Le Sezioni Unite sul riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e tributario nel caso di opposizione agli atti esecutivi in materia di tributi

Giuseppe Lauropoli
04 Agosto 2017

La questione affrontata e risolta dalle Sezioni Unite attiene alla giurisdizione in caso di esecuzione forzata tributaria, quando l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento.
Massima

In materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta — ai sensi degli artt. 2, comma 1, secondo periodo, 19 d.lgs. n. 546/1992, 57 d.P.R. n. 602/1973 e 617 c.p.c. — davanti al giudice tributario.

Il caso

La importante pronuncia che si annota trae origine da una impugnazione di un atto di pignoramento, fondato su crediti di natura tributaria, promossa dal contribuente dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari.

Con tale impugnazione veniva dedotta la omessa notifica al contribuente delle cartelle di pagamento sottese all'azione esecutiva.

La C.T.P. di Bari riteneva, a fronte di tale impugnazione e facendo proprio l'orientamento della giurisprudenza di legittimità all'epoca prevalente, di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

La competente Commissione Tributaria Regionale, a fronte dell'appello proposto dal contribuente avverso tale pronuncia della C.T.P., riteneva di ribaltare la pronuncia del giudice di prime cure, affermando la giurisdizione tributaria e rimettendo gli atti al giudice di primo grado per l'esame del merito del ricorso.

A fronte della impugnazione in Cassazione, questa volta ad opera dell'agente della riscossione, di tale pronuncia, il ricorso veniva trattato dalle Sezioni Unite, vertendosi in materia di riparto di giurisdizione e tenuto conto dei diversi orientamenti espressi in precedenza dalla Suprema Corte sul punto.

La questione

La questione affrontata e risolta dalle Sezioni Unite attiene alla giurisdizione in caso di esecuzione forzata tributaria, quando l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento.

Le soluzioni giuridiche

Rispetto ad un quadro così sinteticamente e sommariamente riportato, la posizione espressa dalle Sezioni Unite viene certamente ad alterare un equilibrio che faticosamente sembrava raggiunto.

La posizione da ultimo espressa dalle Sezioni Unite trova fondamento, sul piano argomentativo, sul fatto che l'opposizione con la quale si lamenti la illegittimità del pignoramento per omessa notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione si risolve pur sempre nella contestazione di una nullità derivata dell'atto espropriativo: una nullità che si situa, sotto un profilo temporale, prima della notificazione della cartella di pagamento e che, come tale, sfugge al limite temporale imposto dall'art. 2 D.lgs. n. 546/1992.

Poco importa, allora, sembra affermare la Corte, se l'attività esecutiva è già cominciata con il pignoramento e poco conta anche se l'opposizione viene formalizzata necessariamente dopo l'inizio di una tale attività esecutiva: il solo fatto che si contesti la omessa notifica della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione è sufficiente ad attrarre alla giurisdizione tributaria un tale motivo di opposizione.

Dal complesso della motivazione estesa dal Collegio, poi, sembra emergere una forte tensione verso l'esigenza di fornire una ricostruzione per quanto possibile armonica del complesso e “affastellato” impianto normativo dettato in materia di esecuzione forzata tributaria.

Così riassunti, sia pure in termini estremamente sintetici e perfino sommari, i termini della posizione da ultimo assunta dalle Sezioni Unite, è possibile svolgere alcune prime osservazioni, “a caldo”, a margine di una tale importante pronuncia.

Come si è esposto in precedenza, la pronuncia in commento sembra trarre origine dalla esigenza di superare alcune criticità legate alla impostazione giurisprudenziale che voleva interamente attratte alla giurisdizione ordinaria le opposizioni esecutive successive all'inizio dell'esecuzione in materia tributaria.

Non c'è dubbio, infatti, che anche la impostazione giurisprudenziale che vuole le opposizioni successive all'inizio dell'esecuzione tributaria come interamente devolute alla giurisdizione ordinaria, incontri indubbi limiti e criticità: una volta affermata, infatti, la giurisdizione del giudice ordinario ed una volta combinata una tale giurisdizione “esclusiva” del giudice ordinario in materia di opposizioni esecutive tributarie con i già evidenziati limiti imposti dall'art. 57, D.P.R. n. 602/1973, ne deriva una possibile compressione dei diritti del contribuente, il quale potrebbe vedersi privato, a fronte dell'esecuzione esattoriale intrapresa dall'agente della riscossione, di una efficace possibilità di difesa.

