Azione da eterodirezione abusiva e preventiva escussione del patrimonio della società “dominata”

09 Maggio 2018

Prendendo le mosse da una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 29139/2017), l'Autore si occupa della dibattuta prescrizione di cui all'art. 2497, comma 3, c.c., ai sensi della quale il socio che intenda agire contro la capogruppo parrebbe avere un obbligo di preventiva escussione del patrimonio della società eterodiretta.
“Imbarazzi” ed “equivoci” determinati dalla previsione ex art. 2497, comma 3, c.c.

La Corte di Cassazione (sentenza 5 dicembre 2017, n. 29139, in questo portale, con nota di Marzo) si è recentemente soffermata sulla previsione ex art. 2497, comma 3, c.c., in ragione della quale al creditore sociale e al socio è consentito agire contro la capogruppo ai sensi del primo comma dell'articolo appena menzionato unicamente laddove non abbiano ottenuto soddisfazione dalla società eterodiretta. Il significato particolarmente “oscuro” di tale prescrizione ha generato numerosi “imbarazzi” ed “equivoci” (le espressioni virgolettate sono di Cariello, sub art. 2497, in Le società di capitali, Commentario a cura di Niccolini e Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004, 1873 s. Di non poche perplessità suscitate dalla previsione in esame ha parlato Guizzi, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, in AA. Vv., Diritto delle società – Manuale breve, Milano, 2012, 365. Né sembra utile a chiarire tale “oscurità” l'unico inciso presente nella Relazione di accompagnamento alla riforma del 2003 concernente la disposizione in questione – cfr. § 15: Per evitare che il margine di iniziativa della società soggetta all'attività di direzione e coordinamento sia eccessivamente ridotto come conseguenza della possibilità di azione diretta da parte dei suoi soci o dei suoi creditori contro la società controllante, il terzo comma dell'articolo 2497 prevede che l'azione sia esperibile solo se essi non siano stati soddisfatti dalla società controllata” – che sembra ugualmente “enigmatico”.

Più in particolare, il dato normativo, nella sua formulazione letterale, sembrerebbe subordinare la legittimazione ad agire di soci e creditori contro la società “dominante” all'infruttuoso esercizio di analoga azione nei confronti della società “dominata”. Verrebbe, così, a configurarsi, per un verso, un beneficio di preventiva escussione del patrimonio di quest'ultima e, per altro verso, una posizione della medesima quale coobligata passiva della capogruppo, la quale risponderebbe dei propri abusi in via sussidiaria (in favore della sussidiarietà della responsabilità della società capogruppo v., ad esempio, Galgano-Sbisà, sub art. 2497, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2014, 206; Fimmanò, sub art. 2497, terzo e quarto comma, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi e Notari, Milano, 2012, 114 ss.; Guizzi, La responsabilità del controllante per non corretto esercizio del potere di direzione e coordinamento, in Profili e problemi dell'amministrazione nella riforma delle società, a cura di G. Scognamiglio, Milano, 2003, 214).

Con specifico riferimento alla vicenda da cui trae origine la sentenza menzionata in precedenza, il Tribunale (8 maggio 2008) e la Corte d'Appello di Messina (4 febbraio 2014) hanno aderito alla tesi brevemente esposta in precedenza. In ragione della mancata preventiva escussione del patrimonio di una s.r.l. eterodiretta, dunque, le Corti siciliane ritenuto improcedibile la domanda di due soci di minoranza esercita ai sensi dell'art. 2497 c.c. nei confronti della s.p.a. capogruppo (e della sua controllante).

La tesi della Cassazione: le problematiche connesse al riconoscimento del beneficio di preventiva escussione del patrimonio della società eterodiretta

A conclusioni differenti rispetto a quelle appena esposte è giunta, invece, la Corte di Cassazione. Partendo dal condiviso presupposto della particolare “ambiguità” della regola ex art. 2497, comma 3, c.c., una volta confermato che la medesima non configura una responsabilità solidale sussidiaria della capogruppo per i debiti insoluti della eterodiretta (così, ad esempio, Cass., 12 giugno 2015, n. 12254, in questo portale, con nota di Mugnai-Cellini, e in Fall., 2016, 464 ss., con nota di Mozzarelli), i giudici di legittimità si sono soffermati sulla questione – ben più controversa della precedente – della responsabilità per i danni cagionati dalla prima alla seconda. Nell'esporre i propri argomenti – i quali si fondano sia sulla lettera della disposizione in esame, che sulla ratio della stessa – la Cassazione ha evidenziato le molteplici problematiche e contraddizioni che si realizzerebbero laddove si aderisse alla tesi propugnata dai giudici di primo e secondo grado.

Anzitutto, tale tesi si pone in contrasto con il principale scopo sotteso alla disciplina di cui all'art. 2497 ss. c.c., che è stata elaborata in occasione della riforma del 2003 proprio al fine di rendere responsabile la capogruppo dei danni conseguenti a un abusivo esercizio dell'eterodirezione. Questa finalità verrebbe inevitabilmente frustrata dal riconoscimento della preventiva escussione del patrimonio della società “dominata” quale condizione per far valere siffatta responsabilità (Cariello, op. cit., 1873, parla al riguardo di paradosso (…) pericolosamente alimentato dal legislatore”, che però “non può aspirare a trovare accoglimento”).

