Servitù (esercizio e estinzione)Fonte: Cod. Civ. Articolo 1063
10 Luglio 2018
Inquadramento
Le norme che disciplinano l'esercizio della servitù rappresentano diretta e bilanciata attuazione della fattispecie tipica del diritto reale minore in esame: esse prevedono infatti il bilanciamento fra l'utilità fornita al fondo dominante con il minor aggravio possibile per il fondo servente. Posto che l'esercizio del diritto dovrà innanzitutto avvenire in conformità del titolo, ove nell'atto di costituzione non vi siano espresse disposizioni sul punto, la legge stabilisce che «nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente» (art. 1065 c.c.). A tal fine deve essere considerato che il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario al suo esercizio e che il titolare del fondo servente non può chiuderlo, ove la servitù ne comporti il necessario attraversamento (art. 1067 c.c.). Trattandosi di un diritto che vede necessariamente coinvolti due soggetti, titolari dei fondi rispettivamente dominante e servente, la legge impone a ciascuno di astenersi da attività che possano pregiudicare la posizione soggettiva dell'altro: così il titolare del fondo dominante non potrà aggravare la posizione del fondo servente e il titolare di quest'ultimo non potrà in alcun modo diminuire l'esercizio della servitù (art. 1067 c.c.). Al reciproco contemperamento degli interessi sono volte anche quelle disposizioni che consentono modifiche dei luoghi in cui il diritto si esercita: la servitù potrà essere esercitata in un luogo differente ove l'attuale sia divenuto eccessivamente gravoso per il fondo servente o in questo debbano essere effettuati interventi che confliggono con la servitù, allo stesso modo lo spostamento potrà esser richiesto dal titolare del diritto, laddove dimostri che ciò gli rende più agevole l'esercizio, senza aggravio per il fondo servente (art. 1068 c.c.). Analoga ratio governa le modalità di esecuzione delle opere necessarie all'esercizio della servitù: esse dovranno essere compiute dal titolare del fondo dominante curando che rechino il minor disagio possibile e costui dovrà sostenerne i costi, salvo che risultino di giovamento anche per il fondo servente che, in tal caso, sarà tenuto a contribuire in proporzione al vantaggio che ne trae (art. 1069 c.c.). Ove il proprietario del fondo servente debba per contratto o per legge sostenere spese per il mantenimento della servitù potrà liberarsene rinunziando alla titolarità del fondo, anche limitatamente alla sola porzione ove si esercita la servitù (art. 1070 c.c.). Può accadere che i fondi siano soggetti a divisione, in tal caso se ciò avviene per il fondo dominante, i lotti risultanti godranno ciascuno del diritto; se viene diviso il fondo servente, il peso rimarrà sulla sola porzione che ne risulta in concreto onerata (art. 1071 c.c.). Quanto all'estinzione, le modalità tipiche previste dal codice riguardano l'ipotesi della confusione, in cui la titolarità del fondo servente e del fondo dominante confluisco in capo allo stesso soggetto (art. 1072 c.c.), quella della prescrizione, ove il diritto non venga usato per venti anni, decorrenti per le servitù negative (che non richiedono un facere) dal momento in cui si è verificato un evento impeditivo al loro esercizio (art. 1073 c.c.); in tal caso ove il fondo dominate appartenga a più soggetti l'esercizio compiuto da uno solo di essi conserva per intero la servitù. Allo stesso modo si conserva per intero la servitù esercitata in maniera limitata rispetto alla effettiva estensione del diritto (art. 1075 c.c.). Alle sole servitù coattive è ricollegata l'estinzione per il venir meno della utilità che ne ha comportato la costituzione o per la cessazione dello stato di interclusione (o di necessità) del fondo in cui favore è costituita la servitù (art.1055 c.c.). La semplice disamina dei principi sopra esposti lascia intuire come la natura peculiare e plurisoggettiva della realtà condominiale renda la loro applicazione al condominio non priva di perplessità e difficoltà.
