Le antenne tra diritto all'informazione e limiti nell'installazione

Alberto Celeste
26 Aprile 2018

In relazione all'installazione dell'antenna parabolica da parte del singolo all'interno dell'edificio condominiale, occorre operare un ragionevole equilibrio e bilanciamento tra contrapposti interessi, salvo che il regolamento abbia specificato in cosa consista, ad esempio, l'alterazione dell'estetica dell'edificio, con riferimento ad elementi attinenti alla simmetria, euritmia ed architettura generale del fabbricato, sicché in tal caso non rimane che verificare se l'opera coincida o meno con le prescrizioni (da preferire) pattiziamente volute da tutti i condomini; qualora il regolamento nulla disponga al riguardo, occorre valutare il singolo caso concreto, e considerare lecita l'installazione dell'antenna...
Il quadro normativo

Il Legislatore italiano è intervenuto per la prima volta a disciplinare la materia delle antenne prima del vigente codice civile, e precisamente con la l. 6 maggio 1940, n. 554 («Disciplina degli aerei esterni per audizioni radiofoniche»), che, alla luce dell'evoluzione tecnica di allora, limitava l'attenzione alle sole antenne per l'ascolto dei programmi radiofonici (la locuzione astrusa di “aerei esterni riceventi” si traduce nel linguaggio corrente nella semplice espressione di “antenna radio”).

Si stabiliva, all'art. 1, che i proprietari di uno stabile o di un appartamento non potevano opporsi all'installazione, nella loro proprietà, di antenne destinate al funzionamento di apparecchi radiofonici appartenenti “agli abitanti” degli stabili o degli appartamenti medesimi.

Le predette installazioni dovevano, comunque, essere eseguite in conformità delle norme tecniche contenute nell'art. 78 citato, lettere da a) a m), e non potevano “in alcun modo” impedire il libero uso della proprietà secondo la sua destinazione, né arrecare danni alla proprietà medesima o a terzi (art. 2).

Il proprietario delle unità immobiliari di cui sopra poteva, però, eseguire lavori o innovazioni sulle stesse anche se ciò avesse comportato la rimozione o il posizionamento in altro luogo dell'antenna (art. 3), non essendo obbligato a corrispondere all'utente radiofonico alcuna indennità, salvo avvertirlo prima per far rimuovere o collocare diversamente l'antenna “a propria cura e spese”.

Successivamente, con il d.p.r. 29 marzo 1973, n. 156 («Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni»), il Legislatore contemplava anche le antenne televisive private (art. 232), prevedendo un circostanziato elenco di “limitazioni legali” alla proprietà ed estendendo tale disciplina anche alle “antenne di radiodiffusione” (art. 397).

Quindi, negli impianti di telecomunicazione, anche senza il consenso del proprietario e non corrispondendogli alcuna indennità, i fili o cavi senza appoggio potevano passare sia al di sopra della proprietà sia dinanzi ai lati degli edifici ove non vi fossero finestre o altre aperture praticabili a prospetto; il predetto proprietario o il condominio, poi, non poteva “opporsi” all'appoggio di antenne, di sostegni, e al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto nell'immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare le richieste degli utenti, purché tali installazioni fossero collocate in modo tale “da non impedire il libero uso della cosa secondo la sua destinazione”; il proprietario, infine, doveva “sopportare” il transito nel suo locale da parte dell'esercente il servizio, che dimostrasse la necessità di accedervi per l'installazione, riparazione e manutenzione degli impianti di cui sopra.

Di recente, il Legislatore si è interessato della subiecta materia con la l. 31 luglio 1997, n. 249 (c.d. legge Maccanico), che si era occupata - tra l'altro - di “antenne satellitari”, nonché di interventi di nuova realizzazione e di riqualificazione degli impianti esistenti (art. 3, rispettivamente, commi 13 e 14).