Si rileva, inoltre, una latente contraddittorietà nel ritenere che la prima persona chiamata a rispondere del danno cagionato dalla capogruppo sia proprio il soggetto pregiudicato, ovvero la società eterodiretta che ha subito l'abuso (in argomento si veda, ad esempio, Daccò, I gruppi di società, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, Torino, 2017, 791; Guizzi, op. ult. cit., 215 s.).

La Cassazione segnala, infine, l'intrinseca “pericolosità” dell'opzione interpretativa che contesta: considerato che le ipotesi di attribuzioni patrimoniali della società in favore dei soci sono tipiche ed eccezionali, l'adesione a questa tesi potrebbe agevolare un fraudolento “svuotamento” del patrimonio sociale (v. Angelici, Noterelle (quasi) metodologiche in materia di gruppi di società, in Riv. dir. comm., II, 2013, 388).

(Segue) La soddisfazione di creditori e soci come “fatto” che impedisce l'integrazione della responsabilità ex art. 2497 c.c.

Quanto alla posizione dei creditori, si osserva come, considerato che i medesimi possono esercitare l'azione in parola laddove la società “dominata” subisca un danno alla sua integrità patrimoniale, l'inadempimento della società alla relativa obbligazione – e, quindi, l'insufficienza del suo patrimonio a garantire il pagamento – rappresenti non tanto una condizione di procedibilità di siffatta azione, quanto piuttosto il presupposto sostanziale della responsabilità della capogruppo (cfr. Daccò, op. cit., 791; Guizzi, op. ult. cit., 215 e, in giurisprudenza, Trib. Santa Maria Capua Vetere, 16 luglio 2014. Distingue tra la posizione del creditore e del socio danneggiato, ritenendo che il principio di sussidiarietà del quale si tratta si applichi al primo e non al secondo, G. Scognamiglio, sub art. 2497, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, a cura di Santosuosso, Torino, 2015, 1149 ss.; Id., Danno sociale e azione individuale nella disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, in Il nuovo diritto societario – Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa e Portale, Torino, 2007, 953 ss.. In senso conforme: Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010, 50.).

Sempre secondo la Cassazione, tuttavia, più che al principio appena menzionato, il disposto dell'art. 2497, comma 3, c.c. sembra far riferimento a un dato “fattuale”, consistente nella “eliminazione” del danno da parte della società eterodiretta (sul titolo in base al quale alla società eterodiretta sarebbe consentito “soddisfare” i soci e i creditori pregiudicati dalla capogruppo si registra in dottrina un complesso dibattito. Secondo Cariello, op. cit., 1874 s., potrebbe sostenersi che la società “dominata”, quale coobligata solidale attiva, a seguito della soddisfazione dei soci/creditori potrebbe successivamente agire contro la società “dominante”, per poi ripartire quanto ottenuto con gli altri coobligati solidali attivi. Lo stesso Autore, tuttavia, manifesta una preferenza per altra tesi, in base alla quale la regola in esame porrebbe un onere dei danneggiati di chiedere il preventivo risarcimento alla società eterodiretta, che potrebbe pagare quanto necessario per tacitare i soci/creditori grazie a risorse messe a disposizione dalla capogruppo, evitando così l'esercizio da parte di questi dell'azione ex art. 2497, comma 1, c.c.. Sulla “funzione organizzativa” che sembra opportuno riconoscere alla prescrizione in parola cfr. Montalenti, I gruppi di società, in Aa. Vv., Le società per azioni, Padova, 2010, 1066; Tombari, op. cit., 50. 1066). Tale “eliminazione”, in base agli ordinari principi in tema di responsabilità, non consentirebbe l'integrazione della relativa fattispecie (cfr. Tombari, op. cit., 49). Intesa in questo senso, la disposizione in esame rappresenterebbe una mera concretizzazione, nello specifico contesto dei gruppi di società, del principio generale in tema di adempimento da parte del terzo di cui all'art. 1180 c.c.

(Segue) Assenza del beneficio di preventiva escussione del patrimonio della società eterodiretta e dell'onere di messa in mora della medesima

Sulla base degli argomenti esposti in precedenza, conclude la Cassazione che qualora una società venga danneggiata da un abusivo esercizio dell'attività di direzione e coordinamento, non esiste un beneficio di preventiva escussione del patrimonio della medesima, né un onere di messa in mora di questa (in tal senso si pone anche la giurisprudenza del Tribunale di Milano. V., ad esempio, 27 febbraio 2012, n. 2464; 17 giugno 2010 n. 8247, in giurisprudenzadelleimprese.it. Per ulteriori riferimenti: Valzer, sub art. 2497, in Le società per azioni, Commentario diretto da Abbadessa e Portale, Milano, 2016, 3024. Alle medesime conclusioni è recentemente pervenuto anche il Trib. Catanzaro, 8 marzo 2017; in tale occasione si è però altresì affermato che “(…) ciò non esclude che sussista comunque, in capo a chi agisce ai sensi dell'art. 2497 c.c., un onere (minimo) di dimostrazione di aver richiesto alla società l'adempimento del debito”). I soci e i creditori pregiudicati non hanno diritto di essere risarciti dalla società “dominata”, in quanto il relativo obbligo grava unicamente sul soggetto danneggiante, ovvero sulla capogruppo. Con riguardo all'azione di responsabilità ex art. 2497 c.c., dunque, la società eterodiretta è priva di legittimazione passiva.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario