Quale termine per sanare la costituzione in appello con velina?

03 Aprile 2018

La questione posta all'attenzione della Suprema Corte è se in caso di contestazione della valida costituzione dell'appellante, basata sull'eccepita non conformità fra la copia della citazione depositata nei termini e l'originale passato per la notifica, la nullità processuale è sanata solo se l'atto d'appello notificato è depositato entro prima udienza o è consentito all'appellante, che abbia trattenuto l'originale al fine di rinnovare la notifica risultata nulla nei confronti di altro litisconsorte, provvedere al deposito all'udienza immediatamente successiva?
Massima

Il principio in base al quale la nullità processuale derivante dalla costituzione dell'appellante con la copia della citazione (cd. velina), per inosservanza delle forme indicate dall'art. 165 c.p.c., può essere sanata mediante deposito dell'originale dell'atto introduttivo entro e non oltre la prima udienza di trattazione, va inteso nel senso che il vizio in questione può essere emendato anche all'udienza successiva quando alla prima il giudice abbia autorizzato la rinnovazione della notifica nei confronti di altro litisconsorte, sì da rendere necessario all'attore di rimanere in possesso dell'originale.

Il caso

Tizio convenne in giudizio, innanzi al giudice di pace, Caio, ritenuto esclusivo responsabile dei danni subiti al proprio veicolo in conseguenza di un sinistro stradale, e la compagnia assicurativa.

Respinta la domanda da primo giudice, Tizio proponeva appello costituendosi nel termine previsto dagli artt. 348 e 165 c.p.c. depositando copia dell'atto di citazione (cd. velina). La compagnia assicurativa, costituitasi nel giudizio di gravame, eccepiva l'improcedibilità dell'appello per nullità della costituzione dell'appellante.

Nella prima udienza di trattazione Tizio non provvedeva al deposito dell'originale notificato, ma ne rimaneva in possesso, avendo chiesto ed ottenuto dal tribunale l'autorizzazione al rinnovo della notifica nei confronti del litisconsorte Caio risultato irreperibile. L'originale della citazione veniva quindi depositato nella successiva udienza di trattazione.

Il tribunale adìto, in accoglimento dell'eccezione sollevata alla compagnia assicurativa e ritenuto che l'appellante, costituitosi con velina, non avesse provveduto al deposito dell'originale della citazione entro la prima udienza, come sancito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 16598/2016, ha dichiarato l'improcedibilità dell'appello.

Contro la sentenza ha proposto ricorso Tizio lamentando la violazione o falsa applicazione degli artt. 347, 348, 165 e 156 c.p.c..

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di contestazione della valida costituzione dell'appellante, basata sull'eccepita non conformità fra la copia della citazione depositata nei termini e l'originale passato per la notifica, la nullità processuale è sanata solo se l'atto d'appello notificato è depositato entro prima udienza o è consentito all'appellante, che abbia trattenuto l'originale al fine di rinnovare la notifica risultata nulla nei confronti di altro litisconsorte, provvedere al deposito all'udienza immediatamente successiva?

Le soluzioni giuridiche

Con sentenza n. 16598/2016, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno fatto proprio l'orientamento secondo cui la costituzione dell'appellante mediante deposito della copia della citazione in luogo dell'originale, e dunque in violazione del precetto sancito dall'art. 165 c.p.c. cui fa rinvio l'art. 347 c.p.c., non costituisce ragione di improcedibilità del gravame – ipotesi disciplinata invece dell'art. 348 c.p.c. e riferita alla sola mancata costituzione “nei termini” – ma vizio riconducibile al regime delle nullità processuali di cui agli artt. 156 e ss. c.p.c., suscettibile di sanatoria.

La richiamata pronuncia si è occupata, altresì, di dare risposta al quesito afferente ai limiti temporali della sanatoria in esame, traendo, dal raffronto fra le disposizioni sul controllo della regolarità della costituzione in sede di gravame ed in primo grado, alcune significative differenze; si è ritenuto, infatti, che fermo il generale controllo sulla regolarità della costituzione da compiersi anche d'ufficio nella prima udienza di trattazione, l'art. 350, comma 2, c.p.c. non prevede, diversamente dal combinato disposto degli artt. 182, comma 1, e 183, comma 1, c.p.c., il potere del giudice di assegnare un termine per il deposito dell'atto d'appello in originale, con la conseguenza che - a meno che la sanatoria non sia determinata dal comportamento processuale della controparte costituita, la quale nulla eccepisca sul punto e determini così il raggiungimento dello scopo - l'integrazione documentale, necessaria alla regolarizzazione della costituzione, deve essere adempiuta dall'appellante nel corso della prima udienza stessa, non potendo successivamente ovviarvi.

