Accertamento tecnico e consulenza tecnica preventiva

14 Maggio 2018

Il presente contributo analizza la natura e la finalità dell'accertamento tecnico e della consulenza tecnica preventiva previsti dagli artt. 696 e 696-bis c.p.c. avuto particolare riguardo al rapporto con il successivo giudizio di merito, nonché la relazione esistente tra la consulenza tecnica preventiva e l'istituto della mediazione obbligatoria previsto nelle materie di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, come modificato con il d.l. n. 69/2013, conv. con modif. dalla l. n. 98/2013.
Il quadro normativo

L'accertamento tecnico, unitamente all'ispezione giudiziale, è regolamentato dall'art. 696 c.p.c. e dispone che «chi ha urgenza di fare verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o condizione di cose, può chiedere, a norma degli artt. 692 e ss., che sia disposto un accertamento tecnico».

In seguito a due sentenze della Corte costituzionale (la n. 471/1990 e la n. 257/1996), il legislatore ha disposto che «l'accertamento tecnico, se ne ricorre l'urgenza, può essere disposto anche sulla persona dell'istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l'istanza è proposta» (art. 2 del d.l. n. 35/2005 conv. con modif. dalla l. n. 80/2005).

Sempre in virtù della modifica introdotta dall'art. 2 sopra richiamato, l'art. 696, comma 2, c.p.c. prevede che «l'accertamento tecnico di cui al primo comma della stessa norma in esame, può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause ed ai danni relativi all'oggetto della verifica».

L'istituto della consulenza tecnica preventiva è disciplinato dall'art. 696-bis c.p.c. che sancisce che «l'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'art. 696 c.p.c., ai fini dell'accertamento e determinazione dei crediti derivanti dalla mancata od inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito».

Si tratta di una norma introdotta dall'art. 2 del d.l. n. 35/2005 conv. con modif. dalla l. n. 80/2005, più volte richiamato, mentre l'art. 8 della l. n. 24/2018, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, ha previsto che l'azione civile di risarcimento danni da responsabilità sanitaria deve essere preceduta, a pena di improcedibilità, dal ricorso per consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 696-bis c.p.c. o, in alternativa, dal procedimento di mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010 (art. 5, comma 1-bis).

La natura e la finalità dell'accertamento tecnico e della consulenza tecnica preventiva

Con riguardo all'accertamento tecnico preventivo la tesi maggioritaria riconosce natura cautelare all'accertamento disposto ante causam essendo presenti i requisiti tipici della tutela cautelare, quali la provvisorietà, la strumentalità (sia pure in forma attenuata poiché la disciplina ex artt. 692 - 699 c.p.c. non prevede un termine perentorio - a pena di inefficacia - entro cui procedere all'instaurazione del giudizio di merito) e sommarietà.

La natura cautelare emerge in tutta evidenza in considerazione del carattere dell'urgenza previsto specificamente dal legislatore, nonché della necessità di evitare che prima del giudizio gli elementi di prova concernenti un preteso diritto vantato dalla parte possano andare dispersi e non possano più essere acquisiti qualora il giudice disponga l'accertamento nel processo.

Anche la Corte costituzionale ha affermato la natura strumentale e cautelare dell'accertamento tecnico preventivo, sottolineando lo stretto collegamento funzionale con il giudizio di merito, che comporta l'efficacia conservativa della prova acquisita in sede preventiva (Corte cost., sent., n. 26/2010).

Né la modifica legislativa introdotta nel 2005 - che ha previsto l'accertamento tecnico valutativo - (riprendendo l'interpretazione estensiva della Corte di cassazione volta superare l'idea che l'accertamento fosse soltanto una fotografia dei luoghi) induce a rimeditare sulla natura cautelare (Cass. civ., sent., n. 12007/2002).

É cristallizzata, per converso, la natura conciliativa della consulenza tecnica preventiva, stante l'assenza del requisito dell'urgenza e la precisa delimitazione della materia oggetto di accertamento, ovvero i crediti di natura risarcitoria, di fonte sia contrattuale, che extracontrattuale, da fatto illecito (Trib. Catania, 8 febbraio 2010).

E proprio il fatto di non prevedere il requisito dell'urgenza consente di inquadrare detto istituto nell'ambito dei procedimenti sommari di istruzione preventiva di natura non cautelare avente la duplice finalità conciliativa e istruttoria.

Ancora i giudici di merito hanno affermato che la finalità del procedimento ex art. 696-bis c.p.c., impone alle parti uno speciale impegno nell'individuazione di una soluzione transattiva, anche in considerazione della circostanza che la corsia preferenziale accordata dall'ordinamento processuale - che consente l'effettuazione dell'accertamento tecnico con notevole riduzione dei tempi rispetto al giudizio ordinario - è giustificata dalla finalità deflattiva che si intende conseguire tramite la conciliazione), sulla cui scorta, l'istituto in parola, stante la citata funzione deflattivo-conciliativa non consente interpretazioni eccessivamente restrittive e valutazioni formalistiche (Trib. Busto Arsizio, 25 maggio 2010).

La giurisprudenza di merito, a tal riguardo, ha evidenziato che la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., potendo trovare applicazione anche al di fuori di una situazione di urgenza, non partecipa della natura cautelare tipica degli altri mezzi di istruzione preventiva e che, pertanto, i presupposti di ammissibilità della consulenza tecnica preventiva devono necessariamente essere ancorati al fumus boni iuris del diritto tutelando nel successivo ed eventuale giudizio di merito, essendo altrimenti rimesso l'istituto al mero arbitrio del ricorrente (Trib. Milano, 13 aprile 2011).

È stato pure affermato che dalla circostanza che la consulenza tecnica preventiva prevista dall'art. 696-bis c.p.c. sia stata inserita tra i procedimenti di istruzione preventiva deriva la condivisione dei caratteri della provvisorietà o strumentalità rispetto al provvedimento decisorio finale che è la sentenza.

Il giudice deve sempre, anche con delibazione sommaria, verificare la sussistenza delle condizioni dell'azione “preventiva” introdotta dalla parte e questo allo specifico fine di evitare accertamenti aventi natura meramente “esplorativa” o, ancor più, accertamenti diretti a supplire agli oneri di allegazione e di prova gravanti sul ricorrente nel futuro giudizio di merito ai sensi dell'art. 2697 c.c..

Va evidenziato, inoltre, che la notificazione del ricorso produce l'effetto di interrompere il decorso del termine prescrizionale, ai sensi dell'art. 2943 c.c., e che tale effetto permane fino al deposito della relazione peritale, all'esito del quale il termine di prescrizione ricomincia a decorrere (Cass. civ., sent., n. 9066/2011).

É del tutto evidente che l'effetto interruttivo si spiega solamente in relazione alle situazioni giuridiche soggettive che la parte azionerà nel futuro giudizio di merito.

Rapporti con il successivo giudizio di merito

La tematica in esame va valutata in una diversa prospettiva in seguito alla riforma del 2005 che ha consentito un'indagine da parte del consulente tecnico d'ufficio estesa anche ai profili valutativi, circostanza questa che consente di guardare alla fase dell'accertamento come a una fase processuale a sé, contraddistinta da una propria unitarietà rispetto al giudizio di merito cui, tuttavia, rimane strumentalmente collegato.

Deve preliminarmente evidenziarsi che, ai sensi dell'art. 698, comma 3, c.p.c. i processi verbali delle prove non possono essere prodotti, né richiamati, né riprodotti in copia nel giudizio di merito, prima che i mezzi di prova siano stati dichiarati ammissibili nel giudizio stesso.

La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ha affermato che «L'acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l'accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l'abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell'acquisizione e l'impossibilità di esame delle risultanze dell'indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse» (Cass. civ., sent., n. 6591/2016).

La tesi contraria afferma che, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso, il provvedimento di istruzione preventiva non comporta alcun pregiudizio per la parte resistente, in considerazione del fatto che il giudice del futuro giudizio di merito avrebbe dovuto valutare nuovamente l'ammissibilità e la rilevanza delle prove assunte ex artt. 692 e ss. c.p.c., tenuto anche conto della possibilità di rinnovazione del mezzo istruttorio nel corso del giudizio di cognizione.

I Giudici di legittimità hanno precisato che «gli eventi descritti in sede di accertamento tecnico preventivo - ovvero lo stato dei luoghi, la qualità e le condizioni delle cose - possano essere considerati dal giudice come fonte di prova delle loro cause, allorché consentano logicamente di risalire alla conoscenza delle stesse, e come base dell'indagine affidata ad un consulente tecnico nel corso del processo, quando, per risalire dalla conoscenza degli eventi a quella delle loro cause sia necessario il supporto di cognizioni tecniche» (Cass. civ., sent., n. 6319/2006).

Ed ancora che «il giudice del merito, in virtù del principio del libero convincimento, ha facoltà di apprezzare in piena autonomia tutti gli elementi presi in esame dal consulente tecnico e le considerazioni da lui espresse che ritenga utili ai fini della decisione, onde ben può trarre materia di convincimento anche dalla consulenza espletata in sede di accertamento preventivo, pur se il consulente abbia ecceduto i limiti del mandato conferito, una volta che la relazione di quest'ultimo sia stata ritualmente acquisita agli atti» (Cass.civ., sent., n. 5658/2010).

