Indicazione indirizzo PEC vale come domicilio digitale. Modalità di costituzione libera tra le parti

Aurelio Parente
09 Luglio 2018

La mera indicazione nell'atto di ricorso dell'indirizzo PEC è sufficiente per rendere operativo - ope legis - il relativo indirizzo come "elezione di domicilio digitale".

La mera indicazione nell'atto di ricorso dell'indirizzo PEC è sufficiente per rendere operativo - ope legis - il relativo indirizzo come "elezione di domicilio digitale". E tanto giustappunto è avvenuto nel caso trattato dalla sentenza, avendo in prime cure il ricorrente indicato il proprio indirizzo PEC nell'atto di ricorso, in tal modo automaticamente producendo, per fictio iuris, un'elezione di domicilio digitale correttamente utilizzata dall'appellante per la notifica.

Del pari, priva di pregio viene valutata dai giudici l'eccezione che riposa sulla pretesa vincolatività in grado di appello delle forme di veicolazione del ricorso utilizzate in primo grado, ritenendo che, invero, è sufficiente una piana lettura dell'art. 2 comma 3 del regolamento, DM 23 dicembre 2013, n. 163, per comprendere che il suddetto vincolo resta circoscritto alla sola parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche, evenienza questa non riscontrata nel caso in valutazione.

La sentenza in commento si aggiunge al filone di quelle che stanno confermando un orientamento sempre più solido della piena libertà della scelta della modalità cartacea o telematica senza vincolo tra le parti processuali (da ultimo sentenza n. 104 del 5 febbraio 2018 della CTP Foggia e n. 253 del 10 aprile 2018 della CTP di Padova)

Il principio ribadito è che la modalità di costituzione in giudizio cartacea adottata dal ricorrente, sia nel medesimo grado che in quello precedente, non può influenzare quella del resistente, obbligandolo a non utilizzare la costituzione telematica.

I giudici della CTR Campania hanno precisato che è di per sé sufficiente la attenta lettura dell'articolo 2 comma 3 del regolamento per comprendere che esso si limita a stabilire l'obbligo di mantenere la medesima modalità utilizzata nel primo grado per la sola parte che abbia adottato in primo grado le modalità telematiche, senza in alcun modo condizionare le scelte della controparte. Tale decisione mette in rilievo come il regolamento stabilisca obblighi di coerenza in un ambito molto ben circoscritto, ossia solo in caso di scelta della modalità telematica e solo per la parte che l'abbia scelta, mentre, al contrario, la scelta di quella cartacea non comporta alcuna conseguenza di mantenimento nel grado successivo, né per la parte che l'abbia utilizzata e né tantomeno per la controparte, la quale potrà, quindi, sempre optare per la via telematica.

Per quanto al domicilio digitale, i giudici di appello si sono limitati alla citazione e lettura dell'art. 6 del D.M. 23 dicembre 2013 n. 163, ricordando che esso stabilisce che "L'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata di cui all'articolo 7, ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, contenuta nel ricorso introduttivo o nell'istanza di reclamo e mediazione notificati tramite PEC, equivale ad elezione di domicilio digitale ai fini delle comunicazioni e notificazioni telematiche". Non occorre, pertanto, una esplicita elezione di domicilio digitale perché l'indirizzo di PEC anzidetto possa essere utilizzato dalla controparte per le notifiche di rito.

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