Liquidazione del danno morale nel danno biologico temporaneo alla luce dei novellati artt. 138 e 139 cod. ass.

Giuseppe Sileci
21 Maggio 2018

La vittima di un sinistro stradale, che abbia riportato lesioni per le quali sia stata costretta ad un lungo periodo di degenza ospedaliera in una città distante molti chilometri dal luogo di propria residenza, ha diritto al risarcimento del danno consistente nella più penosa condizione per non avere potuto fare affidamento sulla presenza di un proprio congiunto?

La vittima di un sinistro stradale, che abbia riportato lesioni per le quali sia stata costretta ad un lungo periodo di degenza ospedaliera in una città distante molti chilometri dal luogo di propria residenza, ha diritto al risarcimento del danno consistente nella più penosa condizione per non avere potuto fare affidamento sulla presenza e le cure amorevoli di un proprio congiunto, durante quel periodo, a causa della situazione economica familiare, che non consentiva di sostenere il costo della trasferta e del soggiorno di un parente nella città ove il danneggiato era ricoverato?

Per rispondere al quesito non può prescindersi dalle novità introdotte dalla legge 4 agosto 2017 n. 124 c.d. “Legge Concorrenza”.

Intanto, non è priva di conseguenze la scelta del legislatore di modificare il titolo degli artt. 138 e 139 cod. ass. sostituendo la locuzione “danno biologico” con “danno non patrimoniale”, così recependo le indicazioni della giurisprudenza, la quale ha definitivamente racchiuso il danno nella dicotomia “patrimoniale – non patrimoniale” (Cass. civ., Sez. Un., sent., 11 novembre 2008 n. 26972).

L'art. 138 cod. ass., la cui attuazione è subordinata alla emanazione di apposito decreto, stabilisce i criteri cui dovrà attenersi il ministero nella elaborazione delle tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale per lesione di non lieve entità.

Il ministero, nel determinare il valore economico del singolo punto di invalidità, dovrà considerare la “componente del danno morale da lesione alla integrità fisica”, incrementando la quota corrispondente al danno biologico in via percentuale e progressiva al fine di individuare la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione.

La disposizione prevede anche che il Giudice – con equo e motivato apprezzamento - può aumentare l'ammontare del risarcimento del danno fino al 30% se la menomazione “incide in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico relazionali personali documentati e obiettivamente accertati”.

L'elemento di novità, rispetto al passato, è costituito dalla previsione che il valore del singolo punto sia determinato includendo anche la “componente del danno morale”, in perfetta sintonia, è proprio il caso di osservarlo, con i criteri elaborati dal Tribunale di Milano.

Le tabelle del Tribunale meneghino, aggiornate all'indomani delle sentenze a Sezioni Unite del 2008, infatti, prevedono un unico valore per la liquidazione congiunta del danno biologico e di quello morale, con la possibilità per il giudice di personalizzare il risarcimento, aumentandolo, laddove il danneggiato alleghi e provi una peculiare incidenza delle lesioni sia sugli aspetti anatomo – funzionali e relazionali sia sugli aspetti della sofferenza soggettiva.

Le tabelle milanesi prevedono inoltre un valore unitario per la liquidazione del danno biologico e morale temporaneo, con possibilità – anche in questo caso e se in presenza di comprovate peculiarità – di aumentare quel valore fino ad un massimo del 50%.

Due sembrano le differenze tra i criteri liquidatori previsti dall'art. 138 cod. ass. e quelli stabiliti dalla tabelle milanesi: queste ultime, infatti, prevedono un danno da invalidità temporanea che contempla anche la componente morale (mentre così non pare valga per le future tabelle ministeriali di liquidazione del danno da lesioni di non lieve entità perché il legislatore ha stabilito che si tenga conto di questa componente solo nel determinare il valore del punto di invalidità permanente) e permettono sempre al giudice di discostarsi dagli stessi valori minimi e massimi tutte le volte in cui si sia in presenza di fattispecie eccezionali (mentre la norma in esame stabilisce un tetto massimo invalicabile – il 30% - con la precisazione che l'ammontare del risarcimento così determinato è “esaustivo”).

