L’onere probatorio del contribuente nella presunzione di condotta antieconomica

Daniela Mendola
11 Giugno 2018

In caso di presunzione di antieconomicità della condotta il contribuente, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, è gravato dall'onere di dimostrare la correttezza e regolarità sostanziale della dichiarazione dei redditi.
Massima

In caso di presunzione di antieconomicità della condotta il contribuente, pur in presenza di una contabilità formalmente regolare, è gravato dall'onere di dimostrare la correttezza e regolarità sostanziale della dichiarazione dei redditi. Il contribuente non può addurre generiche giustificazioni dello scostamento, ma deve dimostrare analiticamente la situazione reale in cui versa la propria attività.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate di Cosenza notificava al contribuente un avviso di accertamento standardizzato accertando un maggior reddito per l'anno 2007. Il contribuente eccepiva la nullità dell'avviso di accertamento perché sottoscritto da un soggetto diverso dal rappresentante legale dell'Agenzia delle Entrate, nonché la violazione dell'art. 7 L. n. 212/2000.

Nel merito, eccepiva la violazione dell'art. 39 d.P.R. n. 600/1973 per erronea applicazione degli studi di settore e per inattendibilità degli stessi. Il contribuente lamentava un'applicazione degli studi di settore disancorata dalla realtà dei luoghi ove si svolgeva l'attività. Resisteva l'Ufficio e insisteva sulla legittimità del suo operato. Si pronunciava la Commissione Tributaria Provinciale adita rigettando il ricorso del contribuente. Il contribuente avverso tale sentenza proponeva appello eccependo la carenza di motivazione, l'illegittimità dell'accertamento per difetto di motivazione e l'erronea applicazione dei parametri.

La questione

Il contribuente impugnava l'accertamento per erronea applicazione della normativa sugli studi di settore ex art. 39 d.P.R. n. 600/1973.

La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza rigettava il ricorso.

Il contribuente proponeva appello dinnanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Cosenza asserendo l'erronea applicazione degli studi di settore da parte dell'Ufficio che non aveva tenuto conto della localizzazione nell'ambito del territorio comunale della sua impresa.

La Commissione Tributaria Regionale di Cosenza rigettava l'appello muovendo dall'assunto che “il contribuente non ha, in alcun modo, fornito la prova né dell'esclusione della sua impresa dall'area dei soggetti ai quali possono applicarsi gli standard né, tanto meno, di una specifica realtà della sua attività economica nell'anno in contestazione, nè alcun decisivo rilievo può attribuirsi alla dedotta localizzazione della attività (Cosenza città), non potendosi parlare nel caso in esame di zona depressa ovvero di piccolo Comune”. La quaestio iuris oggetto dell'esaminanda sentenza involve l'ambito di applicazione degli studi di settore e l'onere del contribuente di confutare in modo analitico le presunzioni dell'Ufficio.

Pur in presenza di una contabilità “attendibile” il contribuente deve provare in via sostanziale l'inapplicabilità dei parametri alla reale situazione dell'attività oggetto di accertamento.

Le soluzioni giuridiche

L'analizzanda sentenza ripropone la vexata quaestio relativa all'onere della prova in caso di accertamenti parametrici.

La giurisprudenza, di merito e di legittimità, ha affrontato tale tematica giungendo a conclusioni, talvolta anche discordanti. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che nel caso di accertamenti basati su parametri matematici occorre un procedimento di “individualizzazione” dell'accertamento in relazione alla reale situazione del contribuente sottoposto a verifica. Ciò muovendo dall'assunto che gli studi di settore si presentano da un punto di vista probatorio come indizi che non possono assurgere a prova se non muniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cass. civ. sez. trib. n. 27822/2013). L'individualizzazione può aversi mediante l'espletamento del contraddittorio idoneo ad adeguare l'accertamento alla reale situazione economica del contribuente. La sfera patrimoniale del contribuente non può essere sacrificata oltre i limiti previsti dalla Carta Costituzionale, né il cittadino può essere sottoposto ad un'imposizione in misura maggiore di quanto effettivamente sia in grado di corrispondere allo Stato (vedi G. M. ESPOSITO, Il sistema amministrativo tributario italiano, Assago, 2017).

L'accertamento standardizzato deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente sul quale nella fase amministrativa e in quella contenziosa, incombe l'onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, mentre all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. civ. sez. trib. n. 3415/2015).

Il contraddittorio è obbligatorio nei casi di accertamenti basati su studi di settore, i quali costituiscono un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio (BUSCEMA ISABELLA, L'incongruenza triennale non legittima la pretesa fiscale basata sugli studi di settore in Diritto & Giustizia, fasc. 148, 2017).

