Nessuna violazione della privacy per la rivelazione del patrimonio del correntista
27 Febbraio 2018
IL CASO Gli eredi di un correntista deceduto si rivolgono al Tribunale di Bassano del Grappa per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della rivelazione del patrimonio del congiunto, avvenuta ad opera del Presidente del Collegio sindacale durante l'assemblea dei soci della Banca di Marostica. In quell'occasione, il bancario era stato chiamato in causa per un presunto investimento abusivo in titoli ad alto rischio, effettuato utilizzando i fondi del danneggiato, ed aveva rivelato l'entità del patrimonio del correntista, stimata in 10 miliardi di vecchie lire, insinuando altresì dubbi sulla provenienza di tale denaro. La figlia dell'allora Presidente viene citata in giudizio come convenuta. Il Tribunale di Bassano del Grappa prima, e la Corte d'appello di Venezia poi, rigettano la domanda. Gli eredi del correntista ricorrono ora in Cassazione, sulla base di tre motivi.
NESSUNA VIOLAZIONE DELLA RISERVATEZZA In particolare la Corte d'appello aveva ritenuto che il Presidente non avesse commesso alcun fatto illecito poichè non era stata violata la riservatezza del correntista, né il segreto bancario. Solo per difendere l'operato del collegio sindacale era stato pubblicamente rivelato il patrimonio del risparmiatore, posto che la necessità di affrontare l'argomento era stata diretta conseguenza dell'intervento dell'attrice. Inoltre, dal tenore letterale delle affermazioni incriminate, non poteva argomentarsi alcuna accusa di diffamazione.
I DATI SENSIBILI EX L. N. 675/1996 In particolare, con il secondo motivo di ricorso, gli eredi del correntista denunciano, ex art. 360 c.p.c., la violazione degli artt. 15 e 24 d.lgs. n. 196/2003; rivelando il patrimonio, il Presidente del collegio sindacale avrebbe violato i dati sensibili del risparmiatore. La Cassazione rigetta il motivo e dichiara che l'entità del patrimonio di una persona non costituiva un dato sensibile, divulgabile solo col consenso del titolare, secondo la legge vigente all'epoca dei fatti, ossia l'art. 22 della l. 675/1996. In tale contesto normativo, sensibili potevano essere considerati solo i dati riguardanti «l'origine raziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche , l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni di carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».
CONVERSAZIONE TRA PERSONE FISICHE Inoltre, conclude la Corte, la rilevazione del patrimonio era avvenuta durante una conversazione tra due persone fisiche, e ciò, secondo quanto previsto dall'art. 3 l. n. 675/1996, non costituisce alcun trattamento dei dati personali. La Corte rigetta il gravame e condanna i ricorrenti anche al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
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