Pensione di invalidità: la riduzione della capacità lavorativa va verificata sulle occupazioni che possono essere svolte dal lavoratore

La Redazione
25 Giugno 2018

Ai fini del riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, il requisito della riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa deve essere verificato valutando complessivamente il quadro morboso dell'interessato, con specifico riferimento alla sua incidenza su tutte le attività che possono essere da lui svolte.

Il caso. La Corte d'appello di Roma ha dichiarato il diritto di un lavoratore a ricevere l'assegno di invalidità da parte dell'INPS, riscontrando in capo al dipendente una riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa.
L'Istituto previdenziale, lamentando che la valutazione della riduzione della capacità dell'uomo sia stata valutata avendo riguardo all'attività concretamente svolta e non in base a tutte le possibili occupazioni confacenti alle sue attitudini, ha proposto ricorso in Cassazione.

Verifica della capacità lavorativa. La Cassazione, decidendo sulla questione, ha condiviso il consolidato principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dall'art. 1 l. 12 giugno 1984, n. 222, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell'assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata operando la valutazione complessiva del quadro morboso dell'assicurato con specifica riferimento alla sua incidenza sull'attività svolta in precedenza e su ogni altra che possa essere svolta dall'assicurato, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre ad ulteriore danno la propria salute; sicché, pur essendo la invalidità ancorata non più alla capacità di guadagno, ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell'assicurato, cui rimane conferita una tutela rispettosa dei precetti costituzionali di cui agli artt. 38, 32, 2, 3 e 10.

Per i motivi sopraesposti la Corte ha accolto il ricorso.

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