Novazione del contratto di locazioneFonte: Cod. Civ. Articolo 1230
12 Aprile 2018
Inquadramento
Stabilisce l'art. 1230 c.c. che l'obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. Se l'obbligazione ha la sua fonte nel contratto la novazione dell'obbligazione determinerà una modificazione del negozio, nel senso che ad esso farà capo una obbligazione diversa rispetto a quella inizialmente convenuta, ma esso, perlomeno di regola, rimarrà in vita. Può accadere, tuttavia, come spiegato dalla dottrina, che la creazione della nuova obbligazione escluda la sopravvivenza del rapporto contrattuale, in quanto risulti con questo incompatibile. Può verificarsi, inoltre, che le parti indirizzino la loro volontà non alle singole obbligazioni, ma al contratto in quanto tale, manifestando la volontà di estinguerlo e di crearne contestualmente uno nuovo. Si parla, in questi casi, di novazione del contratto. Il contenzioso in tema di locazione propone frequentemente questioni attinenti alla configurabilità, in concreto, di quest'ultima ipotesi di novazione. Novazione e rinnovazione del contratto locatizio
Naturalmente, la novazione esige che l'accordo abbia ad oggetto non solo la costituzione di un nuovo assetto contrattuale, ma l'estinzione del rapporto in corso: per conseguenza, sarebbe scorretto configurare la novazione in presenza di un contratto di locazione che sia già cessato, per scadenza del termine o per altra causa. Quando ciò si verifichi si avrà non già novazione, ma un contratto costitutivo di un diverso rapporto (ancorché riferito al medesimo bene). La cessazione del rapporto di locazione può essere però impedita dalla rinnovazione del contratto (nelle diverse declinazioni previste dall'art. 1597 c.c. e dalla legislazione speciale). È importante allora distinguere questo fenomeno da quello della novazione. Sul punto è di rilievo quanto precisato in proposito dalla giurisprudenza di legittimità.
In effetti, è qui da precisare che la rinnovazione della locazione prevista, per il caso di mancata disdetta, dalla disciplina speciale in tema di locazioni urbane (ad uso abitativo e diverso dall'abitativo) si risolve in una mera prosecuzione del contratto originario: il rapporto, rinnovatosi, rimane qui disciplinato dal contratto originario, che continua a costituirne un fattore genetico (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2007, n. 16321); è evidente, in questo caso, la differenza tra rinnovazione e novazione, giacché nel primo caso il rapporto rimane in vita, nel secondo no. Quanto alle ipotesi di rinnovazione tacita sottratte alla disciplina speciale e ancora regolate dall'art. 1597 c.c. (locazione a temine in cui il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata; locazione senza termine che non è stata disdetta), è il secondo comma del detto articolo a precisare che la nuova locazione risulta regolata dalle stesse condizioni della precedente (salvo la durata del rinnovo). La possibilità che, in presenza di una rinnovazione della locazione, intervengano pattuizioni modificative dell'originario assetto contrattuale è per la verità ammessa, ma ciò non può indurre a sovrapporre le figure della rinnovazione e della novazione: come sottolineato dalla Corte di legittimità in una remota pronuncia, il concetto giuridico di «rinnovazione» implica o la mancata variazione delle originarie condizioni, o quelle sole modificazioni accessorie che, ai sensi dell'art. 1231 c.c., non producono novazione (Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 1952, n. 3202). Quando ricorre la novazione della locazione
Nella maggioranza dei casi scrutinati dalla giurisprudenza vengono in evidenza proprio quelle modificazioni accessorie del rapporto che non valgono a integrare l'aliquid novi (e cioè il mutamento dell'oggetto o del titolo del rapporto). In tal senso, si afferma comunemente che le sole variazioni della misura del canone e il mutamento del termine di scadenza non siano indice della novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione o di modalità non rilevanti ai fini della configurabilità della novazione (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2017, n. 14620; Cass. civ, sez. III, 21 maggio 2007, n. 11672; Cass. civ, sez. III, 28 ottobre 2004, n. 20906; Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2003, n. 5576; Cass. civ, sez. III, 19 novembre 1999, n. 12838; Cass. civ, sez. III, 9 luglio 1998, n. 6680; Cass. civ, sez. III, 14 dicembre 1994, n. 10683). Nella giurisprudenza di merito è tuttavia precisato che la novazione non possa escludersi ove le parti, al di là della revisione dell'importo dovuto quale canone contrattuale e della fissazione di una diversa scadenza contrattuale, avulsa dalle vicende del precedente contratto, manifestino l'intendimento di disciplinare ex novo l'intero rapporto (Trib. Napoli 4 febbraio 1999). È stato altresì osservato che la variazione della misura del canone e del termine di scadenza non siano sufficienti ad integrare novazione del contratto neppure se concorra la successione di un soggetto ad un altro nel rapporto locatizio (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2017, n. 14620; in senso contrario Pret. Conegliano 20 dicembre 1989). In diverse ipotesi, diverse dall'accordo incidente sulla durata del rapporto e sull'entità del corrispettivo, la giurisprudenza ha escluso la novazione della locazione.