Ed infine che «lo sconfinamento dai limiti dell'accertamento integra una violazione del principio del contraddittorio, con la conseguenza che, ove tale violazione non sia concretamente configurabile per avere le parti effettivamente partecipato all'accertamento tecnico anche nei punti esorbitanti dall'incarico ovvero allorché la relazione del consulente sia stata ritualmente acquisita agli atti senza opposizione delle parti stesse, si realizza la sanatoria di detta esorbitanza, e la conseguente utilizzabilità dell'accertamento» (Cass.civ., sent., n. 12007/2002).

É stata ritenuta ammissibile, nonostante il dato letterale della disposizione di cui all'art. 696-bis c.p.c., anche una consulenza preventiva in corso di causa, poiché - si è detto - è possibile conseguire la finalità conciliativa anche in corso di causa.

Impugnazione

Una questione giuridica controversa è quella se i provvedimenti di cui si tratta siano impugnabili o meno tenuto conto del fatto che l'ordinamento giuridico non prevede uno specifico rimedio avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza formulata ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c..

Una parte della giurisprudenza di merito - che esclude la natura cautelare dei provvedimenti ex art. 696-bis c.p.c. - non ammette la reclamabilità degli stessi non ricorrendo la ratio posta a fondamento della sentenza della Corte costituzionale n. 144/2008 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 c.p.c., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza per l'assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 c.p.c. (Trib. Bari, 15 ottobre 2013).

La Consulta ha ravvisato una limitazione della effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) ed una violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) unicamente con riferimento al regime previgente di non reclamabilità del provvedimento di diniego dell'istanza di istruzione preventiva, non altrettanto con riferimento al provvedimento di accoglimento.

I giudici di merito, in particolare, hanno affermato, che l'intervento operato dalla sentenza della Corte cost. n. 144/2008 è consapevolmente e ragionevolmente limitato alle sole ordinanze di rigetto dei ricorsi proposti ai sensi delle norme da ultimo citate, senza quindi alcun riferimento, né possibile estensione alle ordinanze di accoglimento; analogamente, attesa la mancanza del requisito del periculum in mora, l'intervento della Corte non può riguardare le ordinanze, sia esse di accoglimento che di rigetto, emesse a seguito di ricorso ex art. 696-bis c.p.c. (Trib. Roma, 29 maggio 2015).

Sicchè il reclamo deve ritenersi proponibile solamente contro le ordinanze di rigetto dei ricorsi con cui si invochi l'adozione di provvedimenti in tema di istruzione preventiva per ragioni di urgenza, mentre in tutti gli altri casi continua a trovare applicazione l'art. 695 c.p.c. nel testo originario, con conseguente non impugnabilità e quindi non reclamabilità dell'ordinanza del giudice.

A seguito della pronuncia della Corte costituzionale, una parte della dottrina ha affermato che rimane una disparità di trattamento rispetto all'ipotesi della ordinanza ammissiva dell'istanza di accertamento tecnico preventivo, con la conseguenza che deve ritenersi reclamabile anche l'ordinanza di accoglimento dell'istanza di accertamento tecnico preventivo, perché la disposizione dell'art. 669-quaterdecies c.p.c. di per sé non esclude l'applicabilità del regime dell'art. 669-terdecies c.p.c. anche all'ordinanza ammissiva.

Un diverso orientamento assimila i provvedimenti ex art. 696-bis c.p.c. ai provvedimenti in materia di istruzione preventiva ex artt. 695 e 696 c.p.c. (per i quali la Corte costituzionale con sentenza n. 144/2008 ha riconosciuto la reclamabilità del provvedimento di rigetto), con ciò intendendo evitare ogni disparità di trattamento tra l'accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. e la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c..

É stata esclusa, altresì, l'impugnabilità del provvedimento ex art. 696-bis c.p.c. con regolamento di giurisdizione ovvero con regolamento di competenza, tenuto conto che la pronuncia sul punto della competenza o della giurisdizione da parte del giudice nel corso del procedimento ex art. 696-bis c.p.c. non ha natura decisoria e non è equiparabile a una sentenza, sicché non vengono pregiudicate le questioni relative all'ammissibilità e rilevanza che potranno essere affrontate nel giudizio di merito, così come le statuizioni sulla competenza non assumono carattere di incontestabilità.

Spese del procedimento

Se le parti si conciliano, troverà applicazione il principio generale di cui all'art. 92, comma 3, c.p.c. in base al quale le spese devono ritenersi compensate, salvo diverso accordo tra le parti.

In virtù dell'art. 91, comma 1, secondo inciso c.p.c. come novellato dalla l. n. 69/2009, se il giudice della causa di merito in sentenza accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, dovrà condannare la parte che ha rifiutato senza giusto motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto previsto dal secondo comma dell'art. 92 c.p.c..