L'art. 139 cod. ass. come recentemente novellato, invece, prevede adesso che il valore per punto di invalidità permanente può essere aumentato dal giudice, sempre con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, quando la menomazione incide in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico – relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psicofisica di particolare intensità: in tale ipotesi sarà consentito un aumento del detto valore fino al 20%, ma anche in questo caso il risarcimento così determinato sarà “esaustivo”.

La novità non sta tanto nella previsione di un aumento del risarcimento – che l'art. 139 cod. ass. ante riforma contemplava già – quanto nella esplicitazione delle “situazioni” in presenza delle quali il giudice potrà adeguare (rectius, personalizzare) il risarcimento e nella ulteriore precisazione che graverà sul danneggiato l'onere di allegare queste circostanze e di documentarle.

In altri termini, sembra che il legislatore – quando si è in presenza di lesioni di lieve entità e dunque pari o inferiori al 9% - abbia voluto prevedere espressamente la possibilità che anche nel caso di micropermanenti possano rilevare circostanze che, attenendo ad aspetti dinamico relazionali o alla sofferenza soggettiva, giustifichino la personalizzazione del risarcimento.

Scelta coerente con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, la quale, escludendo la illegittimità dell'art. 139 cod. ass. ante riforma laddove non avrebbe previsto la liquidabilità del danno morale, aveva chiarito che la norma denunciata non era chiusa alla risarcibilità del danno morale poiché il giudice, ricorrendone in concreto i presupposti, poteva avvalersi della possibilità di incremento del danno biologico, sia pure nei limiti stabiliti dal legislatore (fino al 20%).

A tal riguardo, aveva precisato il Giudice delle leggi che le Sezioni Unite “hanno ben chiarito (nel quadro, peraltro, proprio della definizione del danno biologico recato dal comma 2 del medesimo art. 139 cod. ass.) come il cosiddetto danno morale – e cioè la sofferenza personale suscettibile di costituire ulteriore posta risarcibile (comunque unitariamente) del danno non patrimoniale, nell'ipotesi in cui l'illecito configuri reato – rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente” (Corte Cost., sent., 16 ottobre 2014 n. 235).

Cercando, a questo punto, di rispondere al quesito, dobbiamo innanzitutto precisare che la liquidazione del danno alla persona non è suscettibile di astratta standardizzazione e che l'esatto ammontare del risarcimento dipenderà molto dalla situazione concreta, ossia da ciò che il danneggiato allegherà e proverà.

Ed allora non sembra potersi seriamente dubitare del fatto, alla luce delle recenti novità legislative, che il Giudice, qualora il danneggiato alleghi e dimostri di essere stato costretto ad un lungo periodo di degenza ospedaliera reso ancora più penoso dalla impossibilità economica di avere al proprio capezzale un parente per tutta la durata del ricovero, possa personalizzare l'ammontare del risarcimento, aumentandolo.

Infatti questa particolare condizione dedotta dalla vittima dell'incidente – anche se temporanea – sarebbe meritevole di tutela e di ristoro: e ciò tanto nel caso in cui si sia in presenza di lesioni di lieve entità, per le quali il legislatore ha espressamente contemplato il caso in cui la menomazione abbia causato una sofferenza psicofisica di particolare intensità, quanto nel caso di lesioni più gravi, potendo considerarsi questo stato soggettivo transitorio del danneggiato quale manifestazione di una temporanea alterazione di “specifici aspetti dinamico – relazionali”.

Ovviamente, l'incremento sarà consentito nei limiti stabiliti dalla legge, e cioè sino al 20% nella prima ipotesi e sino al 30% nella seconda, ed il giudice dovrà adeguatamente esplicitare e motivare le ragioni che sottendono la decisione di personalizzare l'ammontare del risarcimento.

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