Pensione di inabilità civile e computo del reddito del coniuge
24 Aprile 2018
Massima
Con riferimento alla disciplina anteriore alla novella di cui agli artt. 10 e 6, D.L. n. 76/2013, convertito in L. n. 99/2013, deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell'invalido ai fini dell'accertamento del requisito reddituale, previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità ex art. 12, L. n. 118/1971. Il caso
La sentenza in commento riguarda il caso di un soggetto che soddisfava i requisiti sanitari e amministrativi previsti dalla legge (invalidi totali con accertata totale inabilità lavorativa) per il riconoscimento del beneficio della pensione di inabilità civile. L'INPS, tuttavia, non aveva riconosciuto la prestazione in quanto, cumulando al reddito del richiedente quello del coniuge dello stesso, veniva superato il limite di reddito previsto per l'attribuzione del beneficio.
Il Tribunale di Patti, in primo grado, e la Corte di Appello di Messina, in secondo, avevano accolto le ragioni del ricorrente, volte ad ottenere la pensione di inabilità civile. A seguito di ricorso dell'INPS la Suprema Corte, al contrario, ha cassato la sentenza di merito ritenendo che il requisito economico indispensabile ai fini del riconoscimento della prestazione dovesse essere determinato cumulando il reddito del coniuge dell'avente diritto. La questione
La questione affrontata dalla sentenza in commento riguarda il criterio di calcolo del requisito reddituale, previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità civile totale o pensione di invalidità civile totale. Le soluzioni giuridiche
Preliminarmente si evidenza come quello trattato dalla Suprema Corte sia un problema riguardante le pensioni di inabilità erogate fino alla data di entrata in vigore dell'art. 10, co. 5 e 6 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. dalla L. n. 99/2013, che, al contrario, ha dato rilievo al solo reddito del soggetto interessato a decorrere dalla suddetta data, ai fini del riconoscimento del diritto a tale prestazione assistenziale. Occorre ulteriormente premettere che la pensione di inabilità civile totale o pensione di invalidità civile totale è stata introdotta dall'art. 12, L. n. 118/1971 a favore dei mutilati, degli invalidi civili e dei sordomuti di età compresa tra i 18 e i 65 anni e 7 mesi che soddisfano i requisiti sanitari e amministrativi previsti dalla legge (invalidi totali con accertata totale inabilità lavorativa). Si tratta di una erogazione periodica di 13 mensilità, con decorrenza dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.
Venendo al tema affrontato dalla sentenza in commento, inerente ai requisiti necessari per ottenere la suddetta prestazione assistenziale, oltre al requisito medico-legale della invalidità al 100%, è previsto dalla legge un requisito di carattere reddituale che deve possedere il beneficiario.
L'art. 12, comma 2, L. n. 118/1971, prevede che: «Le condizioni economiche richieste per la concessione della pensione sono quelle stabilite dall'art. 26, L. n. 153/1969, sulla revisione degli ordinamenti pensionistici». Il limite di reddito, a sua volta fissato dalla Direzione Centrale delle Prestazioni dell'INPS con delle specifiche circolari, per l'anno 2018 non deve essere superiore ad € 16.664,36. Ebbene, prima del 28 giugno 2013, data di entrata in vigore dell'art. 10, comma 5 e 6 del D.L. 28 giugno, 2013, n. 76, conv. dalla L. n. 99/2013, si discuteva se, al fine di determinare il reddito utile al beneficio, dovesse essere considerato il solo reddito del richiedente oppure anche il reddito del coniuge dello stesso o degli altri famigliari. A tal riguardo, se vi era tendenziale concordanza in giurisprudenza nell'escludere dal computo il reddito dei famigliari diversi dal coniuge (fra le tante Cass. sez. lav., 15 gennaio 2014, n. 697 sul reddito del fratello dell'invalido), si discuteva invece quanto al reddito del coniuge dell'invalido. Osservazioni
L'orientamento più risalente riteneva che, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità, non assumeva rilievo il reddito (eventuale) del coniuge dell'invalido; tale conclusione si argomentava in quanto il legislatore con l'art. 14-septies, D.L. n. 633/1979, introdotto con L. n. 33/1980, ha dato rilievo al solo limite di reddito individuale ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità, e così anche nel caso dell'assegno corrisposto agli invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo art. 14-septies, nonchè dall'art. 9, D.L. n. 791/1981, convertito nella L. n. 54/1982, e poi ancora dall'art. 12, L. n. 412/1991 (v. Corte Costituzionale n. 400/1999 e n. 88/1992).
Tuttavia, l'orientamento più recente, al quale ha aderito anche la sentenza in commento, aveva considerato rilevante ai fini dell'accertamento della sussistenza del menzionato requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all'art. 12, L. n. 118/1971, non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo.
Tale conclusione veniva fondata su diverse argomentazioni: una prima è di carattere teleologico, nel senso che tale soluzione sarebbe conforme ai generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell'intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola - stabilita dal successivo comma 5 dello stesso art. 14-septies solo per l'assegno mensile di cui alla L. n. 118 del 1971 citata - della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell'interessato. Infatti, si è ritenuto che la norma da ultimo citata rappresentasse una deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi (v. Corte Cost. sent. n. 769/1988 e n. 75/1991; v. anche Corte Cost. n. 454/1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65° anno) e, di conseguenza, non esprimesse un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari.
Alla medesima conclusione si è giunti utilizzando anche un criterio ermeneutico letterale, posto che la stessa formulazione della norma, che fa menzione del solo assegno - fino ad allora era equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge - non poteva che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti fosse rimasta assoggettata a questa regola. Il ragionamento sin qui esposto trovava, poi, ulteriore conferma nella considerazione che, anche successivamente, l'art. 12, L. n. 412/1991 (dal titolo "requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili") mantiene integra la distinzione tra le due prestazioni e dispone che dal 1° gennaio 1992 ai fini dell'accertamento da parte del Ministero dell'Interno della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali. Nè era ravvisabile alcun vizio di costituzionalità della norma posto che la stessa Corte Costituzionale (cfr. in particolare le sent. n. 769/88, n. 75/91 già citate) ha, in più occasioni, affermato che il realizzare l'omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano all'opportuno adeguamento dei livelli di prestazione, appartiene alla discrezionalità del legislatore. Ugualmente, poi, non era possibile fare ricorso al paradigma del principio di uguaglianza quando le disposizioni della legge ordinaria, dalle quali si pretendeva di trarre il tertium comparationis, si rivelassero derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena l'aggravamento, anzichè l'eliminazione, dei difetti di coerenza con esso.
A tale orientamento si era adeguato anche l'Ente previdenziale che, con la Circolare n. 149 del 28 dicembre 2012, aveva sostenuto assumesse rilievo anche l'eventuale reddito del coniuge, nonostante poco dopo, con il Messaggio n. 717 del 14 gennaio 2013, avesse affermato un principio opposto, dando rilevo solo al reddito personale «in considerazione di una interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 12 e 13, L. n. 118/1971». Proprio per dipanare i menzionati dubbi interpretativi è intervenuto il legislatore con l'art. 10, comma 5 e 6 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. dalla L. n. 99/2013, a seguito del quale non vi è più dubbio che il reddito da valutare ai fini della erogazione del beneficio in parola è esclusivamente quello dell'inabile.
Attualmente è quindi pacifico che (Cass. sez. lav., 7 aprile 2017, n. 9142) il requisito reddituale previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità, ex art. 12 della L. n. 118/1971, ove l'anno di decorrenza della prestazione sia anteriore all'entrata in vigore della novella del 2013, si determina tenendo conto non solo del reddito personale percepito dall'invalido, ma anche di quello eventuale del coniuge; diversamente per i ratei successivi al 28 giugno 2013 si deve tenere conto del solo reddito del soggetto interessato, con esclusione di quello percepito da altri componenti del suo nucleo familiare, ivi compreso il coniuge.
Inoltre, il legislatore ha anche disciplinato le questioni di diritto intertemporale, prevedendo all'art. 10, comma 6 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. dalla L. n. 99/2013, che la disposizione «si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati».In tali casi, quindi, l'erogazione della prestazione spetterà sulla base del reddito personale dal 28 giugno 2013 in poi e sulla base del reddito familiare per il periodo antecedente (Cass. sez. lav., 2 febbraio 2016, n. 1997).
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