Licenziato per giustificato motivo soggettivo: sì all’indennità di mancato preavviso
14 Marzo 2018
Un lavoratore veniva licenziato a seguito di una contestazione disciplinare: nella qualità di store manager la società gli addebitava numerose irregolarità. Il Tribunale di Roma, previa riqualificazione del licenziamento per giusta causa in giustificato motivo soggettivo, dichiarava risolto il rapporto di lavoro e condannava la società al pagamento di un'indennità. La Corte d'appello confermava la sentenza di primo grado nel punto della riqualificazione del licenziamento ma riteneva che dalla stessa non potesse far seguito l'applicazione dell'art. 18, comma 5, sicché condannava il lavoratore alla restituzione della somma percepita. Per la cassazione della sentenza il lavoratore proponeva ricorso sostenendo che la Corte d'appello non avrebbe dovuto non riconoscere l'indennità risarcitoria in quanto la stessa spetta al lavoratore ogniqualvolta il giudice accerti la non ricorrenza della giusta causa o giustificato motivo soggettivo e che la indennità sostitutiva del preavviso spetti ogni volta il licenziamento intimato sia per giustificato motivo soggettivo.
Il giudizio bifasico La Suprema Corte rigetta il primo motivo sostenendo che il giudice deve accertare in primo luogo la sussistenza o meno di una delle fattispecie che determinano il licenziamento e ove sussistenti individuare le conseguenza. Tale giudizio bifasico prescinde quindi da qualsiasi riqualificazione del recesso.
Indennità sostitutiva del preavviso La Corte di Cassazione accoglie invece il motivo proposto dal lavoratore in tema di indennità ed infatti riprendendo un precedente del 2016 afferma ”nelle più ampie pretese economiche, collegate dal lavoratore all'annullamento del licenziamento, asserito come ingiustificato, ben può ritenersi compresa quella, di minore entità, derivante dal licenziamento che, pur qualificandosi come giustificato, preveda il diritto del lavoratore al preavviso”. |