Un tale rischio è tanto più plausibile ove si pensi che l'esecuzione forzata in materia di tributi gode di particolari forme volte a rendere più agevole e spedita l'attività di riscossione delle imposte.

E così, per fare un importante esempio, in materia di espropriazione presso terzi, l'agente della riscossione non ha alcuna necessità di attendere un ordine del giudice dell'esecuzione che gli assegni il credito che il contribuente inadempiente abbia nei confronti di un terzo, ben potendo procedere, ai sensi dell'art. 72-bis, D.P.R. n. 602/1973, a richiedere direttamente il pagamento di dette somme al terzo, il quale avrà sessanta giorni per provvedervi.

Ecco, allora, che le preclusioni imposte dall'art. 57, D.P.R. n. 602/1973 potrebbero rendere di fatto impossibile o particolarmente difficile una agile e rapida difesa da parte del contribuente che intenda far valere vizi della procedura o fatti estintivi del credito.

Non a caso, come esposto in precedenza, la giurisprudenza di legittimità si era mossa, negli ultimi anni, nel senso di “allargare”, per così dire, le maglie dell'art. 57, D.P.R. n. 602/1973, allo scopo di consentire al contribuente di far valere dinanzi al giudice ordinario i vizi della procedura, ivi compresi quelli concernenti la omessa notifica della cartella di pagamento e dell'avviso di intimazione.

Un allargamento che, sulla scorta di alcune posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito, sembrava destinato ad ulteriormente accentuarsi, arrivando ad ammettere, ad esempio, la possibilità di opposizione esecutiva, anche in materia tributaria, per sopravvenuta o originaria carenza del titolo, ovvero per avvenuto pagamento.

La sentenza n. 13913/2017 delle Sezioni Unite si muove, rispetto ad un tale cammino seguito dalla giurisprudenza di legittimità negli ultimi anni, in un'altra direzione, ma pur sempre prendendo le mosse, sembra di intuire, dalle ravvisate criticità dell'impianto normativo in materia di esecuzione forzata esattoriale.

La decisione in commento si impone, allora, all'attenzione dell'interprete soprattutto per questa esigenza, che sembra perseguita dai giudici di legittimità, di pervenire ad una razionalizzazione del sistema e di evitare vuoti di tutela per il contribuente.

Non mancano, tuttavia, limiti e criticità anche facendo riferimento alla soluzione da ultimo adottata dalla Suprema Corte nella decisione in commento.

La più importante di tali criticità è costituita dal fatto, ad avviso di chi scrive, che la soluzione da ultimo adottata dalle Sezioni Unite finisce, paradossalmente, per sacrificare proprio quella esigenza di armonia e razionalizzazione del sistema che sembra aver orientato i giudici nella elaborazione del cambio di orientamento espresso nella sentenza n. 13913/2017.

E così, aderendo alla posizione delle Sezioni Unite, dovrà necessariamente concludersi che, laddove il contribuente che si sia visto notificare un atto di pignoramento esattoriale intenda sollevare una pluralità di contestazioni - ad esempio concernenti la omessa o irrituale notifica dell'atto di pignoramento, la omessa notifica degli atti sottesi al pignoramento (cartelle e avvisi di intimazione), la impignorabilità delle somme o dei beni attinti dal pignoramento – lo stesso dovrà proporre distinti ricorsi in opposizione, l'uno dinanzi alla giurisdizione tributaria, con il quale impugnerà il solo atto di pignoramento con riferimento alla omessa notifica degli atti sottesi allo stesso che veicolino crediti tributari, e l'altro, dinanzi alla giurisdizione ordinaria, con il quale solleverà tutti gli altri motivi di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, nonché l'eventuale vizio concernente la omessa notifica degli atti sottesi al pignoramento (cartelle o avviso di intimazione) che veicolano crediti di natura non tributaria.

Può essere utile, prima di addentrarsi nelle importanti novità derivanti dalla pronuncia delle Sezioni Unite che si annota, esporre un breve quadro di sintesi sulla disciplina dettata in materia di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi allorché si verta in tema di tributi.

