» non superi il limite di valore previsto dall'art. 113, comma 2, c.p.c.; diversamente essa dovrà essere decisa secondo diritto.

Le spese seguono la soccombenza alla stregua della regola generale ma non possono essere liquidate alla parte vittoriosa spese ritenute «superflue» o «sproporzionate» rispetto al valore della controversia.

Impugnazioni

Il regolamento prevede, all'art. 17, che siano gli Stati membri ad informare la Commissione sulla possibilità di impugnazione contro una sentenza resa nell'ambito del procedimento europeo istituito dal regolamento stesso; ne deriva che i mezzi di impugnazione sono gli stessi previsti dall'ordinamento interno avverso le sentenze pronunciate dall'autorità giurisdizionale competente e nei limiti del relativo valore. Va da sé che le regole a presidio del mezzo di impugnazione saranno le stesse che lo disciplinano nell'ordinamento dello Stato membro considerato, i.e. con riferimento ai termini, ai motivi, agli effetti.

Si prevede, tuttavia, la possibilità di un «riesame» della sentenza e ciò, si ritiene, indipendentemente dalle possibilità concrete di impugnazione della stessa. Quali siano i rapporti tra l'impugnazione e il riesame è questione non risolta dal regolamento: mi domando, cioè, se il previo riesame, nei casi previsti dall'art. 18, possa configurarsi come una condizione di procedibilità dell'impugnazione ovvero di ammissibilità della stessa; se la proposizione del riesame sospenda o meno i termini per impugnare ovvero essi decorrano ugualmente; se la sentenza pronunciata all'esito del riesame sia o meno impugnabile con gli stessi strumenti che soccorrevano contro la sentenza di prime cure. In questa sede e in difetto di dati anche giurisprudenziali si può essere indotti a ritenere che nei casi previsti dall'art. 18 il riesame sia una condizione di procedibilità dell'impugnazione, ossia che il regolamento tenda ad imporre al convenuto la necessaria proposizione di un riesame allo stesso giudice competente per il procedimento di prime cure, con contestuale sospensione del termine per le impugnazioni previste dallo Stato membro; la ragione di questa interpretazione risiede nelle esigenze di celerità alla base del procedimento europeo che sarebbero sminuite se non inficiate dalla mancata previsione di una procedura altrettanto celere e snella per la considerazione delle ragioni del convenuto cui non sia stato notificato personalmente il modulo di domanda o la citazione a comparire; cui la notificazione e/o comunicazione siano state effettuate in tempo non utile per consentirgli di presentare la propria replica tempestivamente; che non abbia avuto la possibilità di contestare la domanda per caso fortuito o forza maggiore o, comunque, per ragioni a lui non imputabili. Si stabilisce che in tutti questi casi egli debba «agire tempestivamente»: che cosa ciò significhi è dato difficile da discernere. Si può ritenere che gli stessi termini previsti per il procedimento si applichino, per analogia, alla proposizione del riesame e che, quindi, sia tempestivo un riesame proposto entro trenta giorni dall'emanazione del provvedimento finale. Sarebbe, in realtà, auspicabile una disciplina uniforme ad hoc rispetto al termine per il riesame, per evitare differenziazioni tra le relative procedure nell'ambito dei singoli Stati membri.

Riconoscimento ed esecuzione

La sentenza resa all'esito del procedimento europeo è riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro senza necessità di una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento, pertanto, automatico. Su richiesta di una parte l'organo giurisdizionale rilascia il certificato relativo ad una sentenza emessa nell'ambito del detto procedimento.

L'art. 21 regolamento prevede che i procedimenti esecutivi siano disciplinati dalla legge dello Stato membro di esecuzione. Le sentenze rese all'esito del procedimento europeo per le controversie di modesto valore sono eseguite alle stesse condizioni di una qualunque altra sentenza resa nello Stato membro di esecuzione.

La parte che richiede l'esecuzione deve fornire una copia autentica della sentenza; una copia del certificato di cui all'art. 20, par. 2 ovvero una traduzione nella lingua ufficiale dello Stato membro o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui è chiesta l'esecuzione. Si prevede che alla parte che chiede l'esecuzione della sentenza conclusiva del procedimento europeo per le controversie di modesta entità in un altro Stato membro, non possano essere chieste cauzioni, garanzie o depositi a causa della qualità di straniero o per mancanza di domicilio o residenza nello Stato membro di esecuzione.

Non è possibile impugnare il rilascio del certificato. Per poter eseguire la pronuncia è necessario il modulo D che può essere rilasciato sia dal giudice di primo grado che dal giudice adito in sede di gravame. Va precisato inoltre che tale normativa è applicata nelle conciliazioni giudiziarie approvate dall'organo giurisdizionale e concluse sempre nell'ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità.

La sentenza è esecutiva a prescindere dalla possibilità di impugnazione, senza necessità di cauzione. Si prevede, all'art. 23 regolamento, che se la sentenza è stata impugnata ovvero ancora pendono i termini per la sua impugnazione, o è stato chiesto il «riesame» ai sensi dell'art. 18, il giudice o l'autorità competente dello Stato di «esecuzione», su istanza di parte, possa limitare il procedimento esecutivo ai provvedimenti di tipo conservativo; subordinare l'esecuzione alla prestazione di una cauzione; sospendere, eccezionalmente, il procedimento esecutivo in corso. Si prevede, altresì, a norma dell'art. 22, che l'esecuzione possa essere rifiutata dallo Stato in cui viene richiesta, se vi è contrasto con una precedente sentenza pronunciata in uno Stato membro o in un paese terzo, purché abbia lo stesso oggetto e le stesse parti; la sentenza anteriore sia stata pronunciata nello Stato di esecuzione o soddisfi le condizioni per il riconoscimento in questo Stato; la parte contro cui è eseguita la sentenza non abbia eccepito, ovvero non abbia avuto la possibilità di eccepire detto contrasto nel procedimento che si è svolto dinanzi al giudice che ha emesso la sentenza.

Riferimenti bibliografici
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