É stato inoltre rilevato che la possibilità di sanatoria “postuma” non è neppure desumibile dall'art. 162 c.p.c., nella parte in cui prevede l'ordine di rinnovo degli atti nulli, posto che la disposizione è applicabile solo “quando sia possibile”, ma non nel giudizio d'appello, in cui è precluso il differimento della prima udienza per tale finalità.

Nell'ipotesi in cui la nullità della costituzione non sia dunque sanata entro la prima udienza, o per effetto della costituzione dell'appellato o mediante deposito hic et inde dell'originale della citazione su iniziativa dell'appellante, l'appello dovrà essere dichiarato improcedibile «risultando irrimediabilmente consolidata la nullità della costituzione», salvo che l'appellante, in quel momento sprovvisto dell'originale, non chieda la rimessione in termini ricorrendo i presupposti dell'incolpevole decadenza sanciti dall'art. 153, comma 2, c.p.c..

Un più ampio termine di sanatoria avevano riconosciuto all'appellante alcune decisioni delle Sezioni semplici, affermando che se la costituzione mediante deposito della cd. velina dà luogo ad una mera nullità sanabile (o, come talvolta si è ritenuto, una irregolarità), la produzione integrativa necessaria a superare il vizio sarebbe possibile in ogni tempo fino all'assunzione della causa in decisione (Cass. civ.,29 luglio 2009, n. 17666; Cass. civ., 17 novembre 2010, n. 23192; Cass. civ., 16 dicembre 2014, n. 26437).

La necessità di fissare un limite temporale al deposito dell'originale della citazione, onde evitare manovre dilatorie, era stata invece avvertita in altre pronunce, che avevano ritenuto legittima la concessione in prima udienza di un termine da parte del giudice d'appello, nell'esercizio dei propri poteri di direzione del procedimento ai sensi dell'art. 175 c.p.c., termine da ritenersi ordinatorio, dunque prorogabile solo su richiesta anteriore alla scadenza e soggetto agli ulteriori limiti sanciti dall'art. 154 c.p.c. (così Cass. civ., 8 maggio 2012, n. 6912; Cass. civ., 21 giugno 2012, n. 10296; Cass. civ., 21 giugno 2013, n. 15715).

Escludeva invece del tutto la sanatoria documentale nel corso del processo l'orientamento più rigoroso, che stigmatizzava con l'improcedibilità la costituzione con velina, in quanto difforme dalle prescrizioni in tema di costituzione dell'attore (Cass. civ., 1° luglio 2008, n. 18009; Cass. civ., 4 gennaio 2010, n. 10).

Ponendosi sul solco tracciato dalle Sezioni Unite, e dunque individuando nella prima udienza di trattazione il termine ultimo per la verifica della regolare costituzione dell'appellante a fronte di un'esplicita contestazione di conformità della velina all'originale, la pronuncia in commento ha affrontato l'ulteriore questione, estranea a quella della decisione, relativa all'efficacia sanante del deposito dell'originale eseguito all'udienza immediatamente successiva alla prima, quando quest'ultima non sia stata destinata alla trattazione, ma sia stata differita per consentire all'attore il rinnovo della notificazione verso altro litisconsorte.

Il Giudice di legittimità, avvalendosi del potere di esaminare gli atti processuali stante la natura del vizio costituente motivo di ricorso per cassazione, ha ritenuto che nel caso in esame l'autorizzazione al rinnovo della notificazione in prima udienza implicava necessariamente l'avvenuta esibizione dell'atto da parte dell'appellante, onde consentire la verifica dell'esito del procedimento notificatorio, e che l'omesso deposito fosse giustificato dalla necessità di lasciare l'atto nella disponibilità dell'attore al fine di provvedere al nuovo tentativo di notifica; ha concluso che, in una siffatta ipotesi, «ai fini della regolarità del deposito dell'originale dell'atto di citazione in appello non si poteva più avere riguardo a quella che era stata la prima udienza, posto che la parte non avrebbe potuto in quella circostanza depositare l'originale; veniva ad acquisire importanza decisiva, invece, la seconda udienza».

In definitiva l'ordinanza in esame ha spostato il termine di sbarramento per la sanatoria della costituzione mediante velina all'udienza di effettiva trattazione della causa, quella cioè in cui si completa la verifica di “regolare costituzione del giudizio” e vengono adottate le decisioni relative alla contumacia delle parti appellate.