A pochi anni di distanza, è entrata in vigore la l. 20 marzo 2001, n. 66 («Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi»), il cui art. 2-bis, al comma 13, aveva previsto maggioranze agevolate per l'approvazione, da parte dell'assemblea dei condomini, di opere relative all'installazione di nuovi impianti.

È seguito il d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259Codice delle comunicazioni elettroniche»), che, all'art. 209, comma 1, aveva ribadito che i proprietari di immobili o di porzioni di immobili non potessero opporsi all'installazione sulla loro proprietà di antenne appartenenti agli abitanti dell'immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione e per la fruizione di servizi radioamatoriali, specificando, però, al comma 2, che le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non dovevano in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, né arrecare danno alla medesima proprietà o a terzi, e imponendo, al comma 5, nel caso di antenne destinate a servizi di comunicazione elettronica ad uso privato, la necessità di ottenere il consenso del proprietario o del condominio, cui era dovuta un'equa indennità che, in mancanza di accordo tra le parti, veniva determinata dall'autorità giudiziaria.

In argomento, si registra, altresì, il d.m. Ministero delle Comunicazioni 11 novembre 2005, che ha inteso disciplinare gli impianti centralizzati condominiali, per favorirne la diffusione con conseguente riduzione della molteplicità di antenne individuali per motivi sia estetici che funzionali; nella stessa lunghezza d'onda, il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 gennaio 2013 ha dettato le regole tecniche per gli impianti di antenna condominiali centralizzati per la ricezione dei segnali di radiodiffusione, terrestre e satellitare, disciplinando anche la progettazione, la realizzazione e la manutenzione degli stessi impianti.

Da ultimo, la l. 11 dicembre 2012, n. 220 («Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici»), in vigore dal 18 giugno 2013, si è occupata degli impianti di ricezione radiotelevisiva, sia centralizzati che singoli, agli artt. 1117, n. 3), 1120, comma 2, n. 3), e 1122-bis c.c., nonché all'art. 155-bis disp. att. c.c.

La natura del diritto di antenna

Al fine di risolvere le varie problematiche connesse, risulta importante verificare come la giurisprudenza abbia inquadrato, nel tempo, il diritto di un soggetto di installare un'antenna di ricezione di programmi radiofonici e televisivi, specie nel caso in cui ciò comporti l'invasione di un bene altrui.

In un primo momento, i giudici di legittimità avevano sostenuto che l'art. 1 della l. n. 554/1940 imponeva a carico del proprietario una vera e propria “servitù coattiva”, perché quest'ultimo, soggetto al pati, non avrebbe potuto opporsi non solo al titolare di un diritto reale sul medesimo stabile, ma nei confronti di chiunque abitasse lo stesso a qualsiasi titolo; del resto, tale legge, all'art. 11, comma 2, contemplava una «indennità da corrispondersi al proprietario» dell'unità immobiliare asservita ad opera dell'installatore dell'antenna.

In altri termini, si era affermato che il diritto all'installazione dell'antenna veniva determinato, nella sua estensione, dai successivi artt. 2 e 3, in quanto la suddetta installazione non doveva impedire il libero uso della proprietà asservita, ed una limitazione che si verificava in misura tollerabile - cioè non notevole, ma compatibile con il normale godimento dell'immobile - doveva trovare compenso in un'adeguata indennità.

In un secondo momento, la Corte di Cassazione ha ravvisato nel diritto di installare l'antenna un «diritto soggettivo perfetto di natura personale», che trova come soggetto obbligato il condominio o il terzo proprietario; viene così abbandonata la figura della servitù, in quanto, se pure si impone una speciale limitazione del diritto di proprietà, non si configura una relazione tra “fondi” distinti (uno posto al servizio dell'altro), ma una situazione consistente nell'essere un bene, appartenente ad un soggetto, e di conseguenza nell'essere il soggetto, proprietario del predetto bene, tenuto ad un atteggiamento di tolleranza al fatto che un terzo installi, su quel bene, un'antenna per la ricezione di programmi radiofonici e televisivi.

