Le notifiche via PEC degli atti impositivi (seconda parte): lo stato dell'arte sulla giurisprudenza
28 Febbraio 2018
Premessa
Nella prima parte del presente approfondimento si è posto l'accento sul fatto che, ai sensi dell'art. 20 del Codice dell'Amministrazione Digitale (C.A.D.), di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (nello stesso senso anche l'articolo 21, primo comma). Inoltre, se è vero che il d.P.C.M. 13 novembre 2014 (recante le regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici, nonchè di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli artt. 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell'Amministrazione digitale di cui al D.Lgs. n. 82/2005) individua, tra i vari formati dei file, nel PDF/A quello in grado di garantire il contenuto del documento, è il formato .p7m, ottenuto dall'apposizione della firma digitale,quello che, a parere della giurisprudenza maggioritaria di merito, ne garantisce la provenienza. Vediamo, dunque, in quale direzione si sono mosse le Commissioni Tributarie sia di primo che di secondo grado, nelle numerose sentenze degli ultimi mesi.
La semplice scansione in pdf non soddisfa i requisiti di ordine sia tecnico, che giuridico previsti dalla normativa ed è, pertanto, causa di nullità dell'atto. È questa la conclusione a cui è giunta la CTP di La Spezia con sentenze 9 ottobre 2017 n. 420 e 5 ottobre 2017 n. 415, con le quale i giudici hanno evidenziato che la copia informatica di un documento analogico, ancorchè notificato a mezzo p.e.c., non soddisfa i requisiti di autenticità e conformità prescritti dalla norma. La notifica a mezzo p.e.c., dunque – e questo rappresenta un primo, rilevante profilo di analisi – non garantisce, di per sé stessa, il contenuto e la formazione del documento da parte del notificante; la certezza dell'invio e della ricezione del messaggio di posta elettronica certificata, infatti, non determina altrettanto in relazione al documento che ne è allegato, con la conseguenza di renderlo sindacabile in sede processuale.
Proprio in virtù di questo, la Commissione di La Spezia, accertato che la cartella esattoriale allegata alla PEC e notificata sotto forma di documento informatico risultava essere un semplice file ".pdf", privo dell'estensione p7m, ha escluso che la stessa fosse idonea a garantire, con assoluta certezza, da una parte l'identificabilità del suo autore e la paternità dell'atto e, dall'altra, la sua l'integrità e immodificabilità, concludendone per l'annullamento.
Al medesimo risultato è giunta anche la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, con sentenza 25 settembre 2017, n. 4124. In particolare, i giudici campani hanno evidenziato come non sia sufficiente a garantire la correttezza della notifica l'invio della copia informatica dell'originale (come definita dall'art. 23-bis del D.Lgs. n. 82/2005 – Codice dell'Amministrazione Digitale) o la copia informatica del documento analogico (ex art. 22 del C.a.d.), che abbisognano entrambe dell'attestazione di un pubblico ufficiale autorizzato per essere ritenute conformi all'originale.
Per questa ragione, la commissione salernitana ha escluso la validità della copia cartacea della cartella di pagamento, che avrebbe dovuto essere sostituita dal corrispondente documento informatico, come individuato dall'articolo 20 del C.a.d., il quale, in particolare, prevede (al comma 2) che la sottoscrizione con firma elettronica qualificata o con firma digitale, nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71, ne garantiscono l'identificabilità dell'autore, l'integrità, l'immodificabilità e la paternità. In conclusione, la commissione ha stabilito che cartella di pagamento avrebbe dovuto essere prodotta da un documento informatico allegato alla pec sottoscritto digitalmente e cioè avere un'estensione p7m, dichiarando la nullità del documento in semplice pdf.
Dello stesso avviso sono state anche la Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza (con sentenza 19 settembre 2017 n. 615) e di Milano (sentenze 26 aprile 2017 n. 3023 e 3 febbraio 2017 n. 1023). In quel caso, i giudici hanno annullato le cartelle di pagamento notificate in pdf, avendo evidenziato che la certificazione della firma è fornita esclusivmente dall'estensione p7m del file notificato, che rappresenta la c.d. "busta crittografica contenente, al suo interno, il documento originale. L'estensione p7m, pertanto, garantisce, da un lato, l'integrità e immodificabilità del documento informatico e, dall'altro, quanto alla firma digitale, l'identificabilità del suo autore e, conseguentemente, la paternità dell'atto. In carenza e difetto di detta estensione del file, dunque, la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle impugnate non è valida, con illegittimità derivata delle stesse.
Il semplice pdf privo di apposizione della firma digitale rileva anche sotto l'ulteriore, ma connesso, profilo della mancanza di conformità all'originale. Nella stessa sentenza 9 ottobre 2017, n. 420, infatti la Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia ha evidenziato la mancanza dell'attestazione di conformità all'originale, digitalmente sottoscritta da un funzionario a ciò abilitato, costituisce un ulteriore profilo di invalidità della notificazione per posta elettronica certificata.
Anche la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, nella richiamata sentenza 31 luglio 2017, n. 204, ha evidenziato che il semplice pdf costituisce una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale. Al contrario, concludono i giudici, solo l'estensione p7m del file notificato, estensione che rappresenta la cosiddetta “busta crittografica” contenente al suo interno il documento originale, l'evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma.
Dello stesso avviso si è dimostrata la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna nella citata sentenza 2 febbraio 2017 n. 204, ove si è sottolineato che la copia elettronica in formato pdf è priva di valore perchè mancante di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale.
Un profilo di sicuro interesse è rappresentato dall'applicazione del “principio dello scopo” contenuto nell'art. 156 c.p.c., in materia di sanatoria degli atti processuali. Invero, l'impugnazione prodotta anche nel merito della pretesa, nel dimostrare la conoscenza del contenuto dell'atto notificato, potrebbe indurre a ritenere sanata la difformità del documento informatico rispetto alle regole dettate in ambito telematico. A riguardo, va ricordato che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, pur se con riferimento alla mera notifica a mezzo pec (e non, dunque, in merito al formato del file) di un atto processuale, ha ricordato che il principio, sancito in via generale dall'articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali - pertanto - la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario (sentenza 18 aprile 2016, n. 7665). La CTR di Napoli, tuttavia, con specifico riferimento al diverso profilo rappresentato dal formato digitale del file notificato (pdf in luogo del p7m), ha escluso l'applicabilità del principio dello scopo (sentenza 9 novembre 2017, n. 9464). In particolare, i giudici campani, nel rigettare l'appello dell'Agenzia delle entrate, ha evidenziato che il ravvisato difetto di notifica non può ritenersi sanato dalla successiva conoscenza del contenuto dell'atto mediante estratto di ruolo, permanendo l'interesse della parte ricorrente all'annullamento della cartella, atto foriero di effetti pregiudizievoli quale ad esempio l'interruzione di termini prescrizionali e decadenziali.
Conclusioni
Quello del formato digitale dei file degli atti impositivi e della riscossione rappresenta, come si è visto, uno degli argomenti più attuali in giurisprudenza di merito, che, allo stato attuale, sembra concorde nel ritenere nulli gli atti privi dell'estensione p7m. L'avvento del processo tributario telematico non può che rendere ancor più rilevante la questione, atteso che, ben presto, l'intera attività accertativa e contenziosa viaggerà sui binari della telematica, con l'ausilio degli strumenti tecnologici previsti dalla normativa di settore. |