Una norma avente carattere certamente centrale, nella esposizione di un tale quadro, è costituita dall'art. 57, D.P.R. n. 602/1973, stando al quale in tema di riscossione esattoriale è possibile proporre opposizione all'esecuzione soltanto per motivi attinenti alla pignorabilità dei beni o dei crediti ed è possibile proporre opposizione agli atti esecutivi fatto salvo il caso in cui si intenda denunciare vizi concernenti la regolarità formale del titolo o della sua notificazione.

Una norma così formulata induceva i primi interpreti e commentatori a segnalare come una tale disposizione imponesse limiti piuttosto stringenti alla possibilità di esperire opposizioni esecutive in materia esattoriale, tanto da aver suggerito interpretazioni via via sempre meno rigide della disposizione in questione: è stato dapprima ritenuto che le limitazioni previste dall'art. 57, D.P.R. n. 602/1973 potessero riferirsi unicamente ai crediti, derivanti da iscrizione a ruolo, aventi ad oggetto tributi (e non, quindi, a tutti i crediti derivanti da iscrizione a ruolo) e, successivamente, è stata estesa, anche con riguardo ai crediti aventi natura tributaria, la possibilità di esperire l'opposizione agli atti esecutivi, ritenendola ammissibile laddove si contesti la omessa notifica della cartella di pagamento o la omessa notifica dell'avviso di intimazione (Cass. 7 maggio 2015 n. 9246).

Quanto alla giurisdizione in materia di opposizioni successive all'inizio dell'esecuzione, l'orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità era nel senso di considerare senza dubbio sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

Ad una tale conclusione pareva condurre il pur complesso e articolato impianto normativo che regola la materia: e così, l'art. 49, comma 2, del D.P.R. n. 602/73 espressamente prevede che il procedimento di espropriazione forzata nell'esecuzione tributaria è regolato dalla norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione”; l'art. 2, D.P.R. n. 546/1992 attribuisce alle commissioni tributarie la giurisdizione tributaria, precisando tuttavia che da tale giurisdizione restano escluse e controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dall'art. 50 del D.P.R. n. 602/1973 (…)”; l'art. 19 del citato D.P.R. n. 546/1992, il quale, nel recare una elencazione degli atti suscettibili di impugnazione dinanzi al giudice tributario, non reca alcun riferimento all'atto di pignoramento; infine l'art. 9, comma 2, c.p.c., che prevede in via generale e residuale una competenza esclusiva del tribunale in materia di imposte e tasse.

La stessa stringente previsione contenuta nell'art. 57, D.P.R. n. 602/1973 pareva funzionale ad una tale attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione in ordine alle opposizioni successive all'inizio dell'esecuzione, dal momento che limitava fortemente la ammissibilità dei motivi di opposizione conoscibili dal giudice ordinario, sul presupposto che i medesimi ben avrebbero potuto essere sottoposti all'attenzione del giudice tributario in sede di impugnazione della cartella di pagamento o dell'avviso di intimazione.

Nel senso di una sicura sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in tema di opposizioni successive all'inizio dell'esecuzione tributaria si è schierata, come esposto in precedenza, la gran parte della giurisprudenza di legittimità e, anche di recente, si erano espresse le stesse Sezioni Unite della Suprema Corte (si vedano la già citata Cass. 7 maggio 2015, n. 9246, nonché Cass. 27 novembre 2015, n. 24235; si vedano, inoltre, Cass., Sez.Un.., n. 8618/2015 e Cass., Sez.Un., n. 21690/2016).

Conclusioni

Allo stato non può che prendersi atto del cambio di orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte su una importante questione in materia di opposizioni esecutive in ambito esattoriale.

Può anche esprimersi sicuro apprezzamento per l'esigenza, che sembra perseguita dal giudice di legittimità e sottesa alla pronuncia n. 13913/2017, di conseguire una razionalizzazione di un sistema non privo di lacune e limiti che possono andare a scapito di una efficace difesa del contribuente in presenza di una attività esecutiva esattoriale che presenti profili di illegittimità.

Solo il tempo e un attento monitoraggio della pratica attuazione nelle corti di merito della statuizione da ultimo assunta dalle Sezioni Unite potranno dirci se una tale soluzione conduca verso una situazione di maggiore equilibrio e di più efficace tutela degli interessi delle parti coinvolte dalla esecuzione tributaria, ovvero se sia destinata ad essere ulteriormente rivista nel prossimo futuro.

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