Da ultimo, è prevalso l'orientamento che inquadra il diritto di installazione di antenne nell'alveo dei principi costituzionali: in particolare, tale diritto trova il suo fondamento nell'art. 21 Cost., in quanto corollario del diritto di manifestazione del pensiero con qualsiasi mezzo, tra cui la diffusione di messaggi attraverso impianti di trasmissione via etere di impulsi radioelettromagnetici; se si riconosce il diritto costituzionalmente tutelato a manifestare il proprio pensiero, e conseguentemente ad utilizzare la trasmissione di suoni ed immagini - che non siano la mera emissione di un suono continuo o la semplice riproduzione della fissità del monoscopio - deve ammettersi anche la necessità di ricevere il pensiero altrui, nel senso che “al diritto di informazione corrisponde il diritto di essere informati”.

Dal summenzionato inquadramento del diritto all'installazione nell'àmbito personale - ribadito, tra le altre, da Cass. civ., sez. II, 21 agosto 2003, n. 12295, e, nella giurisprudenza di merito, da Trib. Cagliari 21 gennaio 2003 - possono derivare diverse conseguenze:

a) che è preclusa la possibilità di agire o resistere ricorrendo alle tipiche azioni ed eccezioni in tema di servitù (confessoria, negatoria, di costituzione coattiva, di ampliamento, di riduzione, di spostamento, ecc.);

b) che sono escluse sia l'usucapibilità (art. 1158 c.c.), sia la prescrizione per non uso (art. 1073 c.c.), sia la quiescenza ventennale del diritto per sopravvenuta impossibilità di uso e mancanza di utilità;

c) che non possono esercitarsi le azioni possessorie (di reintegrazione e di manutenzione) per difendere o contestare l'installazione ed il mantenimento dell'antenna, non potendosi configurare in tale ipotesi alcun possesso inteso come situazione di fatto corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale (art. 1140 c.c.).

Mette conto ricordare, infine, che il diritto del singolo ad accedere alle informazioni è stato considerato diritto inviolabile sia dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia dalla Convenzione internazionale sui diritti dell'uomo (v., rispettivamente, artt. 10 l. n. 848/1955 e 19 l. n. 881/1977).

In particolare, sul versante europeo, nel 2001, la Commissione Europea ha riconosciuto il diritto di antenna, affermando che il suo utilizzo non può essere limitato da nessun ostacolo tecnico, amministrativo, architettonico, urbanistico o fiscale; si è rilevato che la possibilità per i privati di utilizzare un'antenna parabolica deriva dal principio di libera circolazione dei beni e dei servizi, nonché di libera circolazione delle idee (che significa parlare, ma anche ascoltare), e che gli Stati membri sono chiamati ad assicurare ai propri cittadini il pieno godimento delle libertà derivanti dal diritto comunitario; al massimo, si possono trovare soluzioni che riducano l'impatto visivo ed estetico, ma solo se questo è necessario e possibile, e comunque senza mettere a rischio la ricezione; viene ribadito, infine, il divieto di ogni tipo di imposta sulla parabola e giudicata inammissibile ogni misura che ne scoraggia o penalizza l'uso.

Del resto, parlando di diritto all'informazione, non entra in gioco soltanto il diritto di libertà tutelato dal precetto costituzionale, ma, più in generale, anche il funzionamento delle istituzioni di un paese democratico, nel quale la pubblica opinione, e dunque il processo attraverso il quale essa si forma, svolge un ruolo determinante; si avverte molto l'esigenza di avere un corretto, puntuale e tempestivo aggiornamento su quello che succede nel mondo: ciò richiede un contatto diretto e “in tempo reale” dai vari angoli del globo terrestre, e il satellite è attualmente in grado di garantire tale pluralità delle fonti di informazione.

Al riguardo, non si può negare che, rispetto alla stampa, la televisione - e oggi, a fortiori, l'accesso ad internet - sia per la capacità di capillare penetrazione attraverso l'immediata diffusione del pensiero all'interno delle abitazioni, sia per la forza suggestiva delle immagini unite alle parole, da una parte, costituisca un particolare strumento di persuasione e di indirizzo politico, e, dall'altra, adempia un fondamentale compito divulgativo che concorre alla formazione culturale ed allo sviluppo sociale della popolazione.

La legittimazione all'installazione

Sul presupposto - come sopra delineato - che il diritto all'installazione dell'antenna non ha contenuto reale, ma è di natura personale, si è affermato che il titolare, in virtù della norma che lo autorizza, può esercitarlo indipendentemente dalla qualità di condomino, per il solo fatto di abitare nello stabile, e di essere o di diventare utente radiotelevisivo (v., tra le sentenze di merito, Pret. Salerno-Eboli 24 ottobre 1990).

Quindi, anche al mero detentore dell'unità immobiliare, conduttore o comodatario, in quanto utente delle trasmissioni televisive, deve riconoscersi il potere autonomo - ossia indipendentemente dalla mediazione del proprietario o dell'usufruttuario - nei confronti di chi, condominio o singolo, ha la disponibilità di diritto o/e di fatto del tetto, del lastrico o del terrazzo di copertura dell'edificio, di installarvi e mantenervi l'antenna, e di esercitare tutte le facoltà finalizzate e connesse alla concreta attuazione della ricezione televisiva.

Del resto, sia la l. n. 554/1940, sia il d.p.r. n. 156/1773, sia la l. n. 249/1997, parlano di “utente”, espressione, questa, che dovrebbe comprendere il proprietario, il conduttore e qualsiasi altro occupante legittimo dell'unità immobiliare: in pratica, il servizio televisivo o radiofonico, a cui è preordinata l'installazione delle antenne, non costituisce un'utilità oggettiva ed immanente del fondo, ma appare piuttosto un'utilità personale, un vantaggio per il patrimonio culturale dell'utente (conforta questa opinione il disposto del nuovo art. 1122-bis c.c. che si riferisce genericamente al soggetto “interessato”).

È, comunque, significativo che tali norme prescindono dal titolo giuridico (reale o meno) che designa in concreto il godimento soggettivo del bene-casa, poiché individuano nell'abitante il titolare del diritto di installare l'antenna radiotelevisiva sulle parti condominiali, tanto più che, almeno per l'inquilino - anche alla luce della l. n. 392/1978 che coinvolge maggiormente quest'ultimo nelle vicende condominiali - si tende a tenere sempre separato il rapporto di locazione da quello condominiale.

I divieti stabiliti dal regolamento

Vale la pena, a questo punto, soffermarsi sulla possibilità che il regolamento di condominio contenga limitazioni circa il collocamento dell'antenna nell'unità immobiliare di proprietà esclusiva.

Va, infatti, ricordato che il regolamento di cui all'art. 1138, comma 1, c.c. - approvato con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. - può dettare le norme «per la tutela del decoro dell'edificio», poiché non si può negare alla collettività il potere di impedire l'imbruttimento dell'immobile dovuto alla proliferazione delle antenne su di esso opponibili da ciascuno dei suoi abitanti.

Non si esclude, pertanto, la possibilità che una norma regolamentare possa vietare quegli interventi modificatori delle porzioni di proprietà individuale che, riflettendosi su strutture comuni, siano passibili di comportare un pregiudizio al decoro architettonico dello stabile, per cui dovrebbe ritenersi legittima e vincolante per tutti i condomini la prescrizione del regolamento che imponga - tanto per fare un esempio in tema di antenne - divieti circa gli interventi sui balconi e sulle finestre aperte nella facciata del fabbricato comune idonei ad incidere sull'estetica di questo.

Al riguardo, però, giova ricordare che, in forza del comma 4 del medesimo art. 1138 c.c., le norme del predetto regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni.

Orbene, una clausola del regolamento condominiale c.d. assembleare che inibisca ai singoli condomini di apportare modifiche alle parti dell'edificio di dominio esclusivo comportanti pregiudizi all'estetica dello stabile, deve ritenersi una mera clausola di stile, in quanto riproducente in modo apodittico il dettato dell'ultimo comma dell'art. 1120 c.c., che appunto vieta «innovazioni ... che ne alterino il decoro architettonico»; se, invece, la prescrizione del regolamento abbia ad oggetto specificatamente la conservazione dell'originaria facies architettonica dell'edificio condominiale, in tal modo si dispone una tutela pattizia ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero “decoro architettonico” di cui ai citati artt. 1120 e 1138 c.c., con la conseguenza che, in presenza di opere esterne, persino migliorative, la loro realizzazione integra, di per sé, una vietata modificazione dell'originario assetto dello stabile (v. Cass. civ. sez. II, 12 dicembre 1986, n. 7398).

In questa prospettiva, appare corretto ritenere, invece, che una tale compressione del diritto di proprietà dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice, pur ispirato dalla considerazione di peculiari valori stilistici di un determinato immobile, debba essere inserita in un regolamento condominiale di natura c.d. contrattuale, ossia approvato da tutti i condomini (nessuno escluso), oppure predisposto dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'intero edificio nonché accettato dagli acquirenti degli appartamenti mediante un richiamo espresso nei singoli atti di trasferimento.

Comunque, nell'ottica di un'interpretazione restrittiva di tali possibili divieti, si pone la pronuncia, secondo la quale è possibile destinare un appartamento sito in uno stabile condominiale a centro per trasmissioni televisive private, potendo contrastare con questa destinazione solo un espresso divieto condominiale, non costituendo ostacolo al predetto uso la generica dizione del regolamento che vieti la destinazione delle unità immobiliari ad uffici, industrie ed in genere a qualsiasi altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini, o che, comunque, possa costituire pericolo o danno allo stabile o menomare il decoro dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 17 luglio 1980, n. 4677).

In quest'ordine di concetti, si inserisce il nuovo disposto dell'art. 1122-bis c.c. - come introdotto dalla l. n. 220/2012 - il quale, all'ultimo comma, puntualizza, che «non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative» (risulta, invece, difficilmente spiegabile il riferimento alle sole unità “abitative”, dovendosi opinare che, per quelle adibite ad uso ufficio o esercizio commerciale, sia necessario, invece, un nulla osta da parte degli organismi condominiali).

Sembrerebbe, quindi, che il singolo possa provvedere all'installazione della parabola nel proprio balcone - ovviamente a sue spese - senza l'autorizzazione assembleare, purché rispetti i limiti del comma 1, ossia rechi minor pregiudizio alle parti comuni ed alle unità immobiliari esclusive, nonché preservi il decoro architettonico dell'edificio; anche in questa ipotesi, la previsione appare null'altro che un'applicazione delle norme generali di cui agli artt. 1102 e 1122 c.c., nel senso che, per quanto concerne le opere eseguite all'interno delle proprie unità abitative, il singolo non doveva invocare alcuna autorizzazione, a meno che non si volesse far riferimento a quelle clausole regolamentari - sopra richiamate - in forza delle quali l'esecuzione delle opere de quibus doveva ottenere il previo placet dell'assemblea o dell'amministratore, così ribadendo l'inefficacia sopravvenuta di queste limitazioni.

Il pregiudizio al decoro architettonico

Qualora si intenda installare un'antenna all'interno di un'unità immobiliare di proprietàesclusiva - approfondendo quanto accennato nel precedente paragrafo - vanno considerati, a prescindere da una disposizione del regolamento condominiale sul punto, da un lato, il diritto all'informazione e, dall'altro, il decoro architettonico.

In tale ipotesi, non si pongono problemi inerenti all'uso più intenso della res comune o al passaggio attraverso proprietà altrui, ma occorre pur sempre accertare, nell'ottica di un equo bilanciamento dei potenziali contrapposti interessi, se le opere realizzate siano lesive dei diritti della collettività dei condomini.

In questa prospettiva, si inquadra soprattutto il recente fenomeno delle antenne paraboliche - con forma c.d. a cono allargato - che possono essere collocate anche “in basso”, cioè nel balcone, nel terrazzo, nel giardino, ecc., pertinenze dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva e collegate con essa con pochi metri di cavo, in quanto, per ricevere segnali di alta frequenza emessi da un satellite che orbita nello spazio, è sufficiente “puntare” (specie, a sud) la parabola a visuale libera in direzione del relativo trasmettitore.

Tale collocazione può essere motivata da ragioni di necessità, dovute al fatto che non vi sia un posto comune dove allocare l'antenna, o che il tetto o il lastrico solare si presentino già come una foresta di tralicci che rendano impossibile trovare uno spazio idoneo, oppure da ragioni di comodità, dovute alla più agevole manovrabilità della parabola per orientarla con maggior precisione verso le prescritte coordinate, o al desiderio di non vedersela sottrarre stante la facile amovibilità e l'appetibilità nell'odierno mercato; diverso è il caso delle antenne televisive classiche - dalla forma c.d. lineare, appoggiata ad un lungo palo o asta verticale - che, per la necessità di dover sfruttare spazi ampi per una ricezione vie etere migliore possibile dai ripetitori siti nel suolo terrestre, vengono di solito collocate nella sommità dell'edificio, che può essere il tetto, il terrazzo o il lastrico solare di proprietà comune.

Per quanto riguarda il primo elemento da tenere in considerazione, il diritto all'informazione - v., più diffusamente, supra - è indubbio che la parabola, idonea a ricevere tutte le emissioni televisive normalmente captabili dallo spazio, realizza una completa, obbiettiva ed equilibrata informazione, non limitandosi, quindi, a vedere le trasmissioni diffuse da impianti terrestri, di regola dietro il versamento di un canone; non esistendo alcuna forma di monopolio, il moderno utente televisivo è completamente libero di scegliere il canale per “saggiare” l'imparzialità della fonte e, quindi, l'attendibilità della notizia, richiedendosi al servizio televisivo di dar voce al maggior numero di opinioni, idee, tendenze e correnti di pensiero presenti nelle varie realtà (ovviamente, all'interno del diritto all'informazione, occorrerà in concreto operare dei “distinguo” in ordine al diritto invocato nell'utilizzo della relativa antenna, in quanto una cosa sono le news dal mondo, la divulgazione scientifica, il messaggio religioso, l'insegnamento educativo, l'approfondimento culturale, altra cosa è il derby stracittadino di calcio o il filmetto porno).

Per quanto riguarda il secondo elemento da prendere in considerazione, il decoro architettonico, può richiamarsi il disposto del nuovo art. 1122-bis c.c., che impone di “preservare” in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio.

Salva espressa disposizione del regolamento che contenga un simile divieto, deve considerarsi lecita, di regola, l'installazione di un'antenna sul balcone del singolo appartamento, se si escludono in concreto - oltre che pericoli alla stabilità del fabbricato o alla sicurezza dei suoi abitanti, anche - alterazioni del decoro architettonico dell'edificio.

Dunque, una volta esclusa l'esistenza di possibili interferenze (negative) in ordine all'installazione dell'antenna parabolica nella proprietà esclusiva ad opera del regolamento condominiale, occorre accertare se la predetta installazione pregiudichi o meno il decoro architettonico dello stabile.

Soccorrono, al riguardo, i noti principi generali per delineare questo concetto (pur privo di consistenza materiale, ma al contempo economicamente valutabile), tuttavia, la giurisprudenza sembra oscillare quando si tratta di venire più al concreto.