Osservazioni

L'art. 347 c.p.c., nel disciplinare il modo di costituzione dell'appellante, fa rinvio all'omologa disciplina dei procedimenti davanti al tribunale, così includendo fra le formalità prescritte quella di depositare nel fascicolo di parte l'originale dell'atto di citazione.

L'originale della citazione è l'atto sul quale è stesa la relata, o dall'ufficiale giudiziario (art. 148 c.p.c.) o dal procuratore abilitato ai sensi della l. n. 53/1994 (art. 3 lett. a); esso può già contenere la prova del perfezionamento, nel caso in cui si dia atto della consegna al destinatario o ad un soggetto abilitato (artt. 138 e 139 c.p.c.), ovvero solo del compimento delle formalità necessarie (art. 140 c.p.c.; art. 5, commi 2 e 3, l. n. 890/1982; art. 5, commi 2 e 3, l. n. 53/1994), nel qual caso il notificante, ferma la possibilità di iscrivere validamente a ruolo mediante deposito dell'originale sin dalla data di spedizione della notifica (cfr. Corte cost., sent., 2 aprile 2004, n. 107) e senza dover attenderne il perfezionamento, allegherà in un momento successivo la documentazione necessaria a dimostrare il completamento delle operazioni notificatorie. In entrambi i casi la costituzione è da ritenersi valida e conforme al disposto dell'art. 165 c.p.c..

Parificata in toto alla costituzione con originale è anche quella che avviene in forma telematica, quando la notifica sia eseguita a mezzo PEC e sia inserito agli atti del fascicolo informatico il duplicato delle ricevute previste dall'art. 3-bis, comma 3, della l. n. 53/1994 (art. 19-bis, comma 5, del provv. DGSIA del 16 aprile 2014). Analoghe considerazioni valgono per la costituzione telematica che faccia seguito a notifica cartacea della citazione, ma a condizione che sia allegata la copia informatica dell'originale notificato e sia resa l'attestazione di conformità ai sensi dell'art. 16-decies del d.lgs. n. 179/2012, posto che solo «la copia munita dell'attestazione di conformità equivale all'originale dell'atto notificato».

La prassi ha tuttavia ammesso la costituzione dell'attore mediante deposito di una copia dell'originale (cd. velina), che potrà contenere a sua volta la prova delle attività notificatorie svolte dalla parte, ovvero essere priva della relata di notifica (in entrambi i casi il cancelliere accetterà l'iscrizione ai sensi dell'art. 74 disp. att. c.p.c.). Tale modalità è addirittura necessitata nel caso previsto dall'art. 165, comma 2, c.p.c., relativa alla notificazione ad una pluralità di convenuti, atteso che si impone all'attore di costituirsi entro dieci giorni dalla prima notificazione, benché l'originale gli non sia stato ancora restituito (Cass. civ., Sez.Un., 18 maggio 2011, n. 10864).

La nullità determinata dal deposito della velina può essere sanata dal comportamento processuale del destinatario, il quale non sollevi contestazioni circa la conformità della copia utilizzata per l'iscrizione all'originale ricevuto in notifica, ovvero dall'attore, ove integri la produzione con gli originali in suo possesso.

Occupatasi della sola questione del termine entro il quale l'appellante può provvedere all'integrazione documentale, l'ordinanza in epigrafe, nel ribadire che l'attività in questione deve essere a pena di decadenza compiuta «nella prima udienza di trattazione», ha tuttavia precisato che il termine ultimo sia da individuarsi nell'udienza in cui si compiono effettivamente le attività di verifica della regolare costituzione del giudizio, sicché, in caso di rinvio per consentire la rinnovazione della notifica, sarà sufficiente alla parte la mera esibizione dell'originale notificato con riserva di produrlo all'udienza successiva.

Viene ad aggiungersi dunque un ulteriore tassello all'ampia ricostruzione della fattispecie operata dalle Sezioni Unite, le quali avevano già chiarito che «ove la trattazione dell'appello, finalizzata anche al controllo della regolarità della costituzione, non sia avvenuta effettivamente e vi sia stato un mero rinvio, occorrerà riferire quelle implicazioni all'udienza di effettiva trattazione ai sensi dell'art. 350 c.p.c.».

Guida all'approfondimento
  • M. Di Marzio, Appello iscritto con “velina”: alla prima udienza cala la saracinesca per produrre l'originale, in www.ilProcessoCivile.it;
  • R. Giordano, Sulle conseguenze della costituzione in appello mediante velina, in Giur. It. 6/2017, 1352 ss..

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