La disposizione in esame fa genericamente riferimento alle proposte conciliative, e quindi non soltanto a quelle formulate nel corso del giudizio di merito (cfr. art. 185-bis c.p.c.), ma anche alle proposte conciliative formulate in una fase antecedente, quale può essere il procedimento ex art. 696-bis c.p.c..

La novella di cui alla l. n. 69/2009 ha avuto il fine di disincentivare e sanzionare le condotte di abuso del processo lesive del principio di ragionevole durata, al fine di scoraggiare il ricorso al giudizio in tutti i casi in cui la lite tra le parti possa essere conciliata stragiudizialmente.

Ne consegue che l'ingiustificato rifiuto della proposta conciliativa formulata dal CTU nel corso del provvedimento ex art. 696-bis c.p.c. potrà essere valutata nel futuro giudizio di merito ai sensi dell'art. 91, comma 1, secondo inciso c.p.c..

Rapporti tra la consulenza tecnica preventiva e la mediazione

In seguito all'introduzione della previsione normativa di cui all'art. 5, comma 4, lett. c), del d.lgs. n. 28/2010 è sorta la questione giuridica della compatibilità strutturale tra la CTU preventiva ex art. 696-bis c.p.c. e la mediazione - condizione di procedibilità della domanda giudiziale come prevista dal novellato art. 5, comma 1-bis,del d.lgs. n. 28/2010.

É opinione univoca che l'identità di ratio tra i due istituti che hanno la medesima finalità di conciliazione rende superfluo l'esperimento della mediazione prevista dal d.lgs. n. 28/2010 prima dell'avvio del procedimento di cui all'art. 696-bis c.p.c..

É stato osservato dai vari organismi di mediazione che se è vero che la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. consente alle parti di anticipare il contraddittorio sugli aspetti della controversia che presentano natura tecnica e/o scientifica e di ricevere delle risposte motivate ai quesiti di maggiore rilevanza da parte di un soggetto fisiologicamente terzo ed imparziale, quale è, per l'appunto, il consulente tecnico d'ufficio, è altrettanto vero che nel suddetto procedimento è assente una figura professionale specificamente preposta a promuovere la composizione bonaria fra le parti, poiché il consulente nominato non possiede adeguata preparazione e sufficiente esperienza per l'espletamento di simile incombente e, comunque, potrebbe essere motivato dagli esiti degli accertamenti tecnici compiuti.

Sarebbe, quindi, auspicabile, secondo i sostenitori di tale tesi, dare un ruolo prevalente alla “negoziazione pura”, oppure pensare a un nuovo modello di mediazione che, quantomeno con riferimento a determinate controversie, assorba, al proprio interno, taluni degli elementi caratterizzanti la consulenza tecnica preventiva prevista dall'art. 696-bis c.p.c..

In conclusione

In conclusione, sebbene i due istituti si caratterizzano per alcune differenze di natura teleologica e funzionale, come emerge già dalla rubrica dei due articoli, essi presentano dei caratteri comuni in relazione al procedimento, atteso che il legislatore li ha collocati nella stessa sezione dedicata ai procedimenti di istruzione preventiva.

E difatti mentre l'accertamento tecnico previsto dall'art. 696 c.p.c.. risponde all'esigenza di raccogliere la prova prima dell'instaurazione del processo di merito ora estesa anche al profilo valutativo, la consulenza tecnica preventiva risponde all'esigenza di conciliazione e si inserisce a pieno titolo fra gli altri mezzi di conciliazione previsti dal codice di procedura civile.

Si tratta comunque di strumenti che hanno entrambi natura deflattiva del carico contenzioso dei giudici del settore civile e, tuttavia, mentre l'art. 696 c.p.c. costituisce uno strumento di costituzione preventiva di un mezzo di prova, l'art. 696-bis c.p.c. è uno strumento di esplicazione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost., oltre che un mezzo di risoluzione delle controversie.

Si può, quindi, ritenere che mentre l'accertamento tecnico preventivo è un vero e proprio procedimento di istruzione preventiva, perché viene utilizzato quando vi è la necessità di assumere una prova prima dell'inizio del processo, poiché, per ragioni di urgenza, non si può attendere che il giudizio venga instaurato e che giunga alla fase di assunzione dei mezzi di prova, il procedimento di consulenza tecnica preventiva ha lo scopo di creare un procedimento semplificato che favorisca la conciliazione stragiudiziale di tutte quelle controversie correlate alla soluzione di una questione tecnica o in cui l'oggetto di discussione sia limitato alla quantificazione di un credito o di un danno da risarcire.

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