Si è, infatti, sostenuto che, al fine di stabilire se le opere modificatrici abbiano pregiudicato il decoro architettonico di un fabbricato condominiale, debbano essere tenute presenti le condizioni in cui quest'ultimo si trovava prima dell'esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il predetto decoro se apportata ad un edificio la cui estetica era già stata menomata a seguito di precedenti lavori o che sia di mediocre livello architettonico; in questa prospettiva, di regola, attese le modeste caratteristiche fisiche e di ingombro, l'impianto di antenna classico, ancorato con fili alla struttura muraria del tetto o del lastrico solare e costituito da un esiguo sostegno tubolare sul quale sono allocati i pannelli o la c.d. padella parabolica, non appare visivamente più intrusivo del consueto coacervo di comuni antenne televisive già esistenti.

In proposito, si è, però, precisato che la violazione del predetto decoro ben può derivare dall'alterazione dell'originario aspetto di singoli elementi o di singole parti dell'edificio stesso che abbiano sostanziale o formale autonomia o siano comunque suscettibili di per sé di autonoma considerazione, senza che possa influenzare la circostanza che analogo manufatto sia stato da altri realizzato su di un diverso fronte dello stesso edificio; in quest'altro ordine di considerazioni, potrebbe configurarsi un'alterazione del decoro architettonico ove alle armoniose forme ed alle mirabili decorazioni di palazzine d'epoca si alternassero, attaccati ad aste metalliche, freddissimi pannelli di plastica, recanti la ben visibile marca delle imprese concessionarie di servizi televisivi a pagamento: qualsiasi ammennicolo che venga “appiccicato a caso” alla facciata dell'edificio condominiale pone immediatamente un problema di valutazione dell'impatto visivo e della continuità delle linee che caratterizzano lo stabile.

Come si vede, il decoro architettonico è un concetto piuttosto elastico, per cui, lungi dal potersi ritenere oggettivo, risulta continuamente sottoposto a precisazioni ed elaborazioni da parte degli interpreti.

I limiti all'installazione sulle parti comuni

L'installazione dell'antenna, rimanendo nell'alveo codicistico, non è subordinata al consenso dei condomini, per cui qualora l'antenna medesima venga collocata su una parte comune dell'edificio, l'amministratore non può opporsi alla stessa (salvo che i lavori non siano stati eseguiti a regola d'arte), né condizionarla al nulla osta dell'assemblea; invero, trattasi di una mera modificazione, rientrante nel maggiore e più razionale godimento della cosa comune ex art. 1102 c.c., purché a spese del singolo e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1120 c.c., la cui attuazione non necessita del previo scrutinio favorevole dell'assemblea.

Al riguardo, i giudici di legittimità, in generale, hanno ripetutamente affermato che l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, secondo il disposto dell'art. 1102 c.c., a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini.

Simmetricamente, la norma in parola, intesa, altresì, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all'esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilità di godimento della cosa, legittima quest'ultimo, entro i limiti ora ricordati, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, non potendosi la nozione di uso paritetico intendere in termini di assoluta identità di utilizzazione della res, poiché una lettura in tal senso della norma de qua, in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, della cosa comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio (v., tra le altre, Cass. 5 dicembre 1997, n. 12344).

Sotto il profilo del “pari uso”, dovrebbe inibirsi - tanto per fare qualche esempio - l'installazione dell'antenna se impedisca l'accesso al lastrico, o limiti in modo rilevante la sistemazione delle altre antenne per i rimanenti utenti dello stabile (si pensi a quelle antenne di grosse dimensioni con annessi tiranti, cavi di raccordo e di collegamento) o comporti molestie ed altri pregiudizi al godimento delle singole unità abitative del fabbricato condominiale, oppure disturbi la regolare ricezione e l'ascolto dei programmi radiotelevisivi (attraverso le immissioni di onde elettromagnetiche, sono frequenti, infatti, le distorsioni acustiche o le sovrapposizioni di immagini).

