Il reato di rifiuto e omissione di atti d’ufficio e il conflitto di competenza fra più organi della P.A.
13 Aprile 2018
Massima
In caso di conflitto di competenza fra più organi della P.A. e di mancato compimento di atti necessari propri degli uffici e ruoli occupati, al fine di individuare i soggetti competenti ed eventualmente responsabili, occorre ricostruire il sistema di competenze previsto dalle norme generali in materia di P.A. e dalle norme speciali inerenti ai singoli uffici pubblici.
Il Gup del tribunale di Palermo, applicando tale principio, ha assolto M.F. dal reato a lui contestato di rifiuto di atti d'ufficio, in concorso con altri soggetti giudicati separatamente, in quanto gli stessi non ponevano in essere gli atti richiesti, relativamente ad una ex area industriale da bonificare, e ciò pur essendo perfettamente consapevoli delle necessarie incombenze su di loro gravanti. Il caso
Il caso in esame trae origine da un sopralluogo effettuato presso l'area industriale ex Chimica Arenella, appartenente al Comune di Palermo, dalla polizia municipale di Palermo nel corso del quale veniva constatato lo stato di pericolo pubblico per il totale degrado e abbandono dell'area, sia per le gravi carenze strutturali degli edifici a rischio di crollo, sia per la trasformazione dell'intera zona in una sorta di discarica abusiva, con l'ammasso di circa 3.000 mc di rifiuti speciali e pericolosi, fra cui anche amianto. Il P.M. chiedeva il rinvio a giudizio di M.F. e dei coimputati, contestando il delitto di cui all'art. 328 c.p., rubricato Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. All'udienza del 26 ottobre 2017, il Gup ammetteva il predetto imputato al giudizio abbreviato, disponendo lo stralcio della sua posizione. Espletato l'esame dello stesso, il P.M. e la difesa discutevano il processo ed entrambi concludevano per l'assoluzione dell'imputato. La questione
La questione attiene al reato di rifiuto ed omissione di atti di ufficio, ai suoi elementi costitutivi e al suo ambito applicativo. Ci si chiede, in particolare, quando un soggetto come l'imputato, responsabile pro-tempore dell'Unità operativa previsione e prevenzione del servizio di protezione civile, a fronte di alcuni necessari interventi di recupero di un'ex area industriale, di competenza di una pluralità di soggetti appartenenti a vari uffici della P.A., e non realizzati, risponde del reato di cui all'art. 328 c.p.? Le soluzioni giuridiche
L'art. 328 c.p. prevede, come più volte chiarito, il reato di rifiuto e omissione di atti d'ufficio. In particolare, al comma uno stabilisce che «il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni». Al comma due, invece, chiarisce che «fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro». Il Gup in sentenza, per giungere alla soluzione della questione allo stesso sottoposta, analizza brevemente la norma citata, con riguardo, in particolare, all'elemento costitutivo. Quest'ultimo sia nell'ipotesi del rifiuto, di cui al comma uno, che in quella dell'omissione, di cui al comma due, è costituito non dal mancato compimento di un atto qualsiasi, bensì solo dell'atto che rientra nella specifica sfera di attribuzione del pubblico ufficiale, trattandosi di una disposizione che colpisce il mancato adempimento di un dovere connesso all'esercizio della funzione amministrativa. In forza dei principi generali che regolano il diritto amministrativo, l'attribuzione di una competenza amministrativa ad un organo della P.A. può derivare:
Pertanto, alla luce di quanto esposto, dinnanzi alla generica dizione della norma che postula il mancato compimento di un atto dell'ufficio, deve ritenersi che siano ricompresi nell'ambito applicativo della stessa entrambe le ipotesi di inottemperanza all'esercizio della funzione amministrativa, con l'unica precisazione che, nel caso di inottemperanza a una fonte di attribuzione della competenza di rango amministrativo, occorre che l'omissione dolosa del funzionario abbia avuto anche una rilevanza esterna. Chiarito ciò, nella sentenza si precisa che oggetto del relativo giudizio non è quello di affermare in capo a quale organo amministrativo si radicasse la competenza a compiere gli interventi sull'area in esame, essendo tale profilo oggetto del parallelo giudizio dibattimentale pendente nei confronti dei coimputati, quanto, piuttosto, quello, più ristretto, diretto a verificare se l'intervento necessario rientrasse o meno nella sfera di attribuzioni dell'odierno imputato. Orbene, secondo il giudice, analizzando il duplice profilo di ipotetica violazione del dovere funzionale, si evince, dagli accertamenti compiuti dalla polizia municipale di Palermo, che la “zona dell'ex chimica Arenella” necessitava di un duplice intervento, sugli immobili pericolanti e sullo smaltimento della massa di rifiuti, persistendo una chiara situazione di pericolo certamente rientrante nelle ragioni di sicurezza pubblica ed igiene previsti dall'art. 328 c.p. Il carattere promiscuo e complesso di tali interventi richiamava la competenza e la collaborazione di più organi amministrativi e ciò ha determinato l'inerzia della P.A., essendosi ingenerato un conflitto di competenze fra diversi Uffici comunali, che reciprocamente scaricavano l'uno all'altro l'onere della bonifica. Tale inerzia si è prolungata anche dopo la sottoposizione dell'area al sequestro, al punto tale da rendere necessario l'intervento del Sindaco, il quale, con specifica nota, richiedeva al segretario generale la convocazione di una conferenza di servizi nel tentativo di rimuovere la paralisi amministrativa che era conseguita a discapito del carattere urgente della bonifica. Orbene, nell'analizzare l'intricata situazione delle competenze amministrative, secondo il Gup, decisiva, per la posizione