Come è ben noto, ai fini della novazione non è sufficiente che le parti convengano modificazioni incidenti sull'oggetto o sul titolo della prestazione. Si trova così costantemente affermato, in giurisprudenza, che la novazione oggettiva deve essere connotata non solo dall'aliquid novi, ma anche dagli elementi dell'animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell'intento novativo) e della causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all'effetto novativo), con la precisazione che l'accertamento compiuto dal giudice del merito su questi tre elementi è incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2017, n. 14620; Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2010, n. 5673; Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2007, n. 11672; Cass. civ., sez. III, 4 maggio 2005, n. 9280; Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2004, n. 20906; Cass. civ., sez. III, 9 luglio 1998, n. 6680; Cass. civ., sez. III, 14 dicembre 1994, n. 10683). Proprio avendo riguardo all'intento delle parti, occorre distinguere i casi in cui la redazione di una nuova scrittura privata tra le parti del rapporto locatizio sia espressiva della volontà di concludere un nuovo contratto, dal caso in cui tale documentazione assolva a uno scopo di carattere ricognitivo: evenienza, quest'ultima, in presenza della quale, come è evidente, la volontà novativa è esclusa (Pret. Napoli 5 marzo 1982). In tal caso, si è infatti al cospetto di un negozio meramente riproduttivo, alla cui configurazione non osta né la diversa scadenza temporale, né il mutamento soggettivo del rapporto qualora l'accordo sia intercorso tra il conduttore e nuovi soggetti (nella fattispecie acquirenti dell'immobile) (Pret. Mestre 21 dicembre 1983). La predisposizione di una nuova scrittura privata potrebbe anche trovar ragione nell'adempimento di obblighi fiscali: al riguardo, è stato detto che qualora, successivamente all'entrata in vigore della legge sull'equo canone, le parti fra le quali è in corso un rapporto di locazione sottoscrivano un modulo predisposto di contratto (cosiddetto bancale di fitto), spetta al giudice del merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità ove immune da vizi logici e errori giuridici, accertare se le parti abbiano inteso adempiere l'obbligo nei confronti del fisco e, nel contempo, determinare il canone all'epoca dovuto in forza delle leggi in vigore, con riferimento all'originario prorogato ex lege, ovvero stipulare un contratto nuovo, avente ad oggetto il medesimo immobile ed avulso da quello precedente (Cass. civ., sez. III, 25 giugno 1983, n. 4380, con cui è stata reputata congrua la valutazione del giudice del merito il quale aveva escluso l'animus novandi in considerazione del riferimento esplicito, contenuto nel bancale di fitto, alla proroga del precedente rapporto e della determinazione del canone, con aumento del 15%, corrispondente a quello stabilito dall'art. 68 della richiamata legge per i contratti prorogati; in senso conforme: Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1991, n. 1799). La soggezione dell'accordo novativo della locazione alla forma scritta dipende dal regime documentale cui è sottoposta la tipologia contrattuale locatizia che di volta in volta interessa, giacché la novazione è, a un tempo, negozio estintivo (di un contratto in essere) e costitutivo (di un contratto nuovo). In passato la Corte di legittimità ha precisato che, non essendo il contratto di locazione soggetto alla forma scritta ad substantiam, la novazione del contratto stesso, anche se scritto, potrebbe essere provata con testi, ovvero con elementi deducibili da documenti e fatti successivi alla sua stipulazione (Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 1980, n. 649). Questa proposizione, nella sua assolutezza, oggi non è più spendibile, dal momento che per le locazioni abitative la forma scritta è espressamente prevista dall'art. 1, comma 4, l. n. 431 del 1998. Analoga considerazione va ovviamente formulata con riferimento ai contratti di locazione ultranovennali (art. 1350, n. 8, c.c.).