In àmbito condominiale la giurisprudenza di legittimità ha, ormai da lungo tempo, delineato un confine netto fra quelle attività che il condomino è legittimato a compiere sul bene comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., che possono anche comportare una compressione dei corrispondenti diritti degli altri condomini, rispetto ai veri e propri oneri che devono ricondursi allo schema della servitù. Si è più volte osservato, a tal proposito, che l'uso più intenso delle cose comuni da parte di un singolo nel condominio non comporti necessariamente la sussistenza di un potere corrispondete ad una servitù a carico degli altri e sia perfettamente legittimo, a condizione che esso non determini una lesione ed una apprezzabile compressione delle facoltà di godimento degli altri comproprietari. Si è pertanto ritenuto che la trasformazione di un androne condominiale da pedonale a carrabile, non costituisse servitù e non potesse essere impedito dagli altri condomini, posto che essi non ne subivano alcun detrimento (Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9875) Laddove invece l'utilizzo della cosa comune non si esaurisca, ai sensi dell'art. 1102 c.c., nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e si estenda a vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino, ciò comporterebbe l'esercizio di un diritto sulla cosa comune corrispondente a servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2013, n. 944). In ambito condominiale sono molte le possibili situazioni in cui il confine fra le facoltà dominicali e l'esercizio di una corrispondente servitù può non essere di immediata identificazione: si è osservato che fra gli usi propri cui è destinato un cortile comune si deve annoverare la possibilità, per i condomini, di accedere ai rispettivi immobili anche con mezzi meccanici al fine di esercitarvi attività - anche diverse rispetto a quelle compiute in passato - che non siano vietate dal regolamento condominiale, poiché tale uso non può ritenersi condizionato né dalla natura dell'attività legittimamente svolta né dall'eventuale, più limitata forma di godimento del cortile comune praticata nel passato; si è pertanto escluso che innovative modalità di godimento e - segnatamente - un nuovo e più intenso uso del cortile comune fatto, anche mediante il transito di autoveicoli, possa essere inteso come nuova servitù imposta sul cortile comune a vantaggio dell'immobile di proprietà esclusiva del medesimo condomino (Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2006, n. 5848).
Certamente riconducibile allo schema della servitù è, invece, l'apertura di un varco nel muro comune che metta in comunicazione l'unità di un singolo condomino con altra posta in condominio adiacente (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2016, n. 25775; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2015, n. 4501; Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2006, n. 9036; Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3035). All'istituto delle servitù è stato anche ricondotta l'infissione su un muro condominiale di una pensilina a servizio di un fondo esterno all'edificio condominiale, seppur di proprietà individuale di un condomino (Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2003, n. 17868; Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1983, n. 5268). All'istituto della servitù atipica vengono poi ricondotte le previsioni, contenute nei regolamenti condominiali di natura contrattuale, che comportano limiti alla fruizione o destinazione delle proprietà esclusive, quali il divieto di esercitarvi determinate attività (Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2018, n. 6769), di sopraelevare (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21629), di sosta (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2002, n. 5626), di veduta (Cass. civ., sez. II, 26 novembre 1999, n. 13196), di apportare modifiche (Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 1999, n. 11688) Fra le conseguenze primarie relative all'esercizio della servitù vi è l'obbligo di concorrere alle relative spese, in toto ove il condominio sia fondo dominante, in misura concorrente al vantaggio laddove sia fondo servente e tragga dall'intervento un vantaggio anche proprio. Si è in proposito osservato che, in questa ultima ipotesi, il giudice potrà basare la concreta determinazione della quota di contribuzione sulle più diverse regole empiriche, ivi compresa quella del raffronto proporzionale fra le dimensioni delle proprietà che si esprime nel rapporto millesimale tra gli immobili gravati da servitù, qualora appartengano ad un condominio, da un lato e i fondi dominanti dall'altro (App. Milano 23 marzo 2005). Più complesso l'aspetto dell'aggravamento, che sussiste quando l'esercizio della servitù da parte del titolare avvenga con modalità tali da rendere più onerosa la sua sopportazione da parte del fondo servente. Nell'ipotesi in cui il condominio sia fondo dominante, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la comparazione fra i due interessi concorrenti va effettuata accertando se l'aggravamento dell'esercizio - in dipendenza della trasformazione operata sul fondo dominante - abbia alterato l'originario rapporto con il fondo servente e se il sacrificio con la stessa imposto sia maggiore rispetto a quello originariamente previsto, non solo con riferimento al momento della innovazione, ma valutando anche i possibili pregiudizi potenziali, connessi e prevedibili; in base a tali parametri si è valutato che costituisse aggravio della servitù di passaggio di alcune condutture condominiali all'interno di una porzione di proprietà esclusiva, l'apertura di una porta di accesso sul terrazzo di proprietà esclusiva, tenuto conto che il fine di tale modifica consisteva nella episodica necessità di accedere al terrazzo da parte del condominio per effettuare la manutenzione delle condutture (Cass. civ., sez. II, 28 dicembre 2007, n. 27194) Con riguardo alla servitù di passaggio, di cui sia titolare il condominio e posta a carico di un fondo altrui, si è ritenuto che l'esercizio di tale diritto non fosse pregiudicato dall'utilizzo da parte dei proprietari del fondo servente delle opere destinate all'esercizio della servitù al fine di accedere ad altra area condominiale: in tal caso, non sussistendo né turbativa né spoglio ed essendo il diritto del fondo dominante del tutto salvaguardato, pur a fronte del co-utilizzo del bene, è stata rigettata la domanda di reintegrazione nel possesso avanzata dal condominio (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2004, n. 4952) Ove il condominio sia titolare di servitù di passaggio su fondo altrui è stata parimenti ritenuta legittima, e non fonte di aggravamento, l'apertura di un ulteriore varco da area condominiale sulla stessa strada , posto che il divieto previsto dall'art. 1067 c.c. per il proprietario del fondo dominante di effettuare mutamenti che aggravino la servitù non impedisce al primo di apportare modifiche al proprio fondo che assicurino il miglior uso dello stesso, con i soli limiti eventualmente previsti dal titolo costitutivo e dalla normalità dell'uso e con il divieto - in ipotesi di servitù di passaggio - di consentire il passaggio stesso a terzi estranei (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1988, n. 5685). Con riguardo alle modalità di estinzione del diritto di servitù - così come delineate dagli artt. 1072-1075 c.c. - non si ravvisano particolari problematiche, né significativi approdi giurisprudenziali specifici in tema di condominio. Non sarà tuttavia inutile rilevare che la natura plurisoggettiva dell'ente condominiale impone di considerare con attenzione l'ipotesi della confusione (art. 1072 c.c.), ossia il caso in cui il titolare del fondo servente e del fondo dominante - per vicende traslative dei due beni - finiscano per coincidere. È di tutta evidenza che nell'ipotesi di fondo condominiale, onerato o avvantaggiato da servitù, una parziale coincidenza dei due soggetti sussiste ab initio, ove la servitù sia costituita a favore o contro il condominio e abbia ad oggetto un bene individuale o comune, poiché il titolare del fondo servente (o dominante) - in quanto condomino - sarà anche titolare pro quota dell'altro bene. Tuttavia la giurisprudenza ha ritenuto tale aspetto compatibile con lo schema tipico della servitù, osservando che l'esistenza a favore del proprietario di una singola unità immobiliare di un diritto di servitù sui beni indicati dall'art. 1117 c.c. non esclude che il medesimo ne possa essere anche comproprietario, dato che il principio nemini res sua servit non trova applicazione in materia di condominio: in tale ipotesi l'intersoggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene comune (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2004, n. 22408). Ne consegue che la confusione potrà operare solo ove il condomino divenga proprietario esclusivo anche della parte comune, preventivamente gravata o beneficiata dalla servitù. Allo stesso modo l'istituto della confusione non opererà, per il medesimo principio della intersoggettività sopra evidenziato, allorché - costituita una servitù fra condominio e un terzo estraneo - quest'ultimo divenga successivamente condomino. Con riguardo alla prescrizione, disciplinata dall'art. 1075 c.c., vanno evidenziati in ambito condominiale due particolari aspetti. Si è infatti osservato in giurisprudenza che ove il proprietario del lastrico si sia avvalso della facoltà di sopraelevazione prevista dall'art. 1127 c.c., il diritto degli altri condomini ad opporsi per mere questioni di decoro architettonico corrisponde ad un peso imposto sul diritto dominicale altrui, peso che si estingue - al pari di una servitù - ove non venga fatto valere nel termine di vent'anni dalla edificazione. Il principio non è invece applicabile all'azione volta a far valere l'incidenza della sopraelevazione sulla statica dell'edificio, poichè in tal caso non vi è un limite all'esercizio del diritto di sopraelevare, ma manca il presupposto della sua stessa esistenza, di talchè l'azione di accertamento negativo, in quanto tendente a far valere l'inesistenza del diritto, è imprescrittibile (Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2012, n. 17035). Viceversa, si è ritenuto che la violazione dell'obbligazione propter rem, anche se protratta per oltre vent'anni, non determini l'estinzione del rapporto obbligatorio ma al contrario, avendo carattere permanente, consente ai condomini di esigere l'eliminazione della situazione determinata dalla violazione stessa. (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2007, n. 24141; Cass. civ., sez. II, 13 agosto 2004, n. 15763).