processuale dell'imputato, è la disposizione di servizio n. 43 dell'ottobre del 2002, attuativa del ROUS 2001, con la quale, nell'ottica della complessiva riorganizzazione dell'Ufficio della protezione civile, viene formulata la centrale distinzione fra attività di previsione e prevenzione, da un lato, e gestione operativa delle emergenze, dall'altro. In particolare, la ripartizione delle aree d'intervento ha portato a uno sdoppiamento delle relative competenze e alla costituzione di due distinti reparti nell'ambito dello stesso ufficio della protezione civile, si tratta del reparto di previsione e prevenzione, affidato alla responsabilità dell'imputato, e del reparto operativo delle emergenze, affidato alla direzione di un altro soggetto, l'ing. L.V. In forza dell'organigramma della protezione civile scaturente dal RUOS 2001 e dalla citata determinazione dirigenziale attuativa dello stesso, il sistema delle competenze risulta così diviso:
Chiarita la distribuzione delle competenze, appare evidente che né l'intervento relativo alle strutture pericolanti, né quello relativo allo smaltimento dei rifiuti e alla conseguente bonifica dell'area inquinata rientravano nelle attribuzioni del reparto diretto dall'imputato, la cui funzione riguardava esclusivamente il compimento delle attività di prevenzione programmatica attribuitegli ratione materiae. Nessuna contestazione può, pertanto, essergli sollevata. D'altra parte, la riprova della totale estraneità del M. deriva dalla compulsazione degli atti allegati al fascicolo del P.M., da cui si evince che mai il Reparto previsione e prevenzione è stato coinvolto nella corrispondenza e nelle segnalazioni intercorse fra le varie P.A. A conferma di tale assunto vengono richiamati, nella pronuncia in esame, una serie di documenti, quali: la comunicazione del gennaio del 2004, con la quale il Dirigente del settore risorse immobiliari del comune ebbe a segnalare all'edilizia pericolante e non al reparto previsione e prevenzione dell'imputato, la situazione di pericolo incombente per un capannone pericolante dell'ex Chimica, richiedendo un tempestivo ed urgente sopralluogo o una nota del 2013 del nucleo operativo polizia ambientale, indirizzata al servizio protezione civile, in persona del geom. a. che aveva partecipato al sopralluogo svolto dalla p.m., dove si comunicava l'esito dell'accertamento e la sottoposizione a sequestro dell'area. Orbene, dall'esame di tali atti, emerge chiaramente come il Reparto diretto dall'imputato non fosse né destinatario delle missive, né interlocutore della dialettica inter-organica instauratasi all'interno della compagine amministrativa comunale. Tale esclusione deriva proprio considerazione che lo stesso era privo di qualsiasi competenza e non aveva, pertanto, alcun potere d'intervento in merito. Ne discende, dunque, la totale innocenza del M., in assenza di norme primarie o secondarie attributive di competenza. Passando poi all'analisi del secondo profilo di ipotetica responsabilità, cioè l'attribuzione di competenze per fonte amministrativa, secondo il Gup del tribunale di Palermo, nessun rifiuto od omissione può essere contestato all'imputato per inadempimenti dolosi derivanti da eventuali attribuzioni delegategli con provvedimento amministrativo. E infatti lo stesso, su richiesta del Capo area manutenzione, regolarmente partecipava alla “conferenza di servizi” del novembre 2013, data l'assenza per malattia del direttore del servizio protezione civile, che è l'organo naturalmente deputato a presenziare, ed in assenza del responsabile dell'U.O. edilizia pericolante. Inoltre, è circostanza acquisita agli atti che, il giorno dopo, il M. ebbe a compiere, sempre come supplente, un sopralluogo presso la ex Chimica, redigendo insieme al Geom. P. una relazione tecnica con la quale si indicava la necessità di nominare un responsabile del procedimento che coordinasse le attività di messa in sicurezza dell'intera zona. Con il rientro in servizio del direttore del Servizio Protezione civile, quindi, si esauriva la funzione di supplenza del M. Orbene, la scansione temporale degli eventi sintetizzati, rivela come l'operato del M. sia stato conforme ai doveri scaturenti dal breve periodo di supplenza, sicché, neanche sotto tale secondo profilo, può a lui contestarsi un rifiuto o un omissione funzionale, apparendo evidente che occorre cercare altrove le responsabilità penali dell'ostinato abbandono dell'area da parte della P.A. Per le suesposte considerazioni, secondo la Corte, deve affermarsi la totale estraneità dell'imputato, il quale va assolto, non già come richiesto dal P.M. per insufficienza o contraddittorietà di prove, bensì con formula piena per non avere commesso il fatto. Osservazioni
La sentenza in esame analizza e risolve la questione del conflitto di competenza fra più organi appartenenti alla P.A. e lo fa attraverso una chiara ricostruzione delle competenze spettanti a ciascuno di essi, al fine di allocare le relative responsabilità in capo agli stessi, in caso di mancato compimento di atti necessari propri degli uffici e ruoli occupati. In particolare, il Gup del tribunale di Palermo, una volta ricostruiti gli elementi costitutivi e l'ambito di applicazione del reato di cui all'art. 328 c.p. e, in relazione al caso di specie, la distribuzione delle competenze fra i diversi uffici della P.A. coinvolti nella procedura per l'intervento di ripristino dell'ex area industriale coinvolta, ha concluso nel senso di escludere la responsabilità dell'imputato per non aver commesso il fatto, in quanto lo stesso era privo di qualsiasi competenza in ordine a quanto contestato e, anche laddove ha agito come supplente di altri soggetti competenti, il suo operato è risultato conforme ai doveri richiesti dalla stessa supplenza. |