Effetti della novazione del contratto di locazione
Come si è detto, per effetto della novazione un contratto si estingue e uno nuovo viene ad esistenza. La novazione impedisce, dunque, che il rapporto giuridico sostituito continui ad essere la fonte delle obbligazioni che da esso sarebbero altrimenti normalmente derivate: essa non elimina, tuttavia, le obbligazioni già venute in essere al momento dell'accordo novativo stesso, fatta salva la presenza di un accordo transattivo che disponga diversamente (Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2014, n. 11366). Ciò implica, ad esempio, che il titolo fondante l'obbligazione avente ad oggetto il pagamento dei canoni maturati nel periodo di vigenza del nuovo contratto sia da rinvenire in quest'ultimo negozio, mentre il conduttore continuerà ad essere obbligato al versamento dei ratei maturati prima della novazione e non ancora corrisposti, in forza della convenzione locatizia precedentemente conclusa, non di quella novativa. L'obbligazione avente ad oggetto la ripetizione dei canoni indebitamente corrisposti non verrà naturalmente meno per effetto della novazione del contratto, salvo il caso in cui sia incorsa transazione e questa, nel quadro del regolamento convenuto per prevenire o porre fine alla lite già insorta, preveda l'estinzione della predetta obbligazione. La novazione della locazione non fa nemmeno decorrere il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda restitutoria (art. 79, comma 2, l. 27 luglio 1978, n. 392 e art. 13, comma 6, l. 9 dicembre 1998, n. 431), giacché tale termine si computa dal momento della riconsegna dell'immobile, coincidente con quello in cui il bene viene posto nell'effettiva disponibilità del locatore, e non dalla cessazione del rapporto giuridico tra le parti (ad es.: Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2013, n. 15353; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2009, n. 8143; sulla inidoneità della novazione a far decorrere il termine di cui all'art. 79 della l. n. 392 del 1978: Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2014, n. 11366, cit., in motivazione). La nuova locazione è naturalmente soggetta alle norme imperative (ad esempio, relative alla durata) che regolano il rapporto. Ci si può domandare se tale soggezione operi anche nel caso in cui la novazione si inquadri in un regolamento di tipo transattivo. Va ricordato, in proposito, che secondo la giurisprudenza, le parti di un contratto di locazione di un immobile urbano possono definire transattivamente la lite tra loro pendente relativa alla durata o ad altri aspetti del rapporto, convenendo tra l'altro la data di rilascio dell'immobile ed il corrispettivo per il suo ulteriore godimento: in tal caso il nuovo rapporto instauratosi per effetto dell'accordo transattivo, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nel detto accordo ed é sottratto alla speciale disciplina che regola la materia delle locazioni, tra cui la legge n. 392 del 1978; la transazione così conclusa non é nulla per contrarietà al disposto dell'art 79 della legge citata, poiché tale norma, volta ad evitare l'elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che i medesimi siano stati già acquisiti (Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2494; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2008, n. 4714). E' dubbio, tuttavia, che la deroga alla disciplina cogente in tema di locazioni urbane operi nel caso in cui le parti abbiano inteso non tanto disciplinare il precedente rapporto (disponendone ad esempio la proroga dietro una maggiorazione del canone: incidendo quindi su modalità accessorie ex art. 1231 c.c.), quanto, piuttosto, novare lo stesso, e quindi crearne uno diverso in sostituzione di quello preesistente. |