La legittimazione
Strettamente connesso all'esercizio della servitù appare il tema della legittimazione alle conseguenti azioni, posto che la natura del condominio pone in tal senso specifiche problematiche. Si è così ritenuto che in tema di azioni negatorie e confessorie la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussista ove si discuta dell'esistenza e della estensione di servitù prediali costituite a favore o a carico dello stabile condominiale nel suo complesso o di una parte di esso, poichè in tal caso l'utilitas da esse procurate accede all'intero stabile e non ai singoli appartamenti individualmente considerati e vengono esercitate indistintamente da tutti i condomini nel loro comune interesse, integrando quindi un bene comune inerente alla sfera della rappresentanza processuale dell'amministratore ai sensi dell'art. 1131 c.c. (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2014, n. 4871). La legittimazione passiva dell'amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o l'eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l'esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini. (Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2004, n. 919). Sotto il profilo attivo, invece, la domanda diretta alla declaratoria di esistenza di una servitù di passaggio su fondo limitrofo introduce una controversia concernente l'estensione del diritto di ciascun condomino, che esula dalle attribuzioni conferite all'amministratore dall'art. 1130 c.c. e dalla sfera di rappresentanza attribuitagli dall'art. 1131 c.c. e richiede, pertanto, un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino. Peraltro, poiché in tale giudizio l'amministratore non è litisconsorte necessario, non può essere disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2014, n. 12678). Per i giudizi che hanno ad oggetto l'aggravamento, si è ritenuto che - qualora il condominio sia fondo dominante ed in suo favore sia stata costituita una servitù di passaggio su una strada di proprietà di un terzo - ove i condomini rendano più gravosa la condizione del fondo servente, non limitandosi al transito con gli autoveicoli ma lasciando gli stessi in sosta sulla strada oggetto della servitù, il proprietario del fondo servente può proporre l'azione nei confronti del condominio, perché l'abuso è a quest'ultimo riferibile in quanto titolare del fondo dominante e destinatario dell'obbligo sancito nell'art. 1067 c.c.. (Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 1988, n. 5685). Si è ancora osservato che la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio in ordine alle controversie che concernono l'esistenza o l'estensione di servitù prediali, costituite a carico della cosa comune o di sue parti, non esclude la necessaria partecipazione al giudizio di tutti i condomini, ove il titolare del fondo dominante, oltre a - od invece di - proporre una confessoria servitutis, agisca, ex art. 1067, comma 2, c.c., per l'eliminazione di opere eseguite nel condominio, assumendo che siano tali da impedire o restringere l'esercizio della servitù: in tale ipotesi sussiste litisconsorzio necessario poichè si tratta di azione che incide - restringendole - sulle facoltà dei contitolari del diritto dominicale di usare della cosa propria (Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 1987, n. 2010). Casistica
Triola, Il godimento delle parti in proprietà esclusiva, in Il nuovo condominio, AA.VV. a cura di Triola, Torino, 2017;Terzago, Il condominio, Milano, 2015;Ruperto, La giurisprudenza sul codice civile, Libro III della proprietà, Milano, 2009;Triola, Le servitù, in Il codice civile. Commentario fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2008;Burdese, Le servitù prediali. Linee teoriche e questioni pratiche, Padova, 2007;Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio negli edifici, Torino, 2001;Branca, Servitù prediali, in Commentario al codice civile diretto da Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1987;Natucci, La tipicità dei diritti reali, Padova, 1982;Comporti, Le servitù prediali, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, vol. VIII, Proprietà, tomo II, Torino, 1982;Vittucci, Utilità e interesse nelle servitù prediali, Milano, 1974.
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