La giurisprudenza di merito ha evidenziato che l'onere della prova è a carico del contribuente, mentre all'ente impositore fa carico dimostrare l'applicabilità dello standard prescelto al caso concreto. Il contribuente può fornire a sua volta indizi gravi, precisi e concordanti, di segno opposto (CTR Lazio n. 204/VI/2015). Successivamente si è avvertita l'esigenza di evidenziare che data la natura “invasiva” degli accertamenti parametrici grava sull'Amministrazione dimostrare la presenza di ulteriori elementi, in quanto il semplice scostamento non è in grado da solo di consentire un accertamento automatico nei confronti del contribuente (CTR Torino sez. I, n. 1354/2017).

Da tale decisum si evince che l'ufficio non può emettere un accertamento sic et simpliciter basato sul mero scostamento tra quanto dichiarato e quanto accertato, perché in tal modo la condotta non sarebbe conforme al dettato di cui all'art. 97 Cost. che prescrive una condotta dell'amministrazione secondo i principi del “buon andamento e dell'imparzialità”.

Il contraddittorio endoprocedimentale consente un dialogo tra le parti quale presidio della piena attuazione del diritto di difesa e nell'ambito del diritto/dovere contributivo (art. 53 Costituzione), secondo i principi di capacità contributiva, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa (AGOSTINO ENNIO LA SCALA, L'effettiva applicazione del principio del contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario tra svolte, ripensamenti e attese in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, 2015).

Lo strumento che consente di applicare alla realtà concreta la fattispecie astratta degli studi di settore è il contraddittorio endoprocedimentale.

Osservazioni

Il ricorso ai metodi parametrici non può in alcun modo consentire all'Amministrazione finanziaria di sganciarsi dalla realtà.

Se così fosse, il provvedimento sarebbe affetto da illegittimità, perchè adottato in violazione dell'art. 53 Cost. che indica la capacità contributiva come limite all'imposizione fiscale.

Gli studi di settore rappresentano la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni e rivelano informazioni che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per l'azione amministrativa ove allo scostamento si aggiungano ulteriori elementi che evidenzino una condotta antieconomica del contribuente.

Come noto gli studi di settore si fondano su presunzioni semplici che legittimano l'emissione di un avviso di accertamento qualora allo scostamento si aggiungano ulteriori elementi che attribuiscano alle presunzioni de quibus i caratteri della gravità, precisione e concordanza. Ne deriva che un accertamento standardizzato è legittimo qualora sia la risultanza di un procedimento di “individualizzazione” che può aversi con l'espletamento del contraddittorio anticipato. Il contraddittorio rappresenta la sede naturale di confronto tra le parti, pertanto, il contribuente deve fornire dettagliate giustificazioni per vincere la presunzione dell'Ufficio di maggior ricavi accertati a seguito dell'applicazione degli studi di settore. Da un lato, l'Amministrazione Finanziaria deve porre il contribuente nella condizione di esercitare adeguatamente le proprie difese, tenendo in debita considerazione le giustificazioni addotte che devono essere, poi, trasfuse nell'avviso di accertamento sul piano motivazionale. Dall'altro il contribuente è chiamato ad un effettivo esercizio del diritto di difesa, contestando in modo specifico e non meramente generico le presunzioni dell'Ufficio. Non è sufficiente che il contribuente risulti “congruo e coerente” agli studi di settore, perché tale compatibilità ha rilevanza meramente formale. La valutazione circa la conformità agli studi di settore deve essere effettuata non in via meramente formale (contabilità formalmente regolare), ma in via sostanziale, oltrechè essenziale (scritture contabili intrinsecamente attendibili). Ne deriva che l'Ufficio è legittimato ad emettere un avviso di accertamento anche se le scritture contabili sono regolarmente tenute, atteso che una condotta del contribuente imprenditore che contrasti con il normale canone dell'economia è già di per sé un indizio sufficiente ad attribuire alla presunzione i caratteri della gravità, precisione e concordanza. Considerato che le disposizioni in tema di studi di settore costituiscono disciplina di modalità di accertamento del reddito “effettivo” e non definizione del “presupposto d'imposta”, il provvedimento di rettifica, che ne consegue è di per sé legittimo, non essendo tra l'altro necessario che sia fondato su una vera e propria prova del ricavo o compenso accertato, né che sia preceduto dal riscontro analitico della congruenza e della verosimiglianza dei singoli cespiti di reddito dichiarati dal contribuente.

Come evidenzia la sentenza in commento, in sede procedimentale – amministrativa il contribuente poi dovrà fornire i ragguagli necessari a far emergere la specificità della propria situazione “economico – contabile”.

Nell'ambito, invero, di un rapporto equitativo e partecipativo, tra amministrazione finanziaria e contribuente è doveroso evitare contenziosi inutili e dispendiosi, sia per lo Stato, che per il cittadino. Nell'ottica di tale ineludibile prerogativa, dunque, l'Ufficio è tenuto ad “adattare” il dato di normalità economica al contesto produttivo di cui si sta occupando, individuando, pertanto, le presunzioni “gravi, precise e concordanti” non solo nello scostamento rispetto agli “standards”, ma di volta in volta, nel caso concreto, anche a seguito del contraddittorio con il contribuente.