Niente obbligo di repechage se il lavoratore non ha le competenze per la posizione libera
25 Maggio 2018
Il Tribunale e la Corte d'appello avevano ritenuto legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore a seguito della soppressione della posizione lavorativa.
Il lavoratore ricorre in cassazione, sostenendo che da un lato che le attività da lui svolte non siano state affatto soppresse ma distribuite tra gli altri dipendenti andandosi a sommare a quelle già svolte, dall'altro, che dopo averlo licenziato la società aveva posto in essere nuove assunzioni.
La Cassazione, nel decidere sulla questione, ha richiamato il principio (Cass. sez. lav., n. 19185/2016) secondo cui “il giustificato motivo di licenziamento è ravvisabile anche soltanto in una diversa ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, attuata ai fini di una più economica ed efficiente gestione aziendale, nel senso che certe mansioni possono essere suddivise fra più lavoratori, ognuno dei quali se le vedrà aggiungere a quelle già espletate , con il risultato finale di far emergere come in esubero la posizione lavorativa di quel dipendente che vi era addetto in modo esclusivo e prevalente”.
Inoltre, la Corte, riprendendo la pronuncia della Cass. sez. lav., n. 13089/2017, ha affermato che “l'eterogeneità del corredo di capacità e di esperienze professionali rispetto alla diversa posizione lavorativa libera in azienda lascia venir meno il fondamento stesso dell'obbligo di repechage, che evidentemente postula che le energie lavorative del dipendente siano utilmente impiegabili nelle alternative mansioni che al medesimo debbano essere assegnate”.
La Corte, infine, ha fatto proprio il principio affermato dalla Corte d'appello, secondo cui “solo nel caso in cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile, ai fini del controllo della conformità della scelta dei lavoratori da licenziare ai principi di correttezza e buona fede di cui all'art. 1175 c.c., non essendo utilizzabili né il normale criterio della ‘posizione lavorativa' da sopprimere in quanto non più necessaria, né tantomeno il criterio dell'impossibilità di repechage (in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili) può farsi riferimento, pur nella diversità dei rispettivi regimi, ai criteri che l'art. 5, L. n. 223/1991 ha dettato per i licenziamenti collettivi”.
Nel caso di specie, poiché il lavoratore licenziato possiede competenze diverse rispetto a quelle richieste per la posizione vacante, egli risulta inadeguato a ricoprirla. La sua mansione, dunque, è infungibile e non omogenea. Per questo motivo, non potendo nel caso concerto trovare applicazione l'art. 5, L. n. 223/1991, la Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore.
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