Quali sono i criteri per individuare il sindacato comparativamente più rappresentativo?

Francesco Saverio Giordano
04 Aprile 2018

Il concetto di associazioni comparativamente più rappresentative presuppone, diversamente da quello di maggiore rappresentatività, una selezione delle associazioni sindacali, sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse. E ciò al fine di commisurare il godimento di determinate prerogative alla effettiva capacità rappresentativa delle organizzazioni soggette al giudizio comparativo.
Massima

Il concetto di associazioni comparativamente più rappresentative presuppone, diversamente da quello di maggiore rappresentatività, una selezione delle associazioni sindacali, sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse. E ciò al fine di commisurare il godimento di determinate prerogative alla effettiva capacità rappresentativa delle organizzazioni soggette al giudizio comparativo.

Il caso

Il caso trae origine dal ricorso di un sindacato che lamentava la mancata nomina di un suo componente all'interno del consiglio di vigilanza, costituito presso l'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), in quanto non riconducibile alla categoria dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale nel settore privato.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti: quali sono i criteri sulla base dei quali individuare i sindacati comparativamente più rappresentativi? Quali sono gli indici attraverso cui compiere una tale valutazione comparativa, in assenza di criteri oggettivi normativamente determinati?

Le soluzioni giuridiche

Per la giurisprudenza del TAR del Lazio, al fine di individuare i sindacati comparativamente più rappresentativi, è necessario compiere una valutazione, in termini non assoluti ma comparativi, degli indici elaborati tradizionalmente dalla giurisprudenza per individuare la maggiore rappresentatività (significativa consistenza numerica, diffusione territoriale, numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti, partecipazione effettiva alle relazioni industriali).

Tale valutazione comparativa è, infatti, finalizzata a selezionare i sindacati che possono porre in essere l'attività giuridica prevista da una determinata norma legale: nel caso in oggetto, designare un proprio rappresentante all'interno del collegio di vigilanza istituito presso l'ANPAL, così come previsto dall'art. 6, co. 4, D.Lgs. n. 150/2015.

Occorre, pertanto, valutare il requisito del comparativamente rappresentativo non in modo statico ma dinamico, ossia in riferimento al contesto in cui la norma richiama tale nozione.

Osservazioni

La sentenza affronta la delicata questione concernente la nozione di sindacato comparativamente rappresentativo.

È nota la distinzione tra sindacato maggiormente rappresentativo e comparativamente rappresentativo: il primo fa riferimento ad un sindacato che possa considerarsi sufficientemente rappresentativo, ed è quindi una verifica in termini assoluti e non comparativi mirante ad accertare un certo grado di rappresentatività del sindacato; il secondo, invece, intende selezionare tra i sindacati maggiormente rappresentativi, operando una comparazione tra di essi.

Difatti l'avverbio “comparativamente” fa sempre riferimento agli indici utilizzati da parte della giurisprudenza al fine di verificare la maggiore rappresentatività (numero complessivo delle imprese associate, numero complessivo dei lavoratori occupati, diffusione territoriale con riferimento alle sedi presenti, numero dei contratti collettivi nazionali stipulati e vigenti).

Sulla base di tali indici viene poi compiuta una valutazione ulteriore in termini comparativi al fine di selezionare il sindacato che l'ordinamento abilita a svolgere specifiche attività giuridiche previste in determinate norme.

Come noto, infatti, la nozione di sindacati comparativamente più rappresentativo entra a far parte dell'ordinamento verso la metà degli anni '90 in luogo di quella di sindacato maggiormente rappresentativo.

Tale nozione era, infatti, finalizzata a contrastare il progressivo logoramento del criterio selettivo della maggiore rappresentatività che sempre più spesso la giurisprudenza aveva riconosciuto ad associazioni sindacali aventi struttura confederale, ma presenti soltanto in alcune realtà del mondo del lavoro.

In origine tale criterio era volto a selezionare i prodotti dell'autonomia collettiva al fine di scongiurare il fenomeno della c.d. contrattazione pirata o al ribasso. Successivamente, il criterio del sindacato comparativamente rappresentativo fu utilizzato per selezionare, tra gli stessi sindacati rappresentativi, quelli più affidabili a cui assegnare determinate prerogative di legge.

Tuttavia, da parte della dottrina, il criterio del sindacato comparativamente rappresentativo è stato considerato ormai consunto e privo di presa regolativa, in quanto affidato ad indici approssimativi, discrezionali e di non facile applicazione.

È noto difatti come la necessità di una verifica oggettiva e misurabile della rappresentatività dei sindacati sia da tempo oggetto di un nutrito dibattito, sia da parte della dottrina che dalle stesse parti sociali.

Tale circostanza si desume dal trittico di accordi interconfederali, culminato nel Testo Unico sulla rappresentanza del 2014, in cui le parti hanno delineato delle modalità effettive, e non presunte, di misurazione del loro grado di rappresentatività.

Giova evidenziare, inoltre, come anche parte della dottrina abbia auspicato il recepimento delle suddette regole all'interno di un atto normativo così da poter garantire maggiore certezza in ordine a tale misurazione.

Occorre comunque sottolineare come, ad oggi, la selezione dei sindacati comparativamente più rappresentativi continui ad essere affidata agli indici sopra menzionati, di cui la sentenza in commento ha fatto prudente utilizzo.

La sentenza in oggetto difatti ha valorizzato le finalità perseguite dall'ANPAL, che sono notoriamente obiettivi di messa in occupazione di lavoratori con riferimento al settore privato.

Pertanto, emerge chiaramente come la valutazione “comparativa” tra sindacati non potesse non tener conto del settore di riferimento che ha portato a prediligere la nomina di un rappresentante afferente ad un sindacato notoriamente rappresentativo nel settore privato in luogo del sindacato ricorrente.

È pertanto evidente come il requisito del comparativamente rappresentativo debba essere verificato in concreto con riferimento al contesto normativo in cui esso è richiamato e non limitarsi ad una valutazione astratta.

Guida all'approfondimento
  • L. Zoppoli, Le fonti dopo il Jobs act: autonomia ed eteronomia a confronto, 2015, 284.
  • P. Tomassetti, La nozione di sindacato comparativamente più rappresentativo nel decreto legislativo n. 81/2015, 2016, 367.
  • A. Maresca, Il contratto collettivo nazionale di categoria dopo il Protocollo d'intesa del 31 maggio 2013, in Riv. dir. lav. it., 2013, 712.

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