Per quanto concerne in particolare la tematica che ci occupa, va segnalata la pronuncia, ad avviso della quale l'uso paritetico della cosa comune va tutelato, in funzione della ragionevole previsione dell'utilizzazione che in concreto ne faranno gli altri condomini, e non di quella identica e contemporanea che, in via meramente ipotetica ed astratta, ne potrebbero fare, dovendosi anche i rapporti tra condomini informare al generale principio di solidarietà (Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2007, n. 4617:fattispecie in cui si è ritenuto non integrare violazione del principio dell'uso paritetico sancito dall'art. 1102 c.c. l'utilizzazione da parte di un condomino di una superficie pari ad oltre il cinquanta per cento del tetto spiovente, occupata da un'antenna).

Per quanto concerne, poi, il profilo della “destinazione”, va considerato che la destinazione del lastrico solare è quella (principale) di copertura e protezione del fabbricato, e quella (eventuale, ma consueta) di calpestio, con possibili usi collaterali, quali lo sciorinamento dei panni, il lavatoio o l'affaccio, e, soprattutto nei grandi centri urbani, l'appoggio di antenne e cavi atti ad assicurare la ricezione o la trasmissione di programmi radio e TV; in questa prospettiva, la predetta installazione è pienamente compatibile con la destinazione naturale del lastrico solare che, in concreto, potrebbe essere, invece, compromessa qualora - ad esempio - il relativo impianto fosse di ingombro tale da impedire le suddette attività, o avesse caratteristiche costruttive tali da pregiudicare la funzione di isolamento e, in generale, quella di copertura e di protezione dell'edificio.

In conclusione

In buona sostanza, l'interpretazione complessiva delle norme induce a ritenere che se non è consentito al proprietario un'opposizione all'installazione basata esclusivamente sull'assolutezza del diritto di proprietà, vale a dire un atteggiamento in un certo senso emulativo, per converso, il diritto all'installazione è pur sempre condizionato dall'inesistenza di qualsiasi menomazione (esclusa quella non apprezzabile) al normale godimento dell'immobile da parte del proprietario medesimo.

La ratio della normativa in esame è, dunque, quella di permettere a tutti i cittadini, anche quelli che non hanno la disponibilità di una terrazza su cui innalzare la relativa antenna, di captare onde elettromagnetiche, che si trasformano poi in suono o immagini visive, ma, seguendo la stessa logica dell'art. 1102 c.c., richiamato in materia di condominio dall'art. 1139 c.c. - secondo cui l'utilizzo della cosa comune è consentito (anche in un modo diverso da quello usuale), purché non se ne alteri la destinazione e non si impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso - la stessa legislazione speciale prescrive che l'installazione delle antenne sulle parti comuni dello stabile è permessa a condizione che non si turbi la sfera del diritto degli altri condomini, sia in ordine al concreto godimento del tetto o della terrazza, sia rispetto alle possibilità, che devono essere lasciate ai rimanenti partecipanti al condominio, di avvalersi di pari facoltà.

Si tratterà, di volta in volta, di accertare se l'uso particolare del lastrico solare o del tetto comune da parte di un condomino, con l'installazione di un'antenna - che, talvolta, si riduce in una lunga cannula di pochi centimetri di diametro, e, talaltra, si sostanzia in un manufatto di cospicue dimensioni, in larghezza o/e in altezza - violi o meno i limiti posti dalle disposizioni contenuti nella legislazione speciale e, più in generale, quelli contemplati nella normativa codicistica, potendo rientrare l'appoggio dell'antenna tra le facoltà del comproprietario.

Guida all'approfondimento

Cusmai, Diritto di installare l'antenna televisiva su un bene altrui: fondamento e limiti, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 8, 67;

Pace - De Cecilia, La rilevanza del vincolo monumentale e il diritto d'antenna, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 6, 43;

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